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Autore: QWERTYUIOP00    01/09/2015    3 recensioni
Un complotto svelato.
Un emissario attaccato.
Due città in rivolta.
E tanto, tanto sangue.
Seconda storia della serie "Downfall"
Genere: Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Downfall'
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Attenzione: questa storia è un sequel de “Segreti nella Baia”, perciò si raccomanda la lettura di quella storia prima di iniziare questa. Buona lettura.
 
Atmah prese la bottiglia di Tamika 415 tra le mani, osservandone il liquido rosso scuro contenuto all’interno.
Presi due calici, li pose s un tavolo e, delicatamente, versò il vino nei bicchieri riempiendoli.
Si portò il collo della bottiglia al naso, assaporandone l’aroma speziato.
Il liquido le entrò in gola scendendo lentamente, mentre in bocca le esplodeva il suo sapore misto agli aromi delicati.
Una volta posata la bottiglia, la Redguard prese i calici e si diresse verso lo studio, passando attraverso un lungo corridoio con arcate cieche alle pareti che conferivano un ritmo alle altrimenti spoglie pareti in marmo bianco.
A terra, un lungo tappeto di Daggerfall accompagnava i passi della donna rendendoli attutiti, felpati.
Il corridoio era silenzioso, mentre al di là della porta verso cui Atmah si stava dirigendo, si potevano udire delle voci sommesse.
Una volta arrivata alla porta, la Redguard la scostò quanto bastava per lasciarla passare senza difficoltà con i bicchieri.
Non voleva fare rumore.
Al di là della porta si apriva un’anticamera riccamente decorata con arazzi alle pareti, un tappeto di Elswyr a terra decorato con motivi arabeschi e alcune poltrone decorate con fili d’oro che intrecciati formavano eleganti e sinuosi disegni.
Questa camera comunicava da una parte con lo studio, un ambiente raccolto ma accogliente con un’imponente scrivania di legno d’ebano e una libreria che copriva tutte le pareti ad eccezione di quella d’ingresso dove erano appesi due quadri a fianco alla porta.
Atmah entrò e salutò i signori che parlavano all’interno chinando rispettosamente il capo.
“Ah, ecco il vino” la accolse con voce melodiosa il suo padrone sorridente “grazie, Atmah”
Era un uomo di media statura, abbastanza esile, di circa sessant’anni con dei capelli bianchi e corti.
Ma prima cosa che saltava all’occhio, in quell’uomo erano, neanche a farlo apposta, i suoi occhi. I suoi occhi incavati dalle palpebre pesanti con un iride talmente scura da confondersi con la pupilla.
Il suo era uno sguardo stranamente affilato e pesante da sopportare; se la sua bocca spesso sorrideva, i suoi occhi non smettevano mai di squadrarti freddi e senza pietà.
“E’ un piacere signor Sintas” rispose la donna, passando poi all’ospite.
Un Thalmor.
Un Altmer vestito completamente con la classica divisa del suo partito, quel mantello nero con i bordi dorati e il cappuccio abbassato.
Il suo volto, a differenza di quello di Sintas, non lasciava trasparire nessuna gioia, neanche finta, e suoi sorrisi erano maliziosi, apparivano quasi sadici.
Atmah non avrebbe dubitato del fatto che in passato fosse stato un inquisitore, un torturatore.
Il mer la guardò con i suoi occhi pallidi, dello stesso colore della sua pelle, e prese senza dire niente il bicchiere.
“Puoi andare ora” la congedò Sintas, mentre i suoi occhi erano più eloquenti della sua lingua.
La Redguard si ritrasse nell’anticamera e, appiattitasi contro il muro opposto, si mise a guardare ed ascoltare.
“Sì, certo” disse l’altmer “ma c’è una cosa che non ho ancora capito” e bevve un po’ di vino.
“Perché indirizzare Bantos verso i maghi guerrieri?” chiese infine.
Sintas ridacchiò, quella volta i gusto e, dopo aver sorseggiato il Tamika, rispose: “Semplice, mi credi forse un traditore? Mede si era fatto troppo insistente, troppo sospetto, troppo in breve. E quando ho scoperto le sue vere intenzioni ho capito che era meglio fare buon viso a cattivo gioco. Mettere lentamente e in sicurezza Bantos sulla buona via e poi sperare che fosse abbastanza furbo da riuscire a scoprire il tutto.
“Io ne sarei poi uscito incolume, con le dovute sollecitazioni e donazioni qua e là. Ma Maudelaire si era fatto più insistente, sapeva che lui sapeva. Mi invitava ad agire, insisteva… a dare il colpo di grazia è stata quella dannata lettera… il resto è storia”
Il Thalmor sembrò soddisfatto della risposta e si concesse un sorrisetto molto eloquente mentre finiva il Tamika.
“Ed ora permettimi di soddisfare una mia curiosità…” suggerì Sintas.
“Vediamo se potrò farlo” acconsentì l’Altmer.
“Perché ucciderlo?” domandò schiettamente Sintas “credevo agisse anche nei tuoi interessi”
Quella volta fu il turno del mer a ridacchiare.
“Io ho agito nei miei interessi” rispose quello “Mi dovevo accordare con il tipo del magazzino per un trasporto ma lui aveva, diciamo… un certo astio verso Bantos? E così gli concessi la vendetta agendo nei miei interessi. E i miei, di piani, stanno funzionando”
“Oh, ma anche i miei, Lewie, mi creda” assicurò l’Imperiale, sorridendo “e quindi, possiamo dire che è in buoni rapporti con questo… Vossan, al porto”
“Si, potremmo…” convenne il Thalmor, senza il tono spavaldo di prima, gli occhi come due fessure.
“Ad una salda amicizia, allora” propose Sintas alzando il calice e annuendo in direzione della Redguard.
Atmah tornò in corridoio e lo attraversò celermente.
Dopo di ciò, uscì dagli appartamenti di Sintas dirigendosi verso la Torre Oro Bianco, continuando a voltarsi indietro guardando  se qualcuno la stesse seguendo.
 
