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Autore: Shainareth    16/09/2015    3 recensioni
Ero consapevole che Ambra meritasse tutti quegli insulti, e forse anche qualcuno di più, visto il modo poco amabile in cui era solita comportarsi con gli altri – ed io per prima ne sapevo qualcosa. Tuttavia, non potevo non immedesimarmi in lei e non provare la sua sofferenza: anch’io ero innamorata, e se Kentin avesse avuto per me le stesse parole che ora stava pronunciando contro Ambra… beh, probabilmente mi sarei sentita morire.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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RIVALI - CAPITOLO UNDICESIMO




«Hai davvero chiesto un appuntamento a Nathaniel?!»
   Il tono usato da Kentin era comprensibilmente irritato. Per non parlare del modo in cui ora mi stava fissando, quasi volesse trapassarmi da parte a parte con l’involucro cilindrico nuovo di zecca dei suoi adorati Prince De LU, che stringeva nel pugno.
   «Non è un appuntamento», ribadii infastidita. «Perché devi sempre pensare male?»
   La linea della sua bocca si piegò in una smorfia quasi beffarda. «Forse perché ti ha messo gli occhi addosso», mi fece notare, come se non lo avessi già capito da sola.
   «Anche Alexy ti ha messo gli occhi addosso, eppure continui ad uscirci insieme», gli rinfacciai, pur con voce calma. Anzi, a dirla tutta, era rassegnata. Anche se ci eravamo dichiarati i nostri reciproci sentimenti a suon di baci soltanto quel giorno, ero ormai avvezza da un po’ alle scenate di gelosia di Kentin. Non era facile averci a che fare, quando si sentiva messo da parte per colpa di un altro ragazzo, forse perché, per quanto ora apparisse deciso e sicuro di sé, su alcune questioni aveva ancora bisogno di quelle certezze necessarie a calmare i suoi bollenti spiriti.
   Batté le palpebre con aria confusa, ma poi si riebbe. «Non c’entra nulla», ribatté più infervorato di prima. «Ti pare che Alexy possa davvero interessarmi?!» volle sapere, sentendosi ferito nell’orgoglio.
   «E a me non interessa Nathaniel», gli garantii, sperando di farlo ragionare una buona volta. «Ciò però non mi impedisce di essere sua amica, giusto?» Resosi conto di non potermi dare torto, abbassò lo sguardo con espressione infantile. Non seppi se intenerirmi o, piuttosto, dargli una scrollata. «Nel primo pomeriggio abbiamo avuto una discussione, per questo vorrei provare a ristabilire una certa armonia fra noi, capisci?» provai a farlo ragionare ulteriormente.
   Mi scoccò un’occhiata accigliata, segno che non l’avrei spuntata con facilità. «Pure io ho litigato con Ambra, stamattina, ma non le ho chiesto di uscire con me.»
   Touché, dovetti riconoscere. «Però fra voi non c’è mai stata amicizia», insistetti io, scacciando dalla mente l’unico ricordo di loro in cui sembravano andare d’amore e d’accordo – nonché l’unico capace di contorcermi le budella.
   Proseguimmo in direzione del parco in silenzio per diversi istanti; poi, con voce più pacata, Kentin disse: «Se dovesse provarci, rimettilo al suo posto.»
   Mi venne spontaneo ridere e lui mi fissò di nuovo con espressione contrariata. «Non lo ha mai fatto in tutto questo tempo, perché dovrebbe farlo proprio adesso?» gli domandai con fare retorico, serrando la presa che avevo sulla sua mano libera. «Tanto più che credo abbia ormai capito come stanno le cose.»
   «Glielo hai detto apertamente?»
   «Beh, no», ammisi, «ma a sentire gli altri, sembriamo un libro aperto, per cui…»
   «…per cui lo sospetta e basta», precisò Kentin, impensierito. «E quale modo migliore, per averne la certezza, se non provarci spudoratamente?»
   Fui sul punto di dirgli che Nathaniel non era un tipo sfacciato quanto potevano esserlo lui o Castiel – diamine, davvero iniziavo a trovare tutte queste somiglianze fra quei due?! – però poi mi ricordai del modo in cui mi aveva risposto una volta, cioè con un sorriso sornione e una battuta dai molteplici significati che mi aveva raggelata sul posto.
   Cominciai a temere di aver commesso un errore, ma poiché non volevo darla vinta ai cattivi pensieri, provai ad essere positiva. «Se dovesse farlo, allora seguirò il tuo consiglio», stabilii con cipiglio risoluto.
   «Un calcio ben piazzato dovrebbe bastare», mi appoggiò Kentin, sciogliendo l’intreccio delle nostre dita soltanto per passarmi il braccio attorno alle spalle e attirarmi a sé per stamparmi un bacio sul viso. «Facciamo la pace?» mi propose, raddolcendosi di colpo.
   «Perché, abbiamo litigato?» mi sentii legittimata a chiedergli, tornando a ridere.
