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Autore: kissenlove    10/09/2015    3 recensioni
Sequel di “Dirci Addio”.
Sai Honoka..
Da quando te ne sei andata dall’altra parte del mondo, non ho fatto altro che pensare a ciò che mi hai detto, a quelle parole che non riuscivano a uscire dalle tue labbra, lo sfogo di un dolore immenso che tu hai dovuto combattere da sola. Mi sono sentita vuota, imperfetta, ho capito che in questi mesi che avevi più bisogno di me, io non ho fatto altro che girarti le spalle. Dio, mi sento così stupida ed egoista anche!
Ma sai Honoka..
[…]
sono successe tante cose da quando sei andata via. Hikari se ne è andata, mepple non vive più con me, e io ho rischiato la vita.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Honoka Yukishiro/Cure White, Nagisa Misumi/Cure Black, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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And I was made for You



*** 

E a distanza di quasi quattro giorni dall’inizio della scuola torno con questa storia, spero che io vi sia mancata almeno un po’ e so anche che siete rimasti delusi dal “quasi bacio” lo definirei... be’ è chiaro che l’autrice della storia non ama particolarmente le relazioni facili in cui la ragazza e il ragazzo stanno già insieme, non è nella mia teoria favorire l’amore senza una prima dose di problemi. Ma per costra fortuna, almeno in parte - accontentatevi, okkei - finalmente vedremo il nostro Usui rendersi conto di una cosa molto importante su Kazumi, mentre non assicuro che la ragazza ricambi molto facilmente, quindi gradirete in parte. Oltre a questo che altro dirvi? 
Ringrazio moltissimo i nuovi recensori fra cui la mia carissima Rosanera, la mia onee-chan Zonami84 e i nuovi seguaci di questa storia tutto miele, GreenWind e Lohel, grazie grazie! 
Vi lascio alla lettura. 



*** 

Non è possibile che al mondo esisti una tale perfezione.
Devo tenere a freno il mio cuore affinché non esca fuori e ti grida ciò che sento, la mia timidezza mi ha impedito ogni misero contatto con i compagni della mia vecchia scuola, ciò che più temevo di me stesso era che in parte tutta quella insicurezza derivasse da me, in realtà quella timidezza non è che il frutto dell’unione maledetta tra i miei genitori. Ogni mattina mi guardo allo specchio, nella quale si riflette la mia figura, i miei occhi sono quelli di mia madre, la donna che ho amato ancor prima di conoscere, ma non siamo fatti di sola carne materna, anche nostro padre nel suo piccolo ha mischiato qualcosa di sé, perché i miei capelli sono i suoi, un po’ assomiglio a Kiriya. 
Non si può odiare così tanto una persona, -lo diresti tu nella tua immensa ingenuità da bambina - non puoi odiare, l’odio ti rende cieco, e tu non puoi non guardare il tuo passato, non puoi sapere cosa è venuto prima di te, e non puoi giudicare - così mi diresti. 
Non posso farci nulla.
Ieri sera tu eri qui, a farmi compagnia al di sopra del soffitto e io nella mia profonda pazzia non sono riuscito a chiudere occhio. 
Eri talmente reale e tangibile, eri nella medesima posizione in cui sei ora, i tuoi occhi profondi color caramello che mi scrutavano, cercavano di comprendere cosa era nascosto dietro quella mia corazza da finto gentlmen francese, anche ora, nel silenzio di un’aula vuota. Ho appena espresso un mio pensiero, poi mi sono girato e ti ho osservato, per tutto il tempo, in cui dalle mie fredde labbra usciva il tuo nome che bruciava dentro di me da un po’ di tempo come fuoco vivo; tu non ti sei mossa di un centimetro, eri come nelle mie tante visioni, le tue sopracciglie che denotavano un carattere decisamente determinato erano inarcate verso l’alto, dalla finestra semiaperta un tenero venticello di fine giornata conduce le tue punte in una timida danza e il tramonto le tinteggiava di arancione. 
Mi chiedo cosa adesso tu stia pensando. I tuoi occhi illuminati da quella luce rossastra appaiono ancora più vividi nei pensieri. 
Non riesco a decifrare niente. Il tuo gracile corpo non si è mosso, sembri quasi congelata, dentro te ti stai chiedendo “perché?”
É da una settimana che posso dire di aver perso la mia razionalità
.
Non so spiegarti. So solo che vederti qui, accanto a me, nel posto in cui ci sediamo sempre, è come stare in paradiso. 
