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Autore: HatoKosui    14/09/2015    2 recensioni
Nishiyoshi Mayori è una studentessa dello Yosen. Dalla fervida immaginazione e dal carattere diretto e diffidente, se ne sta sempre sulle sue, fa poca attenzione al mondo che la circonda ed ancora di meno ai ragazzi che le parlano. A malapena ricorda i loro nomi.
O almeno questo accadeva prima di conoscere Kise Ryouta. Travolta dal modello durante un viaggio in bus si ritrova a dover resistere ai suoi corteggiamenti... e come se non bastasse, sembra che la coach del club di basket della sua scuola la voglia in squadra ad ogni costo come manager.
Mayori è una ragazza semplice.
O almeno credeva di esserlo prima di innamorarsi di... di chi, esattamente?
Genere: Erotico, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Murasakibara, Nuovo personaggio, Ryouta Kise, Tatsuya Himuro
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Premessa.

Allora, salve a tutti. Vi dico solo due parole prima di lasciarvi al capitolo...

Ho scritto questa storia cercando di sperimentare la prima persona presente, cosa che mi rimane difficile, ma che mi piace. Quindi se avete consigli/critiche, le accetto.

Poi, ho deciso di unire alla scrittura anche una parte del carattere del personaggio, anche attraverso parole più colloquiali o con frasi più semplici e dirette.

Spero VIVAMENTE di non aver combinato un casino.

In caso, fatemelo notare senza problemi ;)

Buona lettura.

 

 

 

 

 

 

 

- CAPITOLO 1: UN MODELLO PERVERTITO

 

Fuori piove. E fa freddo.

La voglia di uscire per tornare a casa lentamente svanisce, scorrendo via come l'acqua di quel piccolo fiumiciattolo che si intravede dalla finestra della mia classe e che è ancora più visibile davanti casa mia. Di scrivere il riassunto di quel libro noioso proprio non mi va, quindi perdo il tempo ad osservare le goccioline di acqua che cadono sul vetro e che si intrufolano dappertutto. Mi piace la pioggia, ma non riesco a elaborare nessun pensiero quando mi perdo ad osservarla. Chissà per quale motivo.

E come se non bastasse nella prefettura di Akita la pioggia e la neve non mancano quasi mai, in questo periodo, quindi è normale che io mi senta così spossata ed annoiata.

<< Che ci fai qui ? >>

Mi chiede d'un tratto entrando nella stanza una donna molto più alta di me. Ha dei capelli neri e lunghi, degli occhi freddi come il tempo fuori dall'edificio e un volto serio, che abbinato a quell'abbigliamento elegante mi fa intendere che sia una professoressa. Porta con se molti documenti e sembra essere affaticata, evidentemente non è allenata alle scale.

<< Stavo finendo una relazione. >>

<< Mi dispiace, ma non posso lasciarti stare qui da sola. >>

<< Lo so. Infatti me ne sto andando. >>

E raccogliendo la mia borsa mi alzo, senza fare rumore e con scatto felino raccolgo la penna che sta cadendo. Mi sistemo la gonna e le passo accanto, con estrema velocità. Il suo profumo mi ricorda qualcosa, anche la sua faccia, ma non riesco e non voglio andare a cercare oltre nella mia già precaria memoria. Rischierei di provocare un corto circuito. Appena chiudo la porta alle mie spalle, mi ritrovo davanti ad un gruppo di cinque o sei persone, tutti maschi, tutti alti come grattacieli, tutti con la stessa divisa da basket. Molto uniti direi. Mi guardano, ma io non voglio entrare in discussioni con nessuno, quindi mi giro e me ne vado dalla parte opposta, senza salutarli. In fondo chi li conosce?

<< Aspetta. >>

Mi chiama ancora quella donna, dopo essere uscita dalla classe. Io mi fermo e alzo gli occhi al celo, poi mi giro.

<< Cosa vuole? >>

<< Tu sei Nishiyoshi Mayori, non è così? >>

<< E quindi? >>

Lei mi guarda e sorride.

<< Noi siamo il club di basket. Il professore Mishita mi ha detto che tu sei molto brava a... >>

Mi da fastidio questa qui. Non capisco dove voglia andare a parare. La sua voce mi innervosisce.

