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Autore: _Sherazade_    19/09/2015    1 recensioni
Ayla, Ragazza come tante.
A diciotto anni si ritrova orfana, ma con grandi sacrifici e con l'aiuto degli amici riesce a non abbattersi e a sopravvivere in una qualche maniera.
Dopo qualche anno la vita sembra essere tornata tranquilla, ma Ayla non sa la triste verità: sta per morire.
È qui che entra in campo Apodis, un demone della morte.
Il suo lavoro è quello di aiutare le anime degli uomini a trovare la strada per l'altro mondo e impedire che gli spiriti malvagi se ne impadroniscano.
Il suo ultimo incarico è proprio Ayla.
Apodis si troverà di fronte a una scelta: seguire il proprio lavoro e prendere l'anima di Ayla, oppure dare retta al proprio istinto e lasciare libera la giovane.
Una semplice scelta che cambierà le loro vite.
Scritto nel 2009, rielaborato nel 2014.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Iris - custode dei mondi'
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Epilogo 


Era il ventuno dicembre, ed erano già passate tre settimane dall’ultima volta che li avevo visti.
Tre settimane dall’ultima volta che avevo visto Ael, Amber e Apodis.
La scelta fatta era davvero la più ovvia: tornare a casa, mantenere la mia identità umana.
Avevo anche scelto di non dire nulla ad Apodis riguardo i miei sentimenti per lui, con grande disappunto da parte di Amber. Mi era sembrata la scelta giusta da prendere, era inutile dirgli quello che provavo dato che mi sarei resa ridicola inutilmente.
Mi sarei anche accontentata di passare la vita al suo fianco anche solo come amica. Tutto pur di stare al suo fianco, avrei potuto scegliere di cambiare, avere una vita migliore, eppure… non mi sembrava giusto dato che per cambiare le nostre vite sarebbero state legate. La cosa a me non sarebbe dispiaciuta ma potevo dire lo stesso per lui? Aveva già sacrificato molto per aiutarmi e chiedergli ancora dell’altro mi sembrava troppo, troppo davvero.


I miei sentimenti per lui, nonostante la lontananza, non si erano affievoliti e anzi, erano diventati più forti. Non sapevo come gestirli perché non mi ero mai innamorata così di qualcuno.
Probabilmente uno dei motivi che mi avevano portata a tacere i miei sentimenti per Apodis era la paura delle ripercussioni.
La corte stava sì cambiando, ma sapevamo che molti demoni avrebbero faticato a capire e ad accettare.
Se lui mi avesse mai ricambiata e fossimo andati fino in fondo, quante altre difficoltà avremmo dovuto affrontare?
Inoltre… ammiravo moltissimo Amber e Ael, invidiavo un po’ il loro grande amore, e li rispettavo. La loro scelta di non avere subito figli mi aveva lasciata spiazzata all’inizio, ma era la cosa migliore. Io però non volevo la stessa cosa per me, l’impazienza mi avrebbe spinta a fregarmene di tutto e ad agire senza alcuna considerazione.
Avrei così visto i miei figli crescere e morire. Nessun genitore vorrebbe vedere morire i propri figli. Non avevo mai provato una simile perdita, ma avendo perso i genitori potevo immaginare quanto dolore si potesse provare.


Come ogni sera alle cinque, misi il collare a Cerby e mi preparai per uscire: una passeggiata mi avrebbe fatta sentire meglio.
Mi preparai per bene indossando quanta più roba per coprirmi dal freddo pungente che mi attendeva oltre il portone di casa. Guardandomi allo specchio pensai subito all’omino della Michelin. Risi di gusto, era da tanto che non mi capitava.


Tornare alla normalità era stato più semplice del previsto, ma qualcosa in me era cambiato, in meglio.
Però non potevo evitare di pensare ad Apodis e al fatto che una parte di me rimpiangeva di non essergli restata accanto.
Affondando gli scarponi nella neve ripensai subito a quella volta in cui Apodis mi aveva presa sulle spalle per arrivare prima alla casa di Ael ed Amber. Una lacrima scese a rigarmi il viso, e Cerby, per distrarmi, cominciò a correre affannosamente per tutto il parchetto.
Appena tornata a casa lui e Morphy mi fecero un sacco di feste, ma ben presto capirono che qualcosa non andava, io ero diversa in qualcosa.
Mi avevano vista spesso piangere nel letto prima di allora, ma dopo la mia lunga vacanza era scattato qualcosa, e loro provavano in tutti i modi ad aiutarmi.
Loro erano gli unici a cui avevo affidato il mio segreto. La storia di come una semplice ragazza si era ritrovata a vivere una grande avventura affiancata da grandi amici e il più grande amore che mai potesse sognare di avere.
- Dai Cerby, non ti rotolare nella neve. – in genere Cerby non amava la neve, ma quella sera sembrava divertirsi parecchio nel tuffarsi di peso. Nei giorni precedenti aveva nevicato parecchio e, avendo attaccato al terreno, si era formato un bello strato in cui poter affondare.


