Vuoto
Parte II
«È
stata piacevole, la
settimana con quel Mangiamorte?»
Questa
sì che è una bella accoglienza,
pensò Hermione non
appena rimise piede in casa. Eppure avrebbe dovuto immaginarla, la
reazione che
avrebbe avuto Ron al rivederla.
«Una settimana,
Hermione!» proruppe, già furioso. «Non
ti sei fatta sentire per un’intera
settimana!»
Perché,
tu l’hai fatto?,
avrebbe voluto chiedergli. Ma non lo
fece, preferendo rimanere in silenzio. Era colpevole, questo doveva
ammetterlo.
Si era allontanata volontariamente, da quella casa, lasciando marito da
solo e
figlio dai suoi genitori. Non aveva giustificazioni, nessuna scusante
alla
quale potersi appellare. Si rese conto di non desiderarle nemmeno,
quelle
attenuanti che in qualche modo avrebbero potuto permetterle di
difendersi.
Aveva litigato con Ron.
Aveva litigato con lui
per colpa di un gufo di scuse.
Aveva litigato con suo
marito a causa delle accuse che le aveva rivolto per colpa di quello
stesso
gufo.
Avevano litigato, e lei
si era allontanata.
«Hermione.»
Ed allora perché non
provava in benché minimo rimorso, per ciò che
aveva scelto di fare?
Guardò Ron e la sua
espressione arrabbiata e delusa a lungo, cercando di ricordare
ciò che l’aveva
fatta innamorare di lui, e chiedendosi se fosse ancora così.
Ronald Weasley era
suo marito, con lui aveva generato due bellissimi figli, con lui aveva
una vita
calma e tranquilla. Ed allora perché si sentiva come se si
fosse rotto
qualcosa, durante la sua assenza, dentro di lei? Non amava
più Ronald?
La
gente non cambia, Hermione.
E
se lui avesse avuto ragione, quella
volta? Le persone erano davvero staticamente
Non
è vero. La gente può scegliere di
cambiare.
Dopotutto, non erano
forse cambiati tutti quanti, in seguito ad eventi del tutto
eccezionali,
vent’anni prima? Ne erano stati costretti, questo era vero,
ma di certo non era
stato contro il loro volere. Erano cresciuti, con quel cambiamento.
Erano diventati
adulti.
La gente poteva davvero
cambiare idea. L’aveva cambiata realmente anche lei?
«Hermione.»
Guardò nuovamente suo
marito, e si rese conto di non esserne affatto stupita. Non sentiva
nulla, per
il rosso che le stava davanti. Aveva avuto modo di riflettere a lungo,
durante
quella settimana di pausa che si era concessa,
aveva meditato e valutato molte cose, ed altre le aveva
completamente
stravolte.
Durante quella
settimana, si era chiesta più e più volte se la
colpa di tutto quanto era
successo non fosse da attribuire interamente a lei. In fondo, non
poteva di
certo negare di averne preso parte attivamente, a quel… quel
disastro che stava accadendo sopra
le
teste di molte persone, nelle
loro case
e nelle loro vite.
Se
non fosse stato per colpa di una miserabile Sanguesporco,
a quest’ora la Gazzetta non avrebbe…
… non avrebbe scritto quell’articolo.
La testa del biondo china davanti a lei, a
conferma dei suoi pensieri esatti.
Come
poteva, dunque, dichiararsi completamente innocente?
«Hermione!»
Sussultò quando la
chiamò quasi urlando, voltandosi irritata verso suo marito.
«Cosa c’è?» sbottò,
mascherando con un tono di voce secco il senso di colpa che provava.
«Cosa c’è?» ripeté
incredulo Ron. «Sei sparita per una dannata settimana,
Hermione! Potevi essere
ferita, potevi essere… morta, per quel che ne
sapevo!»
«Non dire idiozie,
Ronald.» sibilò, allontanandosi da lui.
«Se sono qui, vuol dire che sto bene.»
Peccato
che non stesse bene affatto.
Hermione
non avrebbe
saputo spiegare come si sentisse in quel momento. Forse era colpa del
tè
corretto che aveva bevuto solo poche ore prima, forse era colpa della
confusione che l’aveva avvolta all’ospedale, o
forse, ancora, la colpa era
dello sbigottimento dovuto alle parole che aveva sentito pronunciare da
Malfoy.