<< No, non gioco più a basket e tantomeno voglio averci ancora a che fare. Dica al professore che sarebbe gradita più discrezione nel raccontare i fatti altrui. Arrivederci. >>

E questa volta mi fiondo giù per le scale saltando quasi tre scalini alla volta e rischiando di inciampare. Quando arrivo davanti agli armadietti non prendo il mio ombrello, ma esco direttamente, convinta che sentire le gocce d'acqua sulla pelle siano una formidabile cura per lavare via il fastidioso nervosismo che quella donna mi ha fatto venire. E anche un po' di sudore.

Camminando per le strade deserte, mi rendo conto di quanto sia stupido per una ragazza di quindici anni suonati che vive lontano dalla sua scuola e da qualsiasi forma di architettura moderna, non possedere almeno una bici. O un monopattino. O un monociclo. Accidenti sarebbe davvero fico andare a scuola con un monociclo! Gia immagino tutti i ragazzi dire:

<< Guarda, quella è la ragazza del monociclo! >>

<< Chi, quella che può mangiare mentre pedala?>>

Sarebbe una svolta, eviterei i ritardi a scuola e le litigate con mia madre per il cibo che puntualmente non mangio. Comunque, dovrei iniziare a premere sulla nonna affinché mi aiuti a comprare una bici, così da evitare anche gli autobus come quello dove sono appena salita.

Scesa dal bus, sbruffando, prendo il treno: sarei dovuta tornare a casa, ma visto che domani è domenica posso anche dirigermi dalla mia migliore amica, Hibiki.

Abita un bel po' lontano, ma ho tutto il pomeriggio.

Così scendo dalla metro e prendo subito - fortunatamente - un bus ed ecco che, dopo molto tempo, davanti a me, sei fermate dopo quella dove sono salita io, si materializza dal nulla un ragazzo, alto almeno il doppio di me, con la divisa molto carina di una scuola che si trova molto vicina a casa di mia cugina, il Kaijo. Una volta salito, con i capelli biondi bagnati e gli occhi ambrati un po' arrossati dal vento gelido, si siede vicino a me, senza guardarmi. Vedo piano piano, fermata dopo fermata sempre più gente avvicinarsi a lui, chiedergli autografi, informazioni personali, una firma su un braccio o su una coscia... deve essere famoso. Però che cavolo, tutta questa gente appiccicata ai nostri sedili mi da ai nervi. Un'altra cosa che mi da ai nervi. Mi alzo e mi sposto in uno dei sedili liberi proprio davanti a loro, così da riuscire almeno a respirare.

<< Scusami, ti hanno infastidita, eh? >>

Mi chiede d'un tratto. Io mi giro e lo guardo, mi stringo nelle spalle e gli rivolgo uno sguardo noncurante. Lui sorride allegramente e il viso gli si illumina, come se fosse un riflesso di tanta bellezza.

<< Penso che tu sia molto adorato. Sei un attore? >>

<< No, un modello. >>

Precisa e le ragazze – e qualche vecchietta - ridono ad ogni sua parola. Sento che potrei scendere alla prossima fermata e farmi i quattro o cinque isolati a piedi, pur di non ascoltarle.

<< Kise Ryota! Non lo conosci? >>

Mi domanda sarcasticamente una donna, vicino a me con un bambino sulle gambe.

<< No, non lo conosco. Non mi interessano molto queste cose. >>

<< E che cosa ti interessa? >>

Mi chiede lui, sbattendo due volte le ciglia, curioso. Ma che audace, cos'è, vuole provarci?

<< E perché non ti fai i fatti tuoi? >>

Lui rimane per un attimo interdetto, poi scoppia a ridere. Ok, non capisco perché rida, ma il tutto mi fa vergognare in modo considerevole. Come quando nelle discussioni tra grandi dici qualcosa e tutti ridono facendoti sentire piccola e inadeguata, magari sputandoti la stessa frase che tu senti da ormai tutta la tua vita: << Eeeh, sei ancora piccola tu! Che puoi saperne! >>

Ma vaffanculo.