 
 
Arrivata nella stanza si sedette ed attese, riempendo due coppe con Brandy Cyrodillico.
Dopo circa dieci minuti, un uomo alto, abbronzato, e stempiato entrò nella stanza.
“Salve, Monarca Thules” lo accolse Atmah alzandosi.
L’uomo che governava l’Impero, un Nibenese che era noto per essere stato un potente mago guerriero, si sedette sul divano al centro della stanza.
“Dunque?” chiese con impazienza dopo aver accettato la coppa di brandy “Hai assistito al colloquio tra Sintas e Lewie?”
Vedendo la Redguard annuire, l’uomo si concesse una silenziosa esultanza prima di baciare Atmah .
“Oh, ti adoro, Saadia…”
“Atmah” disse scocciata la donna.
“Sì, certo. Atmah” il Nibenese lasciò risuonare per un attimo quel nome per poi tornare alla carica “di cosa hanno parlato? Cos’hanno detto? Dimmi tutto, tutto, Atmah!”
“Parlavano della morte di un certo Bantos”  rispose secca Atmah “l’elfo si è messo d’accordo con un Redguard di nome Vossan, il titolare del magazzino al porto e l’ha ucciso. Ora sembrano essere in buona confidenza”
“Ah” annuì soddisfatto Thules “lo stramaledetto elfo deve averlo irretito, deve essere una sua creatura ora… ebbene non nel mio Impero, no, proprio no. Lo sostituirò! Ah! Non ci saranno suoi uomini al porto. Ma miei!” emise un gridolino di scherno “e Sintas? non ha detto niente?”
“No” rispose annoiata Atmah “è stato zitto e ha ascoltato tutto il tempo”
“Oh, fa niente piccola” la rassicurò Thules accarezzandole la guancia “Un giorno avrò anche lui in pugno!”
“Ma ora” disse infine il Nibenese alzando la coppa “brindiamo! Alla mia migliore spia! Alla mia donna preferita!”
La Redguard si concesse un sorriso per il successo della missione.
   
 
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