Hand of Sorrow
13 – Ombre del Passato
-Ti
avverto, piantala, mi stai dando ai nervi sul serio-
Pegasus
era vicino al perdere completamente le staffe. Dal canto suo, Megera lo
guardava come un gatto che punta sul cardellino, gli occhi famelici fissi su di
lui.
-Sì,
continua così. Il mio intento è proprio quello di farti arrabbiare. Ti trovo
irresistibile, quando perdi le staffe…-
-Ti ho
detto che l’ultima cosa da dirmi è che sono carino! Se vuoi provocarmi affinché
ti attacchi non hai da faticare più di tanto: ho intenzione di toglierti di
mezzo, non ho tempo da perdere con te!-
-Anche
in questo siamo molto simili- ammiccò lei –anche io intendo toglierti di mezzo,
anche se in verità ti dico che mi dispiace. Sei certo di voler continuare? Io
posso salvarti… se tu accettassi di diventare mio sposo, Hades ti accetterebbe
tra le sue schiere. Se tu ti unissi a me, potresti avere salva la vita-
Il
Cavaliere la guardò spiazzato, non riuscendo a capire se stesse parlando sul
serio –Ma ti pare momento di fare certe proposte?! Preferirei morire piuttosto
che pensare di sposare qualcuno come
te!-
La
Furia parve non apprezzare la risposta: i suoi occhi color sangue si
spalancarono per la sorpresa, poi si ridussero a due fessure sottili cariche di
odio.
-Dannato,
piccolo ingrato! E così rifiuti il dono della vita eterna, rifiuti il potere
infinito, un potere persino più grande di quello delle tua Dea? Ah! Sapevo che
non sarei riuscita ad averti così…-
-Adesso
smettila di parlare- il Saint assunse la posizione di attacco –e stai in
guardia. Se deve esserci uno scontro, tra noi due, allora voglio un degno
avversario. Sei già abbastanza inquietante quando parli, vediamo cosa riesci a
fare in battaglia-
Dapprima
sfigurato dalla rabbia, il viso della donna si distese in un sorriso obliquo,
ben distinguibile nonostante alcune ciocche di fuoco le ricoprissero il volto.
La Furia fece un passo, scartò di lato e scomparve.
-Pegasus!-
Seiya
non poté fare a meno di trasalire. Quella
voce…
Voltandosi
incontrò due occhi scuri, occhi di stella, gli stessi occhi che aveva visto
molte volte in sogno e veglia, gli occhi che lo avevano accompagnato in tutto
il suo percorso come Cavaliere.
-Saori…?-
Quegli
occhi non avevano nulla di amichevole. Quello non era lo sguardo mite della
ragazza, nessuna traccia del sorriso timido ad illuminarle il viso.
-Pegasus!-
Mai
Seiya aveva sentito quel tono nella voce della fanciulla. In quell’unica parola
sembrava esservi una minaccia letale, un rimprovero per il quale non esistevano
scuse.
Saori
si fece avanti, lo scettro di Nike stretto in pugno, il vestito la seguiva
frusciando ad ogni passo.
-Hai
abbandonato il Tempio-
-No!-
Qualcosa
gli disse di non dare retta alla figura davanti a lui.
“E’
Megera” si disse “in grado di cambiare aspetto, di diventare chiunque desideri.
Non è davvero Saori”.
Ma
intanto incassò quelle parole con un senso di vergogna soffocante. Quegli occhi
scuri tanto ostili gli facevano pesare addosso l’essere fuggito via nella
notte, l’aver lasciato Athena senza la sua protezione, l’aver abbandonato il
suo posto proprio quando poteva scatenarsi una guerra.
-Devo
trovare Phoenix- disse ad alta voce,
quasi come se il ripetersi lo scopo di quella sua missione potesse in qualche
modo scagionarlo dalle accuse –so che non sei lei. Non riuscirai a fermarmi
così-
-Davvero?
Molto bene, allora: non sei un codardo. Uccidimi, allora. Se riuscirai ad
uccidermi potrai ritrovare il tuo amico-
E
intanto sorrideva come se sapesse che non avrebbe osato levare un solo dito su
di lei.