Incredibile pensare che poco più di un mese prima ero un’altra persona. Se riguardavo al passato vedevo un’altra me stessa.
Certo non potevo dire di essere cambiata totalmente, ma avevo fatto dei passi enormi.
Per la prima volta, dopo tante richieste, avevo accettato l’invito di Layla e della sua famiglia per festeggiare insieme il giorno di Santo Stefano. Natale era ancora troppo per me ma, l’avere accettato il loro invito anche solo per l’altra festività, era già un passo in avanti.
Layla me lo aveva proposto senza troppa convinzione, sapeva che difficilmente avrei accettato ma, quando invece acconsentii, lei rimase a bocca aperta. Lei era sconcertata, ma George fu ancora più sorpreso di lei. Riuscire a lasciare senza parole uno come George non era per niente una cosa da poco.
Mi fece il terzo grado per il viaggio, voleva sapere tutto, ogni singolo dettaglio della mia vacanza.
Nonostante la voglia di cambiamento che permeava nella corte e le nuove leggi in fase di approvazione, i demoni non erano ancora del tutto pronti a venire alla luce.
Così la mia storia doveva rimanere segreta, ad eccezione fatta per Cerby e Morphy; a Ly dovetti raccontare qualche piccola bugia, cambiando alcuni dettagli del mio viaggio.


Quando ero ancora piccolina i miei genitori mi portavano spesso in quel piccolo parchetto. Non c’erano tanti giochi, ma trovavo sempre altri bambini con cui giocare e con cui divertirmi.
Cerby tirava talmente tanto il guinzaglio che per poco non scivolai nella neve così, poco prima di varcare l’ingresso, lo lasciai libero.
Di certo non appena tornati a casa avrebbe avuto bisogno di una bella ripulita, e la cosa non sarebbe piaciuta a nessuno dei due.
Lo avremmo fatto comunque e poi… di corsa sotto al piumino.
Mi piaceva il freddo, mi piaceva l’inverno. Era una stagione che aveva tanto da offrire e io ogni anno trovavo qualcosa di nuovo che mi faceva amare la stagione fredda.
Ogni volta che cominciava a nevicare nel mio cuore si facevano largo tanti bei ricordi di un passato più o meno lontano.
Mi passavano così davanti scene che temevo di aver scordato, ma che in certi momenti rivivevano sotto i miei occhi. Alcune mi facevano sorridere, con altre ridevo di gusto e di fronte ad altre ancora il mio cuore un poco soffriva.
Vedendomi un po’ triste Cerby si metteva ad abbaiare per attirare l’attenzione su di sé, così poteva distogliermi ciò che mi faceva ancora un po’ male.
Tutta l’esperienza vissuta con Apodis mi aveva aiutata ad affrontare le cose. Essere forti, avevo capito, non significava non soffrire mai di fronte alle avversità che la vita ci seminava sulla strada.
Essere forti significava riuscire a rimettersi in piedi nonostante tutto quanto. Riuscire a riaffrontare la vita anche se questo significava affrontare le proprie paure e debolezze.


