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Autore: La Setta Aster    20/09/2015    1 recensioni
Vi è mai capitato, scrutando il cielo, di sentire dentro di voi la sensazione che altri occhi come i vostri siano puntati al firmamento in cerca di risposte? E se vi è capitato, avete provato a parlare con le stelle? Aster, una ragazza aliena di Neo Cydonia, e James, un giovane terrestre come voi, a distanza di anni luce hanno in comune un cuore sempre in fuga dal mondo, in direzione dell'universo.
Genere: Avventura, Science-fiction, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Terra, provincia di Grosseto, al largo della costa toscana, Italia, 00.23

L’acqua circondava, ricopriva, abbracciava la navetta. Aster illuminò la sfera di hyle – in modo che lei dll’interno potesse vedere chiaramente, ma dall’esterno lei sarebbe rimasta occultata dalle tenebre – e vide tutt’intorno a se un mare molto più trasparente di quello di Neo Cydonia, il quale era arrossato dall’ingente presenza di minerali ferrosi nelle miniere sottomarine. Eppure, non scorse nemmeno un pesce. Ma non c’era tempo per meravigliarsi: doveva uscire da lì. La sfera di hyle era rimasta intatta, ed era, a tutti gli effetti, una bolla d’aria. Avrebbe potuto usarla per tornare in superficie, ma poi? Chiunque avrebbe potuto vedere la sfera – l’unico meccanismo di mimetizzazione era installato a bordo dell Ziggy Stardust, non ve ne erano anche per le navette extraplanetarie, nessuno avrebbe mai immaginato di utilizzarne una per uno sbarco –, e comunque non avrebbe mai raggiunto la costa. E fu in quel momento che scoprì che sotto la superficie dell’acqua il segnale di interferenza non giungeva. Subito, Aster accese i motori, e a quel punto fu pronta per avvicinarsi alla terraferma quel tanto che bastava da poter nuotare.

*

Terra, provincia di Grosseto, Italia, 19.25, 7.25pm

Il ristorante era addobbato nel più minuzioso stile della tradizione marinaresca: reti da pesca che pendevano dal soffitto, fiocine appese alle pareti, acquari contenenti astici e altri crostacei ancora vivi, bancone a forma di barca, svariate riproduzioni dei quadri di William Turner e di altri pittori del mare. I ragazzi erano seduti ad un tavolo, e già avevano divorato il pane, in attesa dei loro piatti, come da tradizione. I maschi erano usciti già vestiti per il concerto – Jim con una camicia bianca aderente, coperta da un gilet di jeans senza maniche, e il suo immancabile cappello –, ma le ragazze no: si erano fatte tutto il tragitto nella pineta in bicicletta con vestiti e tacchi, ben truccate.

“ho fame” fece presente Edoardo.

“non lo avrei mai detto” rispose a tono Paolo.

“io mi mangerei anche te, Ed” scherzò Andrea.

Monica stava fissando l’acquario, Alice si mangiava le unghie. La puntualità non era il piatto forte, in quel ristorante. Ma dopo quasi quindici minuti di attesa, i piatti iniziarono ad arrivare. Ognuno aveva ordinato qualcosa di diverso, per avere più scelta. Infatti, tutti iniziarono subito a rubare il cibo da bocca a Giovanni, che gridava vendetta.

“così tutti assaggiamo tutto” disse Alice con la bocca piena.

Si abbuffarono tutti tanto che furono sazi nel giro di poco tempo, tutti tranne Jim e Alice, che, dovendo cantare, era necessario che avessero lo stomaco leggero.

“allora è tutto deciso” disse alla fine, rompendo il ghiaccio, Gra “la scaletta, intendo, le cavolate da dire ogni tanto e tutto il resto”

“mi raccomando, la prima a salire sul palco sarà Monica” spiegò Jim “che prenderà posto alla batteria”

“Jim, ti prego, lasciaci mangiare in pace, ormai sappiamo a memoria come fare, lo abbiamo provato centinaia di volte!” si lamentò Edoardo.

“più di due settimane fa!” ribatté l’altro.

