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Autore: AlyTae    08/09/2015    3 recensioni
[SCANDAL]Haruna non è una ragazza come le altre: non pensa con la testa degli altri, ma con la sua. Non vuole studiare, e non vuole seguire le orme dei genitori. Vuole solo suonare la sua chitarra, e trovare qualcuno con cui formare una band. Ma Haruna è da sola. Esaudirà i suoi sogni?
**Storia ISPIRATA alla vera storia delle SCANDAL; sono presenti alcuni fatti imprecisato e/o inventati**
Genere: Avventura, Fluff, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 14, We're looking for our place of life ~ Rina's Story part II ~
"Non voglio stare qui,
non vuoi stare lì.
Stiamo cercando il nostro posto"

 
Maggio 2006, ore 19:30, Osaka (Giappone)
Rina guardò nuovamente la locandina che aveva in mano. Il posto era quello, ne era assolutamente sicura.
Ancora non posso credere che sono venuta davvero… pensò, un po’ titubante. Ancora non conosceva nessuno in città, e non era mai stata il tipo da passare le serate in giro per locali. Era una ragazza molto timida e spesso faceva fatica a relazionarsi con gli altri. A dir la verità, Rina non era consapevole della forza segreta che aveva dentro: lottava per venir fuori, ma il lato dolce e timoroso del suo carattere l’aveva sempre soffocato. Non sapeva che quella forza misteriosa avrebbe avuto il sopravvento su di lei proprio quel giorno, proprio durante quella serata…

 
Agosto 2006, ore 18:01, Osaka (Giappone)
Le luci all’interno del locale erano tutte spente. Com’era possibile? Era sicura che a quell’ora fossero ancora aperti. Persino Akira glielo aveva detto.
Haruna appiccicò la fronte alla vetrina del bar, cercando di sbirciare al suo interno. Non riusciva a vedere niente.
Non è possibile pensava, mentre ancora ansimava per via della corsa Deve esserci ancora qualcuno, per forza!
Come posseduta da una sensazione di panico, iniziò bussare con violenza sul vetro, così forte che avrebbe potuto rompersi sotto il suo pugno.
- Aprite! – urlava – Aprite! Fatemi entrare, per favore! Lo so che c’è qualcuno! Rina, lo so che sei lì dentro! Rina! –
Nessuno rispondeva ai suoi pugni, né alla sue urla. Ma lei non volle arrendersi. Anche perché, se davvero Rina non si trovava lì, allora non avrebbe più avuto la benché minima idea di dove ricominciare a cercarla.
- Rina! Voglio solo parlarti! Per favore!-
Iniziò a bussare ancora più forte sulla vetrina. Finché, finalmente, qualcuno reagì.
- Siamo chiusi!- disse una voce confusa che proveniva dall’interno.
- C’è Rina?-
- No.-
- Invece c’è! Apra, per favore! Devo parlare con lei!-
Seguì un attimo di silenzio.
- Non ha voglia di parlare con nessuno, adesso!-
- È importante! La prego! Ho bisogno di chiarire delle cose!-
Un altro attimo di silenzio, molto più lungo di quello precedente.  Vedendo che nessuno rispondeva più, Haruna sentì bruciarle in corpo un misto tra frustrazione e rabbia. Riprese ad urlare contro la parte, la voce leggermente scossa dal magona che piano piano le stava salendo in gola.
- Sono contenta che suoni la batteria, Rina! Lo sono per davvero!-
Silenzio. Haruna riprese.
- Sei… sei anche brava! Persino Mami l’ha detto! Tu non lo sai, ma Mami suona la chitarra. La suona molto meglio di me! E ho pensato che… allora….- in realtà Haruna, fino a quel momento, non aveva pensato proprio a niente. L’idea che stava per dire l’aveva avuto giusto in quell’istante - … che potresti suonarla tu, la batteria, e Mami la chitarra. Io posso solo cantare, non è un problema! Adesso mi piace molto di più, cantare. So che ti farebbe piacere entrare nella band, Rina, lo so! Non è vero che non ti piace il rock. Ho visto il poster di Keith Moon in camera tua…-
Con sua grande sorpresa, la porta del bar finalmente si aprì, emettendo un cigolio sinistro.

 
Maggio 2006, ore 19:31, Osaka (Giappone)
Al Namba Hatch c’era pochissima gente, ancora. In effetti era piuttosto presto. Il concerto sarebbe iniziato dopo una mezz’oretta, forse anche di più.
Ma perché sono venuta così presto?
