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Autore: BenHuznestova    01/09/2015    3 recensioni
Prompts casuali, risultati inaspettati. Una piccola cosa senza pretese, un esercizio di scrittura... una scusa per tornare a farsi rapire.
Prompt#01 - Steering
Prompt#02 - Temporary
Prompt#03 - Apathy
Prompt#04 - Slight
Prompt#05 - Arrow
Prompt#06 - Carrot
Prompt#07 - Cost
Prompt#08 - Television
"'E' davvero poca cosa', sembra dire. "
Genere: Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Boris, Un po' tutti, Yuri
Note: Missing Moments, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Bondage
Capitoli:
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Prompts...*

Prompt#03 - Apathy

Un colpo.

Schiena, spalla sinistra... poi la testa, per contraccolpo.

Per un attimo si chiese se non avesse appena fatto la peggiore cazzata di sempre.


-E questa?- fu una domanda retorica, più sorpresa che altro; chi fosse il destinatario di quel telegramma lo si poteva chiaramente evincere dalla busta... ciononostante Boris si prese la briga di rispondere.

-Te l'ha lasciato Ser', il resto della posta l'ha già smistato... bollette, neanche a dirlo.- precisò svogliatamente agitando il vecchio telecomando. L'altro annuì sovrappensiero per poi sedersi al tavolo assieme all'amico... giusto in tempo perché il campanello iniziasse a squillare come un ossesso, provocando un'imprecazione di Boris.

-Quell'idiota di Ivan deve aver dimenticato di nuovo le chiavi...- ringhiò scoccando un'occhiata all'orologio a muro.

Yuriy annuì di nuovo, lanciandogli un'occhiata ironica -Vai tu?- disse senza il reale tono di una domanda, cosa che fece imprecare nuovamente Boris che trascinò rumorosamente la sedia alzandosi.


Un solo colpo... caricato con rabbia cieca e covata a lungo... troppo a lungo.

Quel rumore sordo contro il muro, quello più secco del cranio prima che ricadesse chino in avanti, offrendogli solo la limitata visuale della nuca rossa dell'altro.


-Indovina un po', Yu? Era proprio il nostro nano deficiente!- annunciò Boris rientrando in cucina con uno scocciatissimo Ivan al seguito.

-Alzare di tanto in tanto il culo dalla sedia non può farti che bene, stupido bradipOUCH!- Pavlov dovette aggrapparsi alla maglietta di Boris per non finire per terra, tanto bruscamente si era fermato quest'ultimo.

-Ma che cazzo...?- provò ad articolare affiancandolo, ma di nuovo si interruppe.

Boris dal canto suo era diventato di marmo... così come sembrava esserlo diventato il suo ex-capitano, i gomiti piantati sul tavolo e la testa fra le mani, china sul telegramma aperto.

-... Yu?- tentò, ma la voce gli uscì appena poco più alta del ronzio sconnesso del vecchio televisore acceso.

Provò di nuovo e ancora... Ivan probabilmente si stava chiedendo perché semplicemente non si avvicinasse per appurare le condizioni del rosso, ma Boris scacciò irrazionalmente quel pensiero.

Yuriy non si muoveva.

Ivan non si staccava.

-... Yuriy?!-

E lui stava parlando a vuoto come quel cazzo di televisore.


Un colpo... uno strattone semmai.

L'aveva sollevato in piedi nel giro di un secondo, l'aveva sbattuto contro il muro con tutta la forza accumulata nello sforzo.


Il telegramma presentava un lato accartocciato là dove Boris aveva serrato la stretta delle proprie dita.

L'aveva sfilato cautamente da sotto lo sguardo di Yuriy che non aveva fatto una piega. L'aveva letto, aveva tremato, l'ira lo aveva travolto e si era concentrata un attimo prima di esplodere, bloccata in mezzo alla sua gola in un groppo insopportabile.

Ivan lesse e dovette sedersi.

Boris sferrò un calcio alla sua, di sedia.

Ser'gej rientrò e li trovò ancora così: Ivan seduto, il telegramma sulle ginocchia; Yuriy, seduto a sua volta al tavolo, la testa fra le mani; Boris in piedi, una sedia rovesciata in terra accanto a lui come la prima vittima di un raptus omicida... e Ser'gej aveva visto giusto, perché placcò l'amico giusto in tempo per impedirgli di spaccare la testa di Ivanov sul tavolo.


… uno sforzo che alla fin fine non c'era stato, e proprio questo dettaglio gli aveva provocato una fitta al petto.