“beh, sappiamo tutti quanti quando salire, con gli strumenti già pronti a spaccare, e correndo come se fossimo in ritardo” disse Paolo.

“esatto!” esclamò Jim eccitato. “già mi vedo: sarà come al Madison Square Garden!”

“Jim, noi non siamo mai stati al Madison Square Garden” lo ammonì Alice.

“eddai, lasciami sognare!”

Terra, provincia di Grosseto, Italia, 21.37, 9.37pm

Tutto era pronto: la batteria era stata montata sul palco, le chitarre collegate tramite cavi jack al mixer, così come il basso, il microfono, la tastiera e un computer per utilizzare il sintetizzatore e ottenere effetti sonori altrimenti impossibili da riprodurre. L’aria si faceva carica di tensione. Salire sul palco era di certo più divertente, ora che se la cavavano tutti piuttosto bene coi loro strumenti, ma persisteva la paura di sbagliare, la paura di avere gli occhi addosso. La prima volta che i Chaos Within andarono in scena fu disastroso: a Jim si bloccò la voce e cantò come se gli fosse andato un pezzo di pane di traverso; Monica era impaurita e più che picchiare sulla batteria la accarezzava; Alice era tutt’altro che convincente come primo ufficiale, e gli altri erano talmente spaventati da non riuscire a guardare in faccia il pubblico. Ma questo era il loro diciassettesimo concerto, e ormai avevano imparato come padroneggiare il palcoscenico e la folla, e nonostante l’ansia si presentasse in un primo momento ogni volta, quando la musica fluiva come un fiume, la sua avanzata trascinava via ogni problema, ogni cattiva vibrazione. Davanti al piedistallo vi era una piccola pista da ballo, e oltre quella si stagliavano tavoli occupati in ogni dove, tanto che il chiacchiericcio stava diventando assordante, e i movimenti di posate parevano tanti piccoli insetti indaffarati. Era giunto il momento di destarli: tutto era pronto, tutti erano ai loro posti, col cuore in gola e le mani tremanti. Andrea e Jim tenevano le mani pronte ad alzare i volumi delle chitarre non appena fosse stato il momento; non tenevano il suono subito al massimo della sua potenza per evitare che la chitarra andasse in feedback, cioè emettesse un fastidioso fischio dovuto al riverbero, e amplificato dall’alto volume. Giovanni non vedeva l’ora di improvvisare sulla sua tastiera. Alice si scaldava la voce. Il suo ventre, scoperto poiché indossava solo un gilet di jeans corto sopra al costume e una gonna a vita bassa, si agitava, così come la sua gola, nella respirazione. Paolo era certo che non appena il pubblico avesse capito di che canzone si trattava, quella che avrebbe aperto il concerto, si sarebbe chiesto cosa ci facesse un sassofono lì; era pronto a dimostrargli che lui poteva suonare il sassofono in qualunque genere. Monica aveva già preso posto. Lei, totalmente in costume e coperta solo da una gonna di jeans, non si sarebbe mai aspettata di trovare Abigail in mezzo a tutte quelle persone. Si sarebbe mostrata solo alla fine della canzone di apertura, e l’avrebbe abbracciata forte, e baciata, e dopo avrebbe suonato con la grinta di John Bonham.