Rina si guardò intorno, sentendosi un po’ a disagio. Erano tutti ragazzi di qualche anno più grandi di lei, intenti a bere birra la bancone o a chiacchierare seduti ai tavolini, mentre succhiavano drink colorati da una cannuccia. Da fuori, il locale sembrava molto più piccolo, quando in realtà era incredibilmente vasto. Il palco, poi, era enorme. Le luci erano già accese e gli strumenti erano ognuno ai loro posti. Quella che si notava di più, però, era la batteria, nera e lucente, situata al centro del palco, forse solo un po’ più indietro rispetto agli altri strumenti. Sul davanti, spiccava la scritta “Young Death” a caratteri cubitali.
Non ebbe dubbi: era la band di Shino.
Già, ma Shino dov’è?
Si mise a cercarlo con lo sguardo, ma non lo vide da nessuna parte. Sperava ci fosse stato. Era l’unica persona che conosceva. Bhe, più o meno. A dir la verità non conosceva bene nemmeno lui.
Ma che ci faccio qui? Perché sono venuta?
Perché l’aveva invitata, ecco perché. No, nemmeno quello era vero. Non l’aveva invitata, stava semplicemente distribuendo le locandine. Si stava facendo pubblicità. Figurati se a lui importava qualcosa della sua presenza. Questo pensiero fece venire gli occhi lucidi a Rina. Si sentiva stupida e piccola e in imbarazzo. Decise che sarebbe uscita e se ne sarebbe tornata a casa, tanto a lei quella musica non piaceva neppure. Aveva abbandonato quel genere per darsi alla musica classica e al piano, molto tempo fa…
‹‹ Rina! ›› urlò una voce alle sue spalle, un po’ confusa nel mezzo del chiacchiericcio delle altre persone. Rina infatti credette, in un primo momento, di aver sentito male, ma quando voltò lo sguardo scorse Shino che agitava la mano cercando di farsi notare da lei. Insieme a lui c’erano altri tre ragazzi e una ragazza.
Rina rimase un momento immobile al suo posto, senza sapere cosa fare. Quando notò che Shino le stava facendo segno di avvicinarsi, divenne tutta rossa e si diresse verso di lui, a passo svelto e tuttavia incerto.
‹‹ Sei venuta, alla fine! Mi fa piacere! ›› esclamò il ragazzo, rivolgendole un sorriso smagliante.
‹‹ S… sì… ›› riuscì a balbettare, per tutta risposta, Rina
‹‹ Ragazzi ›› Shino si rivolse a quelli che stavano con lui. Tutti quanti avevano in mano dei bicchieri di plastica colmi di birra ‹‹ Lei è Rina, quella di cui vi parlavo prima. L’ho conosciuta oggi, lavora con me… ››
Stava parlando…. di me? Con loro?
‹‹ Rina, questi sono gli altri membri della mia band: Taro, Kiichi e Yuki… ›› tutti e tre i ragazzi le rivolsero un pigro cenno di saluto ‹‹ … lei invece è una nostra amica, Tom… ››
‹‹ Ciaaaaao! ›› prima che Shino potesse finire di presentarle, la ragazza si lanciò su Rina, abbracciandola, e ferendole quasi un orecchio a causa della sua voce stridula. Rina rimase spiazzata. Nessuno le aveva dato così tanta confidenza, al primo incontro.
La ragazza le mise un braccio attorno alle spalle, appoggiando il suo peso su di lei, come se non riuscisse a reggersi in piedi. Aveva capelli neri e lunghissimi, che le coprivano gran parte del volto.
‹‹ Lo sai… ›› disse lei, e la sua voce acutissima risuonò per tutto il localo, attirando l’attenzione di alcune persone ‹‹ … prima Shino ci stava dicendo che sei davvero carina… e io non volevo crederci… Ma adesso che ti vedo… Hahah, cado.. scusa… dicevo…. Ora che ti vedo, devo dire che ha ragione, sei proprio carina! Molto più carina della sua ex…››
‹‹ Tomo! Ma.. cosa stai dicendo?››  Shino si grattò la nuca, e si mise a ridere, un po’ in imbarazzo.
Rina invece era a dir poco paralizzata. La situazione era così strana e confusa che non sapeva cosa fare, né cosa dire, né cosa pensare.
‹‹ Dimmi un po’… ›› continuò a biascicare quella strana ragazza ‹‹ almeno ti piacciono i ragazzi, a te?››
Uno degli amici di Shino alzò gli occhi al cielo e disse, in tono sconsolato : ‹‹ È ubriaca di nuovo ››
‹‹ Ma cazzo ›› commentò un altro ‹‹ la serata non è neppure iniziata. Tomo… ›› continuò, staccando la ragazza da Rina – la quale lo ringraziò mentalmente – e scuotendola, tenendola per le spalle ‹‹ Tomo, mi senti? Quante birre hai bevuto? Si può sapere? ››
La ragazza scoppiò in una risatina, poi disse, mangiandosi le parole : ‹‹ Nessuna! Te lo giuro! Bhe… solo due gin tonic… ›› e riprese a scoppiare a ridere.