Tu sei bella, ho capito. Non una bellezza esteriore, di facciata. Sei un’altra bellezza.
Kazumi, quante volte desidero pronunciare il tuo nome dalle mie labbra. Sei come una grande ossessione per me, forse perché sei ciò che io non sono, ciò che non sono destinato ad essere, ciò che non sarò mai. Sei bella, ma sei anche normale, una normalità che mi convinceva che al mondo non esistono solo idioti patentati come mio padre, che ti abbandonano senza neanche una spiegazione. 
Forse sono solo uscito completamente di senno.
Mi sono ritrovato solo in qualunque circostanza pur avendo vicino mia madre, a scuola venivo osannato per la mia alta media e per la mia bellezza, e da una parte anche odiato e trattato da ripiego. Vivevo una vita che mi aveva obbligato mia madre con la sua decisione, in una città che non mi era mai appartenuta, poi dopo un lungo tempo, siamo tornati, ci siamo stabiliti nella nostra vecchia casa, e la mia vita è cambiata totalmente, non solo perché sento che questa terra mi appartiene, ma anche perché una settimana fa una recordista è piombata nella mia vita, una che vaneggiava di voler passare con il rosso, che voleva essere la prima, che io ho salvato, e che lei non ha ringraziato.
Non avrei mai lontanamente sperato che avrei incontrato qualcuno come te
Questo trasferimento mi ha portato a scontrarmi anche con una parte della mia vita che aveva cercato di rimuovere, ma che essa è tornata nella mia vita per vendicarsi, insieme a quell’album che mi ha mostrato il volto del malcapitato che ho per padre.
Tra le cose più positive c’eri tu. Ma eri anche tra quelle più negative.
Se è stato incontrarti difficile per me, figuriamoci conoscerti, conoscerti è stato forse l’errore più grande della mia vita. 
Perché proprio tu mi capiti, tra le tante che mi stanno intorno? 
Sulle prime ti ho odiato, non sai quanto, in realtà mi attraevi.
Quando stiamo insieme sento di stare bene ma anche male, in un controsenso continuo. 
Di sera, vorrei dimenticarti... chiedo insistenemente alla mia testa di rimuoverti, ma esso non vuole saperne niente.. 
Sento che si fa beffe di me, pensa che più che avere sollievo, io debba distruggermi poco a poco e mi disegna la tua immagine sui muri.
Dimenticarmi di chi sei è struggente, è il mio cuore a non volerlo.
Ti odio. Ti odio, non sai quanto, quando per sbaglio ti disegni in cielo come una stella. 
Il sorriso che ti si increspa su quella bocca che ho provato a toccare, i tuoi occhi a cui io devo mostrare assolutamente obbedienza, il tuo modo frizzante di rivolgermi la parola, o di rimproverarmi quando certe cose non ti vanno giù.
Odio persino le tue labbra, quelle che mi hai impedito di assaggiare, il modo in cui muovono, il modo in cui mi fanno uscire fuori di testa. 
Odio la sensazione nelle mie mani, quella scarica elettrica, quando mi tocchi. Odio il modo in cui mi guardi, anche se mi eviti. 
Sai che ho veramente cercato di odiarti? 
Sai che ho mentito persino a me stesso? 
Non perché lo volessi, ma perché lo vuoi tu. Tu mi piace, mi fai letterlamente diventare pazzo da legare, ma mi piaci. 
Non posso starti lontano, Kazumi. Ti voglio bene in un modo particolare, che neanche immagini. 
Non ti odio. Ho cercato, ma disperato la mia mente mi ha urlato la ragione, una ragione che ho regalato a te
Ora che sei qui, accanto a me, non voglio lasciarti scappare via. 
Ti terrò qui se necessario, dovesse costarmi un altro dei tuoi schiaffi
Nella nostra aula regna un silenzio opprimente che mi fa balzare il cuore da una parte a un’altra. Da quando ho abbassato lo sguardo tu non hai fatto altro che osservarmi, con le pupille completamente dilatata, con un’espressione perplessa stampata in volto. In realtà quelle tue sopracciglie un po’ curvate e le tue labbra che si stanno piegando, non fanno altro che farmi pensare che non sei affatto felice, che anzi vorresti schizzare via da me. Alzo un poco lo sguardo, posandolo sempre su te, ora la tua espressione è cambiata. 
Sei nervosa, non fai altro che morderti il labbro fin quasi a masticartelo, sembri quasi spaventata, forse da me. 
