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Autore: imunfjxable    10/09/2015    1 recensioni
Logophile:(n.) someone who is obsessed with the beauty of the words and them meanings.
Logofilo:(n.) qualcuno che è ossessionato dalla bellezza delle parole e dal loro significato.
Dove Luke si innamora di una piccola logofila, e delle sue parole.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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13.生き甲斐 (ikigai) [Epilogue]

 

 Leopardi aveva ragione a dire che la felicità è solo un intervallo tra un male e l'altro. Perché per una sola volta nella vita non può andare tutto bene?
Io e Luke eravamo rimasti li su quel tetto fino alle nove e mezza, e poi mi aveva accompagnata a casa, lasciandomi alla soglia. Mi lasciò li, dopo avermi baciato dolcemente e rimise il casco andando via.
Aprii la porta con un sorriso da ebete sul viso, era davvero tanto tempo che non stavo così bene; e poi successe tutto.
Tutto così velocemente che non riesco ancora a realizzarlo.
Jamie seduta su una delle tante sedie nella cucina che mi tira a se e inizia a parlarmi. Sono sempre stata un'amante delle parole ma ho sempre odiato i discorsi tirati alla lunga, pieni di accenni inutili; perché per quanto tu possa addolcirle le parole il significato non cambia, e fa sempre male.
«Grace, tesoro, tu tra due giorni farai diociott'anni e io non posso più tenerti qui con me, devi andare via»
Fantastico. Cosa avrei fatto? Ora ero nella mia stanza incapace di pensare ad una soluzione, cercando in tutti i modi di non piangere perché io non piangevo mai. No, le ragazze grandi non piangono.
No, le ragazze grandi alzano il culo e reagiscono. Mi alzai e respirai rumorosamente iniziando ad impacchettare tutte le mie cose. Mancavano solo due giorni per il mio compleanno ed era terribile sapere che avrei dovuto lasciare quella casa, dove ero cresciuta, proprio il giorno del mio compleanno. Presi il cellulare.
Avevo bisogno di parlare con qualcuno.
Ashton? No, gli avevo già causato troppi problemi, e aveva i suoi ai quali pensieri.
Luke? No, mi aveva appena portata a casa, e non potevo dirgli una cosa del genere. Almeno non per telefono.
Brooklyn? Brooklyn. Si. Chiamai, sedendomi sul letto battendo freneticamente le unghie contro la parete innervosendomi sempre di più ad ogni bip che non si trasformava in un pronto.
Niente, non rispondeva. Decisi di lasciar perdere, avrei parlato con loro a scuola; per il momento volevo solo dormire e pensare a Luke.

«Brook» dissi tenendo in mano i libri. Brooklyn cercava i suoi nell'armadietto, mentre faceva ondeggiare la sua altissima cosa di cavallo nera.
«Cosa hai Grace? Ti sento triste già dalla voce» rispose, e le spiegai tutto. Rimase li, immobile, poi mi prese e mi strinse a se, sussurrandomi «troveremo una soluzione»
«Troveremo una soluzione a cosa?» chiese Luke curiosamente poggiandosi all'armadietto. Ma da dove spuntava?
«Uhm io vado da Calum» aggiunse Brooklyn (complimenti, lasciami da sola.)
Mi gettai tra le braccia di Luke, quasi in lacrime. Luke mi strinse a se, tenendomi per la vita, poi mi prese il mento e lo alzò con il suo indice, accarezzandomi dolcemente il viso.
«Gracy lo sai che puoi dirmi tutto»
«Andiamo via, andiamo su quei palazzi, dopo scuola» e Luke annuì lasciandomi, poi, un piccolo bacio sulle labbra.
Mi diressi verso la classe di storia con il libro sottobraccio ma in quel momento il peso dei miei pensieri superava quello di "Contesti di storia", un mattone di precisamente 1197 pagine, delle quali avevo imparato svogliatamente le informazioni principali.