Monica fece un profondo respiro, prima di compiere il balzo: quando le sue bacchette – con la forma delle bacchette magiche di Harry Potter – iniziarono a percuotere il rullante con pelle sabbiata della batteria e il charleston, già nei più appassionati di rock nel pubblico non v’era alcun dubbio. E se ancora ce n’erano, di dubbi, furono spazzati via dall’impetuosa chitarra di Andrea, che, salendo di corsa sul palco, fece vibrare gli animi col riff di Rock ‘n Roll. Jim gli stava dietro con la sua chitarra, improvvisando fills, cioè brevi fraseggi (in questo caso di chitarra) simili ad assoli, ma molto più brevi e quasi mai studiati in precedenza. Il loro compito principale è quello di ‘riempire’ battute nelle quali vi è solo una ritmica. Graziano si era scatenato, quasi aggredendo le quattro corde del suo basso. Paolo aveva già dato fiato al sassofono, che, con enorme sorpresa di tutti, pareva essere stato creato per quella canzone. Giovanni, poi, picchiava le dita sulla tastiera con grande energia, improvvisando anch’egli come se non avesse mai suonato altro per tutta la sua vita, pareva un giovane John Lord smilzo e con gli occhiali. E la voce di Alice si espanse, quando venne il suo momento, con una potenza travolgente. I suoi piedi, scalzi, si muovevano rapidi ed eleganti, e le sue gambe facevano ondeggiare una gonna molto corta, ma morbida. La sua sensualità aveva già catturato gli occhi di alcuni ragazzi. La canzone coinvolse tutto quanto il pubblico, non solo gli amanti del genere, e creò un’atmosfera energica e frizzante, mentre il sudore già imperlava il corpo di Monica, facendolo risplendere sotto i riflettori. Jim si era sbottonato completamente, approfittando dell’assolo di sax di Paolo. Infatti, ogni singolo strumento, comprese entrambe le chitarre, ebbe il suo momento di gloria con un assolo, più o meno breve, conferendo alla canzone la durata di ben sette minuti e sessantatre secondi. Quando si concluse, con una nota coronata – cioè una nota che può essere tenuta fin quando si ha voglia o qualcuno non da il segnale di chiudere – Alice si inchinò, respirando affannosamente, e caricando le proprie batterie con gli applausi esaltati di ogni singolo individuo, tutti quanti furono presi da quella spirale di euforia.

“signore e signori, benvenuti a questa serata, qui, oggi, coi Chaos Within, direttamente da Gallarate!”

Gli applausi non volevano fermarsi, nemmeno quando Alice passò a presentare i membri, che si inchinarono a loro volta dinnanzi al pubblico. Con qualche battuta si strapparono persino delle risate autentiche e genuine. E poi fu il momento di Abigail: corse incontro a Monica, che si precipitò giù al palco. Le due ragazze si trovarono in un saldo abbraccio, e poi presero a darsi fugaci baci, che si conclusero in un ultimo, lungo ed appassionato. Si baciarono dinnanzi a tutto il pubblico di quella sera, e che lo approvasse oppure no, a loro non interessava. Era il regalo più bello che si potesse fare alla batterista. Ma non si poteva attendere: il classico rock Smoke on the Water doveva prorompere fra quelle orecchie e suscitare un’altra ovazione.