   «Non ti ho ancora ringraziato per il regalo», disse lui, senza rispondere a quella domanda inutile.
   Cascai dalle nuvole. «Quale regalo?» Mi mise sotto al naso il pacco di biscotti e, ormai giunti a una panchina, ci sedemmo lì. «Credevo te li fossi portati da casa», confessai, troppo onesta per potermi prendere un merito che non avevo.
   Kentin fissò l’involucro con aria perplessa. «Beh, no… Li ho trovati nel ripiano di sotto del banco e credevo fossero da parte tua…»
   «Qualcuno comunque deve averceli messi», riflettei a mezza voce. «Qualcuno che conosce i tuoi gusti. Tipo Alexy.»
   «Impossibile», mi smentì subito lui. «Di solito se vuole dirmi qualcosa lo fa in modo diretto, anche a costo di sentirsi dare una rispostaccia.»
   E questo era vero. Alexy non aveva mai avuto peli sulla lingua né aveva mai fatto mistero delle sue preferenze sessuali o della sua spudorata preferenza per il nostro comune migliore amico. «Allora chi pensi che sia stato?»
   Si strinse nelle spalle. «Non ne ho idea», ammise. «Forse ho un’ammiratrice segreta», scherzò poi, lanciandomi uno sguardo dispettoso.
   Socchiusi le palpebre in due fessure minacciose. «Se le cose stanno davvero così, giuro ch…» Non mi lasciò finire di sentenziare la mia condanna, poiché mozzò le mie parole con un bacio. Da gran paraculo.
   Troppe emozioni, quel giorno. Davvero troppe. Così tante che non riuscii a dormire granché, quella notte, non fosse altro perché per la prima volta in vita mia avevo raggiunto due traguardi non da poco: baciare un ragazzo e mettermici insieme. Ciliegina sulla torta, quel ragazzo era proprio lo stesso di cui ero innamorata ormai da tempo. Con la testa piena di ricordi e dolcissime sensazioni, mi rotolai scioccamente nel letto fino a notte tarda, gli occhi spalancati e un sorriso idiota stampato in volto che con tutta probabilità avrebbe fatto cambiare idea a Kentin circa il nostro nuovo status di fidanzatini, come ci avrebbe definiti mia madre se solo avesse saputo ciò che era successo quel giorno. In realtà sospettavo che lei ci reputasse tali già da un po’, ma si guardava bene dal dirlo forse per non stuzzicare troppo i nervi di papà.
   Il giorno dopo, sebbene Kentin fosse venuto a prendermi sotto casa per darmi il buongiorno con un bacio – iniziavamo seriamente a prenderci gusto, bisogna confessarlo –, per una sorta di scaramanzia personale, a scuola fummo costretti a far finta che non fosse cambiato nulla, fra noi, e… ad essere onesta, risultò meno difficile di quanto avessi inizialmente supposto. Il punto era che, a conti fatti, già da parecchio avevamo iniziato a comportarci quasi come una coppia, per cui non risentii affatto di quella costrizione a tacere l’evoluzione del nostro rapporto.
   Accadde però un altro fatto inspiegabile: anche quel giorno Kentin trovò una confezione di Prince De LU sotto al suo banco. Troppo curioso per tralasciare la provenienza di quella manna caduta dal cielo, prese a domandare ai nostri compagni se qualcuno ne sapesse niente, ma non ricavò altro che sguardi sorpresi e alzate di spalle. Oh, e una risatina divertita da parte di quei disgraziati dei nostri amici più stretti – Armin, Alexy e Rosalya – che ovviamente pensarono subito che fosse opera mia, magari un primitivo, malcelato tentativo di seduzione degno di una mocciosa dell’asilo.
   Non riuscii a persuaderli di essere innocente neanche giurando e stragiurando, perciò fu con i nervi a fior di pelle che mi incontrai con Nathaniel alla fine delle lezioni. C’è da specificare che non ero infastidita solo per via del comportamento infantile di quei tre, ma anche per ben altre due ragioni: la prima era che temevo sul serio che qualcuna avesse iniziato a fare il filo a Kentin; la seconda era che, dopo il nostro battibecco del giorno addietro, mi sentivo più rigida del solito accanto al povero Nathaniel – soprattutto per colpa delle insinuazioni e delle fisime di Kentin.
   Ciò nonostante, non appena mettemmo piede in libreria mi rilassai così tanto che mi dimenticai ogni preoccupazione. Succedeva spesso che, pur andandoci insieme, davanti a tutti quegli scaffali stipati di libri, io e Nathaniel finissimo per prendere strade differenti, quasi come se non ci conoscessimo affatto. Solo di tanto in tanto uno di noi saettava nella direzione dell’altro per mostrargli una scoperta potenzialmente interessante, per chiedere consiglio o, più semplicemente, per curiosare su un eventuale acquisto. Erano, questi, i momenti in cui io e Nathaniel ci mostravamo più affiatati, ed erano anche quelli in cui prendevo coscienza di quanto mi facesse piacere la sua compagnia.
