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Autore: Black Hayate    09/09/2015    2 recensioni
[I Dalton ]
Avete mai pensato a come sarebbe Lucky Luke se fosse ambientato ai giorni nostri? Che lavoro farebbe il nostro cowboy solitario?
E i Dalton? Riuscirebbero a scappare dall'infame penitenziario del Nevada in cui sono rinchiusi e a soddisfare la loro sete di crimini e denaro?
Beh, se siete curiosi non vi resta che leggere.
Genere: Avventura, Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Di nuovo buonasera! La febbre per i Dalton non dev’essermi ancora passata, perché la storia sta assumendo contorni sempre più definiti. Vi lascio alla lettura e vi prego di commentare (sempre che abbiate voglia eh) se vi è piaciuto ciò che avete letto o se volete chiedermi qualcosa. Lascio comunque qualche spiegazione in fondo alla pagina! :D

 

 

L’aria secca e infuocata del deserto abbracciava l’automobile in una stretta torrida e, per quanto il ragazzo tenesse i finestrini spalancati e i suoi capelli si muovessero al ritmo della corrente, non riusciva proprio ad asciugare il sudore, che continuava a colargli con esasperante lentezza lungo il collo. Ma tutto ciò sembrava non interessargli più di tanto: gli occhi iniettati di sangue, rossi come i suoi capelli, osservavano pigramente il paesaggio, mentre un pezzo di Steve Earle registrato su una vecchia cassetta faceva da colonna sonora all’autostrada polverosa. Ma la stanca melodia d’un tratto cambiò, intrecciandosi con il suono acuto e penetrante di una sirena. Il ragazzo diede un’occhiata allo specchietto retrovisore: da quanto tempo aveva dietro quell’agente in moto? Ma perché quegli sbirri gli stavano sempre tra i piedi? Imprecando, il giovane rallentò, accostando ad un lato della strada deserta. Anche il poliziotto rallentò, parcheggiando la moto proprio di fronte alla macchina del ragazzo. Il tizio era uno spilungone dall’aria taciturna. Come tutti gli agenti della polizia stradale portava gli occhiali da sole e, da sotto il casco, si riusciva ad intravedere un largo ciuffo nero. Era però il resto dell’abbigliamento che lasciava perplessi: il ragazzo non ricordava di aver mai visto uno sbirro con la camicia gialla, o con un fazzoletto legato al collo a mo’ di cowboy. L’uomo smilzo si appoggiò alla carrozzeria dell’auto e fece cenno di abbassare il finestrino. Di malavoglia il giovane obbedì.

-Buongiorno. Documenti?- chiese con voce tranquilla lo sbirro.

Facendo una smorfia, il ragazzo prese il portafoglio. L’agente guardò per qualche secondo i fogli, dopodiché disse senza tante cerimonie:

-Dunque Henry, hai fumato?-

Il ragazzo gli rivolse uno sguardo furente e agitato. Stava effettivamente facendo il corriere tra Reno e Las Vegas e per rilassarsi aveva deciso di spararsi un cannone. Dopotutto chi si sarebbe aspettato di trovare un maledetto sbirro nel deserto?

-Allora?-

-No signore- si costrinse a dire il giovane. L’effetto distensivo dell’erba stava svanendo e sentiva prudere la mani: aveva un revolver sotto il sedile e stava sentendo l’esigenza di usarlo contro quel ficcanaso. Non era la prima volta che si sbarazzava di qualcuno in quel modo e, nel deserto, seminare le proprie tracce sarebbe stato un gioco da ragazzi.

-Perché non apriamo il bagagliaio dell’auto e vediamo che cosa c’è dentro?- continuò l’uomo. Il giovane posò lentamente il suo sguardo su quello dello sbirro. Dannazione, ora sì che avrebbe dovuto farlo fuori.

Una frazione di secondo dopo aveva in mano la pistola, pronto per fare fuoco. Si sentì un forte sparo e…

Si ritrovò con le mani vuote e tremanti. Si voltò, con gli occhi sbarrati: l’arma era andata a finire oltre l’altro finestrino, chissà in che modo. Si girò nuovamente verso l’agente e lo vide nella stessa posizione di prima, tranquillamente appoggiato al finestrino, ma con in mano una pistola.

-Ma che ca**o fai?- urlò furibondo il ragazzino.

-Suvvia Henry, il tuo nome ha fatto il giro prima di quanto pensassi. Henry McCarty, nel giro ti fai chiamare Billy The Kid, no? Certo che sei giovane per aver già ammazzato due tuoi colleghi-

-Mi avevano messo alle strette! Io mi sono solo difeso!- gridò il giovane, divincolandosi dalla presa dell’uomo che gli stava mettendo le manette.

-Raccontalo al tuo avvocato- ribatté sorridendo l’altro. –Vado a chiamare una volante, non dovrebbero impiegarci più di qualche ora-

Ignorando le bestemmie che il ragazzo gli stava urlando contro, l’uomo andò a prendere la radiotrasmittente sulla moto. Il familiare crepitio della radio si interruppe.

-Qui 794, ho un arresto per detenzione e trasporto di stupefacenti-

-Luke, ci sei?-

-Certo Jane-

-Ah bene, stavo cercando di contattarti da un po’. I Dalton sono evasi-

L’uomo incrociò le braccia, sospirando.

-Ci hanno impiegato meno del solito, stavolta-

 

***

Una goccia d’acqua.

