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Autore: erzsi    10/09/2015    3 recensioni
Non era una brava persona.
Certo, nella sua vita aveva fatto cose di cui chiunque – quasi chiunque, o almeno, il chiunque che per lui sembrava contare di più – ne sarebbe andato orgoglioso : aveva deriso, minacciato, macchinato e manipolato qualsiasi persona potesse offrirgli un qualsiasi tornaconto. Era un Serpeverde, dopotutto. No, era stato un Serpeverde, ma era e sarebbe stato sempre un Malfoy.
Genere: Generale, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Ginny Weasley, Narcissa Malfoy, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Vuoto
Parte II















«È stata piacevole, la settimana con quel Mangiamorte?»
Questa sì che è una bella accoglienza, pensò Hermione non appena rimise piede in casa. Eppure avrebbe dovuto immaginarla, la reazione che avrebbe avuto Ron al rivederla.
«Una settimana, Hermione!» proruppe, già furioso. «Non ti sei fatta sentire per un’intera settimana!»

Perché, tu l’hai fatto?, avrebbe voluto chiedergli. Ma non lo fece, preferendo rimanere in silenzio. Era colpevole, questo doveva ammetterlo. Si era allontanata volontariamente, da quella casa, lasciando marito da solo e figlio dai suoi genitori. Non aveva giustificazioni, nessuna scusante alla quale potersi appellare. Si rese conto di non desiderarle nemmeno, quelle attenuanti che in qualche modo avrebbero potuto permetterle di difendersi.
Aveva litigato con Ron.
Aveva litigato con lui per colpa di un gufo di scuse.
Aveva litigato con suo marito a causa delle accuse che le aveva rivolto per colpa di quello stesso gufo.
Avevano litigato, e lei si era allontanata.
«Hermione.»
Ed allora perché non provava in benché minimo rimorso, per ciò che aveva scelto di  fare?
Guardò Ron e la sua espressione arrabbiata e delusa a lungo, cercando di ricordare ciò che l’aveva fatta innamorare di lui, e chiedendosi se fosse ancora così. Ronald Weasley era suo marito, con lui aveva generato due bellissimi figli, con lui aveva una vita calma e tranquilla. Ed allora perché si sentiva come se si fosse rotto qualcosa, durante la sua assenza, dentro di lei? Non amava più Ronald?

La gente non cambia, Hermione.
E se lui avesse avuto ragione, quella volta? Le persone erano davvero staticamente immobili, o potevano scegliere liberamente?
Non è vero. La gente può scegliere di cambiare.
Dopotutto, non erano forse cambiati tutti quanti, in seguito ad eventi del tutto eccezionali, vent’anni prima? Ne erano stati costretti, questo era vero, ma di certo non era stato contro il loro volere. Erano cresciuti, con quel cambiamento. Erano diventati adulti.
La gente poteva davvero cambiare idea. L’aveva cambiata realmente anche lei?
«Hermione.»
Guardò nuovamente suo marito, e si rese conto di non esserne affatto stupita. Non sentiva nulla, per il rosso che le stava davanti. Aveva avuto modo di riflettere a lungo, durante quella settimana di pausa che si era concessa,  aveva meditato e valutato molte cose, ed altre le aveva completamente stravolte.
Durante quella settimana, si era chiesta più e più volte se la colpa di tutto quanto era successo non fosse da attribuire interamente a lei. In fondo, non poteva di certo negare di averne preso parte attivamente, a quel… quel disastro che stava accadendo sopra le teste di molte persone,  nelle loro case e nelle loro vite.

Se non fosse stato per colpa di una miserabile Sanguesporco, a quest’ora la Gazzetta non avrebbe…
… non avrebbe scritto quell’articolo.
La testa del biondo china davanti a lei, a conferma dei suoi pensieri esatti.

Come poteva, dunque, dichiararsi completamente innocente?
«Hermione!»
Sussultò quando la chiamò quasi urlando, voltandosi irritata verso suo marito. «Cosa c’è?» sbottò, mascherando con un tono di voce secco il senso di colpa che provava.
«Cosa c’è?» ripeté incredulo Ron. «Sei sparita per una dannata settimana, Hermione! Potevi essere ferita, potevi essere… morta, per quel che ne sapevo!»
«Non dire idiozie, Ronald.» sibilò, allontanandosi da lui. «Se sono qui, vuol dire che sto bene.»