Il
Saint esitò quel tanto che bastava per provocare una risata carica di derisione
–Dunque, non mi colpisci? Non hai nulla da temere. Hai detto di volermi
sconfiggere, ebbene provamelo: scaglia contro di me un colpo mortale. So cosa
si dice di te: sterminatore di demoni. Conosco le tue imprese, i grandi
guerrieri contro i quali hai combattuto. Dammi una prova di quella tua forza
leggendaria-
“Non
importa quello che dice, né come si presenta. Qualunque aspetto abbia, devo
sconfiggerla se voglio proseguire”.
Se lo
ripeté due, tre volte, cercando di darsi il coraggio di attaccare, di distrarsi
dalla visione del suo attacco che colpiva Saori, dicendosi che l’unica cosa che
importava era trovare Ikki e Astherion, e tornare difilato al Grande Tempio.
Si
diede forza, partì all’attacco senza più curarsi di chi fosse la figura che gli
stava di fronte. Venne sbalzato indietro, contrastato dallo scettro che si era
frapposto tra lui e il suo bersaglio. Cominciò una lotta che lo vide
all’estremo della sua insicurezza, dell’efficacia dei suoi stessi attacchi.
Si era
ripromesso di non far caso al nemico che stava fronteggiando, al fatto che di
fronte a lui una potenza demoniaca avesse trasfigurato le sembianze di Saori
come unica difesa contro di lui. Quella tattica si stava rivelando totalmente
inefficace.
-Dannata!
Perché non mi affronti per quello che sei?-
-Perché
invece non mi affronti tu per quello
che sono adesso? Scaglia il tuo pugno, Pegasus. Vedremo se riuscirai a
scalfirmi-
Non è
lei, non è lei, non è lei –
continuava a ripetere il ritornello nella sua testa nella speranza di
convincersi.
Visualizzò
il ricordo del viso di Megera, i tratti levigati, il sorriso ferino. Era lei il
suo avversario, lei nascosta dietro la figura di Athena così come si era celata
sotto le spoglie di Sagitter.
-Coraggio,
Cavaliere!-
Lui
scosse la testa. Non avrebbe dovuto esitare, né fermarsi, né far mancare al suo
colpo la giusta determinazione affinché andasse a segno.
-Bene,
preparati!-
Un’ondata
di calore seguì quelle parole. Per la seconda volta il Saint trasalì: l’aveva
riconosciuta quell’energia, e quella volta non proveniva dalla Furia. Quella
era la forza che lo aveva risollevato nel corso di tante battaglie, che gli era
stata di conforto nei momenti in cui tutto gli era sembrato perduto.
L’unico,
il vero cosmo di Athena.
Adesso
Seiya ne era certo, nessuna esitazione nel colpire l’avversario. Non sapeva
come avesse fatto Athena a raggiungerlo, a fargli sentire la sua presenza
persino nell’Ade; l’unica cosa certa era che, in qualche modo, la Dea aveva
capito quello a cui lui e i suoi compagni erano andati incontro, e ora li
sosteneva come sempre con la propria forza.
Il Ryusei Ken illuminò l’oscurità
degli Inferi come un lampo, una cometa dalla velocità inverosimile, colpì
dritto nel centro il suo bersaglio; non appena venne sfiorata dall’attacco, la
Furia riprese il suo aspetto, gli occhi di sangue sgranati per la sorpresa, i
capelli come una corona di fuoco attorno al capo. La sua pelle si crepò, sembrò
sfaldarsi fino a disintegrarsi in centinaia di brandelli di cenere nera.
Suo
malgrado, Pegasus sorrise.
“Athena,
Dea guerriera, la tua luce sarà sempre l’unica a guidare il nostro cammino”.
******
La
donna lo scaraventò lontano come fosse stato nient’altro che un giocattolo. Il
Saint del Dragone rimase per un attimo senza fiato: la forza di quella figura
tanto esile lo aveva lasciato spiazzato, troppo sorpreso per contrattaccare.
Alecto
levò il capo e le braccia al cielo, lanciò un altro grido straziante. Si
affondò le mani nelle lunghe ciocche corvine, ricominciando a strapparsi i
capelli e piangere sangue.