Joe non avrebbe desiderato altro in quel momento. Al diavolo tutti i sogni su libertà, banche svaligiate e mazzette da mille dollari. Voleva solo un po’ d’acqua, era chiedere tanto? Anche se forse nel deserto del Nevada non era la cosa più accessibile…

-Joe, io ho tanta sete- si lamentò Averell, asciugandosi il sudore con una sudicia manica della divisa a righe.

-Sta’ zitto Averell- ribatté Joe stancamente, con la voce ormai inaridita.

 

Dopo aver corso per qualche miglio nel bel mezzo della notte, cercando di far perdere le proprie tracce distanziandosi sufficientemente dal penitenziario, i fratelli avevano deciso di “comune accordo” di recuperare un po’ le forze, riposando per qualche ora dietro un masso sufficientemente lontano dalla strada. Joe ne avrebbe fatto volentieri a meno, ma non c’era stato verso di far cambiare idea agli altri (soprattutto ad Averell, che aveva già cominciato a dormire e non si era svegliato nemmeno con i calci).

Tuttavia al sorgere del sole avevano avuto una sorpresa piuttosto inaspettata.

-Joe, se il sole sta sorgendo da quella parte significa che stiamo andando verso Sud, non Nord- aveva osservato William. Prendendosi mentalmente a schiaffi, Joe aveva minimizzato, dicendo che prima o poi da qualche parte sarebbero arrivati.

-Sì, però Reno era più vicina…- aveva cominciato Jack, rinunciando a proseguire dopo l’occhiata che Joe gli aveva rifilato.

Avevano camminato quindi per tutta la mattina, facendo attenzione a nascondersi non appena scorgevano all’orizzonte qualche auto del penitenziario. Le escursioni delle guardie erano state piuttosto frequenti nelle prime ore dalla loro evasione, per poi diminuire lentamente. Evidentemente Peabody aveva rinunciato a cercarli, affidandosi alla polizia di stato. Joe si morse la lingua dalla rabbia. Sapeva chi sarebbe stato il primo a cercarli, ma non ce l’avrebbe fatta stavolta: avrebbe piantato un paio di pallottole in quella stupida testolina. Quel dannato sbirro che si dava arie da cowboy solitario lo tormentava da quando i fratelli Dalton avevano cominciato ad assumere un certo interesse per la Highway Patrol del Nevada e, dal momento in cui i loro sguardi si erano incrociati, la carriera criminale dei Dalton aveva subito un inesorabile declino. In compenso l’agente era diventato un personaggio così emblematico dopo le loro continue catture da parte sua da meritarsi pure un soprannome, “Lucky Luke”. Ridicolo.

L’immagine di quello stupido cowboy non accennava ad andarsene dalla mente di Joe, tanto che fece fatica ad accorgersi che i fratelli lo stavano tirando per la collottola dell’uniforme.

-Joe, una macchina! E non è delle guardie o della polizia!- dissero trionfalmente in coro William e Jack. Il fratello maggiore ghignò e si scrocchiò le dita.

-La fortuna comincia a girare dalla nostra parte- sussurrò tra sé e sé.

 

Dopo quello che parve un tempo interminabile, l’auto colmò l’enorme distanza che li separava, raggiungendo il punto in cui si trovavano. Più che una vera e propria automobile si trattava di uno scrostato pick-up, così vecchio da far pensare che non avrebbe retto per un altro miglio. Dal veicolo si affacciò un indiano dall’aria seria e indecifrabile, che li squadrò per qualche attimo senza dire niente. Il silenzio cominciò a prolungarsi, così Joe prese l’iniziativa.

-Mi scusi, buon uomo- cominciò con il suo tono migliore –Abbiamo dovuto abbandonare il nostro mezzo nel deserto e siamo stati costretti a camminare per molte miglia. Potrebbe portarci al centro abitato più vicino?-

L’indiano continuò a fissarli in silenzio, senza che il suo cipiglio cambiasse. Infine, dopo un tempo inenarrabile, rimontò sul pick-up, facendo segno ai fratelli di salire. Mettendo in moto, disse:

-Mi chiamo Nawkaw, che significa Lupo Pazzo. Io, la mia famiglia e il mio socio in affari abitiamo non molto lontano da qui-

E questo fu tutto ciò che pronunciò fino alla fine del viaggio.

 

 

Simpatico POST SCRIPTUM

Per farvi capire meglio l’ambientazione, vi lascio qualche appunto:

1.       Henry McCarty è il vero nome di Billy The Kid, Wikipedia mi è testimone! Ho deciso che il miglior ruolo per lui era di essere un giovane criminale nei giri della droga. D’altra parte quello è uno dei rami più proficui se al giorno d’oggi uno vuole fare il gangster

2.       Il nostro caro Lucky Luke fa parte del Nevada Highway Patrol, un corpo di polizia di stato valido in tutto il Nevada e libero di girare e intervenire in tutte le strade dello stato.

3.       In questo capitolo ho fatto riferimento alla geografia del Nevada. Per farvi ambientare un po’ vi lascio il link di una cartina: http://www.voyagesphotosmanu.com/Complet/images/cartina_geografica_nevada.gif Edit dell'ultimo minuto: se volete sapere che canzone stava ascoltando Billy, ecco il link! https://www.youtube.com/watch?v=kQmUgKaeYr0 Viva i pezzi fumosi!

 

 

   
 
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