   Anche quel pomeriggio la nostra gita in libreria, pur mostrandosi non troppo fruttuosa, ci mise di buon umore; al punto che il nostro battibecco del giorno addietro sembrò ormai dimenticato. Quando uscimmo dal negozio, mi arrivò un sms: era di Kentin e portava un orario anteriore a quello in cui lo avevo ricevuto. Con tutta probabilità, all’interno della libreria non c’era campo per il cellulare, ma non era neanche da escludere che fosse colpa delle nuvole che si erano ammassate in cielo già da prima della fine delle lezioni. Una volta aperto il messaggio non seppi se scoppiare a ridere o meno, poiché recitava: Ricorda, un calcio di punta proprio lì dove fa più male.
   Non gli risposi, sarebbe stato maleducato nei confronti del mio povero amico. Rimisi il telefonino in tasca e, lanciando uno sguardo al cielo cupo, mi domandai se non fosse il caso di tornare subito a casa. Nathaniel non fu della stessa opinione. «Ti va se andiamo a bere qualcosa in quel bar laggiù?» mi propose con uno dei suoi soliti sorrisi cordiali. «Ti offro quello che vuoi.»
   Non fui capace di dirgli di no. La cosa peggiore era che, pur non facendo nulla di male, mi sentivo come in colpa nei confronti di Kentin. Ma, dannazione, anche con lui ero andata a bere qualcosa fuori quando eravamo ancora soltanto amici, giusto? Quindi andava bene così. Mi imposi di pensare a Nathaniel come ad una ragazza, così magari mi sarebbe stato più facile rilassarmi. Beh, non proprio, dato che, non appena dal cielo iniziarono a cadere le prime gocce di pioggia, lui si premurò di passarmi un braccio attorno alle spalle per incitarmi a camminare più in fretta verso il bar dentro cui trovammo riparo. Quel tocco risultò più pesante di quanto mi fossi aspettata. Non in senso letterale, bensì in senso figurato: non riuscii a non avvertire, in quel gesto, un segnale. I contatti fisici fra uomo e donna, per quanto sciocchi possano sembrare in apparenza, alle volte nascondono molto più di quanto si possa immaginare. Nel tempo avevo imparato la lezione con lo stesso Kentin, verso il quale mi ero sentita – e ovviamente mi sentivo ancora – attratta come una calamita e sul quale anelavo mettere sempre più spesso le mani. Era un pensiero di cui spesso mi vergognavo, ma che potevo farci?
   Nathaniel ebbe il buon cuore di lasciar ricadere il braccio lungo il fianco non appena fummo entrati nel locale, lasciandomi finalmente libera di tirare il fiato e di sentirmi meno in trappola. Mentre ci accomodavamo ad un tavolo, sperai con tutta me stessa che fosse finita lì, altrimenti avrei dovuto essere chiara con lui una volta per tutte, benché mi sarebbe dispiaciuto non poco dover pronunciare parole che probabilmente lo avrebbero ferito. Che altro potevo fare? Purtroppo alle volte non c’è un modo per rendere meno dolorose certe notizie.
   «Non ti ho più chiesto com’è andato il vostro weekend di studio», buttai lì, cercando un argomento che mi aiutasse a distrarmi da quei pensieri.
   «Piuttosto bene, direi», mi sentii rispondere con voce pacata. «Gli altri sono venuti da me sia sabato pomeriggio che domenica.»
   «Vi siete divertiti?»
   Fu una domanda piuttosto sciocca, dal momento che nel loro gruppo era presente il Trio delle Celebrità – formato da Ambra, Li e Charlotte – e che nessuno degli altri, a parte forse Nathaniel, lo sopportava granché. Mi sorrise a mezza bocca, evitando il mio sguardo. «Diciamo che come inizio non è stato male», disse, mettendo mano al menù lasciato in un angolo del tavolo per scegliere cosa ordinare. «Perlomeno non ci sono stati dissapori e questo credo che sia già qualcosa, soprattutto se consideri che solitamente Ambra va d’accordo solo con le sue amiche.»
   «Armin mi ha assicurato di essersi trovato bene», gli feci sapere, nel tentativo di tranquillizzarlo. I suoi occhi ambrati si sollevarono per incrociare i miei ed io gli rivolsi un’espressione incoraggiante. «Non si è lamentato di niente, ieri a mensa, a parte del troppo studio.»
   Lo vidi ridere. «Non ha fatto mistero di questa sua insofferenza neanche durante i nostri incontri», confessò, passandosi una mano sulla nuca. «È un tipo divertente.»
   «Molto», confermai, dal momento che era uno dei nostri compagni a cui ero maggiormente legata. «In più, tieniti forte, ha ammesso di aver trovato tua sorella simpatica, durante i suoi momenti migliori.»