Il
Cavaliere si alzò, pronto alla battaglia: aveva capito che l’unico modo per
proseguire era lo scontro. Era chiaro che la Furia non era lì per caso: era
stata mandata per fermare la sua corsa, e probabilmente Pegasus e gli altri
erano a loro volta alle prese con i seguaci di Hades.
Venne
gelato sull’istante da uno sguardo della donna: aveva tra le mani intricati
nodi neri, le ciocche nere sembravano muoversi come se avessero vita propria,
anche se non c’era un minimo soffio di vento.
-Cosa…?-
-Ti
presento i miei amici, Dragone-
Con un
guizzo i capelli sembrarono compattarsi in un’unica massa sibilante. Decine di
lingue biforcute, lucenti corpi sottili, piccoli occhi neri e lucenti. Un
sibilare furioso riempì l’aria, sostituendosi al silenzio irreale del luogo.
Serpenti. Decine di serpenti
strisciavano tra le mani della donna, le si arrampicavano sulle braccia. Alecto
tese le braccia e glieli scagliò contro.
Shiryu
si sarebbe aspettato di tutto, meno l’aggressione da parte di una massa
strisciante di rettili. Si scansò parandosi con lo scudo, eppure quello non
sembrò fermare gli animali; i lunghi corpi neri gli si avvinghiarono alle
braccia, stringendo sempre di più. Le mascelle scattarono più volte, i denti
affondarono nella carne liberando piccoli schizzi di sangue scuro.
Un
dolore acuto e bruciante mozzò il respiro del Cavaliere. Si affrettò a
strapparsi quegli esseri di dosso, scagliarli lontano: prima di toccare terra
si trasformavano di nuovo in capelli e venivano trasportati via da quel vento
surreale.
Non
riusciva a crederci. Come aveva potuto farsi prendere alla sprovvista in quel
modo?
Si
esaminò le braccia, i rivoli di sangue che disegnavano un’intricata rete
scarlatta sulla pelle.
-Immagino
che il mio lavoro sia finito- Alecto non piangeva più. Un sorriso di vittoria
le incurvava le labbra pallide –in genere, un solo morso delle mie creature può
donare la morte in pochi minuti. Ma con te ho deciso di essere previdente.
Hecate vuole essere sicura di neutralizzarvi una volta per tutte. Non temere il
dolore, sarà poca cosa a confronto delle pene che ti aspettano per essere
penetrato nel territorio dell’Ade-
Detto
questo si voltò, lo strascico della veste tracciò un perfetto cerchio dietro di
lei.
Dragone
avrebbe voluto rincorrerla, strapparle dalla faccia quel sorriso canzonatorio;
ricordò a sé stesso che avevano una missione da compiere: trovare Ikki, trovare
Astherion, e andare via da lì.
Cercò
di rialzarsi, ma si accorse che i muscoli non sembravano voler funzionare a
dovere. Il sangue che gli fuoriusciva dalle ferite si era fatto scuro, quasi
nero. Un dolore pulsante gli provocava atroci spasmi ai muscoli, sembrava
renderlo rigido come un pezzo di legno, impedendogli qualsiasi movimento.
Nessuno
era stato in grado di batterlo con tanta facilità, in così poco tempo. Quella
strega non poteva averla vinta.
Avevano
poco tempo: dovevano ritornare in Grecia. Se solo Hades avesse deciso di
muovere una guerra in piena regola contro Athena, era compito loro difendere la
Dea e il Santuario. Fece appello a tutte le sue forse, cercando di convincersi
che quella fosse solo un’illusione, che, se avesse ignorato la sensazione di
pesantezza, l’avrebbe vinta.
La
Furia si allontanava sempre di più, sembrava nient’altro che una macchia nera
stagliata all’orizzonte.
In
altre circostanze, il cosmo di Athena l’avrebbe aiutato. Sarebbe arrivato a lui
come una benedizione, gli avrebbe infuso la forza necessaria per rialzarsi e
vincere la morte che si avvicinava. In quel momento aveva il disperato bisogno
della presenza pura della Dea, di sentire la sua energia dentro di sé,
alleviare la sofferenza e lenire il fuoco che lo stava consumando da dentro.