Aveva schiantato una persona leggerissima.


Tempo una settimana e Vorkov sarebbe stato rilasciato... era questo il contenuto del telegramma in parole povere.

Quest'Inferno non è ancora finito”, questo il significato più spiccio che era arrivato al cervello di ciascuno degli ex-componenti della Neoborg.

Sapevano che sarebbe successo prima o poi... sapevano che sarebbero dovuti tornare a fare i conti con ansie e paranoie, ma avevano sempre sperato di riuscire a non farsi trovare impreparati.

Da questo punto di vista, Boris avrebbe accettato qualsiasi reazione da parte del suo vecchio capitano: una scenata apocalittica, un disperato mutismo, un cedimento di nervi e persino un pianto isterico, purché poi si fosse risollevato come solo lui sapeva fare, trasmettendo loro la forza e la determinazione necessarie per affrontare di nuovo tutto quanto, tutti insieme.

Invece non era successo niente di tutto questo. Yuriy a un tratto aveva risollevato il capo e Boris aveva sperato che la rabbia provata fino a un attimo prima per una sua mancata reazione gli fosse finalmente arrivata, scuotendolo dal suo isolamento; seguì il compimento di quel semplice ma lentissimo gesto con un ansia e un'aspettativa fuori dal comune, certo che quello che avrebbe visto sarebbe stato il volto risoluto di Yuriy Ivanov, pronto a dichiarare di nuovo guerra al mondo... ma non trovò alcuna traccia di tutto questo nel pallido viso dinanzi a sé.

Non vide rabbia nei suoi occhi.

Non vide lacrime, né tremori.

Non vide disprezzo nella piega delle sue labbra e non vi fu neppure risolutezza nel suo alzarsi.

Yuriy rimase semplicemente in piedi davanti a loro, i suo occhi avevano riversato sul suo viso esattamente ciò che essi vedevano e che tutti in quella stanza potevano decifrare solo guardandolo.

Niente.


Pregò per un gemito di dolore.

Agognava ricevere indietro quella violenza insensata... e avrebbe ucciso per ricevere un altro insulto da quelle labbra.


Non reagì quel giorno... non vi riuscì neppure nei successivi.

Forse, ingenuamente e al contrario di tutti loro, non se lo aspettava... o forse non così presto.

Fatto sta che era passata una settimana e ancora non si era ripreso.

Quando non se ne stava nella sua stanza, si aggirava come uno spettro per il piano superiore.

Non scendeva più a mangiare e dopo i primi due giorni Ser'gej si era fatto forza ed era salito, armato di posate e di un piatto di spezzatino, con il proposito di farglielo ingurgitare a forza: era sceso mezz'ora dopo, più taciturno di prima e con evidenti macchie di sugo sulle pantofole.

A tutti i pasti si ripeteva questa scena, dopo la quale il biondo toccava a malapena cibo una volta tornato in cucina, tanto che spesso Boris si era ritrovato a pensare che non ci fosse riuscito, che pur di non metterli a parte dei suoi fallimenti fosse lui a mangiare la porzione di Yuriy per poi riportare in cucina il piatto vuoto.

Questi pensieri avevano trovato una loro parte di fondamento il giorno prima, quando era riuscito ad entrare nella stanza di Yuriy; non che il rosso si chiudesse a chiave o li scacciasse, no... Yuriy era diventato del tutto indifferente alla loro presenza. Semplicemente Boris non aveva avuto più il coraggio di incrociare lo sguardo con l'amico dopo quel giorno... e dire che l'aveva visto in qualsiasi condizione!

Ma l'essere smagrito e trascurato che aveva trovato sdraiato sul letto, quel corpo disteso nella semioscurità di una stanza a soqquadro... era qualcuno che non conosceva.

Qualcuno che non voleva conoscere.

E prima di fare qualcosa di cui pentirsi, richiuse silenziosamente quella porta così come l'aveva aperta.


Il braccio destro si sollevò.

Lentamente, a fatica.

Lo osservò pregando che non ricadesse inerme lungo un fianco.


-Non è depressione.- fu l'intervento laconico e infastidito di Ser'gej.

-Si sta ammazzando da solo.- ringhiò Boris sporgendosi sul tavolo. Il biondo storse la bocca, la mascella fremette per un istante.

-No.- sembrava aver attinto a tutta la sua infinita pazienza per produrre quel semplice monosillabo. Boris scoccò la lingua e si allontanò dal tavolo, le mani che prudevano.