Possibile, che fosse
davvero… innamorato di lei?
Hermione all’inizio era
scoppiata a ridere, non appena aveva sentito
quell’affermazione, ma poi era
stata costretta a smettere. L’espressione sul volto di Malfoy
mentre parlava
non era affatto divertita : era profondamente seria.
Stai…
stai scherzando, vero?
No.
Non sono mai stato così serio.
«Dove
sei stata?» le
chiese ancora, seguendola per la casa. «Ho chiesto a tutti, e
nessuno lo
sapeva.»
«Forse non hai chiesto
proprio a tutti.»
replicò Hermione.
«Dov’è Hugo?»
«Ah, ora te ne
ricordi!» la schernì Ron. «Dopo giorni,
solo ora ti ricordi di avere un figlio
ancora a casa.» l’accusò poi,
più arrabbiato di prima. «Bella madre che
sei.»
Hermione si bloccò, a
sentire quelle parole. Strinse i pugni, valutando seriamente
l’ipotesi di Schiantare
davvero suo marito. Si voltò
lentamente verso di lui, e l’espressione omicida che era
sicura di avere in
volto fece arretrare di poco Ron.
«Non ti permettere.»
sibilò, a pochi centimetri dal viso rubicondo di lui.
«Non permetterti di
offendermi! Cosa ne sai tu, di che madre sono per Hugo? Non ci sei mai,
Ron!
Sei troppo preso dai Tiri Vispi per
poter vantare il diritto di giudicare me per come mi comporto con tuo
figlio.»
lo accusò, brandendo davvero la bacchetta davanti al viso di
Ron. «Sei l’ultima
persona ad avere il diritto di potermi accusare di qualcosa. Te lo
chiedo di
nuovo. Dov’è Hugo?»
«È… è da Ginny,
adesso.»
mormorò l’altro, deglutendo spaventato dalla
reazione di sua moglie. Non
l’aveva mai vista così
furiosa, nei
suoi confronti.
«Grazie. Vado a
prenderlo.» gli comunicò. Mosse in circolo la
bacchetta, ed un piccolo gruppo
di borse apparve vicino all’entrata. Ron le guardò
con gli occhi sgranati, inghiottendo
ancora aria a vuoto.
«Non… non puoi
andartene.» tentò di fermarla.
«Hermione…»
Lei chiuse gli occhi,
respirando profondamente. Non avrebbe voluto farlo, ma la settimana
precedente
aveva riflettuto sul fatto che forse era questa la scelta migliore, al
momento,
o almeno fino a quando non avesse capito e fatto chiarezza dentro di
lei e nei
suoi pensieri.
«Non posso fare altrimenti,
Ron.» mormorò, e gli rivolse un’occhiata
dispiaciuta. «Non posso rimanere con
qualcuno che ha così poca considerazione di me. Mi
dispiace.»
L’altro annuì,
realizzando solo ora le parole con le quali l’aveva definita.
«Non c’è modo di
farti cambiare idea. Mi dispiace che sia andata così.
Ci… ci sarà modo di
rimediare?»
«Non lo so,
Ron.» sussurrò lei, spedendo con
un colpo di bacchetta le sue cose a casa di Ginny ed Harry.
«Lo spero. Per il
bene di Rose e Hugo, lo spero tanto.»
***
Hogwarts
era cambiata
di poco, in quegli anni.
Sebbene la
ricostruzione post bellica fosse stata abbastanza lenta, per gli
standard
magici, tutto era esattamente uguale al prima.
Gli stessi corridoi, le
stesse aule, le stesse statue. Perfino l’ufficio del Preside
era rimasto
uguale. Ma le espressioni dei quadri appesi alle pareti…
quelle non erano
affatto uguali, e di certo non gli stavano rivolgendo occhiate
benevole. Fin da
quando vi era entrato, i personaggi avevano preso a lanciargli insulti
e a
chiamarlo Mangiamorte, mentre lui cercava di non lasciarsi influenzare
dalle
loro parole, sebbene sembrasse avere seri ed improvvisi problemi nella
deglutizione.
Era
così, che si era sentita Hermione in quel sotterraneo?