Ma
quella volta Athena non sarebbe stata con lui. La sua Dea non l’avrebbe
risollevato, così come nessun’altro. Quella volta avrebbe dovuto cavarsela da
solo, riuscire a sopravvivere con le proprie forze.
Una
luce scaturì davanti ai suoi occhi, e un’energia benevola parve smorzare di
poco le sue sofferenze.
“A-Athena…?
Ma come…”.
“Rialzati,
figliolo”.
Shiryu
non riuscì a trattenere un’esclamazione di sorpresa. Quella forza non
apparteneva alla Dea della giustizia.
Libra.
Il
Saint della Bilancia, il suo maestro.
Dragone
si guardò intorno: la presenza del suo maestro era tanto vicina, tanto intensa,
da fargli credere che se lo sarebbe trovato accanto.
“Alzati,
Shiryu” ripeté la voce “ricorda che hai una missione da portare a termine”.
Il
Cavaliere abbassò lo sguardo, un moto di vergogna gli si smosse in petto “Non
ce la faccio, maestro. Non riesco a muovermi, per quanto mi sforzi. Quella
donna… lei aveva…”.
“Lo so”
la voce non gli diede tempo di finire “lei ha anche la tua cura. Il sangue. Il suo sangue annullerà il
potere del veleno. Adesso alzati, i tuoi compagni hanno bisogno di te”.
Lui
annuì come se il maestro potesse vederlo. Le sue parole gli avevano donato il
coraggio di cui aveva bisogno. Non tutto era perduto.
Evocò
tutta l’energia residua dentro di sé, il cosmo del Drago riprese a splendere di
un’intensa luce color smeraldo. L’istante dopo il Saint correva in direzione
della donna, con al ferma intenzione di uscire vincitore dallo scontro non
ancora terminato.
Alecto
si fermò, voltandosi a fissarlo come se fosse appena risorto dagli Inferi in
cui era certa di averlo segregato.
-Sei
ancora vivo, Cavaliere? Notevole, per qualcuno come te. Sei il primo a
sopravvivere al mio veleno. Ma di questo non mi preoccuperei-
Fece
per sollevare la mani ai capelli, ma il gesto fulmineo dell’avversario la
inchiodò sul posto; gli occhi neri, sgranati, fissavano in braccio del Saint di
bronzo dirigersi sicuro verso la sua gola.
Il sangue, aveva
detto Libra.
“La
partita non è ancora finita, e io devo assolutamente vincerla. Adesso è ora di
chiudere i giochi. Adesso è il tuo turno… Excalibur”.
La
testa della Furia schizzò in un geyser di sangue denso e violaceo, finendo a
rotolare per terra. Shiryu rimase per un attimo a fissarla, l’espressione di
orrore rimasta congelata sul volto, i lunghi capelli sparsi come inchiostro
sulle rocce aride dell’Ade. Il corpo era rimasto immobile per un attimo, poi
cadde senza mai toccare terra, diventando un mucchio di cenere.
Shiryu
si trascinò fino la massa di capelli neri, l’afferrò per le ciocche e la
sollevò lasciando che il sangue denso e ancora caldo gli scivolasse addosso,
rimarginando le ferite. I fori provocati dai denti delle serpi sfrigolavano a
contatto con il liquido, ribollivano e si rimarginavano senza lasciare traccia.
Per un
po’, il Dragone rimase a guardare gli occhi fissi su di lui, il viso bianco
ricoperto dai fili di ragnatela nera dei capelli. Scagliò la testa lontano, la
vide esplodere in una nuvola di cenere.
Strinse
i pugni, ritrovando la determinazione che lo aveva sempre accompagnato. Sollevò
lo sguardo sulla distesa desolata dell’Ade e riprese la sua corsa.
******
La punitrice dell’omicidio.
Gli
occhi di miele di Tesiphone lo fissavano con una strana dolcezza che non aveva
nulla a che vedere con l’aura maligna che aleggiava intorno alla sua figura.
Hyoga
fece un passo indietro. L’energia negativa di quella donna l’aveva messo sul
chi vive.