Non senza una certa fatica potei ammettere che mi sentivo terribilmente sola.
Cerby e Morphy facevano di tutto per colmare quel vuoto lasciato dalla mia famiglia e poi da Apodis, ma non sempre ci riuscivano.
Più il tempo passava e più mi accorgevo di quanto i miei sentimenti per lui fossero profondi.
Lo amavo, lo amavo con tutta me stessa e sentivo il cuore spezzarsi perché avrei voluto tanto poter tornare da lui per non lasciarlo più. Egoisticamente volevo riaverlo con me, ma amare significa lasciare andare, e per il bene di Apodis dovevo farmi da parte e lasciarlo libero da me.
Apodis si era già dato da fare fin troppo per me, ed ora toccava alla sottoscritta fare qualcosa di buono per lui.
In una maniera o nell’altra sarei riuscita ad andare avanti e a sopportare il peso della mia scelta.
Avevo imparato ad essere forte, io non sarei caduta o, perlomeno, se fossi caduta mi sarei rialzata. Non potevo smettere di vivere, altrimenti tutto quello che avevamo fatto non sarebbe servito a niente.
Non potevo evitare di pensare ad Ael e a Amber, ma la loro era stata una situazione diversa; i tempi erano diversi.
Lei aveva fatto la sua scelta, ed era nonostante tutto felice.
Ogni scelta comporta delle conseguenze, belle e brutte.
Lei non si era pentita, ma io?
Io sarei stata felice? Una parte di me si era già pentita di non aver scelto l’amore, ma più ci riflettevo sopra e più mi pareva la decisione migliore che potevo prendere. Perché dovevo ancora soffrire se avevo agito nel migliore dei modi?
Domande alle quali non potevo rispondere, non avevo le risposte.


Se pensavo a lui e a me insieme la prima cosa che mi saltava alla mente era: perché lui dovrebbe voler stare con una così?
Io non ero certo il massimo, mentre lui… lui era così bello, anzi, dire bello era poco, perché non era solo l’aspetto fisico ad attrarmi.
La sua intera persona, pregi e difetti, mi avevano fatta innamorare di lui. Mi accorsi di cominciare a provare qualcosa di più della semplice attrazione nella baita di Ael e Amber.
Nella foresta lo avevo apprezzato per le sue premure e attenzioni, così come nella casa di Wolf. Pian piano ho notato tante piccole cose che facevano parte del suo essere.
A dispetto del primo impatto una volta scoperta la sua vera natura, avevo trovato un Apodis dolce e sensibile, forte e protettivo.
Lo amavo, e non potevo farci assolutamente nulla.