Offesa ed umiliata?
Fuori luogo, circondata da quei quadri pieni di odio e risentimento?
Ma
non tutti.
C’era un quadro, un
solo dipinto, che lo guardava diversamente dagli altri. Due calmi occhi
azzurro
chiaro, su un volto altrettanto tranquillo, lo osservavano
esprimendogli solo
serenità.
«Draco.» il quadro lo
chiamò, pacato come era stato in vita il personaggio che
raffigurava. Ci mise
qualche secondo, a decidere di voltarsi. Non voleva vedere la pena, in
quegli
occhi chiari quasi quanto i suoi; non voleva compassione nei suoi
confronti,
gli bastava quella di Hermione; e soprattutto non voleva fare i conti
con il
profondo senso di colpa che sicuramente l’avrebbe colpito non
appena avesse
messo i suoi occhi davanti a quelli dell’altro.
Non era pronto.
Nonostante fossero passati
quasi vent’anni, da quel giorno, lui ancora non era pronto.
«Draco, guardami.»
Silente tornò a chiamarlo, con più
placidità di prima. Si voltò, e nulla di
ciò
che si era aspettato di vedere in quegli occhi lo colpì.
L’ex Preside lo
guardava bonario, sorridente come poche volte lo aveva visto rivolgersi
a lui.
«C’è sempre qualcosa di
buono in ogni cosa che vedi, Draco.» proferì.
«Sognare non è sbagliato. Il
segreto sta nel trovare il momento giusto per attraversare la
corrente.»
aggiunse. «Suppongo basti avere una barca sufficientemente
larga.»
Draco si ritrovò a
sorridere, a testa bassa, confortato dal fatto che l’anziano
Preside avesse
scelto di evitare rimproveri nei suoi confronti. Alzò il
capo per ringraziarlo
delle sue parole - indiscutibilmente strane, ma stranamente
comprensibili - e
per il peso sul cuore che gli aveva alleggerito, ma Silente non
c’era già più.
Draco si lasciò cadere
su una poltrona, e chiuse gli occhi. Mai, in tutta la sua vita, gli era
capitato di sentirsi in quel modo, di sentirsi così stanco.
Si
sentiva svuotato.
Si
accorse di non
sentire davvero più nulla. Non sentiva
quali parole avrebbe dovuto utilizzare, di lì a poco; non sentiva la presenza di Astoria di fianco
a lui, pronta come sempre
a sostenerlo; non sentiva il peso
degli anni, come invece avrebbe dovuto.
Era vuoto.
Astoria gli strinse una
mano, come solo un’amica - no,
moglie non
più - poteva fare. Gli era profondamente grato,
per essere lì con lui.
Nonostante lei e Lucius non fossero stati in così buoni
rapporti, lei comunque
era lì, ad assicurarsi che non avesse cedimenti.
Come avrebbe fatto, a
dire a suo figlio che suo nonno non c’era più? Con
quale coraggio lo avrebbe
guardato negli occhi, tentando di dirgli la verità su
ciò che era accaduto?
Per una volta, desiderò
avere quella rinomata temerarietà così tipica dei
Grifondoro. Per una volta, si
trovò a rinnegare la scelta del Cappello Parlante, quando
l’aveva smistato a
Serpeverde. Per una volta, voleva smettere di essere codardo.
I
sentimenti, Draco. I sentimenti saranno la tua fine.
Fin
da piccolo, si era
ripromesso di seguire quel monito, credendo davvero che i sentimenti
fossero
qualcosa di superfluo, una cosa accessoria della quale si poteva fare
benissimo
a meno. E per anni ci aveva creduto, basando di conseguenza la sua
intera vita
su quella frase.
Ciò
che conta davvero sono le apparenze, Draco. L’immagine
è tutto.
Ne
era ancora convinto
di questo, dopo tutto quello che aveva passato? Dopo tutte le
vicissitudini -
buone e cattive - che aveva affrontato, poteva dirsi ancora certo che i
sentimenti potessero essere ancora classificati come debolezze?
La sola cosa certa, e
che solamente ora aveva compreso appieno, era che non voleva essere
come lui.