*

Terra, provincia di Grosseto, al largo della costa, Italia, 01.15

Si stava allontanando dal bersaglio, lo percepiva dentro di se. Ormai costeggiava le spiagge tenendo fuori dall’acqua parte della navetta per vedere meglio dove fosse diretta. Ma non riusciva a comprendere quale fosse la sua meta, di tanti chilometri di sabbia quale fosse quello su cui dirigersi. Si lasciava guidare dalle luci degli insediamenti marittimi, ma qual era il suo faro? Il margine di errore di Kibernete era minimo, ma nel tentare di ritrovare la rotta, Aster temette di essersi allontanata ancora di più. Fu allora che decise di cercare il suo amico della Terra col pensiero. Scandagliò ogni zona in entrambe le direzioni, come quando, dall’amaca di casa sua, trovava ogni volta la Terra, ma ora lungo la costa, non più per il cielo, finché non trovò proprio lui, proprio la mente che cercava. Non era distante, avrebbe potuto raggiungere quel luogo a nuoto. Parcheggiò la navetta sul basso fondale, poi aprì la sfera, e una impetuosa cavalcata d’acqua la travolse. Trattenne il fiato, tentò di non farsi sopraffare dalla pressione, che comunque le fece dolere le orecchie. La spinta la fece roteare in una serie di capriole per le quali perse l’orientamento. Quando finalmente riprese equilibrio, tentò di aprire gli occhi, ma le bruciarono tanto da costringerla a richiuderli immediatamente. Senza la vista e senza una rotta precisa, fu presa dal panico. Esaurì presto la sua scorta di ossigeno. Nuotò dove la spinta idrostatica la dirigeva, verso l’alto. Fu una gioia incredibile, quando le sue mani toccarono di nuovo l’aria. Si sentì quasi in salvo, almeno il problema dell’aria era risolto, ed ora si sarebbe potuta strofinare gli occhi per darsi un’occhiata in giro. Ma prima respirò, tante volte, una più difficoltosa dell’altra: affondava ogni volta. Mentre cercava di stare a galla e caricare ossigeno nei polmoni, fu tratta a fondo, e bevve dell’acqua di mare, accorgendosi così che era disgustosamente salata, come mai la sua lingua avesse assaggiato prima di quel momento. Ma adesso, Aster era di nuovo sommersa, e ormai l’acqua le si era insediata in ogni cavità, nel naso, in bocca, nelle orecchie. Con un’ultima fatica, tornò di nuovo in superficie. Ma sapeva che rischiava di affogare, che la morte in quel mare alieno era una possibilità. Non poteva, non poteva fallire ora, non così vicina a realizzare l’obiettivo di due vite, la sua e quella di suo padre, perito ancora prima di avvicinarsi alla sua realizzazione. Rifiutò quella possibilità, mise in moto le gambe, agitandole in maniera convulsa e scoordinata, ma almeno riuscì a stare a galla quel tanto che bastava per adocchiare un lume proveniente dalla costa: sarebbe stata quella la sua meta. Prima di iniziare a nuotare riprese fiato con la cura di una discreta nuotatrice, e cercò per un’ultima volta la mente del ragazzo umano. Aveva una rotta, e una volontà tale da portarla fino alla spiaggia senza che sentisse troppo la fatica. Iniziò a nuotare.

*

Terra, Provincia di Grosseto, Italia, 23.50, 11.50pm

Jim stava bevendo a grandi sorsi una birra scura, insieme ai suoi amici e compagni di musica. Monica ed Abigail erano mano nella mano, sedute al tavolo, ma tutti sapevano che di lì a breve avrebbero salutato cordialmente il gruppo in favore di una camera appartata. Un ragazzo già stava corteggiando Alice, e forse anche lei avrebbe passato una nottata di fuoco. Quando ormai Jim era convinto di non aver fatto colpo su nessuna, e che anche per quella serata l’unica bionda sulla quale avrebbe posato le labbra sarebbe stata un’altra birra, si presentò a lui una fanciulla, doveva avere uno o due anni in meno, forse tre, ma a lui non importava, in quel momento, perché il cuore prese a battergli fortissimo per la paura. Dai castani ricci, e con la pelle olivastra. Aveva il volto di una fiamma sudamericana, e il corpo snello di chi ama mostrarlo. Portava una larga maglietta verde che si strappava in obliquo, scoprendo un angolo di pancia fino alle costole. Come si muoveva, lo stralcio di veste lasciava intravvedere anche il resto. Non indossava pantaloni, ma solo un costume in parte coperto dalla lunghezza dell’indumento superiore. Si sistemò un ricciolo dietro l’orecchio.

“mi siete piaciuti” disse lei, fintamente intimidita.

“grazie”rispose semplicemente Jim.

“e tu hai una voce davvero prorompente”

“prorompente”, che bell’aggettivo, inusuale per il registro dei giovani di oggi.

“e suoni la chitarra con una passione che si infiltra nelle vene del pubblico” il linguaggio apparteneva ad una lettrice accanita, e forse anche autrice di qualche storia tenuta nascosta in una diario.

“sapevo che una ragazza come te mi guardava”

Troppa sicurezza, mio caro Jim, non sei così esperto nel campo delle donne, non farle credere il contrario.

“e avevi ragione” quella frase fece scattare un allarme nella testa di Jim, come se si stesse cacciando in un guaio, in una situazione pericolosa.

“vieni” ammiccò poi lei. A quel punto, il ragazzo non poté nascondere il suo timore, il suo imbarazzo e l’inevitabile insicurezza. Ma pareva che lei lo avesse capito molto bene: era una esperta predatrice, e prediligeva carne fresca, a quanto pare, non già segnata dalle esperienze sul campo. Gli prese una mano e gli fece da guida nella fresca pineta marittima. Nel frattempo, lui cercava di rompere il ghiaccio, ma i suoi tentativi si concludevano sempre con brevi scambi di battute subito dissipati.