‹‹ Per l’amor di… ›› l’amico di Shino, quello che doveva chiamarsi Yuki, prese sottobraccio la ragazza ‹‹ Kiichi, per favore, aiutami a portarla dietro le quinte. Almeno lì non farà del male a nessuno… ››
‹‹ Arrivo ›› rispose Kiichi, in maniera tranquilla e annoiata, come se si trattasse di una cosa da tutti i giorni ‹‹ E Taro, chiama Soma per favore. Ok che è ancora presto, ma preferirei che veniste in anticipo, sai com’è…››
‹‹ Non agitarti troppo, frontman! ›› lo derise Taro, mentre si portava il telefono all’orecchio e si allontanava.
Al bancone rimasero solo Shino e Rina. Shino era ancora rosso per l’imbarazzo e continuava a grattarsi la nuca. Rina non era da meno, e non aveva idea di cosa dire per poter rompere il ghiaccio.
‹‹ Bhe… ›› grazie a Dio, iniziò lui ‹‹ sinceramente non speravo che andasse così. Non avrai di certo avuto una bella impressione di loro.››
‹‹ Sono simpatici… ›› disse Rina, anche se non ne era del tutto convinta. Shino se ne accorse e rise. Dopo un po’, anche la ragazza non riuscì a trattenere una ristata.
‹‹ Vuoi bere qualcosa? ›› propose lui
‹‹ Di solito non bevo ›› rispose Rina, un po’ titubante
‹‹ Ah già… sei piccola ›› Shino sorseggiò un po’ di cuba libre dal suo bicchiere ‹‹ Spero almeno ti piaccia il concerto.››
‹‹Non sono solita nemmeno a frequentare posti del genere ›› confessò lei
Shino la guardò con curiosità : ‹‹ E allora perché sei venuta? ››
‹‹ Perché mi ha incuriosito. Voglio dire, non sono mai andata ad un concerto che non fosse di musica classica. I miei genitori non sono mai stati d’accordo. ››
‹‹ Ma i tuoi genitori non sono qui, ora. Non hai detto che sei scappata di casa?››
Rina si mordicchiò le labbra, nervosa, ed abbassò lo sguardo : ‹‹ Non è tanto per quello… ››
‹‹ Shino! Vieni dietro le quinte! Riunione di emergenza della band! ›› Taro riapparve improvvisamente, interrompendo la conversione tra i due ragazzi.
Shino si riscosse : ‹‹Che succede?››
Taro, per tutta risposta, gli fece cenno di seguirlo e si avviò verso il retroscena del palco, facendosi spazio tra i clienti del locale, che mano a mano si facevano sempre più numerosi.
Shino, visibilmente confuso e preoccupato, si girò verso Rina e la prese per un braccio.
‹‹ Vieni anche tu.›› disse. Rina si lasciò trascinare, anche lei abbastanza confusa.
 
 
‹‹ No! Cazzo, dimmi che non è vero! ››
‹‹ Siamo nella merda, ragazzi! Nella merda!››
Tomomi giaceva nel divanetto del retroscena, completamente addormentata ed ignara del caos che si stava creando attorno a lei: Kiichi aveva le mani tra i capelli e camminava nervosamente avanti e indietro per la sala; Shino era appoggiato alla parete, con la fronte appoggiata al palmo della mano; tutti quanti erano visibilmente in ansia, preoccupati. Rina rimaneva seduta, senza poter far altro se non stare zitta ed ascoltare i loro discorsi.
‹‹ Hai provato a convincerlo, almeno? ›› disse Kiichi a Taro, esasperato.