Non te lo aspettavi? Neanche io mi aspettavo questo. Sembra quasi che la paura ti accechi e ti avvolga lo stomaco fino a stritolartelo, picchietti il tuo indice sulla gamba in una sorta di tick mentale, ora che non sai che rispondermi il tuo coraggio da prepotente sembra essere svanita nel nulla, come la neve in primavera. Sospiro, ho capito, per te non è lo stesso. Mando a benedire ciò che ho detto, scatto via dalla sedia, non ho più niente da fare che stare a guardare un silenzio che non mi porterà consolazione, sto per andarmene.
Sono in piedi, e sto per muovere qualche passo verso la porta, quando ti vedo reagire con la stessa vivacità di quando siamo entrati. Agguanti la mia mano, con gli occhi fissi al pavimento, e io mi girò improvvisamente. 
-Usui.. - pronunci, stringendo un po’ di più, sento i tuoi polpastrelli, sono come me li immaginavo. - Aspetta, ti prego. - 
-Non c’è niente da aspettare, Kazumi. - le dico con voce dura. La sua mano è avvolta alla mia. 
Il silenzio. 
-Non è vero, Usui. Non è vero che non puoi aspettare, lo hai fatto per tutta la tua vita, no? - 
Aspettare è stata la mia prerogativa, aspettare un padre, aspettare un amico, aspettare un futuro migliore. Aspettare di essere finiti. 
- Sì, e me ne pento come un dannato. - 
Ti vedo spalancare l’iride. La leva sulla mia mano si fa meno forte. 
-Ti penti anche di avermi incontrato? - mi chiede, tornando a stringermi la mano. 
-Questo no. - 
Kazumi alzò finalmente lo sguardo. I suoi occhi sembrano così opachi, sembrano aver assunto un ulteriore colorito più ammattito. 
-Se ti dicessi quante persone ho dovuto aspettare.. quanti dolori ho dovuto sopportare. Questo è uno di quelli. - 
-Ma Usui? - 
-Il tuo rifiuto, Kazumi. Non ti conosco così bene come dovrei, ma posso dire di essermi già affezzionato a te. - confesso. 
Lei sospira sommessamente, serrando gli occhi. Anche vedere il suo petto abbassarsi e alzarsi come una fisarmonica mi provoca una stretta giusto in mezzo al petto, come una pressione; la mia vita prima comandata esclusivamente dalla sete di conoscenza, dal voler essere il migliore in tutte le materie, ora veniva comandata dalla sua immagine indelebile, dal suo sorriso, dalla sua solarità. 
Kazumi non era soltanto ciò che non posso essere. Era molto di più. 
La sua grinta e energia riuscivano a smuovermi dalla mia sensazione di intorpedimento, la sua sincerità, il suo buon cuore riuscivano a catturarmi come una farfalla, e il mio mondo inesorabilmente girava intorno a lei. Così come quel giorno non mi fece nemmeno un ringraziamento, nemmeno per averle salvato la vita, così come non aveva nemmeno chiesto il permesso per catapultarsi nella mia vita, in questo stesso modo mi aveva infranto il cuore, potevo vederne i pezzi sparsi per quella stanza, contarli uno a uno. 
Non mi sarebbe bastata quella vita per raccoglierli tutti e ricostruirli. 
Forse era vero quello che diceva mia madre. Puoi anche sperare di odiare chi ti ha fatto soffrire, ma non puoi mai smettere di amarlo. 
Volevo solo andarmene via da lei, da quel suo viso, da quella sensazione di sconfitta che gravava sulle spalle. Però non ci riuscivo. 
Kazumi aveva ancora la sua mano intrecciata alla mia. Difficilmente avrei potuto muovere il passo, sapendo di perderla. 
-Anche io mi sono affezzionata a te, Usui. Non avrei mai immaginato che uno come te potesse diventare in poco tempo così importante - 
Dilatai improvvisamente le pupille. Aveva appena detto importante, allora potevo sperare, potevo sperare che lei tenesse a me. 
-Però io non ti conosco, e a malincuore, devo dirti che non penso a te nel modo in cui vorresti. - rispose. 
Il mio volto tornò piantato a terra. La mia ultima speranza era sfumata via. Lasciai con una manata piuttosto violenta la sua mano, e mi scrollai dalla posizione, andando verso la porta, non la guardai più, sapevo che incontrare quegli occhi mi avrebbe fatto male. 
Il silenzio tornò ad essere padrone, leggermente disturbato dalla sua presenza ossessiva dietro di me.