Cerby era dall’altra parte del parchetto e cominciò ad abbaiare freneticamente; sembrava avesse trovato qualcosa.
Corsi verso di lui per calmarlo, ma non appena lo raggiunsi lui smise di abbaiare ma cominciò a camminare avanti e indietro davanti a un piccolo mazzo di fiori.
Riconobbi subito quei fiori: erano delle rose cappuccine, delle verbene, dei fiori di pesco e dei fiori d’arancio.
Conoscevo abbastanza bene il linguaggio dei fiori per non farmi venire la tachicardia. Le lacrime non tardarono a scendere perché sapevo chi era il mittente. Se non avessi parlato con Gabriel qualche settimana prima, il mio primo pensiero sarebbe andato a lui.
Dopo il ritorno a casa lo incontrai scoprendo che si era fidanzato.
Si scusò ancora per tutte quelle volte che si era dimostrato troppo insistente con me.
Altro motivo per cui lo avevo scartato era il fatto che lui mi avrebbe regalato delle rose rosse, nonostante gli avessi detto più di una volta che non mi piacessero.
Ero felice per Gabriel e felice per quei fiori.
Tanto felice da non riuscire a smettere di piangere.
- Non credevo che i fiori ti facessero piangere. Speravo invece di farti un bel regalo, di farti felice. – sentii una voce fin troppo familiare provenirmi da dietro le spalle.
Mi voltai di scatto, e vedendolo mi fiondai fra le sue braccia.
- Mi sei mancato tanto. – dissi tra i singhiozzi e affondando il viso nel giubbotto.
- Anche tu mi sei mancata. – mi disse cominciando ad accarezzarmi la testa. Dopo la felicità la paura mi avvolse. Non appena comunicai a Barock della mia decisione, mi disse che per un lungo periodo sarebbe stato bene interrompere i rapporti con tutti i demoni che avevo conosciuto.
Incluso quindi anche Apodis.
La ragione di tale divieto era legata al fatto che avrebbero potuto esserci problemi con chi non avrebbe approvato le nuove scelte fatte da Barock e dalla corte riguardo il riavvicinamento col mondo degli uomini.
- Non dovresti essere qua. Rischi troppo, non voglio che ti accada qualcosa per colpa mia. – dissi mentre il panico mi stava assalendo.
- Ora non rischio più. Non sono più un demone, sai? – disse come se fosse stata una cosa normale.
Dovevo anche avere un’espressione molto buffa perché scoppiò a ridermi in faccia.
- Come sarebbe a dire? Non puoi non essere più un demone! – sbraitai.
- Parla a voce bassa. – mi sgridò lui. Mi tappai la bocca rendendomi conto che non era proprio una cosa da gridare quella.
- Merito almeno un spiegazione.
- Sì, forse la meriti. – lui mi trascinò verso una delle panchine, la liberò dalla neve e mi invitò a sedermicisi. - Ricordi quando incontrammo Iris? Ci fu un momento in cui mi prese in disparte.
- Sì lo ricordo, e allora? – detestavo il fatto che mi tenesse così sulle spine. Non poteva dirlo e basta, senza troppe cerimonie?
- Beh, parlammo di molte cose e mi spiegò anche come diventare mortale. Sempre nel caso in cui avessi scelto di cambiare vita. – Rimasi spiazzata. Come poteva dirmi una cosa del genere così dal nulla?
- Tutto qua? – ero stizzita. Una cosa del genere avrebbe dovuto dirmela molto prima, e comunque non così.
- Tutto qua. – sorrise. Ma non mi incantava. Perché avrebbe dovuto rinunciare a quella fantastica vita? Per me? No, non poteva essere.
- Perché lo hai fatto?
- Davvero non lo sai? – arrossii violentemente per il modo in cui mi guardò.
- I-io non… Insomma, io non ho accettato di diventare demone, perché tu avresti dovuto rinunciare? Per cosa poi?
- Tu lo sai perfettamente. Lo avrai anche ammesso con te stessa e anzi, - disse guardandomi e costringendomi a guardarlo negli occhi, -lo hai fatto. Ma hai paura, hai il terrore di dirlo, di gridarlo al mondo. Non per codardia, lo so. Non è nemmeno la paura di un rifiuto, è per ragioni un po’ più sensate, ma che non hanno motivo d’esistere. – perché il cuore mi doleva tanto. Stava infilando il dito nella piaga, e non era giusto. Perché mi voleva ferire, perché? Mi alzai in piedi pronta per tornarmene a casa. Lo amavo ed ero contenta che fosse lì, però non mi piaceva quello che mi stava dicendo.
- Cosa credi di ottenere dicendomi tutto questo? - Un conto era capire ciò che provavo e ammetterlo con me stessa, altro era dirglielo.
Lui inoltre non mi aveva detto che mi… insomma, non aveva detto che provava qualcosa per me.
Forse voleva solo prendersi gioco di me, se fosse stata quella la ragione non l’avrei mai perdonato.
- Andiamo Cerby. – dissi al piccolo cagnolino che però non sembrava volermi dare retta. – Oh beh, io mi avvio, se tu vuoi restare qual al gelo fai pure. – sapevo che così dicendo mi sarebbe venuto dietro, ma una volta arrivata all’ingresso notai che Cerby era ancora accanto ad Apodis.
- Sei una zuccona! – disse lui sospirando. Mi voltai di scatto verso di lui con le fiamme negli occhi. Nessuno poteva darmi della zuccona.
- Ma senti chi parla. – Non volevo farmi prendere in giro da lui. A grandi passi mi avvicinai a lui ma presi male un sasso e caddi in avanti. Per fortuna Apodis mi prese prima dell’impatto con la neve.
- Grazie, – borbottai rincuorata, ma presto ripresi il mio tono di sfida – questo non cambia niente però. Tu non devi darmi della zuccona perché anche te… Che c’è? Perché mi guardi così? – mi scrutava in modo strano, che gli prendeva? Aveva un sorrisetto che non gli avevo mai visto.
- Non credi sia il caso di dirmelo? – Sapevo a cosa alludeva, ma cosa si aspettava? Mi conosceva fin troppo bene per non sapere che cose del genere mi mandavano in crisi.
Il cuore sembrava che stesse per balzarmi fuori dal petto.
Lui era così vicino, così bello e così reale.
Avevo pensato tante volte a come sarebbe andata, se avessi avuto una nuova chance di parlargli e di dirgli quello che provavo e ora che quel desiderio sembrava essersi realizzato era come se la lingua fosse stata presa in una morsa che non voleva più lasciarla.
Dissi debolmente “Non ci riesco. Scusami”. Non ce la facevo, e copn grande imbarazzo me ne andai sul serio raccogliendo in braccio il povero Cerby che non ne voleva sapere.