   Il sorriso di Nathaniel si congelò all’istante sulle sue labbra e lui tornò a fissarmi, questa volta con aria seriamente stupita. «Sul serio?»
   «Così ha detto lui, e di certo non avrebbe avuto ragione di mentire, no?» gli feci notare, intenzionata a spronarlo nell’instaurare almeno un vago rapporto di amicizia con qualcuno. Che io sapessi, quel ragazzo aveva soltanto due amiche: Melody e me. Una volta era uscito con Kentin e i gemelli, per andare con loro al negozio di animali, ma poi nessuno aveva più parlato di altri incontri simili. Avevo la netta sensazione che, nonostante il suo carattere cordiale, gentile ed educato, Nathaniel facesse fatica nell’approfondire le relazioni con il prossimo. Non sarebbe stato bello, invece, se avesse iniziato a fare amicizia almeno con gli altri ragazzi della classe? A parte Castiel, si intende. Dopotutto, sapevo che lui e Lysandre andavano piuttosto d’accordo e, quando non c’ero io di mezzo, anche con Kentin pareva piuttosto in sintonia.
   Quando il cameriere venne a prendere le nostre ordinazioni, Nathaniel occhieggiò nella mia direzione con fare incerto. Poi, dopo l’ennesima esitazione, parlò. «Ieri non ti ho chiesto cos’ha risposto Kentin ad Ambra…»
   Corrucciai lievemente la fronte, ma poi ricordai a cosa si riferiva: gli avevo raccontato che sua sorella si era scusata con Kentin per tutto quello che gli aveva fatto prima della sua partenza per la scuola militare, e siccome da lì era nata quella discussione che ci aveva messi entrambi di malumore, non avevamo approfondito ulteriormente la faccenda.
   Mi riavviai una ciocca di capelli dietro l’orecchio con fare nervoso, non sapendo bene da dove cominciare né che parole usare. «Sai, come ti dicevo, Kentin non è uno che si lamenta molto, però… di certo è uno che non dimentica facilmente», fui costretta a fargli sapere, in tutta onestà.
   Nathaniel recepì il messaggio e annuì più volte, lo sguardo di nuovo altrove. «Posso chiederti perché, venerdì, quei due hanno discusso?» domandò poco dopo, continuando a prestare attenzione ai movimenti delle altre persone piuttosto che a me. «Ambra non ha voluto dirmelo.»
   Non mi stupì, quella notizia. Sarebbe stato piuttosto umiliante, per lei, dover raccontare a suo fratello di aver baciato un ragazzo di cui neanche sapeva – o meglio, credeva di non sapere – il nome, di essere poi stata respinta da lui in modo assai brusco, di avergli in seguito chiesto di mettersi con lei e di essere stata nuovamente respinta con una risata tutt’altro che delicata ed un paio di insulti per nulla gratuiti infilati qua e là ad infarcire il discorso. Di più, avrebbe dovuto confessare anche di aver agito per ripicca, venerdì, solo perché mi aveva vista scherzare con Castiel.
   «Sinceramente», cominciai, cercando di essere il più diplomatica possibile, «non sono mai riuscita a capire cosa passa per la testa di tua sorella. A parte che è convinta che io voglia portarle via il ragazzo di cui è innamorata.»
   Nathaniel mosse di scatto il capo, tornando finalmente a guardarmi con due occhi straniti. «Castiel?» volle sapere, come se non fosse già abbastanza ovvio.
   «Folle, vero?» fu la spiccia risposta che gli diedi, scrollando le spalle. «Peggio ancora è che sa perfettamente che non mi interessa. Eppure insiste nel volermi fare inutili dispetti non appena crede che io mi prenda troppa confidenza con lui.»
   «E dunque s’è avvicinata a Kentin per farti un torto», concluse Nathaniel per me. Mi morsi la lingua e, con tutta probabilità, impallidii per l’essere stata colta di sorpresa dall’acume di quel dannato amante di romanzi gialli, noir o che so io.
   «Dovresti fare il detective», borbottai risentita, mentre ormai, superato il momento, avvertivo il sangue affluire al volto. Adesso ero io che non riuscivo più a guardarlo negli occhi e mi sentivo più in trappola di prima: si trattava di ammettere anche con lui i miei sentimenti verso qualcun altro. «E comunque», cercai di riprendermi, schiarendomi la gola nel tentativo di darmi un tono e fingendo indifferenza riguardo alla sua deduzione più che corretta, «credo che ad Ambra lui piaccia, nonostante Castiel.»