-Non mangia, non dorme, non si cura di sé stesso e degli altri- iniziò a elencare -non parla, non esce, non fa assolutamente nulla e, dannazione, è solo perché i Vorobyov sono buoni al limite della coglionaggine e lo apprezzano che ancora non è stato licenziato!- concluse alzando la voce. In un'altra situazione non si sarebbe mai permesso di parlare di Yuriy in quel modo... ma lo Yuriy che temeva e rispettava stava oramai sbiadendo e Boris non riusciva più ad afferrarlo.

-... non è depressione.- insistette il biondo dopo un attimo di silenzio.

-SER'!!!- sbottò l'altro voltandosi come un animale selvatico. Il biondo gli venne incontro e gli si piantò davanti, un monumento di incrollabile fiducia.

-Non è depressione- ripeté di nuovo, come fosse una solenne preghiera -finché non rinuncerà al suo orgoglio, potrà sempre tornare indietro.- concluse risoluto.

Boris lo fissò basito.

Il suo orgoglio... forse Ser'gej ne aveva scorto traccia durante i suoi tentativi di nutrirlo? Era forse in virtù di questo orgoglio che lo costringeva a combatterlo piuttosto che accettare le sue cure?

Boris non poteva saperlo... Boris l'aveva rifiutato.

Ma un'idea assurda e terribile aveva iniziato a farsi strada nella sua mente.


Così debole e sottile... diverso da come lo ricordava.

Eppure salì, arrivò fino all'altezza del suo collo... e la mano strinse con una forza e una decisione tali da farlo trasalire.


Il cervello di Boris era sempre stato una bestia pericolosa e solo quello di Yuriy, maestro nell'intercettare quei segnali “selvatici”, era sempre stato in grado di affrontarla senza troppi rischi.

Boris voleva sfidare quel cervello, provocarlo, ferirlo... costringerlo a reagire, ad azzannare.

E così ogni volta che aveva la possibilità di non avere Ivan e Ser'gej tra i piedi, saliva fino in camera del rosso, troppo debole per starsene in un altro posto che non fosse il letto; prendeva una sedia, si sedeva di fronte a Ivanov e iniziava.

Parlava, Boris... parlava senza mai fermarsi, senza mai abbandonare il tono derisorio della sua voce, senza mai mutare il ghigno sul suo viso o la vuota sofferenza nei suoi occhi.

Parlava... e ogni sorta di oscenità, di crudeltà, di ingiuria scivolavano dalle sue labbra come veleno dalle zanne di un serpente.

Insultava, aggrediva, rinfacciava.

Lasciava che la bestia arrivasse fino al suo cuore, soffocandolo... che la verità fosse segregata in fondo alla gola, permettendo a bugie rancorose di aprirsi la strada proprio verso colui che gli aveva insegnato a domarle.

Quella terapia d'urto poteva andare avanti per interi pomeriggi... intere notti.

Lo lasciava inebetito e senza energie, e con un smorfia folle che sapeva di pianto e dipendenza.

Non la pensava come Ser'gej... non dovevano confidare nel suo orgoglio.

Dovevano scuoterlo... dovevano innescare una bomba.

E per farlo, avrebbe spezzato l'orgoglio di Yuriy Ivanov.


La mano abbandonò la presa e Boris serrò gli occhi.

“Strangolami piuttosto... non cadere, non cedere di nuovo” urlò il suo cervello.

Non cadde, quella mano.

Come seta, scivolò dietro il suo collo e poi tra i suoi capelli, mozzandogli il respiro.


In quei momenti rifiutava di ascoltarsi.

I suoi occhi non vedevano, le sue orecchie non sentivano, il suo corpo non si muoveva... com'era simile al suo amico in quelle condizioni!

Solo la sua bocca si muoveva, articolando ogni genere di schifezza... quindi non seppe cosa innescò di preciso la reazione di Yuriy, quel giorno.

Seppe solo che per un caso fortuito improvvisamente i suoi occhi guardarono per vedere: il rosso si era tirato a sedere gli occhi vuoti e cerchiati fissi su di lui, seduto ai piedi del letto. Anche il rosso parlava, articolando con lentezza.

Allora si costrinse ad udire: non fu facile, poiché la voce del rosso era più flebile e roca rispetto alla sua, una voce che non parlava da troppo tempo... inoltre ricalcava perfettamente il ritmo della sua.

Dovette concentrarsi di più a quel punto e farsi violenza: cercò di ascoltare anche ciò che lui stesso stava dicendo... ci riuscì dopo qualche secondo e si fermò, sentendosi male.