Peccato che non stesse bene affatto.
Hermione non avrebbe saputo spiegare come si sentisse in quel momento. Forse era colpa del tè corretto che aveva bevuto solo poche ore prima, forse era colpa della confusione che l’aveva avvolta all’ospedale, o forse, ancora, la colpa era dello sbigottimento dovuto alle parole che aveva sentito pronunciare da Malfoy.
Possibile, che fosse davvero… innamorato di lei?
Hermione all’inizio era scoppiata a ridere, non appena aveva sentito quell’affermazione, ma poi era stata costretta a smettere. L’espressione sul volto di Malfoy mentre parlava non era affatto divertita : era profondamente seria.

Stai… stai scherzando, vero?
No. Non sono mai stato così serio.

«Dove sei stata?» le chiese ancora, seguendola per la casa. «Ho chiesto a tutti, e nessuno lo sapeva.»
«Forse non hai chiesto proprio a tutti.» replicò Hermione. «Dov’è Hugo?»
«Ah, ora te ne ricordi!» la schernì Ron. «Dopo giorni, solo ora ti ricordi di avere un figlio ancora a casa.» l’accusò poi, più arrabbiato di prima. «Bella madre che sei.»
Hermione si bloccò, a sentire quelle parole. Strinse i pugni, valutando seriamente l’ipotesi di Schiantare davvero suo marito. Si voltò lentamente verso di lui, e l’espressione omicida che era sicura di avere in volto fece arretrare di poco Ron.
«Non ti permettere.» sibilò, a pochi centimetri dal viso rubicondo di lui. «Non permetterti di offendermi! Cosa ne sai tu, di che madre sono per Hugo? Non ci sei mai, Ron! Sei troppo preso dai Tiri Vispi per poter vantare il diritto di giudicare me per come mi comporto con tuo figlio.» lo accusò, brandendo davvero la bacchetta davanti al viso di Ron. «Sei l’ultima persona ad avere il diritto di potermi accusare di qualcosa. Te lo chiedo di nuovo. Dov’è Hugo?»
«È… è da Ginny, adesso.» mormorò l’altro, deglutendo spaventato dalla reazione di sua moglie. Non l’aveva mai vista così furiosa, nei suoi confronti.
«Grazie. Vado a prenderlo.» gli comunicò. Mosse in circolo la bacchetta, ed un piccolo gruppo di borse apparve vicino all’entrata. Ron le guardò con gli occhi sgranati, inghiottendo ancora aria a vuoto.
«Non… non puoi andartene.» tentò di fermarla. «Hermione…»
Lei chiuse gli occhi, respirando profondamente. Non avrebbe voluto farlo, ma la settimana precedente aveva riflettuto sul fatto che forse era questa la scelta migliore, al momento, o almeno fino a quando non avesse capito e fatto chiarezza dentro di lei e nei suoi pensieri.
«Non posso fare altrimenti, Ron.» mormorò, e gli rivolse un’occhiata dispiaciuta. «Non posso rimanere con qualcuno che ha così poca considerazione di me. Mi dispiace.»
L’altro annuì, realizzando solo ora le parole con le quali l’aveva definita. «Non c’è modo di farti cambiare idea. Mi dispiace che sia andata così. Ci… ci sarà modo di rimediare?»
«Non lo so, Ron.» sussurrò lei, spedendo con un colpo di bacchetta le sue cose a casa di Ginny ed Harry. «Lo spero. Per il bene di Rose e Hugo, lo spero tanto.»

 

 

 

 

***

 

 

 

 

Hogwarts era cambiata di poco, in quegli anni.
Sebbene la ricostruzione post bellica fosse stata abbastanza lenta, per gli standard magici, tutto era esattamente uguale al prima.
Gli stessi corridoi, le stesse aule, le stesse statue. Perfino l’ufficio del Preside era rimasto uguale. Ma le espressioni dei quadri appesi alle pareti… quelle non erano affatto uguali, e di certo non gli stavano rivolgendo occhiate benevole. Fin da quando vi era entrato, i personaggi avevano preso a lanciargli insulti e a chiamarlo Mangiamorte, mentre lui cercava di non lasciarsi influenzare dalle loro parole, sebbene sembrasse avere seri ed improvvisi problemi nella deglutizione.