   D’un tratto, come se qualcuno mi avesse appena dato uno schiaffo improvviso, mi tornò alla mente la questione dei biscotti, quelli che Kentin aveva trovato per due giorni di fila nel ripiano inferiore del suo banco. Che Ambra avesse un’infatuazione per lui era ormai chiaro, ma – cercai di ragionare, mentre avvertivo il cuore battere come una furia in petto – era poco probabile che fosse lei l’autrice di quei regali, anche perché Kentin l’aveva mandata al diavolo giusto la mattina in cui era comparso il primo pacco di Prince De LU. Un tipo vendicativo come lei, mi dissi, difficilmente avrebbe lasciato correre e si sarebbe addirittura messa a fargli regali. Anche se…
   Anche se pure dopo la faccenda della lettera, anziché ribattere ai suoi insulti, Ambra se n’è andata via con la coda fra le gambe, rossa per l’imbarazzo…
   Decisi che, semmai avessi scoperto che quei biscotti erano davvero un suo regalo, avrei ficcato due dita in gola a Kentin per farglieli rigurgitare tutti. E, nella mia folle gelosia del momento, poco importava che probabilmente li avesse già digeriti e assimilati: glieli avrei fatti vomitare dal primo all’ultimo, a costo di infilargli l’intero braccio giù per l’esofago.
   «Ehi?» La voce di Nathaniel mi riportò bruscamente con i piedi per terra ed io lo guardai con fare instupidito. Una mano si mosse davanti a me, mettendomi sotto al naso una tazza vuota ed una teiera dal cui beccuccio usciva il vapore del tè al caramello che avevo ordinato. «La cosa ti turba a tal punto?» mi sentii chiedere, mentre il cameriere si allontanava in direzione di un altro tavolo.
   Il modo in cui ora mi stava fissando Nathaniel era compassato e deciso. Aveva davvero capito ogni cosa, dunque. Me ne vergognai, non solo perché era riuscito a vedere chiaramente i miei sentimenti, ma anche perché non ero stata in grado di evitargli quella, per lui sgradevole, consapevolezza.
   «È che non capisco come si possa affermare di amare qualcuno e poi lasciarsi distrarre da un altro», fu la sincera risposta che diedi. In fin dei conti, per me quel comportamento rimaneva ancora un mistero. Forse ero solo ingenua a non tener conto di cose parecchio destabilizzanti come l’attrazione fisica, che non sempre si accompagna all’amore; per me andavano di pari passo, quindi non potevo minimamente concepire di poter anche solo pensare di baciare un ragazzo che non amavo o verso il quale non provavo almeno un affetto profondo.
   «Posso farti una domanda personale?» Scattai sull’attenti, irrigidendomi fino alle dita dei piedi. «Non… sei obbligata a rispondere…» balbettò Nathaniel, accortosi della mia reazione istintiva. «È solo che, dal tuo discorso, mi viene da chiedermi se hai mai avuto un ragazzo.»
   Era solo questo, quello che voleva sapere? Sentendomi vagamente sollevata, mi umettai le labbra con la punta della lingua. Poi mi ricordai di un particolare non del tutto trascurabile: adesso un ragazzo ce lo avevo davvero. Chiusi la bocca che avevo aperto e Nathaniel batté le palpebre con aria confusa. «Più o meno…» mi obbligai a dire poi, inducendolo ad inarcare un sopracciglio con fare sempre più perplesso. «Cioè… sì», mi affrettai a correggermi, benché la mia esperienza in tal senso fosse ancora ridicola, visto che stavo con Kentin da poco più di ventiquattr’ore. E siccome non sapevo come diavolo districarmi da quella risposta zoppicante, ritorsi: «Perché me lo chiedi?»
   Dando l’impressione che si stesse rilassando, la fronte di Nathaniel tornò a stendersi, mentre lui iniziava a girare il cucchiaino nel caffè – azione inutile, dal momento che dentro non ci aveva messo lo zucchero. «Se tu non fossi mai stata con nessuno, sarebbe stato più comprensibile il tuo punto di vista», mi fece sapere con voce calma. «Quando non si ha alcuna esperienza in amore, si tende ad idealizzarlo e perciò difficilmente si riescono a comprendere certi meccanismi inconsci, come appunto l’innamoramento o la semplice infatuazione.» Rise goffamente di se stesso. «Non che io possa certo definirmi un esperto, in materia…» aggiunse con fare nervoso, afferrando la tazzina e buttando giù un generoso sorso di caffè che gli scottò la lingua e lo costrinse a portarsi di corsa il tovagliolo davanti alla bocca.
   Gli allungai uno dei bicchieri d’acqua che il cameriere ci aveva portato insieme alle ordinazioni, mi ringraziò con voce soffocata e bevve. «C’è un’altra cosa che non capisco», mi venne spontaneo dire, prendendo per buona la sua spiegazione e versandomi il tè nella tazza. «Perché tua sorella deve mirare solo a ragazzi che non hanno una grande considerazione di lei?»
   Nathaniel parve rimanere senza parole. Prese fiato come se volesse rispondermi, però poi lo ributtò fuori con uno sbuffo divertito. «Non ne ho idea», si arrese a dire, scrollando le spalle con aria impotente. «Non è semplice averci a che fare…»
   «Me ne sono accorta», gli rammentai, con un sorriso non troppo allegro sulle labbra.