Il suo corpo era rannicchiato sulla sedia, in posizione racchiusa, con il volto nascosto nelle ginocchia, e il fioco pallore lunare ad illuminarla. Era sera, dovevano essere le sei, dovevo andare via se non voleva che mia madre si preoccupasse. 
Apri la porta, deciso a cancellarla dalla mia vita, ma nonostante il passo da quella stanza al di fuori di essa fosse talmente breve, che bastava che allungassi la gamba il più del dovuto, qualcosa dava un freno al mio gesto, qualcosa che era ancora dietro di me.
Ora la figura al buio mandava flebili segnali, venendo scosso da leggeri tremiti, e piccole tirate su di naso. 
Simghiozzi dopo singhiozzi, il mio cuore finì di andare in frantumi. 
Che razza di persona, di uomo sono.. se me ne vado, mentre lei sta piangendo.
Richiusi la porta, producendo un lieve rumore, e molto lentamente tornai vicino a lei, ma senza risedermi. 
-Ora perché piangi? - le chiesi, ma lei non mi diede risposta, al contrario continuava a singhiozzare flebilmente. 
-M-mi.. dispiace, Usui. Non volevo f-ferirti.. scusa. - 
-Uhm, sei davvero infantile come pensavo. - la presi in giro. 
Credevo si sarebbe calmata, anzi che mi avrebbe aggredito addirittura, ma la reazione non fu questa. 
Continuò a chiudersi a riccio, e lasciare che le lacrime la travolgessero. 
- Mi dispiace! - esclamò, questa volta più forte, senza tremare.
-Uhm, .. chiariamoci non sono deluso, questo mi ha fatto rendere conto che non sei propriamente il mio tipo. - 
Ancora scossa dai singhiozzi alzò il suo volto, mi lasciò sospeso come una trans. Mi accorsi di essermi chiaramente sbagliato, Kazumi non era bella di mattina, con quei suoi capelli castani lo era anche di notte, quando il fioco pallore lunare creava righe parallele sul suo volto. 
Una mezza parte del suo volto, e il suo occhio di destro, erano nella luce. Gli occhi caramello andava schiarendosi quasi nel blu, pallidamente resi più lucidi dalle lacrime, mentre la sua altra parte, quella di sinistra, nella luce più oscura.
Mi sedetti di nuovo. 
-Sono contenta che non sei rimasto deluso dal rifiuto, Usui. Questo ti rende diverso dagli altri ragazzi. - 
Spalancai le labbra. Mi aveva fatto appena un complimento, lo notai perché il suo pallido volto diventò rosso. 
- Sì, ma non pensare quello che stai pensando eh?! - esclamò, muovendo convulsamente le man davanti a sé. 
-Guarda che lo capisco, non sono stupido. - 
- Ah sì? - 
-Certo. - una lacrima rigò la sua guancia destra. Odiavo vederla piangere, odiavo vederla stare male. Buttai la mano nella tasca sinistra della mia giacca per cercare di trovare qualcosa con cui poterle asciugare il volto, in modo che quando andasse a casa i suoi non pensassero che le fosse accaduto qualcosa di spiacevole. Dopo tanto rovistare trovai un fazzoletto di lino. 
-Sarò meglio asciugarti il viso o i tuoi penseranno male.. - 
Kazumi fece segno di sì con la testa. Improvvisamente si era fermata a guardare a un punto fisso della stanza, come se fosse stata rapita dalla sua coscienza e stesse pensando a qualcosa, qualcosa che la faceva rabbrividire visto il modo in cui tremava. 
Le stavo consegnando il fazzoletto, ma vedendola così preda dei suoi pensieri, preferii avvicinarmi meglio, accostandomi più a lei e posandola, con molta attenzione l’angolo del fazzoletto sulle guance, e vicino ai bordi dell’occhio. Questo riuscì a strapparla dai suoi pensieri, facendola trasalire dallo spavento. -Sta ferma o non posso asciugarti queste lacrime - la rimproverai. 
Il suo viso era vicino al mio, di nuovo, come quella mattina. 
Nella mia mano destra avevo il fazzoletto, proprio vicino alle sue guance, così morbida, così infantile, così dolci. Improvvisamente mi accorsi di star trascinando troppo la mia mano al bordo delle labbra, l’unica parte che era asciutta. In un attimo il fazzoletto scivolò via dal mio palmo, cadendo sul pavimento, e mi trovai con solo le dita. Mi avvicinai con l’indice in un punto non preciso delle sue labbra, perfettamente intagliate, e rosse come una rosa iniziando a massaggiarle, andando da un lato a un altro. Non mi importava nemmeno della presenza di Kazumi, che non mi aveva accennato a un gesto omicida dei suoi, ma mi lasciava fare, stando immobile. 