Era così, che si era sentita Hermione in quel sotterraneo? Offesa ed umiliata? Fuori luogo, circondata da quei quadri pieni di odio e risentimento?
Ma non tutti.
C’era un quadro, un solo dipinto, che lo guardava diversamente dagli altri. Due calmi occhi azzurro chiaro, su un volto altrettanto tranquillo, lo osservavano esprimendogli solo serenità.
«Draco.» il quadro lo chiamò, pacato come era stato in vita il personaggio che raffigurava. Ci mise qualche secondo, a decidere di voltarsi. Non voleva vedere la pena, in quegli occhi chiari quasi quanto i suoi; non voleva compassione nei suoi confronti, gli bastava quella di Hermione; e soprattutto non voleva fare i conti con il profondo senso di colpa che sicuramente l’avrebbe colpito non appena avesse messo i suoi occhi davanti a quelli dell’altro.
Non era pronto.
Nonostante fossero passati quasi vent’anni, da quel giorno, lui ancora non era pronto.
«Draco, guardami.» Silente tornò a chiamarlo, con più placidità di prima. Si voltò, e nulla di ciò che si era aspettato di vedere in quegli occhi lo colpì. L’ex Preside lo guardava bonario, sorridente come poche volte lo aveva visto rivolgersi a lui.
«C’è sempre qualcosa di buono in ogni cosa che vedi, Draco.» proferì. «Sognare non è sbagliato. Il segreto sta nel trovare il momento giusto per attraversare la corrente.» aggiunse. «Suppongo basti avere una barca sufficientemente larga.»
Draco si ritrovò a sorridere, a testa bassa, confortato dal fatto che l’anziano Preside avesse scelto di evitare rimproveri nei suoi confronti. Alzò il capo per ringraziarlo delle sue parole - indiscutibilmente strane, ma stranamente comprensibili - e per il peso sul cuore che gli aveva alleggerito, ma Silente non c’era già più.
Draco si lasciò cadere su una poltrona, e chiuse gli occhi. Mai, in tutta la sua vita, gli era capitato di sentirsi in quel modo, di sentirsi così stanco.

Si sentiva svuotato.
Si accorse di non sentire davvero più nulla. Non sentiva quali parole avrebbe dovuto utilizzare, di lì a poco; non sentiva la presenza di Astoria di fianco a lui, pronta come sempre a sostenerlo; non sentiva il peso degli anni, come invece avrebbe dovuto.
Era vuoto.
Astoria gli strinse una mano, come solo un’amica - no, moglie non più - poteva fare. Gli era profondamente grato, per essere lì con lui. Nonostante lei e Lucius non fossero stati in così buoni rapporti, lei comunque era lì, ad assicurarsi che non avesse cedimenti.
Come avrebbe fatto, a dire a suo figlio che suo nonno non c’era più? Con quale coraggio lo avrebbe guardato negli occhi, tentando di dirgli la verità su ciò che era accaduto?
Per una volta, desiderò avere quella rinomata temerarietà così tipica dei Grifondoro. Per una volta, si trovò a rinnegare la scelta del Cappello Parlante, quando l’aveva smistato a Serpeverde. Per una volta, voleva smettere di essere codardo.

I sentimenti, Draco. I sentimenti saranno la tua fine.
Fin da piccolo, si era ripromesso di seguire quel monito, credendo davvero che i sentimenti fossero qualcosa di superfluo, una cosa accessoria della quale si poteva fare benissimo a meno. E per anni ci aveva creduto, basando di conseguenza la sua intera vita su quella frase.
Ciò che conta davvero sono le apparenze, Draco. L’immagine è tutto.
Ne era ancora convinto di questo, dopo tutto quello che aveva passato? Dopo tutte le vicissitudini - buone e cattive - che aveva affrontato, poteva dirsi ancora certo che i sentimenti potessero essere ancora classificati come debolezze?
La sola cosa certa, e che solamente ora aveva compreso appieno, era che non voleva essere come lui. Avevano lo stesso cognome, questo era vero; avevano lo stesso sangue, e questo era altrettanto veritiero, ma avevano due nomi diversi. Draco e Lucius. Sarebbe bastato questo, a poterli differenziare? 