   «Le dirò della simpatia di Armin, così magari cambierà obiettivo», propose lui, facendomi ridere davvero, stavolta.
   «Penso che poi dovrai scavarti la fossa da solo», gli assicurai, dal momento che in ogni caso Armin era ben lungi dal provare qualsivoglia attrazione nei confronti di Ambra.
   Da lì in poi, iniziammo a scherzare come ai vecchi tempi, dimenticandoci del precario equilibrio in cui si trovava la nostra amicizia a causa dei sentimenti non corrisposti di Nathaniel. E, dopotutto, cosa potevamo farci? Lui stesso era rimasto in ottimi rapporti con Melody, pur avendola già rifiutata, in passato; dunque sarebbe stato assai incoerente, da parte sua, tenermi il muso troppo a lungo.
   Tutto sommato, insomma, fu un pomeriggio piacevole, e quando ne feci il resoconto a Kentin, quella sera al telefono, si mostrò soddisfatto e ammirato: poiché non si era azzardato a provarci sul serio e per di più aveva compreso la situazione senza che io gliela spiegassi, si poteva concludere che Nathaniel era davvero un bravo ragazzo. Per questa ragione Kentin mi diede il suo permesso di continuare a frequentarlo e ciò gli costò una pernacchia da parte mia che lo fece ridere fin quasi alle lacrime – anche perché subito dopo gli raccontai dell’idea di Nathaniel, quella di far accoppiare sua sorella con Armin.
   Quest’ultimo, tuttavia, si sarebbe dimostrato tutt’altro che d’accordo.
   «Io ti ammazzo!» fu così che, difatti, mi assalì dopo le lezioni del dì successivo, arpionandomi per le spalle proprio come aveva fatto alcuni giorni prima, nel bel mezzo del corridoio. Anche adesso eravamo lì, ma verso la zona degli armadietti, dove c’erano ancora altri studenti, oltre me.
   «L’ho già visto, questo film…» ponderò Lysandre a mezza voce, forse non riuscendo a ricordarsi esattamente dove.
   Io invece lo rammentavo perfettamente, per cui la cosa mi turbò alquanto: cosa poteva esserci di peggio che passare tutto il pomeriggio insieme ad Ambra e a due dei peggiori secchioni della scuola?
   «Che c’è, ora?!» mi sentii perciò legittimata a chiedere, mentre Kentin già si stava mobilitando in mio soccorso.
   «Nathaniel mi ha detto del vostro malefico piano per incastrarmi con Ambra!» Cominciai a ridere e lo stesso fece il mio ragazzo, mentre Lysandre inarcava le sopracciglia con aria a dir poco stupefatta. «Non c’è nulla di divertente!» gracchiò il povero Armin fulminandoci tutti con due occhi a dir poco furibondi.
   «Stava scherzando!» esclamai, cercando di trattenere inutilmente l’ilarità.
   «Nathaniel che scherza?!» fu lo scetticismo con cui ribatté il mio amico.
   «Sembra impossibile, lo so, ma a volte lo fa anche lui», gli assicurai, aprendogli un mondo nuovo che lo indusse ad allentare la presa su di me e a lasciarmi andare grazie anche all’intercessione di Kentin, che pure quel giorno si era ritrovato con un pacco di biscotti omaggio fra la sua roba. Stavano cominciando a snervarmi, quelle miracolose apparizioni, lo confesso.
   «A proposito di Ambra», cominciò Lysandre con fare pensieroso. «Sono già tre giorni che la vedo aggirarsi furtiva fra i banchi. Ho pensato che volesse giocare qualche brutto tiro a qualcuno, ma siccome non mi è arrivata alcuna voce al riguardo, non so davvero cosa pensare…»
   Ci fu un breve attimo di silenzio, durante il quale non ci misi molto a fare due più due. Quindi, ormai preda della gelosia, subito vidi rosso. «È una donna morta!» sbottai in un ringhio talmente cavernoso che feci sussultare gli altri tre. Prima ancora che uno di loro potesse anche solo pensare di impedirmelo, partii spedita verso il vicino bagno delle ragazze, dentro il quale avevo visto sparire proprio Ambra appena pochi minuti prima. La trovai davanti ad uno dei lavandini, intenta a specchiarsi e a rifarsi il trucco. Si voltò a guardarmi solo perché attirata dal rumore della porta che si apriva, ma poi tornò a concentrarsi sulla propria immagine riflessa. «Si può sapere che ti sei messa in testa?!»
   «Di che parli?» mi domandò con fare distratto, come se preferisse ignorarmi piuttosto che affrontarmi direttamente.
   «Non prendermi per un’idiota.»
   «Mi adeguo soltanto a ciò che sei», rispose, atteggiando le labbra ben curate in un sorriso vezzoso. Sembrava proprio che non si stancasse mai di assumere quel genere di atteggiamento nei miei confronti, ma stavolta non avrei piegato la testa e mi sarei fatta valere, combattendo con le unghie e con i denti.