‹‹Sì, te l’ho detto !›› rispose quest’ultimo, con ancora il cellulare in mano ‹‹ ma non ha proprio voluto ascoltarmi ››
‹‹Merda! Merda, merda , merda! ›› continuava a imprecare il ragazzo dai capelli lunghi ‹‹Io ve l’avevo detto, cazzo! Più e più volte durante le prove, o no? Questa è una serata importante per i Young Death, ragazzi, cazzo! Vi avevo detto di non mancare assolutamente, e…››
‹‹ Basta Kiichi, è inutile lamentarsi adesso! ›› sbottò improvvisamente Shino ‹‹La madre di Soma sta male, è ovvio che vuole passare del tempo in ospedale con lei! Non possiamo farci niente. Non verrà. Dobbiamo trovare una soluzione in fretta. Altrimenti in questo modo non risolviamo niente.››
Kiichi fulminò l’amico con lo sguardo, poi affondò il viso tra le mani, sempre più esasperato : ‹‹ Fosse stato Taro a non venire, almeno avremmo avuto una soluzione Tomomi che poteva sostituirlo al basso. E se fossi mancato tu, Shino, avrei potuto suonarla io la chitarra, mentre cantavo. E se invece fosse mancato Yuki, bhe, per una volta avremmo fatto a meno della tastiera. Ma Soma…. Cristo, proprio lui doveva mancare oggi! Non possiamo suonare senza una batteria. E non abbiamo un sostituto! ››
Rina continuava ad ascoltare, mordendosi le labbra nervosamente.
‹‹ E se provassimo a fare la batteria col computer? ››
‹‹ Non l’abbiamo mai registrata… E a farla adesso ci vuole troppo tempo. ››
‹‹L’unica soluzione è trovare un batterista e insegnargli velocemente i nostri pezzi, magari in modo semplificato. Se lo troviamo in fretta riusciremo a farlo in tempo. Ci basterebbe una mezz’ora, o tre quarti d’ora… ››
‹‹Ma dove lo troviamo un batterista adesso? ››
Rina intrecciò nervosamente le dita : ‹‹ Io… ›› provò a mormorare ‹‹ Io la so suonare, la batteria.››
‹‹Se provassimo a chiedere a qualcuno del pubblico? ››
‹‹ Cavolo! Mi sembra assurdo dover chiamare un fan quando manca un membro del gruppo!››
‹‹ Abbiamo altra scelta?››
Non l’avevano sentita. Rina respirò a fondo. Non sapeva perché lo stesse facendo, né con quale coraggio ci riuscì, ma si alzò di scatto, strizzò gli occhi e disse a volte alta : ‹‹Io so suonare la batteria! ››
Calò il silenzio. Quando Rina riaprì gli occhi, vide le facce sbigottite dei tre ragazzi, che la guardavano a bocca aperta.

 
Agosto 2006, ore 18:15, Osaka (Giappone)
- Era assurdo. Voglio dire, la situazione in generale. Non sapevo cosa mi fosse preso. Dopo anni e anni passati a studiare il pianoforte, in quel momento fui presa da un coraggio che non avevo mai posseduto. Era come se, qualcosa dentro di me, molto profondamente, volesse salire su quel palco e suonare quello strumento. Nonostante fosse tanto tempo che non vedevo una batteria.-
Haruna stava zitta, e ascoltava il racconto di Rina con orecchie attente. Erano una seduta di fronte all’altra, ad un tavolo del bar vuoto, che in teoria doveva essere chiuso. Rina si era lasciata convincere dall’amica e le aveva aperto la porta. All’inizio, per Haruna fu difficile cercare di far parlare la sua coinquilina, poi improvvisamente quest’ultima aveva iniziato a raccontare, straripando parole come un fiume in piena. Sembrava che volesse sfogarsi su quell’argomento da molto tempo.
- Non andò proprio perfettamente. Mi insegnarono i loro pezzi in poco più di mezz’ora, e molte volte furono costretti a modificarli per renderli più semplici, più adatti a me. Kiichi non era molto entusiasta. Avrebbe preferito ci fosse un batterista più qualificato, più al loro livello. In particolare per quella serata lì, che aspettavano da tanto tempo. Mi sentivo a disagio, all’inizio. Poi… Dio! Suonai sul palco. E fu fantastico. Era la prima volta che suonavo la batteria in pubblico. E mi sono sentita diversa rispetto alle volte in cui suonavo il pianoforte nelle orchestre, o durante i saggi. Era… non so spiegarlo. Quelle luci, quel rumore, quell’energia! E ogni volta che pestavo quel pedale, io… io mi sentivo viva e piena di gioia!-
Fece una pausa. I suoi occhi brillavano di una luce che Haruna non le aveva mai visto indosso. Capiva cosa provava, o almeno, poteva immaginarlo. Haruna non aveva mai suonato la chitarra su un palco. Ma preso, molto presto, avrebbe rimediato. Rabbrividì al solo pensiero.
- Allora… qual è il problema?- provò a dire la chitarrista, dopo quel silenzio di riflessione.  Rina lanciò un’occhiata malinconica all’amica. La luce era completamente svanita. Ora i suoi la supplicavano di non chiedere oltre, di non farle raccontare quella parte della storia. Ma lo fece comunque.