I sentimenti, Draco. I sentimenti saranno la tua fine.
Draco aprì un pò di più gli occhi, fissando una piccola porzione del muro davanti a sé. Lui non voleva essere come Lucius. Non più.
No, padre. I sentimenti saranno la mia forza.
Scorpius non avrebbe dovuto vederlo così. Si ricompose, facendo leva su ciò che non avrebbe mai smesso di provare per suo figlio : l’amore nei suoi confronti.

Ti voglio bene, Scorpius. Non dimenticarlo mai.
La porta dell’ufficio si aprì, rivelando il bambino accompagnato dalla Preside. Aveva la testa bassa, Scorpius, ma appena si rese conto di avere davvero i genitori davanti, corse loro incontro, incurante dei richiami della McGranitt. Li abbracciò entrambi, e Draco si sentì ancora più male, al pensiero che la gioia di suo figlio sarebbe stata presto rimpiazzata dal dolore. Per causa sua. Sarebbe stato lui, difatti, a dare la notizia al bambino. Incrociò gli occhi di Astoria, e vi lesse determinazione. Deglutì nervoso, mentre si abbassava alla stessa altezza di suo figlio. Ringrazio mentalmente la Preside, promettendosi di farlo più tardi a voce, per aver avuto la gentilezza di lasciare a loro il suo ufficio.
«La Preside ha detto che volevate parlarmi.» esordì il bambino, alternando lo sguardo ai visi di entrambi i genitori. «Non mi sono comportato male, però.»
Astoria sorrise, di fronte a quell’ammissione, e gli scompigliò i capelli biondi identici a quelli del padre. «No, tesoro. Lo sappiamo, che sei un bravo studente.» lo tranquillizzò, ed il bambino tirò un sospiro di sollievo. «Non siamo qui per questo. Abbiamo bisogno di parlarti.»
«Ma non qui.» si intromise Draco, rialzandosi. «C’è un posto in cui… hai un posto speciale, Scorpius?» gli domandò, ed il bambino annuì immediatamente.
«Il campo da Quidditch!» esclamò felice, e gli occhi gli si illuminarono. «Quando voglio stare solo, vado lì.»
Draco gli rivolse un sorriso, accarezzandogli la testa bionda. Era proprio figlio suo. «Andiamo.»
Raggiunsero il campo in totale silenzio, camminando l’uno di fianco all’altra, tenendo a malapena il passo con quello frettoloso di uno Scorpius troppo impaziente di arrivare a destinazione.
E lo sarebbe stato ancora, si domandò Draco, una volta saputo il motivo della presenza sua e di Astoria? Scorpius non era uno stupido, ed era pur sempre suo figlio. Gli avrebbe fatto male, quella notizia. Ma non poteva evitare di dargliela.
«Scorpius.» lo chiamò, bloccandosi al centro del giardino. Non voleva che il posto speciale di suo figlio si tramutasse da felice a quello in cui era venuto a conoscenza della morte del nonno. Gli porse una mano, e prontamente il bambino l’afferrò. «Vieni, sediamoci qui.»
«Cosa c’è papà?» gli chiese il bambino. «Stavo giocando a Spara Schiocco, e…»
«Tesoro, papà deve dirti qualcosa di importante.» lo interruppe Astoria, rivolgendo uno sguardo comprensivo all’ex marito. «Lascialo parlare, va bene?»
Draco vide il bambino annuire, per poi immobilizzare i suoi occhi grigioverdi sul suo volto, carico di aspettativa.
«Scorpius…» subito si interruppe, rivolgendo alla moglie un’occhiata in cerca d’aiuto. Come fare, a dare ad un bambino una notizia del genere? Come riuscirci, senza farlo star male più dello stretto necessario?
«È successo qualcosa, vero papà?» interloquì il bambino, la voce improvvisamente e tristemente adulta. Non meritava quel dolore. «Ho sentito… i professori….»
Draco rilasciò un sospiro, in fondo grato per l’appiglio che gli aveva fornito inconsciamente suo figlio. «Vedi, Scorpius… ti ricordi di Asper?» attese che il figlio annuisse, prima di continuare.
«Era un gatto malato, papà.» mormorò dispiaciuto, e poco dopo si ribellò senza preavviso dalla sua presa. Draco se lo ritrovò davanti, gli occhi già umidi e il viso alterato dalla tristezza. «Anche il nonno è malato?» singhiozzò, puntando gli occhi chiari sul volto di suo padre. «È con Asper, ora, vero?»
«Scorpius…» Draco cercò di riavvicinarlo, ma il figlio si allontanò ancora di più, ed iniziò a correre via verso la scuola. «Scorpius!»
«Lascialo andare.» lo fermò Astoria. «Vuole stare da solo.»
Draco non rispose, preferendo lasciarsi cadere sul’erba. Si tenne la testa tra le mani, rimproverandosi di aver sbagliato tutto nel modo in cui aveva gestito la cosa con suo figlio. Sentì una mano posarsi sul suo braccio.
«Non rimproverarti.» gli mormorò lei. «Hai agito bene.»
«Bene? È scappato via, Astoria!» ribatté lui. «Ho sbagliato tutto, altro che bene.»
Lei sospirò. «Invece no, Draco. Era attaccato a Lucius, è naturale che la notizia gli abbia fatto male. Ma Scorpius è uguale a te. È forte. Gli passerà.» gli tese una mano, affinché la prendesse e si rialzasse da terra. «Andiamo. Portiamolo a casa.»