   Finsi perciò di non averla udita e mi piazzai davanti al lavandino vicino, pronta a prenderla a sberle. «Spiegami perché, tutt’a un tratto, ti sei messa a gironzolare insistentemente intorno a Kentin. Che significano quegli stupidi regali?!»
   Anziché mostrarsi indignata per quell’accusa che avrebbe davvero potuto risultare infondata, Ambra parve quasi divertita, confermando così i miei sospetti. «Hai forse paura che possa finalmente aprire gli occhi e rendersi conto che l’amore della sua vita, come ti chiamava tempo fa, non vale nulla, in confronto ad una donna vera?» volle sapere, impettendosi quel tanto che le permettesse di umiliarmi per via dell’abissale differenza fra la circonferenza dei suoi seni e quella dei miei.
   Non mi sarei certo lasciata demolire da una sciocchezza del genere. «Abbassa la cresta, ragazzina», cominciai a dire fra i denti. «Kentin non è così superficiale da badare a certe cose.»
   A quel punto, fu lei ad infervorarsi, come se avessi toccato un tasto particolarmente doloroso. «Credi che non lo abbia capito?!» esclamò, voltandosi infine nella mia direzione, l’eyeliner stretto nel pugno quasi come fosse un’arma affilata e pronta a colpire.
   Ci fissammo negli occhi per diversi istanti; poi mi parve di scorgere qualcosa in fondo al suo sguardo, lucido per dei sentimenti che non riuscivo a decifrare fino in fondo. «Mi stai dicendo che sei tornata alla carica con lui per questo motivo e non per ripicca nei miei confronti?» Non sarebbe stato strano, a conti fatti. Kentin era forse il ragazzo più dolce che io avessi mai conosciuto, e Ambra doveva aver notato questo lato del suo carattere; così come doveva aver notato anche la tenerezza e la premura che aveva sempre avuto per me, proprio come mi aveva rinfacciato poc’anzi, citando delle parole che lui stesso le aveva detto poco dopo il nostro arrivo in quella scuola. Sperava che, mostrandosi docile e altrettanto generosa, Kentin avrebbe dimenticato tutti i torti subiti in passato? Illusa. Avrebbe anche potuto essere il ragazzo più adorabile del mondo, ma ciò non toglieva che sapesse essere tremendamente ostinato e vendicativo.
    Ambra non si degnò di rispondermi e tornò a specchiarsi e a truccarsi, benché mi paresse che le sue dita si muovessero quasi a vuoto. Cercai di calmarmi, nella speranza di far chiarezza sulla questione una volta per tutte. «Non eri innamorata di Castiel?» le domandai a bruciapelo.
   Serrò le labbra e le mani le tremarono. «Mi sono resa conto che non è il ragazzo adatto a me», confessò dopo un po’, con voce quasi sommessa, come se cercasse a stento di contenere delle emozioni troppo forti.
   Sorrisi di sdegno. «Oh, credimi, lo è», la smentii subito. «Sarebbe l’unico capace di raddrizzarti a suon di ceffoni.» Sapevo che era una bugia, perché probabilmente anche Kentin si sarebbe comportato allo stesso modo, con una come lei.
   Spazientita, Ambra tornò a trafiggermi con i suoi bellissimi occhi, lucenti e truccati solo per metà. «Parla chiaro: si può sapere cosa vuoi da me?!»
   L’accontentai. «Non azzardarti a dar fastidio a Kentin o, giuro su Dio, te la faccio pagare.»
   Quella minaccia, pronunciata con una voce estranea persino alle mie stesse orecchie, rimbombò nel silenzio del bagno per alcuni istanti. Poi, quella che ormai era davvero da considerarsi la mia rivale mi domandò in tono provocatorio: «Sei innamorata di lui?»
   «Sì», affermai, senza esitare.
   Non aspettandosi una risposta tanto onesta e diretta, Ambra rimase spiazzata. Tacque di nuovo e il suo sguardo si fece quasi spaurito. «State… insieme?»
   «Non ti riguarda», ribattei decisa. «Ma sta’ lontana da lui.» Fu la mia ultima parola. Dopo di che, girai sui tacchi ed uscii dal bagno con lo stesso passo fermo e risoluto con cui ero entrata.
   Subito fuori da lì trovai non solo i ragazzi che avevo lasciato pochi minuti prima, ma anche Castiel, intento a parlare con Lysandre. Mi chiesi se non avessero udito ciò che ci eravamo dette, ma non mi importò poi più di tanto. Quando mi videro e si accorsero del mio umore nero, si azzittirono tutti e quattro e seguirono con lo sguardo le mie azioni, mentre tornavo al mio armadietto per sistemare le ultime cose lasciate a metà e chiuderlo a chiave.
   Fu Armin il primo ad azzardarsi ad aprire bocca, portandosi una mano a schermarsi la vista e fissando un punto lontano. «Sorge un sole rosso. Stanotte è stato versato del sangue», recitò con voce impostata, facendo aggrottare le sopracciglia di Kentin.