-Ti
consiglio di non sbarrarmi la strada. Levati di mezzo, non ho alcuna voglia di
combattere contro di te-
-E
perché?- la Furia rise –Perché sono una donna?-
Un
attimo di incertezza la parte del Cavaliere –Perché ho un compito da portare a
termine. E non sarai certo tu ad impedirmelo-
-Ebbene,
questo è certo. Diamo il via alle danze, dunque: la vittoria come premio, la
morte in caso di sconfitta-
Il
Saint di ghiaccio scrutava la donna con sospetto. Non aveva nulla addosso,
nulla che potesse servire come arma di difesa o attacco.
Nulla, se non…
Una
rinnovata risata cristallina echeggiò nell’aria immobile. Tesiphone socchiuse
gli occhi, regalandogli un sorriso gelido.
-Vedo
che hai capito, Cavaliere-
-Come…?-
-Te lo
mostro subito-
E detto
questo la donna sollevò la torcia che aveva in mano; il fuoco azzurro sfavillò
nell’oscurità circostante, le fiamme divamparono alte nel cielo. Con un unico
gesto Tesiphone fece il gesto di scagliare lontano la sua arma: scintille di
fuoco blu schizzarono verso il Cavaliere, le fiamme formarono un’alta vampata e
sembrarono compattarsi fino a plasmare il corpo di un uomo.
-Cosa?!-
Aquarius.
Lì,
davanti a lui, il Saint d’oro dell’acquario si era materializzato come per
magia dalle fiamme dell’Ade.
“No,
dev’essere una maledetta illusione”.
-Sorpreso,
Cigno?- la Furia si fece avanti, appoggiandosi alla spalla del Cavaliere d’Oro
come se fosse stanca –Non dovrai temere di misurarti con me. Adesso vi lascio
ai vostri affari, buon divertimento-
Il Cavaliere
non riuscì a replicare. Fissava il suo maestro lì davanti a lui, senza riuscire
a capacitarsi di come potesse trovarsi lì, apparentemente in carne ed ossa,
pronto ad affrontarlo al posto di una seguace del Dio degli Inferi.
Una risata
cristallina da parte della Furia attirò la sua attenzione –Te l’ho detto,
Cigno: sono la punitrice dell’omicidio. Le ombre dei delitti di ogni uomo sono
destinate a seguire l’assassino per tutta l’eternità. Quello che faccio con il
mio fuoco, è dare corpo a quegli spettri lontani, affinché possano vendicare la
propria morte. Non sei forse difensore della giustizia? Cosa c’è di più giusto
di voler in qualche modo rivendicare la propria esistenza? So quali tragedie si
annidano nel tuo cuore: la morte di tua madre, e ora questo…- accennò al Saint
di Aquarius –l’averlo ucciso ti tormenta ancora oggi, lo so. I tuoi rimorsi ti
feriscono anche a distanza di anni. Allora non combatterlo: lasciati punire per
quello che hai fatto, lascia che tutto ritrovi il suo equilibrio: tu ha tolto
la vita al tuo maestro: adesso fai che sia lui a prendere la tua!-
Hyoga
scosse la testa con forza, come a ricacciare quelle parole –No, non ti credo!
Aquarius si trova al Santuario di Athena. Non riuscirai a convincermi che
adesso sia qui per uccidermi-
Un’altra
risata, le spalle bianche della donna sussultavano con violenza sotto le lunghe
ciocche bionde. La Furia gettò la testa all’indietro e gettò un urlo selvaggio
come il grido dell’aquila in cielo.
-Questa
è solo la forma del tuo rimorso- gli spiegò –lascia che consumi la sua vendetta
adesso, invece che lasciarti torturare per il resto della tua vita-
“Un’ombra…”
cercò di ragionare il Saint di Bronzo “dunque è tutta un’illusione. Come sospettavo.
Ebbene, Tesiphone, non ti deluderò: affronterò il tuo spettro, e sconfiggerò te”.
Subito dopo
fu investito da un’ondata di ghiaccio che gli fu impossibile frenare. La riconosceva,
la forza del suo maestro, era tale e quale alla potenza con la quale l’aveva
combattuto durante la salita delle Dodici Case, la stessa forza devastante che
gli deriva dalle energie fredde, e la stessa noncuranza di chi si trovava di
fronte, del fatto che il suo avversario era l’allievo che aveva cresciuto e per
il quale si era sacrificato.