Ripensai a tutto quello che era successo negli ultimi mesi.
Ero diventata più forte, ma non mi riusciva di dire all’uomo che amavo quanto ardentemente il mio cuore bruciasse per lui.
Avevo paura che una volta rivelato il mio amore lo avrei perso, così come avevo perso tutte le persone che amavo.
Avevo paura di aprirmi e di rimanere nuovamente sola.
Lui lo sapeva, eppure… Eppure voleva che io lo dicessi, per quanta paura avessi dovevo dirlo secondo lui.
Lui mi spingeva a dirgli quello che provavo, però lui non si esponeva. Perché?
All’improvviso tutto mi fu chiaro, misi Cerby a terra e con coraggio mi voltai per fargli una domanda.
- Se ti dicessi che ho visto un corvo e un gatto nero ballare il tip tap, tu che mi risponderesti? – lui rise e mi si avvicinò, fino a che non mi fu di fronte.
- Ti direi che ho visto un ippopotamo e un coccodrillo prendere insieme il te con vestiti ottocenteschi. – rise e mi baciò. In quel momento prese a nevicare.
- È il modo migliore per iniziare. – disse riprendendo il bacio.
Non riuscivo più a staccarmi da lui, volevo che il tempo si fermasse, che nulla potesse cambiare.
- Sai, ho cominciato a lavorare in un ufficio vicino a dove lavori te, così almeno ci potremo vedere nelle pause. – disse lui facendomi strada verso casa. Cerby ci seguiva abbaiando contento.
Sembrava quasi che non aspettasse altro, del resto si sa che gli animali capiscono certe cose molto prima di noi.
- Un momento… questo significa che sei diventato umano da un po’.
- Esatto.
- E cosa aspettavi a dirmelo?
- Il momento giusto, mi pare ovvio. – e ancora comparve quel sorriso che mi aveva conquistata fin dall’inizio.
- Ma come hai fatto a integrarti e a trovare lavoro?
- Barock… - non c’era bisogno di aggiungere altro. Apodis mi prese per mano e mi costrinse a guardarlo.
- Vuoi cominciare una nuova vita con me?
- Lo voglio. – dissi prima di baciarlo.
La nostra vita insieme cominciò quel giorno, fatta di alti e bassi, ma sempre assieme.
La vita è un percorso lungo e non privo di ostacoli. Bisogna viverla la vita e non subirla. A volte basta anche solo lasciarsi trascinare, e poi trovare il modo per risalire.
Non esiste alcuna ricetta segreta per vivere bene, l’importante è trovare qualcuno con cui condividerla, nel bene e nel male.




 

Fine

 
L'angolo di Shera ^_^

E con questo si conclude anche il mio primo lavoro originale.
Son passati sei anni da quando nella mia testa i personaggi di Ael, Ayla e Apodis hanno cominciato a girarmi nella testa, vorticosi e sempre più coinvolgenti. Di questa storia ne ho preparate di versioni, credo per un totale di sei, non sapendo mai quale scegliere. Eppure eccoci qua, con questa versione finale, riveduta e corretta. Di certo meritebbe un'ulteriore revisione, e mi rendo conto che come storia possa risultare non solo ricca dei soliti cliché, ma anche piuttosto banale. Eppure io ne vado fiera. Ne vado fiera e l'amo, perché è stato il mio vero primo inizio.
Prima di allora mi ero buttata unicamente nelle Fanfiction per eccellenza, e solo poi ho provato a sfruttare personaggi del tutto originali. I primi tentativi, per quanto io possa essermici affezionata, dimostravano tutto il mio lato più infantile e inesperto. non che ora sia esperta, ma di certo ho maturato un po' d'espereienza rispetto a quei primi goffi tentativi.

Ho fatto un bel repulisti fra i miei lavori, e credo che finirò col rimuoverne ancora degli altri, fra cui "In bilico fra i mondi", ma non perché non ami quella storia. Per me è stata molto importante, e lo è tutt'ora, voglio semplicemente darle una giusta revisione per rendere ancora più credibili i miei personaggi. Ne hanno bisogno loro e ne ho bisogno anche io!

Oggi, se il tempo me lo permetterà, continuerò con la stesura dell'ottavo capitolo di Lux Averni. La fine non è poi così lontana, ma di certo, come aveva già annunciato il mio insostituibile amore, saranno almeno dodici capitoli :). Questa storia mi sta prendendo e sono felice di vedere come le cose si stiano evolvendo.
Anche solo per le splendide persone che ultimamente ho avuto modo di conoscere e con le quali ho avuto modo di confrontarmi.
Grazie a voi che avete seguito la storia fino a questo punto, commentando o anche solo leggendo il mio lavoro.
So di avere ancora molto da imparare, ma via via, mi sento sempre più sicura di me.

Grazie di cuore e a presto ♥

Shera
  
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