“non devi per forza dialogare con me, dobbiamo solo fare sesso” disse lei con un sorriso.

Allora è vero, sta per succedere! Non è un errore! Dannazione, mi sento come quando sono prenotato a un’interrogazione di matematica eppure spero che la prof se ne dimentichi. Jim era un topo in trappola: nessuna via d’uscita, e pian paino si dirigeva verso il luogo dove senza dubbio avrebbe dovuto andare fino in fondo nel suo intento. I suoi amici gli avevano strizzato l’occhio, forse invidiosi di quell’occasione. Il mattino seguente sarebbe stato soddisfatto di essere divenuto un uomo, di aver fatto sesso con una ragazza. Il mattino seguente sarebbe stato un uomo, sì, ma il ragazzo desiderava fosse già quel momento, gli sarebbe piaciuto compiere un’ellissi di sei o sette ore, per camminare per le strade come un adulto fatto e finito. Per quanto riguardava il fare sesso con una perfetta sconosciuta, questo lo turbava. Avrebbe volentieri ceduto quell’occasione a qualunque dei suoi amici, tanto era forte la paura. In quel momento dei pensieri iniziarono a ronzargli in testa come fastidiose mosche: Jim, è la tua prima volta, vuoi davvero sprecarla con una femmina che a malapena conosci? Io dico che non devi sempre attendere il momento più opportuno, la persona giusta, attendere che tutto sia perfetto, con le candele, l’incenso… la vita non si programma! Hai questa occasione di toglierti dai pensieri la tua prima volta, fallo, e poi sarai a briglia sciolta! Se dovesse andare male, devi considerare la possibilità che la notizia trapeli attraverso la ragazza. Adesso una terza parte. Per la miseria, mi sto rompendo in mille pezzi!

La ragazza lo fece entrare, mentre lui le chiedeva quale fosse il suo nome, con voce soffocata.

“Irene” rispose lei.

“Irene” ripeté “è un nome molto bello, in greco antico significa pace”

“ah sì? Figo!” mentre diceva queste parole si slacciava le scarpe col tacco.

Oh, cavolo, inizia.

Poi lo condusse verso la camera. E una volta là, si levò la maglietta con una tale velocità che Jim a malapena ebbe il tempo di eccitarsi. Ed ecco che, senza permettere al ragazzo di sfiorarla, fu nuda.

Ma come, così? Avrei dovuto spogliarla io! Accarezzarle i fianchi mentre le levavo la maglietta, baciarle le gambe mentre le sfilavo le mutandine, e sospirare sommessamente dinnanzi ai seni.

Gli saltò addosso, e in men che non si dica fu nudo anche Jim.

Sta succedendo troppo in fretta, non riesco a sentire altro che angoscia!

Lei iniziò a leccargli il collo, poi la lingua strisciò in mezzo al petto, lungo l’addome, finché giunse laddove puntava fin da subito. Ma si accorse che la situazione non era affatto bollente. Così, per rimediare, gli prese la mano e se la strofinò prima sul ventre, poi sui seni. Gli disse poi di stringerle i capezzoli. Niente. Jim sentiva di essere attratto da quella bellissima ragazza, ma gli girava la testa, gli pareva di dover finire quel supplizio il prima possibile, come se dopo una grande ansia giungesse la noia. Eppure, dinnanzi a lui stava nuda una femmina dal corpo invidiabile, sensuale, un corpo che parlava di sesso a chiunque lo guardasse. E una mano delicata di fanciulla lo stava ora lentamente conducendo verso l’oggetto del suo più carnale ed intimo desiderio, e anche della sua più timida paura. Quando sentì un caldo, umido piacere, fu lì che iniziò a risvegliarsi in lui la passione. Due dita di lui si avventurarono fin dentro la ragazza, e cominciarono a chiamare a gran voce i suoi gemiti, che non tardarono. Continuò così finché la bella giovane non lo piantò contro il cuscino con le mani, guardandolo con malizia.