Avevano lo stesso cognome, questo era vero; avevano lo stesso sangue, e
questo
era altrettanto veritiero, ma avevano due nomi diversi. Draco
e Lucius. Sarebbe bastato questo, a poterli
differenziare?
I
sentimenti, Draco. I sentimenti saranno la tua fine.
Draco
aprì un pò di più
gli occhi, fissando una piccola porzione del muro davanti a
sé. Lui non voleva
essere come Lucius. Non più.
No,
padre. I sentimenti saranno la mia forza.
Scorpius non avrebbe
dovuto vederlo così. Si ricompose, facendo leva su
ciò che non avrebbe mai
smesso di provare per suo figlio : l’amore nei suoi
confronti.
Ti
voglio bene, Scorpius. Non dimenticarlo mai.
La
porta dell’ufficio
si aprì, rivelando il bambino accompagnato dalla Preside.
Aveva la testa bassa,
Scorpius, ma appena si rese conto di avere davvero i genitori davanti,
corse
loro incontro, incurante dei richiami della McGranitt. Li
abbracciò entrambi, e
Draco si sentì ancora più male, al pensiero che
la gioia di suo figlio sarebbe
stata presto rimpiazzata dal dolore. Per
causa sua. Sarebbe stato lui, difatti, a dare la notizia al
bambino.
Incrociò gli occhi di Astoria, e vi lesse determinazione.
Deglutì nervoso,
mentre si abbassava alla stessa altezza di suo figlio. Ringrazio
mentalmente la
Preside, promettendosi di farlo più tardi a voce, per aver
avuto la gentilezza
di lasciare a loro il suo ufficio.
«La Preside ha detto
che volevate parlarmi.» esordì il bambino,
alternando lo sguardo ai visi di
entrambi i genitori. «Non mi sono comportato male,
però.»
Astoria sorrise, di
fronte a quell’ammissione, e gli scompigliò i
capelli biondi identici a quelli
del padre. «No, tesoro. Lo sappiamo, che sei un bravo
studente.» lo
tranquillizzò, ed il bambino tirò un sospiro di
sollievo. «Non siamo qui per
questo. Abbiamo bisogno di parlarti.»
«Ma non qui.» si
intromise Draco, rialzandosi. «C’è un
posto in cui… hai un posto speciale,
Scorpius?» gli domandò, ed il bambino
annuì immediatamente.
«Il campo da
Quidditch!» esclamò felice, e gli occhi gli si
illuminarono. «Quando voglio
stare solo, vado lì.»
Draco gli rivolse un
sorriso, accarezzandogli la testa bionda. Era
proprio figlio suo. «Andiamo.»
Raggiunsero il campo in
totale silenzio, camminando l’uno di fianco
all’altra, tenendo a malapena il passo
con quello frettoloso di uno Scorpius troppo impaziente di arrivare a
destinazione.
E lo sarebbe stato
ancora, si domandò Draco, una volta saputo il motivo della
presenza sua e di
Astoria? Scorpius non era uno stupido, ed era pur sempre suo figlio.
Gli avrebbe
fatto male, quella notizia. Ma non poteva evitare di dargliela.
«Scorpius.» lo chiamò,
bloccandosi al centro del giardino. Non voleva che il posto speciale di
suo
figlio si tramutasse da felice a quello in cui era venuto a conoscenza
della
morte del nonno. Gli porse una mano, e prontamente il bambino
l’afferrò.
«Vieni, sediamoci qui.»
«Cosa c’è papà?»
gli
chiese il bambino. «Stavo giocando a Spara Schiocco,
e…»
«Tesoro, papà deve
dirti qualcosa di importante.» lo interruppe Astoria,
rivolgendo uno sguardo
comprensivo all’ex marito. «Lascialo parlare, va
bene?»
Draco vide il bambino
annuire, per poi immobilizzare i suoi occhi grigioverdi sul suo volto,
carico
di aspettativa.
«Scorpius…» subito si
interruppe, rivolgendo alla moglie un’occhiata in cerca
d’aiuto. Come fare, a
dare ad un bambino una notizia del genere? Come riuscirci, senza farlo
star
male più dello stretto necessario?
«È successo qualcosa,
vero papà?» interloquì il bambino, la
voce improvvisamente e tristemente
adulta. Non meritava quel dolore.
«Ho
sentito… i professori….»