 

 

 

 

***

 

 

 

 

«Harry, ci sono novità.»
L’Auror si precipitò fuori dal suo ufficio, seguendo quasi di corsa il collega che l’aveva chiamato. «Su cosa?»
«Sull’attacco a Madama McClan.» gli rispose. «Era stato nascosto bene, ma siamo riusciti comunque a trovarlo. È un frammento piccolo, ma siamo comunque riusciti a risalire ad alcuni dettagli.»
Harry prese il pezzetto bruciacchiato che l’altro gli porgeva, assottigliando gli occhi per cercare di riconoscerlo. Era davvero piccolo, notò, ma era stato sufficiente. «Cosa sai dirmi?»
L’altro aprì una cartelletta, leggendo da una pergamena all’interno. «C’erano varie tracce, comprese quelle di numerosi Incendio e persino quella di un Ardemonio
«O le cose si fanno bene, o non si fanno affatto.» commentò sarcastico Harry, rigirandosi il frammento quasi del tutto carbonizzato tra le dita. «Altro?»
«Sì. C’erano tracce di biancospino, acacia e noce.»
La fronte dell’Auror si aggrottò automaticamente. «Bacchette.» affermò. «Si sa di chi sono?»
L’altro scosse la testa. «Ci stiamo lavorando. Non è semplice, risalire ai proprietari.»
«Lo immagino. Eppure…» mormorò, continuando a riflettere. Il legno d’acacia non gli era del tutto nuovo. Sapeva di averla già avuta tra le mani, una bacchetta con un legno simile. Ma non rammentava dove o quando. Alzò le spalle, gli sarebbe sicuramente venuto in mente, ringraziò per essere stato informato e tornò nel suo ufficio, in compagnia delle maschere da Mangiamorte finora recuperate. 
 

 

 

 

 

***

 

 

 

 