“non ho la pillola, e tu non hai i guanti… ma qualcos’altro posso dartelo” con queste parole, scese nuovamente la linea dell’alba, scivolando con le labbra fino il pube, dove diede a Jim tanto piacere da farlo gemere a sua volta.

A mezzanotte e mezza, egli ancora non aveva letteralmente consumato la sua prima volta, ma aveva passato una notte incandescente con una ragazza, nudi, ricoprendosi di carezze, baci, e ‘coccole’.

Terra, Provincia di Grosseto, Italia, 1.45 am

Persino Jim si sorprese di quanto tempo fosse passato dacché, dopo aver saggiato lo splendore di un corpo nudo di ragazza, si fosse diretto in spiaggia, e avesse acceso un piccolo, indiscreto falò. In quel tempo fumò almeno sei sigarette, accendendole col fuoco del focolare. Osservava il mare, secondo grande ignoto che lo affascinava fin da bambino. Chissà quali segreti nasconde, questa eterna distesa d’acqua salata. Jim amava e temeva il mare, così come amava e temeva l’ignoto. Ma la sua passione per esso sovrastava qualsiasi paura. Dal mare oscuro, i suoi occhi si alzarono fino a trovare il cielo. Il confine fra firmamento e acqua ondeggiante era impercettibile, come un crepuscolo fra un sogno e l’altro. Un altro essere umano, forse, si sarebbe stancato di osservare gli infiniti dopo qualche minuto, forse quindici. Ma Jim no. Sapeva di essere perfettamente in grado di rimanere sveglio per la notte intera, a pensare, a riflettere, a sognare, e ad osservare i suoi due amici, Cielo e Oceano, timidi anch’essi, tanto da non voler mostrare i propri segreti. Ma fra loro e Jim vi era un taciturno dialogo, in cui si raccontavano di tempi passati e futuri, di mondi alieni e giganti del mare.  Forse sotto quell’acqua, il capitano Nemo conduce il Nautilus verso qualche meraviglia sottomarina. E forse sopra quel cielo il Millennium Falcon sfreccia alla velocità della luce. Che meraviglia, questa pace, questo silenzio. Mi pare di poter sentire gli atomi cantare, intorno a me. E gli atomi intorno a lui cantavano per davvero, insieme al cosmo intero. Jim si era portato con se la sua chitarra acustica, del colore della notte e dell’oceano più profondo, e la prese in grembo. Tastò con un dito il quinto tasto della sesta corda, che avrebbe riprodotto la medesima nota della quinta corda: un La. Osservò con enorme interesse e stupore un fenomeno tanto familiare quanto semplice, che aveva sotto gli occhi tutti i giorni. Mentre pizzicò solo la sesta corda, si mosse da sola vibrando anche la quinta, della medesima nota. Ebbene, Jim concluse che quella era la volta in cui notò l’estrema potenza dell’armonia. Essa, tramite – ad esempio – il suono, è in grado di muovere da sola una corda di bronzo, tirata, tanto che pareva fosse un fantasma a farla vibrare. I due La suonavano insieme, e Jim non smetteva di pizzicare la corda. A quel punto, una serie  di riflessioni presero il sopravvento sulle fantasticherie e sui ricordi erotici della bella ragazza. Tutto è armonia o tutto è caos? Che vuoi dire? L’universo è una strampalata accozzaglia di percezioni caotiche oppure è armonia di sensibile e sovrasensibile? E se il caos fosse parte dell’armonia? E se il caos fosse contemplato sul piano armonico? Se ne facesse ordinatamente parte? Prendiamo in considerazione i dinosauri, specie millenaria e potentissima, spazzata via in un battito delle ciglia dell’occhio terrestre da un meteorite, il caos, appunto. Ma l’armonia della Terra non ne è stata intaccata, ma è rinata. Anzi, sono giunti gli esseri umani, creature perfette, nel loro meccanismo, in grado anche di colloquiare, costruire, evolversi in società. E se persino la distruzione che l’uomo stesso sta portando al pianeta sia contemplata dalla sua armonia? Persino le guerre ci hanno portato importanti innovazioni, che ci hanno consentito di evolverci, in armonia con il nostro stato di specie dominante. Ma che stai dicendo? Le guerre portano sofferenze e devastano vite che potrebbero invece amare, costruire esperienze, provare emozioni e sentimenti diversi dall’odio e dalla disperazione. Forse questa dicotomia è necessaria. Se esistesse solo l’armonia e non vi fossero mai guerre, non ci sarebbe nessuna presa di coscienza, nessuna rivoluzione, e ci stagneremmo culturalmente, non saremmo in grado di comprendere appieno il valore della pace; oppure saremmo già un mondo perfetto, cosa impossibile: nulla esiste che non possa cambiare mai,e ciò che è perfetto non cambia mai, per questo la perfezione non esiste. Se invece il mondo soffre a causa delle guerre, ci sarà sempre qualcuno che lotta per la pace, e la pace avrà dunque un valore tanto forte da indurre la gente a combattere per essa, coi mezzi non violenti della parola, dell’arte, dei simboli. Forse inizio a capire anch'io il tuo ragionamento. Quindi tu dici che la guerra è parte dell’armonia? Che la guerra fra caos ed armonia è, a tutti gli effetti, armonia essa stessa? Sì, perché una forza in grado di creare una complessa struttura organica estrapolandola da un singolo embrione, deve per forza aver contemplato anche questo, a cosa l’umanità sarebbe andata incontro! Inoltre, un pianeta che è rinato dalla devastazione chissà quante volte, anche prima dei dinosauri, è dimostrazione di come l’armonia sia una potenza inesorabile, inarrestabile. Solo i buchi neri possono qualcosa contro di essa, il caos estremo, in cui persino le leggi della fisica non hanno più valore.