Draco rilasciò un
sospiro, in fondo grato per l’appiglio che gli aveva fornito
inconsciamente suo
figlio. «Vedi, Scorpius… ti ricordi di
Asper?» attese che il figlio annuisse,
prima di continuare.
«Era un gatto malato,
papà.» mormorò dispiaciuto, e poco dopo
si ribellò senza preavviso dalla sua presa.
Draco se lo ritrovò davanti, gli occhi già umidi
e il viso alterato dalla
tristezza. «Anche il nonno è malato?»
singhiozzò, puntando gli occhi chiari sul
volto di suo padre. «È con Asper, ora,
vero?»
«Scorpius…» Draco cercò
di riavvicinarlo, ma il figlio si allontanò ancora di
più, ed iniziò a correre
via verso la scuola. «Scorpius!»
«Lascialo andare.» lo
fermò Astoria. «Vuole stare da solo.»
Draco non rispose,
preferendo lasciarsi cadere sul’erba. Si tenne la testa tra
le mani,
rimproverandosi di aver sbagliato tutto nel modo in cui aveva gestito
la cosa
con suo figlio. Sentì una mano posarsi sul suo braccio.
«Non rimproverarti.»
gli mormorò lei. «Hai agito bene.»
«Bene? È scappato via,
Astoria!» ribatté lui. «Ho sbagliato
tutto, altro che bene.»
Lei sospirò. «Invece
no, Draco. Era attaccato a Lucius, è naturale che la notizia
gli abbia fatto
male. Ma Scorpius è uguale a te. È forte. Gli
passerà.» gli tese una mano,
affinché la prendesse e si rialzasse da terra.
«Andiamo. Portiamolo a casa.»
***
«Harry,
ci sono novità.»
L’Auror si precipitò fuori dal suo
ufficio, seguendo quasi di corsa il collega che l’aveva
chiamato. «Su cosa?»
«Sull’attacco a Madama McClan.» gli
rispose.
«Era stato nascosto bene, ma siamo riusciti comunque a
trovarlo. È un frammento
piccolo, ma siamo comunque riusciti a risalire ad alcuni
dettagli.»
Harry prese il pezzetto
bruciacchiato che l’altro gli porgeva, assottigliando gli
occhi per cercare di
riconoscerlo. Era davvero piccolo, notò, ma era stato
sufficiente. «Cosa sai
dirmi?»
L’altro aprì una
cartelletta, leggendo da una pergamena all’interno.
«C’erano varie tracce,
comprese quelle di numerosi Incendio
e persino quella di un Ardemonio.»
«O le cose si fanno
bene, o non si fanno affatto.» commentò sarcastico
Harry, rigirandosi il
frammento quasi del tutto carbonizzato tra le dita.
«Altro?»
«Sì. C’erano tracce di
biancospino, acacia e noce.»
La fronte dell’Auror si
aggrottò automaticamente. «Bacchette.»
affermò. «Si sa di chi sono?»
L’altro scosse la
testa. «Ci stiamo lavorando. Non è semplice,
risalire ai proprietari.»
«Lo immagino. Eppure…»
mormorò, continuando a riflettere. Il legno
d’acacia non gli era del tutto
nuovo. Sapeva di averla già avuta tra le mani, una bacchetta
con un legno
simile. Ma non rammentava dove o quando. Alzò le spalle, gli
sarebbe
sicuramente venuto in mente, ringraziò per essere stato
informato e tornò nel
suo ufficio, in compagnia delle maschere da Mangiamorte finora
recuperate.
***
«Tieni.
Ti sarà
d’aiuto.»
Prese con malavoglia il
bicchiere che gli veniva offerto, roteandolo stancamente con il polso.
Si
appoggiò allo schienale della poltrona, e chiuse gli occhi. Non avrebbe voluto svegliarsi più.
«Scorpius si è
addormentato.» lo informò Astoria, ingollando
anche lei qualche sorso di Whisky
Incendiario. «Spero solo che non abbia incubi,
stanotte.»
«Stai tranquilla.» la
rassicurò il biondo. «Rimarrò sveglio
per accertarmi che non ne abbia.»
Astoria strinse le
labbra in una sottile linea di rimprovero, che lui però non
vide. «Devi
dormire, Draco. Domani sarà una giornata lunga.»