- Prima di trasferirmi a Osaka – iniziò – vivevo a Tokyo. Questo già lo sai. E sai anche che i miei non erano molto d’accordo sul fatto che mi trasferissimo a Osaka da sola. Per loro ero ancora troppo giovane. Ma mi lasciarono fare quando insistetti. E poi, venivo qui per studiare pianoforte, ed era ciò che i miei avevano sempre desiderato. Ma… c’è una cosa che non ti ho detto.-
Fece un’altra pausa. Stavolta Haruna non fiatò. Aspettò pazientemente il momento in cui Rina si sarebbe sentita pronta di continuare.
- Avevo uno zio. Fratello di mio padre. Molto diverso da lui. Era un batterista professionista. Era sempre in giro per il mondo a suonare assieme a persone molto importanti. Mio padre non approvava per niente il suo stile di vita, ma gli voleva bene. Di nascosto, mio zio cercava di farmi conoscere la musica rock. Grazie a lui ho scoperto i The Who. Quando gli dissi che mi piacevano, mi portò un autografo di Keith Moon, con una dedica fatta appositamente per me. Ero contentissima. Anche il poster è un regalo di mio zio. Senza che i miei lo sapessero, mi insegnò a suonare la batteria…- sorrideva mentre raccontava quegli episodio. Poi, però, il suo sorriso scomparve mano a mano – Poi si ammalò gravemente. Mio padre diceva che era a causa degli stupefacenti di cui faceva uso da tempo. Probabilmente durante qualche festino assieme a delle rockstar con cui aveva suonato. Inutile dire che fu tutto inutile, e morì. Mio padre mi vietò di suonare la batteria, mi vietò di interessarmi a qualsiasi cosa che riguardasse il mondo del rock. Il dolore per la perdita di suo fratello l’aveva completamente distrutto. Mi strappò l’autografo di Keith Moon in mille pezzi. Voleva bruciare persino il poster. Non gliel’ho permesso. È l’unico ricordo di mio zio. Lo presi, e me ne andai di casa prima del previsto. –
Rina iniziò ad essere invasa da tremiti, la voce le diventava sempre più debole. Non resistette un secondo di più, e scoppiò in lacrime. Haruna poté vedere in quel momento, per la prima volta, quando fosse piccola e fragile. Eppure, quella giovane ragazza che aveva davanti, così debole a prima vista, aveva una grande forza dentro di sé. Haruna se lo sentiva. La vedeva, quella forza. Tutte le volte che portava da mangiare in casa, ogni volta che usciva per andare a lavorare, ogni volta che sorrideva. No, Rina non era fragile. Era forte. Forte come lei, che era scappata di casa per andare incontro ad un sogno  che già stava iniziando a realizzarsi. Forte come Mami, che nonostante le brutte cose che gli altri dicevano di lei, proseguiva per la strada, fiera e a testa alta. Forte come Tomomi, che, anche se all’esterno appariva infantile e pigra, non aveva rinunciato al suo sogno solo a causa di qualche difficoltà iniziale. Pensando a tutto questo, Haruna si rese conto di quanto tutte loro, sebbene in maniere diverse, fossero forti. E forse era destino che la loro forza dovesse manifestarsi suonando sopra un palco.
- Anche mio zio è morto da poco.-
Rina smise di singhiozzare, guardando Haruna con i suoi grandi occhi lucidi. Non se lo aspettava.
Haruna sorrise tristemente :- Lui mi ha insegnato a suonare la chitarra. E i miei non erano per nulla d’accordo. Volevano che studiassi matematica. Ma sai cosa mi disse, mio zio, prima di andarsene? Mi disse di andare avanti per la mia strada, senza farmi condizionare da nessuno. Mi disse “Haruna, qualsiasi cosa tu voglia fare, assicurati che sia qualcosa che ti appassioni davvero. Ognuno ha il proprio posto da qualche parte, ma la scelta di alzarci per poter andare a cercarlo è solo nostra.” Forse, se non avesse detto quelle cose, non avrei mai avuto il fegato di venire a Osaka.-
Prese le mani di Rina tra le sue. Tremavano.
- Rina, ti prego, pensaci. Non ti voglio costringere a entrare nella mia band. Ma ti consiglio con tutto il cuore di riprendere a suonare la batteria. Se vuoi posso trovarmi un secondo lavoro per pagarti delle lezioni. Lo farò volentieri. Sono sicura che tuo zio sarebbe fiero di te.-
Rina non sapeva cosa dire, ma le parole dell’amica l’avevano calmata. In più, era davvero tanto tempo che non si sfogava.
- Vuoi che me ne vado? Vuoi restare sola?-
- No. No, resta qui ancora un po’-
   
 
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