Ecco, questo, ora che mi viene in mente, è quello che vorrei dirgli, ma non posso tradire la mia femminilità così, perciò mi limito a scendere ad una fermata a caso, la più imminente.

Il cielo è ancora coperto, ma non piove più tanto, tira solo un vento gelido. Scendo dall'autobus e sento inaspettatamente un respiro affannoso dietro di me, ma non faccio in tempo a capire a chi appartenga. Mi giro, incontro i suoi occhi dorai e di colpo mi ritrovo tra le sue braccia, sotto la pioggia bagnata, fuori dall'autobus e davanti a tutte quelle ragazze sbalordite che però svaniscono dietro la portiera che si richiude e l'autobus riparte.

Non so che dire.

Lui mi stringe come se ci conoscessimo da una vita e devo dire che un po' di calore non mi dispiace affatto, ma tutta quella confidenza mi lascia pensieri davvero poco femminili.

<< C..che diavolo fai?! >>

Lui mi allontana e il freddo ritorna a pungermi in fretta.

<< Scusami, volevo chiamarti, ma sono inciampato! Scusami, davvero! >>

Assottiglio gli occhi, mi sta prendendo in giro? Si sente tanto potente da poter sparare cavolate solo perché i suoi ormoni vogliono portarsi a letto una ragazza? Accidenti, che intelligenza.

<< Ma dai, non penserai che io possa crederti. >> Ho ancora le sue mani sulle spalle << Perché volevi chiamarmi? >>

<< Perché voglio sapere il tuo nome! >>

Ah! ma guarda...

<< E se io non volessi dirtelo? >>

<< Mi dispiacerebbe! Sei cattiva lo sai? >>

Mette il broncio. Sta mettendo il broncio. Oh, Dio mio, perché mi poni davanti agli occhi cose come questa?

<< Non sono cattiva! >> Scosto le sue braccia << Sei tu quello scortese! Tanta confidenza non te l'ha data nessuno. >>

Lui si mette le mani in tasca e guarda il cielo pensieroso.

<< Dovrei scusarmi anche per quello immagino. >>

<< Dovresti scusarti per molte altre cose. >>

Lui mi guarda, io faccio un passo in dietro. Questo ragazzo, famoso o no che sia, ha degli occhi straordinariamente limpidi, ma ormai nessuno può fermare tutte quelle fantasie che il mio cervello ha iniziato ad elaborare. Un modello pervertito, che ferma le ragazze sul bus, fa finta di cadervi addosso e che poi le porta in un vicolo buio e... ah! Un brivido mi attraversa la schiena, come una scarica di adrenalina pura.

<< Allora, ti offro qualcosa! Così non avrò debiti... >>

Sorride. Ecco, mi sta salendo la pressione, perché non sento più il freddo della pioggia, ma solo un caldo esasperante.

<< No, grazie. Considera tutto dimenticato. >>

Faccio per andare via, ma lui mi ferma, triste.

<< Non posso dimenticare così, sai?! Sei bagnata, ti prenderai un raffreddore e stai tremando. >>

Ha notato davvero quel piccolo brivido di poco fa?! << Ti ho anche fatta scendere dall'autobus... ti prego, almeno un caffè... o una cioccolata! >>

E qui il cervello parte per luoghi desolati e lontani insieme al mio buonsenso. Mi sta offrendo una cioccolata; una calda, cremosa, gustosa, invitante cioccolata! Come posso rifiutare?

<< Mh, se si tratta solo di una cioccolata... >> Lui sorride, io incrocio le braccia al petto << Però sta attento perché ti tengo comunque d'occhio >>

<< C..certo! >>

<< Andiamo, modello.>>

<< Chiamami Kise. >>

<< Ti chiamo come mi va >>

<< Come posso chiamarti io? >>

<< Nishiyoshi. >>

<< È il tuo cognome? >>

<< Si. Allora, questa cioccolata?>>

<< Per di qua! >>

E mi allontano con lui, verso un bar molto grande e carino, poco lontano dalla fermata e da un negozio piuttosto ambiguo, di cui non riesco a decifrare il nome perché all'insegna mancavano alcune lettere. Kise, il modello, mi fa sedere ed io continuo a fissarlo, non fidandomi completamente.

 

 

 

 

  
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