Ma Yuriy non smise e finalmente Boris poté ascoltarlo.


Le dita strinsero alcune ciocche, ma senza fargli male.

Il palmo premette verso il basso.

Boris comprese e si lasciò trascinare giù, gli occhi tremanti dietro le palpebre.


Le atrocità che Yuriy stava sussurrando lo fecero tremare.

Scandiva con lentezza impietosa, piantava i suoi occhi scavati e mai così azzurri dritti nel suo cranio guardando oltre di esso.

Rendersi conto che quelle parole erano le stesse che lui gli aveva vomitato addosso per ore fu terribile.

Comprendere che fino a un attimo prima di interrompersi lui e Yuriy stavano ripetendo le medesime parole come in una cantilena fu agghiacciante.

Riconoscere che quel veleno che ora il rosso gli stava rispedendo indietro calzasse perfettamente anche alla sua persona, lo fece letteralmente impazzire.

E, in preda alla pazzia, si slanciò contro di lui.


Solo quando le loro fronti si toccarono, Boris aprì titubante gli occhi.

La mano di Yuriy era ancora dietro la sua testa, come un macigno.

Ma il capo del rosso era rivolto in basso e a Huznestov, più alto, non era concesso vederne l'espressione.

Come quel giorno.” gemette la sua anima.


L'aveva afferrato per il bavero, sollevato in piedi senza il minimo sforzo... e senza il minimo sforzo l'avrebbe spezzato.

Boris si ritrovò a pentirsi di quella reazione molto prima di far scontrare il corpo dell'amico con la parete alle sue spalle.

Si era già arreso quando il braccio si tese, allontanando Yuriy da lui.

Era capitolato appena un istante prima, quando entrambi erano stati così vicini da scambiarsi i respiri.

Faccia a faccia, Boris aveva cercato lo sguardo di Yuriy, un'ancora che non lo facesse affondare ancora di più.

Ma Yuriy aveva chiuso gli occhi, accogliendo l'impatto.


“Sollevalo... sollevalo, ti prego.”

Singhiozzava, ma i suoi occhi non versavano lacrime.

“Uno sguardo qualsiasi... un'espressione qualsiasi... non questa schifosa apatia.”


Respirava piano, ma regolarmente.

Come se nulla fosse accaduto.


Nemmeno al Monastero.

Neppure dopo la Vasca.

Non aveva mai percepito Yuriy così distante.


Dunque... non è successo niente?”


-Non è successo niente.- udì sussurrare.

Una voce stanca, una voce pragmatica.

Yuriy.


La sua mano era decisa, come se niente avesse mai potuto fiaccarne la presa.


Una voce falsa. Una voce per ogni circostanza.

-... n-niente?- balbettò atterrito.

Una voce che l'aveva accompagnato per anni.


Niente.


Boris attese, ma nessuna conferma arrivò alle sue orecchie.

In compenso udì un suono altrimenti inudibile.

Lo udì con l'istinto di quella bestia che era tornata a riposare in fondo al suo cervello.

Lo snudarsi di un sorriso.


un'occhiata ironica...


Attese, sperando che Yuriy si decidesse ad alzare il capo.


stava parlando a vuoto...


Attese, agognando di vedere quel sorriso.


non aveva fatto una piega.


Attese, temendolo al contempo.


niente.


Attese...


qualcuno che non conosceva.


… attese...


non riusciva più ad afferrarlo.


… attese.


intere notti.


Attese.




-... vai tu?-



...*

... già, vi ho ingannati.

Sorrisi, risate... e poi, bamm!, disagio esistenziale al terzo capitolo.
La genesi di questo Prompt è stata singolare e la bestia dentro al mio di cervello se ne è andata bellamente a spasso fino al finale che, al contrario degli altri due capitoli, non ha nulla di netto, chiaro, definitivo... anzi.
Anche gli ultimi corsivi -null'altro che citazioni dai paragrafi precedenti- son venuti fuori così, quasi volendo riallacciare i fili di questo girotondo del disagio...

Quindi, questo giro abbiamo riavuto quasi tutti i Neoborg... ma in una situazione completamente diversa! ... inizio seriamente a temere per i prossimi prompts, a questo punto.
Un ringraziamento a chi ha messo la fanfiction tra le preferite e/o tra le seguite... ma siete sempre in tempo per darvela a gambe, eh.
Un caro saluto!

... Ben*



   
 
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