«Più di quella appena
trascorsa?» le domandò lui, un leggero sorriso sul
volto. Ma anche quello era
stanco, proprio come tutto il resto di lui. Gli sembrava di non
riuscire a
provare alcuna emozione, in quei giorni. Anche solo sorridere, gli era
difficile. Era emozionalmente vuoto,
ecco com’era.
«Suppongo di sì.»
mormorò lei. «Anche quella di ieri lo è
stata, eppure non mi sei sembrato così
provato.»
Draco aprì piano un
occhio, rivolgendolo alla moglie. «Divertente.»
«No, sono seria. Te
l’ho detto, Draco. La Weasley ti fa bene.» gli
confessò ciò che sapeva già.
«L’ho
notato, sai? Ora che l’ho conosciuta. Sei diverso, quando
c’è lei. Sei… sei più
Draco e meno Malfoy.»
Quel paragone lo fece
sorridere. «Sono la stessa persona, Astoria.» le
fece notare, ingollando
l’intero contenuto del suo bicchiere. La gola gli bruciava,
ma decise di non
darvi importanza.
«Invece no.» ribatté
lei, riempiendo nuovamente entrambi i bicchieri. «Draco
è più gentile di
Malfoy. Devo ammetterlo, mi piace di più il primo. Anche ad
Hermione, sai?»
Draco le lanciò
un’occhiataccia torva. «Cosa ti è
passato per la mente, Astoria?»
«Sei lento, Draco. Le
cose importanti vanno afferrate subito. Ho solo aiutato con i
tempi.»
«Aiutato.» ripeté lui.
«L’hai praticamente terrorizzata,
Astoria!»
«No, non credo. E
comunque, non ho detto nulla che lei non sapesse già di
pensare. O pensasse di
sapere.» replicò tranquilla. «Come puoi
vedere, ho davvero solo aiutato.»
«E se lei…»
«Scelga comunque quel
rosso al posto tuo?» lo interruppe, e lui annuì.
Era questo, il dubbio che lo
tormentava e che non lo lasciava dormire tranquillo da alcune notti.
«Non accadrà.» una voce
li raggiunse dallo stipite della porta. Narcissa Malfoy si
avvicinò al figlio,
posandogli una mano tra i capelli e l’altra sulla spalla,
fino a chinarsi per
posargli un bacio sulla guancia. Era diventata affettuosa, con il
passare degli
anni. Forse voleva semplicemente recuperare, con tanto di interessi, il
tempo
in cui aveva creduto che fosse meglio il contrario, per suo figlio. E
doveva
ammetterlo, a lui non dispiaceva minimamente.
«Non succederà. Astoria
ha ragione. Tornerà a cercarti.»
«Come fai ad esserne
così certa?» gli chiese titubante. Temeva la
risposta che sua madre avrebbe
potuto dargli.
«Sono una madre, Draco.»
gli rispose sorridendo. «Noi sappiamo sempre tutto.»
Note.
Solo
una breve
precisazione, per questo capitolo.
Le frasi “C’è
sempre qualcosa di buono in
ogni cosa che vedi”
e “Il
segreto sta nel trovare il momento giusto per attraversare la corrente”,
pronunciate da Silente, sono liberamente tratte dalla canzone I have a dream degli Abba, contenuta
nell’album Voulez-vous
del 1979 e
parte della colonna sonora del film Mamma
Mia!.
È probabile che
sentirete ancora parlare di questo gruppo, nei capitoli futuri.
Ultima cosa. Ci terrei a
ringraziare le persone che hanno aggiunto questa storia nelle varie
liste, chi
legge e commenta e chi legge in silenzio. Non avrei mai pensato che una
storia
del genere potesse essere così seguita, specie considerando
che è la prima long
che posto in questo fandom. Dunque, ancora grazie.
Alla
prossima.
Edit : il prossimo capitolo potrebbe essere rinviato di alcuni giorni, per via di una nuova storia alla quale sto attualmente lavorando e che spero di postare quanto prima. Mi scuso fin da ora per l'eventuale ritardo.
Edit 2 : Per spoiler ed anticipazioni varie, vi ricordo la pagina Facebook che potete trovare cliccando qui.