-Le tue labbra sono morbide. - dichiarai, fermandomi. - E se le toccassi sono sicuro che sarebbero calde. - continuai. 
Lei alzo la sua mano, e prese la mia - quella a contatto con le labbra - spostandomela un po’ più verso sinistra. 
-La tua guancia è bagnata. - presi a massaggiare anche quella. - Ma è dolcemente morbida. - 
Kazumi mi portò la mano al centro del suo viso, dove c’era il suo naso. 
-Hai un naso perfetto. - 
-Merito dei miei genitori. - scherzò lei. 
Io passai a spostare la mia mano fra le ciocche dei suoi capelli, i suoi capelli fini e lisci, quasi come la seta. 
-I tuoi capelli sono più lisci della seta. - le dissi. Poi diminuendo la distanza, avanzai verso il suo collo, girandomi leggermente la testa; le mie braccia iniziarono lentamente a stringere il suo corpo, mentre il mio volto si fermava proprio vicino alla sua pelle, alla pelle del suo collo, scostandole una ciocca di capelli ribelli, mi avvicinai ancora di più, fino a posare le mie labbra per assaporare quella pelle. Lei, però, stava ancora ferma, quasi come vittima di un incatensimo, e mi lasciava fare, nonostante il rifiuto di prima, sembrava volessi farmi giocare con il suo corpo, con le sue labbra, con il suo collo, con tutta se stessa. 
-Se io fossi vampiro... morderei questo tuo bel collo, lo sai Kazumi? - 
Vidi la sua vena allargarsi, sicuramente stava contraendo i suoi zigomi nel ridere, una cosa che di lei mi faceva impazzire. 
- Non voglio giocare con te. Però se io adesso fossi un vampiro, tu saresti la mia vittima, e non potresti fuggire da me. - 
Kazumi sospirò. Vidi le sue labbra soffiare sul mio orecchio. 
-Se io volessi scappare da te, lo avrei già fatto. - 
Sembrò che il mio cuore riprendesse a battere, volevo guardarla in volto, volevo vederla in tutta la sua bellezza notturna. 
Ritrassi le labbra del suo collo, non lasciai neppure un sogno, e racchiusi il suo viso nelle mie mani a coppa. 
-Usui.. stavamo giocando no? Non è che sei un vero vampiro, giusto? - mi chiese lei. 
Per un momento avevo creduto nelle sue parole, invece si stava riferendo a ciò che mi aveva detto. Alle volte era talmente esplosiva quanto stupida, potevo essere anche un vampiro con quella mia pelle pallida, ma anche se lo fossi stato, non avrai mai abusato di lei. 
Chiusi per un momento gli occhi, lasciando che le mie mani scivolassero giù per le sue braccia. Poi le riaprì, trovandomi lei. 
- No - 
Richiusi il mio sguardo, anche se non c’era che luce lunare intorno a noi. 
-Be’ non mi sarebbe dispaciuto farmi mordere da un bel vampirone... ovviamente non rammollito come te, è chiaro no? - 
Le diedi un pugnetto molto debole sulla testa, al che lei reclamò. - Ehi! Stavo scherzando! - 
Iniziai a ridere, mentre lei gonfiava le guance. Era così bello scherzare con lei, senza dar conto a ciò che sentivo. 
Era sera inoltrata, a giudicare dalla presenza della luna, e io mi trovai ad osservare la luna, coperta a strati da nuvoloni neri. Kazumi tornò silenziosa e seria come prima, e guardò anche lei la finestra, pensando che quando sarebbe tornata a casa sua madre le avrebbe fatto una ramanzina di quelle chilometriche, che non si scordano più. 
-Ci conviene andare - le dissi, quando lei teletrasportò lo sguardo su me. 
Un lampo squarciò il cielo, e diffuse una fulminea luce nel grigiore dell’aula, e il forte rumore fece vibrare le finestre così tanto che mi ritrovai Kazumi stretta al petto, che mi abbracciava, tremolante. Era così rassicurante averla tra le braccia, ma al tempo stesso, era rivivere come una seconda volta il fatto che questa sua prima dichiarazione di pensare a lei fosse andata a vuoto. 
-Oh, diamine! - esclamai. - Come ci torno a casa? - 
Kazumi, stretta ancora a me, tolse il viso dal mio petto, guardandomi. 