   «Nessun orco è stato ammazzato, Legolas», gli assicurai, pur con voce nervosa.
   «Neanche una goccia di sangue?»
   «Neanche una», confermai, sentendo lentamente i muscoli del corpo rilassarsi grazie anche all’idiozia del mio amico. Lanciai uno sguardo a Kentin, che mi fissava con aria preoccupata, ma non feci in tempo a rassicurarlo che Castiel ci distrasse.
   «L’hai strangolata direttamente a mani nude?» s’informò con un sorrisetto divertito sulle labbra.
   Sapeva di cosa stavamo parlando? Se sì, avrei divorato le viscere di chiunque lo avesse messo al corrente della situazione; se no, avrei divorato le sue, per aver osato intromettersi in una questione che non lo riguardava affatto. Anzi, a ben pensarci, lo riguardava eccome: se solo fosse stato più carino con quella carogna di Ambra, non mi sarei ritrovata a doverla minacciare per l’essersi messa in testa di portarmi via il ragazzo.
   Strinsi le labbra con irritazione, pronta a ribattere, ma lui mi anticipò di nuovo. «Fidati, niente è meglio di un cazzotto ben piazzato», cominciò a dire, serrando il pugno e portandoselo sotto la mascella per farmi vedere il punto in cui avrei dovuto colpire la mia rivale. «Con forza, però, altrimenti non serve a nulla», aggiunse poi, portando di scatto il braccio all’indietro con l’intenzione di mimare il colpo.
   Non poté farlo, tuttavia, perché quel movimento brusco andò inaspettatamente a segno e il suo gomito batté contro qualcosa. No, contro qualcuno. Ambra, per la precisione, appena uscita anche lei dal bagno.
   Lanciò un urlo proprio quando Castiel, spaventato da ciò che aveva inavvertitamente combinato, si voltava nella sua direzione per scorgere, come noi, soltanto una massa di boccoli biondi sparpagliarsi a mezz’aria prima di ricadere attorno all’ovale del viso della proprietaria, che andò a cozzare contro lo stipite della porta e rimase in piedi per puro miracolo. Con una mano sul viso e l’altra stretta attorno all’appoggio più vicino, Ambra rimase zitta e immobile, proprio come noialtri, incapaci di credere a quanto era appena accaduto.
   Una, due, tre gocce scarlatte andarono a macchiare il pavimento. Il sangue fu versato davvero, quel pomeriggio, ma non per opera mia.












Anzitutto vi porgo le mie più sentite scuse per il ritardo con cui aggiorno, ma anche e soprattutto per non aver risposto alle ultime recensioni che avete avuto la gentilezza di lasciarmi. Non si tratta, da parte mia, di disinteresse o altro, quanto soprattutto di semplice mancanza di tempo: mi hanno aumentato il carico lavorativo, per cui, appunto, mi manca il tempo materiale per fare determinate cose (senza contare che la stanchezza mi annebbia il cervello e pertanto ogni cosa mi sembra faticosa il doppio).
Come già detto precedentemente, la storia è pronta fino al capitolo tredicesimo (compreso), il che significa che quello che leggerete fino a quel punto è stato scritto prima dell'uscita dell'episodio 27. Ergo, non ero al corrente delle eventuali relazioni precedenti della Dolcetta, né di quanto sapesse essere meschina; di questo ho già ampiamente parlato sul forum di Dolce Flirt, esprimendo tutta la mia delusione riguardo a questo episodio: non per la nuova arrivata (anzi, poveretta, mi pare un tipo a posto), ma proprio per via della Dolcetta che mi ha seriamente disgustata, facendomi perdere parecchio interesse verso il gioco e, di conseguenza verso tutto ciò che lo riguarda, compresa l'ispirazione per le fanfiction su questo fandom.
Ho comunque deciso di proseguire per la mia strada, reputando una fortuna l'aver stabilito a priori di tenere in conto solo gli eventi di cui si parla fino all'episodio 26 (escludendo il personaggio di Priya) e di ignorare tutto il resto. Solo, visto quanto ho storto il naso per quanto accaduto successivamente (basti dire che per giocare l'intero episodio ci ho messo una settimana... e non per mancanza di PA, quanto per noia, delusione e rabbia), vi chiedo di avere pazienza per i prossimi aggiornamenti, anche e soprattutto a seguito degli impegni lavorativi e personali. Quanto alle recensioni, invece, provvederò senza dubbio fra oggi e domani a rispondere a quelle arretrate.
Scusandomi ancora una volta con tutti voi, vi auguro una buona giornata.
Shainareth
P.S. Va da sé che è proprio per via della mancanza di tempo che al momento non sono riuscita a leggere e recensire le vostre storie: farò anche quello non appena mi sarà possibile, lasciando un commento per ogni capitolo in arretrato (ci tengo a farlo).





  
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