Luke si sedette con la schiena contro il muro, facendomi spazio tra le sue gambe. Indossava degli skinny jeans neri con un taglio sul ginocchio destro, e la maglietta dei Nirvana. La sua pancia era contro la mia schiena, sentivo il suo respiro nell'incavo del mio collo; pochi secondi dopo mi accarezzò con il naso la pelle del viso e mi lasciò dei baci umidi che andavano dalla mia mascella alla mia clavicola.
Gli tenevo strette le mani, e mi girai fissandolo, osservando attentamente i suoi occhi.
Erano di un colore particolare; l'esterno dell'iride era blu intenso che man mano si schiariva fino a sfociare nell'azzurro con qualche piccola sfumatura di turchese.
«Grace allora? Mi uccide vederti così triste. Anche se sorridi, i tuoi occhi caramello sono più scuri, e più tristi. Che è successo?» continuò ad accarezzarmi.
«Luke sto nella casa famiglia di Jamie da quando avevo sei anni più o meno, e a diciott'anni le case famiglia vanno lasciate. Tra due giorni faccio diciott'anni e non so che fare, in genere i ragazzi vengono adottati ma ovviamente le famiglie vogliono i bambini più piccoli, non me che ero già cresciuta. E ora non so che fare, né dove andare. Se non trovo qualche posto verranno i servizi sociali, e non voglio che mi sbattano da qualche altra parte.»
Faceva freddo su quel palazzo abbandonato, il vento soffiava forte e ti penetrava nelle ossa facendole congelare.
Luke non disse nulla. Aprì le sue braccia, e mi infilai tra di esse. Non poteva essere quella la mia casa?
Mi prese il viso e lo avvicinò lentamente a se, le nostre mani tremavano così come i nostri respiri. Sentivo il mio cuore pompare il sangue più velocemente del normale, non appena sfiorai il suo labbro con la mia bocca mi strinsi ancora di più a lui che mise la mano sinistra sulla mia testa, annullando la distanza che ci separava. Le sua labbra si muovevano lentamente sulle mie, e mi morsero il labbro; Luke schiuse la bocca e feci entrare la mia lingua, sentivo la sua contro la mia che premeva per controllarmi, ma resistetti. Le mie mani si spinsero attorno al suo collo, poi spostai la destra attorno al suo capo e la sinistra la lasciai sul suo viso continuando ad accarezzarlo dolcemente. Ci staccammo per prendere fiato e dopo nemmeno un millesimo di secondo eravamo di nuovo a cercarci. Il bacio era più disperato, non era proprio un bacio, era come potersi dissertare dopo tanto tempo. Luke mi stava baciando come se le mie labbra fossero aria e non potesse respirare.
«non so cosa farei senza di te» mi fece staccare allontanandomi piano con le mani «ti giuro che troverò una soluzione. Lo giuro. Quando è il tuo compleanno?»
«tra due giorni»
«ce la farò»

Eppure due giorni erano passati. Oggi era il mio compleanno, era sabato mattina. I raggi di sole non penetravano le nuvole grigie che coprivano il cielo azzurro, avrebbe piovuto a breve.
Mi guardai allo specchio, cercando di vestirmi più carina del solito.
Gli scatoloni erano pronti, pronti per essere messi chi sa dove, chi sa. Magari erano destinati a restare sigillati, e a non essere mai più aperti.
Indossai un jeans a vita bassa largo e strappato, azzurro chiaro e lo abbinai a delle converse nere e ad un maglione nero aderente, che mi lasciava le clavicole scoperte. Decisi di lasciare i capelli marroni sciolti, legandoli solo ai lati per evitare che mi cadessero sul viso.
Uscii, Ashton mi aveva chiamata e voleva che andassi da lui. Suo padre era ormai andato via, e era riuscito a contattare Dakota che con molto entusiasmo aveva perfino accettato il suo invito a cena l'altro giorno. Erano usciti assieme e poi si erano baciati; Ashton mi aveva chiamato pochi minuti dopo e la sua voce tremava ancora per l'emozione, era adorabile.
Bussai alla porta e mi aprì un Ashton Irwin in skinny jeans e maglietta dei Black Sabbath con una bandana nera.
«Auguri tesoro!»urlò Ashton abbracciandomi.
«Grazie Ash» cercai di godermi il momento. Almeno oggi sarebbe andato tutto bene.
Improvvisamente Dakota, Calum, Brooklyn, Michael, Lila e Luke si gettarono su di me abbracciandomi lasciandomi sorpresa.
«Ho la soluzione» urlò Luke e Michael e Calum sorrisero.
Calum si schiarì la voce, dopo aver rivolto un'ultima occhiata a Brooklyn, meravigliosa come sempre nel suo vestito bianco; parlò «Grace io e Michael siamo già maggiorenni, e poiché abbiamo una casa, abbiamo deciso di "adottarti", quindi starai da noi, fino a quando non vorrai andartene» concluse «sei felice?»
Saltai addosso a Calum e a Michael abbracciandoli, e urlando quanto fossi felice.
Restammo a festeggiare da Ashton fino alle cinque, poi Luke si avvicinò a me, dicendo che voleva stare un po' con me.
Saltai sulla sua moto, e mi strinsi a lui saldamente, fino a quando non arrivammo a casa sua.
Lo fissai con aria interrogativa, e lui scosse il capo senza dire una parola, baciandomi velocemente e facendomi entrare, conducendomi in camera sua.
«Non ti ho ancora dato il tuo regalo, quindi eccolo, però aspetta ad aprirlo» impugnò la chitarra iniziando a suonare una melodia mai sentita, probabilmente l'aveva scritta lui, e iniziai a scartare il regalo.
Nella scatola c'erano due libri, e poi un quaderno bianco.
Aprii il quaderno e lessi.
«Si, sappiamo che quella brava con le parole sei tu, io sono sempre stato più bravo con la matematica. E sarà proprio grazie a lei che ti spiegherò come mi sento quando sono con te.
Quando ci conoscemmo eravamo nella biblioteca, la prima volta che ti vidi, e tu eri li, così piccola nella tua maglia bianca, e tentavi di prendere un libro.
Incidenti. In quel momento pensai che eravamo due rette incidenti: sono due rette che si incontrano solo una volta nella vita, e credevo che sarebbe stato così. Magari ti avrei preso il libro e non ti avrei rivista mai più.
Poi ci rivedemmo. E diventammo amici, quasi migliori amici.
Parallele. Pensai che eravamo rette parallele, destinate a corrersi accanto come i binari del treno, sempre ostinatamente vicini ma mai abbastanza per incontrarsi.
Ora cosa siamo Gracy? Vorrei saperlo anche io.
L'amore è un 11. Sì, un undici. Due unità che si accostano e lo fanno così bene da moltiplicare il loro valore, senza perdere la loro identità nella somma. Un 11, che oltretutto è un numero primo: nessun altro numero può dividerlo, ad eccezione di se stesso e dell'unità, una di quelle due unità che lo compongono.
Gracy, io so per certo che per me tu sei il mio uno, e voglio essere l'altro; so che sono inesorabilmente, maledettamente e inevitabilmente innamorato di te, spero che lo sia anche tu.
Non mi aspetto di essere l'uomo che porterai all'altare, voglio solo essere l'uomo al quale ripenserai ogni tanto, nonostante tutto, e magari ti chiederai come sarebbe stato se avessi vissuto con me piuttosto che con un altro.
Il tuo uno,
per sempre,
Lukey
Le ragazze grandi piangono. Le lacrime iniziarono a scendere sulle mie gote e Luke, che nel frattempo aveva posato la chitarra e si era seduto accanto a me, me le asciugava con il suo pollice.
«Luke» iniziai ma mi zittì con un bacio lento. Fece correre la mano sui miei fianchi, provocandomi piccoli brividi.
Pochi secondi dopo tutti i nostri vestiti erano sul pavimento.