 Il suo fiume di pensieri sul caos e sull’armonia dovette essere frenato, in quanto, poco distante, a Jim – che nel buio vantava una vista molto acuta – parve di intravvedere una figura umana distesa su bagnasciuga. Curioso, si avvicinò ad essa. Quando fu abbastanza vicino, notò che era una ragazza, dalla pelle scura, sdraiata ventre a terra. Non respirava.

“oh, cazzo!” imprecò il ragazzo.

La voltò, e iniziò a praticarle il massaggio cardiaco, completando la manovra con la respirazione bocca a bocca. Dovette allontanare un particolare ciondolo che disturbava la manovra, facendolo scivolare lungo il collo di lei. Continuò così, sperando che si riprendesse, o tenendosi pronto a chiamare i soccorso. Ma non ce ne fu bisogno: fra pesanti spasmi di tosse, la ragazza sputò fuori dai polmoni una ingente quantità d’acqua salata. Jim si allontanò un poco per farla respirare. Quando si fu ripresa abbastanza da riuscire a parlare, le chiese “stai bene?”. La ragazza lo fissò un momento, poi aguzzò la vista, e infine sgranò gli occhi.

“benissimo”

ANGOLO DEGLI AUTORI:
Ebbene, eccoci qui! Aster ha finalmente incrociato gli occhi con Jim, avendo interrotto anche i suoi deliri pseudo-filosofici da pensatori della fantascienza. Poco prima Jim stava per affrontare un passo molto importante, e non volevamo disegnarlo come un macho che già alla prima volta è capace di far volare una ragazza su un altro pianeta, ma si è fatto prendere dal panico, dall'agitazione. Ha avuto comunque una bella nottata, si può dire, ma per il momento non ha ancora superato il rito di passaggio. Ma la trama non gira intorno allo stato sessuale del protagonista, ma sulla ragazza aliena che è fuggita da casa per incontrare gli umani, e ora finalmente li ha incontrati! Addirittura è stata salvata dall'umano con il qula aveva dialogato attraverso lo spazio e il tempo! Quali conseguenze avrà questo incontro? Seguiteci e scoprirete con quali espedienti, classici o meno, i giovani autori 'in erba' (tanta,ndK) della Krypteia daranno una svolta alla trama! ;-) 

 
  
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