«Tieni. Ti sarà d’aiuto.»
Prese con malavoglia il bicchiere che gli veniva offerto, roteandolo stancamente con il polso. Si appoggiò allo schienale della poltrona, e chiuse gli occhi. Non avrebbe voluto svegliarsi più.
«Scorpius si è addormentato.» lo informò Astoria, ingollando anche lei qualche sorso di Whisky Incendiario. «Spero solo che non abbia incubi, stanotte.»
«Stai tranquilla.» la rassicurò il biondo. «Rimarrò sveglio per accertarmi che non ne abbia.»
Astoria strinse le labbra in una sottile linea di rimprovero, che lui però non vide. «Devi dormire, Draco. Domani sarà una giornata lunga.»
«Più di quella appena trascorsa?» le domandò lui, un leggero sorriso sul volto. Ma anche quello era stanco, proprio come tutto il resto di lui. Gli sembrava di non riuscire a provare alcuna emozione, in quei giorni. Anche solo sorridere, gli era difficile. Era emozionalmente vuoto, ecco com’era.  
«Suppongo di sì.» mormorò lei. «Anche quella di ieri lo è stata, eppure non mi sei sembrato così provato.»
Draco aprì piano un occhio, rivolgendolo alla moglie. «Divertente.»
«No, sono seria. Te l’ho detto, Draco. La Weasley ti fa bene.» gli confessò ciò che sapeva già. «L’ho notato, sai? Ora che l’ho conosciuta. Sei diverso, quando c’è lei. Sei… sei più Draco e meno Malfoy.»
Quel paragone lo fece sorridere. «Sono la stessa persona, Astoria.» le fece notare, ingollando l’intero contenuto del suo bicchiere. La gola gli bruciava, ma decise di non darvi importanza.
«Invece no.» ribatté lei, riempiendo nuovamente entrambi i bicchieri. «Draco è più gentile di Malfoy. Devo ammetterlo, mi piace di più il primo. Anche ad Hermione, sai?»
Draco le lanciò un’occhiataccia torva. «Cosa ti è passato per la mente, Astoria?»
«Sei lento, Draco. Le cose importanti vanno afferrate subito. Ho solo aiutato con i tempi.»
«Aiutato.» ripeté lui. «L’hai praticamente terrorizzata, Astoria!»
«No, non credo. E comunque, non ho detto nulla che lei non sapesse già di pensare. O pensasse di sapere.» replicò tranquilla. «Come puoi vedere, ho davvero solo aiutato.»
«E se lei…»
«Scelga comunque quel rosso al posto tuo?» lo interruppe, e lui annuì. Era questo, il dubbio che lo tormentava e che non lo lasciava dormire tranquillo da alcune notti.
«Non accadrà.» una voce li raggiunse dallo stipite della porta. Narcissa Malfoy si avvicinò al figlio, posandogli una mano tra i capelli e l’altra sulla spalla, fino a chinarsi per posargli un bacio sulla guancia. Era diventata affettuosa, con il passare degli anni. Forse voleva semplicemente recuperare, con tanto di interessi, il tempo in cui aveva creduto che fosse meglio il contrario, per suo figlio. E doveva ammetterlo, a lui non dispiaceva minimamente.
«Non succederà. Astoria ha ragione. Tornerà a cercarti.»
«Come fai ad esserne così certa?» gli chiese titubante. Temeva la risposta che sua madre avrebbe potuto dargli.
«Sono una madre, Draco.» gli rispose sorridendo. «Noi sappiamo sempre tutto


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note.
 

Solo una breve precisazione, per questo capitolo.
Le frasi “
C’è sempre qualcosa di buono in ogni cosa che vedi” e “Il segreto sta nel trovare il momento giusto per attraversare la corrente”, pronunciate da Silente, sono liberamente tratte dalla canzone I have a dream degli Abba, contenuta nell’album Voulez-vous del 1979 e parte della colonna sonora del film Mamma Mia!.
È probabile che sentirete ancora parlare di questo gruppo, nei capitoli futuri.
Ultima cosa. Ci terrei a ringraziare le persone che hanno aggiunto questa storia nelle varie liste, chi legge e commenta e chi legge in silenzio. Non avrei mai pensato che una storia del genere potesse essere così seguita, specie considerando che è la prima long che posto in questo fandom. Dunque, ancora grazie.

Alla prossima.

Edit : il prossimo capitolo potrebbe essere rinviato di alcuni giorni, per via di una nuova storia alla quale sto attualmente lavorando e che spero di postare quanto prima. Mi scuso fin da ora per l'eventuale ritardo.
Edit 2 : Per spoiler ed anticipazioni varie, vi ricordo la pagina Facebook che potete trovare cliccando qui.

   
 
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