«Pensavo fossi vergine» disse Luke porgendomi la sua maglia solo essersi infilato i boxer «rivestiti piccola»
Era strano come alla parola piccola, mi venisse ancora la pelle d'oca.
«Quale è la tua parola preferita Grace?» chiese sedendosi di fronte a me incrociando le gambe. Indossava solo i boxer neri e riuscire a pensare alla mia parola preferita con Luke senza maglietta di fronte a me era davvero complicato.
«Ci sono un sacco di parole che mi piacciono. Ad esempio la parola greca meráki μεράκι: l'essenza di te stesso che metti nel lavoro o in qualcosa che ami; oppure 木漏れ日 (komorebi): la luce del sole che filtra tra le foglie» Luke sorrise e si avvicinò a me, e mi gettai su di lui abbracciandolo fortemente «però c'è un'altra parola giapponese che amo.
生き甲斐 (ikigai) : che indica una ragione per cui vivere o un motivo per il quale esistere.
Luke io penso che tu sia il mio ikigai» dissi guardandolo negli occhi. E vidi il suo occhio destro arrossarsi, riempendosi di lacrime e sembrava quasi che l'oceano della sua iride stesse per uscire.
Si avvicinò a me lasciandomi un piccolo bacio sulla fronte, intrecciando le sue mani alle mie.
Il sole intanto tramontava definitivamente ma per noi due era solo l'alba di un nuovo capitolo della nostra vita.



AYEEE.
Omg, è finita. Piango.
I Lace (pure sta ship fa schifo, vbb) resteranno una delle mie coppie preferite. Ho amato scrivere questa fanfiction, ci ho messo l'anima e spero sia piaciuta anche a voi.
Se questo capitolo vi è piaciuto lasciatemi una stellina o commentate.
Grazie a tutti quelli che hanno seguito questa storia, che l'hanno apprezzata votandola o in silenzio.
Grazie
Sara.
Ps: Vi andrebbe se facessi uno di quei capitoli dove i protagonisti rispondono alle domande?
Voi lasciate le domande nei commenti perché qualche personaggio della storia e lui vi risponderà. Fatemi sapere 💙
Pps: se siete belieber o vi annoiate leggere la mia fanfiction "Tattoo shop", o le altre che sono sul mio profilo LALALA.
Ppps: vi amo, addio.

   
 
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