Il giovane
venne sbalzato indietro, preso alla sprovvista, e per un attimo la sorpresa di
quell’attacco gli tolse il respiro.
“E’ l’aura
di Aquarius, non c’è dubbio. Ma c’è
qualcosa… cos’è quella rabbia che avverto?” il Cigno si alzò, preparandosi
al contrattacco “rimorso, certo. Il rimpianto di aver perso la vita, la rabbia
dell’ombra che ho davanti. Ebbene questa ne è la prova: quello non è il mio
maestro”.
Ricorda.
Lo scontro durante la lotta contro Arles. Lui
ha dato la vita per fare di te un vero Cavaliere di Athena.
Energia
di ghiaccio iniziava a circondare il Saint di Cygnus. Proprio come quella
volta. Superare i limiti. Superare i propri limiti, e quelli de maestro,
superare le paure e le incertezze che indebolivano il suo cuore.
“La debolezza non può essere perdonata” – gli aveva
detto Aquarius. In quel momento, un minimo ripensamento avrebbe significato la
morte, avrebbe significato abbandonare i suoi compagni, tradire Athena.
Non poteva
permetterselo.
Un vento
freddo si sprigionò con forza devastante dalle mani del guerriero di Athena, nell’invocare
la forza dell’Aurora Execution.
Quella volta avrebbe vinto.
Non avrebbe
voltato le spalle agli amici, né alla sua Dea.
Gli ostacoli
vanno affrontati.
Il fuoco
della torcia di Tesiphone si spense sull’istante a contatto con l’aria fredda,
l’ombra del Cavaliere dell’Acquario iniziò a svanire come fumo portato via dal
vento invernale. La donna guardava l’avversario furiosa mentre il suo corpo
iniziava a piegarsi e raggrinzirsi, come se stesse invecchiando di cent’anni in
quell’istante. I capelli del colore del grano persero le loro sfumature d’ori
fino a diventare paglia bianca, la pelle vuota e ricoperta di rughe si sgretolò
sotto la forza del ghiaccio eterno. Un ultimo grido, e la valle spoglia dell’Ade
piombò di nuovo in quel silenzio di morte che aveva accolto il Cavaliere.
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Sssaalvee!
Sono in ritardo ma voi ormai avete perso le speranze che questa
storia verrà aggiornata in tempi umani, dico bene? xD
Obbè… non credevo che questo
capitolo venisse così lungo, e da un lato mi scocciava occuparmi dei Bronzetti
babbi quando ho una bellissima coppia su cui concentrarmi (sto fangirlando, chiedo venia, Ikki e Astherion mi fanno un
brutto effetto) – però, almeno sono stati picchiati un po’, e questo mi
consola! A voi no?
Su, che stiamo arrivando al gran finale, quindi penso che entro
il 2024 potrete vedere come andrà a finire xD
P.S: Adoro Megera, mi è piaciuto un sacco rompere le balle a
Seiya grazie a quella donna. Questo dovevo dirlo xD
Solinari: Cara!
Ehehe, te lo dicevo che si metteva
male per il piccioncino, mwaha, quanto sono
malvagia!
Epperò, mica può filare tutto liscio
u.u si sa, poi, che quando c’è Ikki di mezzo
succedono i papocchi peggiori, c’è chi gli muore in braccio e chi da un momento
all’altro vuole ucciderlo. Povero, adesso capisco perché è tanto complessato.
Per capire cosa succederà ai nostri tesssori, però,
ti toccherà aspettare il prossimo capitolo!
Kisesss! :**
ATTENZIONE attenzioneee!
Comunicazione ufficiale: qui di seguito vi lascio un bel link ;)
chi vuole potrà venire a trovarmi sulla mia pagina Facebook dedicata alle mie storie eeee *pausa effetto*
al mio primo romanzo! (al quale spero se ne aggiungeranno degli altri *-*) dai
dai dai, vi aspetto in tanti, spolliciate! :DD