-Volando? Mi sembra ovvio, a piedi! - 
-Intendevo che dovremo tornarci senza ombrello e ci faremo una bella doccia, sapientona. - 
Lei si portò una mano alla nuca. 
-Già, è vero! Mia madre mi ucciderà! - 
La visione di sua madre che la attendeva con la cena freddata, e con una faccia assassina, la fece tremare ancora di più dei lampi di fuori.
-Quindi... se tua madre vede che arrivi in ritardo ti sbrana? - 
-Al massimo, mi mette nel purè... ma è soltanto il minimo. - 
-E il massimo? - 
-Cuocermi insieme alla carne, e poi mettermi in frigorifero.. - rispose, rabbrividendo. 
Non mi andava l’idea di non trovarmela più tra i piedi, insomma il prospetto che sua madre la uccidesse e la facesse a fettine mi convinse una cosa, che dovevo salvarla, a qualunque costo, e con salvarla, intendevo portarla a casa mia di sana pianta
-Senti, Kazumi, che mi dai se ti salvo da tua madre? - le proposi. 
-Potrei darti qualsiasi cosa! - esclamò lei, giungendo le mani. - Persino quello che mi volevi dare oggi! - 
-Davvero? - feci speranzoso, avvicinandomi fulmineo, ma lei si portò una mano al petto e mi diede un altro schiaffo, al che mi ritrassi infastidito. - Bastava un no, Kazumi Fujimura. - 
Lei fece le sue solite faccette da angelo, e io sospirai. -Vabbene. - le porsi una mano vicino. - Mi dai il tuo telefono? - 
- Perché cosa devi fare? - 
-Scrivere un articolo di giornale: “Kazumi Fujimura morta per mano di sua madre” ti va bene? - 
-Non oserai vero! - 
-Ma dai! Scherzavo! Secondo te il telefono per cosa serve, no? - 
-Uhm, per chiamare. - 
-Sì. Avanti, dammelo. - 
Lei cercò nella tasca della sua giacchetta, e ne cacciò uno strano, di colore bianco, con un cuore rosa. 
-Uhm, scusa! Ho sbagliato! - e lo ricacciò dentro; tornò a cercare, e dopo dieci minuti mi diede finalmente ciò che le avevo richiesto.
Scorsi nella rubrica, e trovai il numero di casa sua fra i tanti. Pregai di non star facendo una sciochezza, e misi in chiamata. 
Due bussi a vuoto poi qualcuno sollevò la cornetta. Doveva essere la voce della madre di Kazumi, visto il timbro così femminile. 
-Buonasera, salve. - salutai, molto educatamente. 
- Buonasera. - rispose la donna dalla parte opposta della cornetta. 
-Sono un compagno di Kazumi, parlo con la famiglia Fujimura? - 
- Sì. Come mai chiamate dal telefono di mia figlia? - 
-Oh, perché.... vostra figlia mi ha chiesto di dirvi che sta bene, e che abbiamo fatto un po’ tardi per via dell’esperimento, ma non si preoccupi... mia madre mi ha avvertito che possiamo dormire a casa mia, va bene? Quindi non stia in ansia. - 
-Va bene, però posso sapere il tuo nome? - 
-Usui, signora. - 
-Ah, bene, il fidan.. cioè amico di mia figlia. Molto bene, mi raccomando abbi molta pazienza con Kazumi. - e agganciò. 
Shogo, che stava visionando delle carte, seduto al tavolo, si tolse gli occhiali da vista e chiese alla moglie. 
-Nagisa, chi era al telefono? - 
La moglie gli si sedette vicino. 
-Il fidanzato di nostra figlia, caro! - esclamò, con un grande sorriso.
-Cosaaaaaaaaaaaaa! - e fummo fortunati se non svenne per il colpo inflittogli dalla sua bambina. 
Kazumi si avvicinò a me, chiedendomi con voce tremante. - Che ha detto? - 
-Di sì. Che puoi stare da me. - 
Kazumi lanciò un forte urlo, catapultandosi su di me. Entrambi cademmo a terra, mentre fuori iniziò a piovere molto forte. 
Talmente forte che credevamo di restare bloccati a scuola. 
Chissà come sarebbe stato dormire con Kazumi.








*** Angolo della Love*** 


Salveeee! Allora... possiamo concludere finalmente il chappy, finalmente la nostra Kazumi incontrerà Honoka.
Come sarà l’incontro fra le due, Honoka riconoscerà la figlia di Nagisa? 
Tutto nel prossimo. Io adesso mi ritiro, bye ~Love






 
   
 
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