Reazioni
Solo.
Era
così, che Ronald Weasley si sentiva
in quel momento. Si sentiva abbandonato, lasciato a sé
stesso dalla sua stessa
moglie. La donna che aveva promesso di amarlo per tutto il resto della
sua
vita, lo aveva lasciato.
Ron non era sciocco, sebbene molte
persone pensassero esattamente questo, di lui, e sapeva che le borse
che aveva
visto apparire all’ingresso non sarebbero più
tornate. Così come non sarebbe
più tornata Hermione, nonostante ciò che le aveva
promesso prima di smaterializzarsi
via.
L’aveva
persa.
Ron
era pienamente cosciente di questo,
ma non poteva di certo esserne stupito. Il modo in cui
l’aveva trattata, quando
era ritornata a casa… era stato ignobile, lo doveva
ammettere. L’aveva subito
accusata, appena si era materializzata, di essere stata con quel
maledetto
Mangiamorte che era Malfoy, durante quella settimana di assenza. E
continuava
ad esserlo, testardamente sicuro su ciò che pensava grazie
alla stessa
ammissione di sua moglie.
Non
può essere davvero colpa mia. Non possono essersi separati
per me.
Hermione
continuava a ripetere quelle
stesse frasi, piangendo accasciata a terra, e le sue lacrime sembravano
avergli
rotto qualcosa dentro. Aveva sentito chiaramente il suo cuore
spezzarsi,
frantumandosi in tanti piccoli pezzi, uno per ogni anno in cui aveva
vissuto e
condiviso la sua vita con lei.
Ci aveva messo un attimo, Hermione, a
spazzarglieli via, incurante dei suoi sentimenti e dell’amore
e dell’affetto
che provava per lei, e che le aveva sempre dimostrato. Giorno dopo
giorno, mese
dopo mese ed anno dopo anno. Tutte le tappe, tutti i traguardi e tutti
i
successi di Hermione li aveva vissuti con lei, standole accanto come
nessun
altro aveva mai fatto. Aveva passato più di
vent’anni della sua vita, insieme a
lei, amandola e standole vicino in ogni istante. Quando era felice,
quando era
triste, quando era arrabbiata, quando era addolorata, lui era
lì. Accanto a
lei, com’era giusto che fosse.
Poteva Malfoy affermare la stessa cosa?
Dov’era, quel misero Mangiamorte, quando
lei piangeva? Dov’era, invece di consolarla per le lacrime
che le aveva causato
con la sua cattiveria?
Ron strinse i denti, aumentando la
stretta sul bicchiere di Whisky Incendiario - a che numero fosse, ormai
aveva
perso il conto - finché non si ruppe tra le sue dita.
Avrebbe dovuto
sussultare, avrebbe dovuto imprecare. Avrebbe dovuto essere dolorante.
Ma non
sentiva nulla di tutto quello.
La collera, quella sì che la sentiva :
occupava tutta la sua mente ed offuscava i suoi occhi, permettendogli
di vedere
ciò che aveva davanti come se fosse coperto da un velo. Un
velo rosso di
rabbia.
Rabbia nei confronti di quell’essere che
non sarebbe dovuto nemmeno venire al mondo, non di certo per prendersi
sua
moglie; rabbia nei confronti di sé stesso, per non essere
stato abbastanza
insistente nel farla rimanere al suo fianco; rabbia nel sentirsi un
fallito.
Hermione era sua moglie, dannazione, e
l’avrebbe fatta rinsavire. Non poteva abbandonarlo. Non
così. Non per un essere
come lui. Non per un Mangiamorte come lui.
Ron si alzò in piedi, barcollando per il
troppo bere, e gettò un’occhiata alla sua mano
sanguinante. Avrebbe dovuto
fasciarla, probabilmente. Avrebbe dovuto curarsi, ma non voleva.
Ciò che voleva
in quel momento, era che la sua Hermione vedesse con i propri occhi
ciò che gli
aveva fatto.
Voleva che stesse male come stava male
lui. Doveva soffrire, per aver preferito un assassino fallito a lui.
Avrebbero sofferto entrambi.
***
«Ti
trovo meglio.»
Astoria gli si
avvicinò, meravigliata di trovarlo solo in
quell’immenso salone. Si guardò
attorno, ma di Hermione non vi era traccia.
«Come
sta Scorpius?»
le domandò a sua volta, invece di risponderle. «Si
è calmato? Ha pianto
tanto, questa mattina.»
«Lui
sta bene. È da
Daphne, adesso. Gioca a Quidditch con Blaise.»
mormorò lei,
torcendosi nervosamente le mani. «Ho
pensato di farlo
rimanere ancora per qualche giorno, prima di riaccompagnarlo ad
Hogwarts. Sai,
per distrarlo.»
Draco chiuse gli occhi,
sentendo arrivare tutta insieme la pesantezza di quella lunga giornata.
Per un
momento, pensò seriamente di non aprirle più, le
palpebre. Si sentiva terribilmente
stanco, schiacciato da tutte quelle emozioni che aveva affrontato fin
dall’alba.
«Come
stai, Draco?»
il tono di voce di Astoria era tranquillo, a dispetto del nervosismo
che
traspariva dai suoi gesti.
Sorrise, pensando che
mai avrebbe smesso di preoccuparsi per lui, e la ringraziò
mentalmente per
questo. Astoria era una delle poche persone che gi erano state davvero
vicine,
con il passare del tempo, e Draco era certo che non fosse solo per il
fatto di
essere sposati. No, il matrimonio c’entrava poco e niente.
Lui ed Astoria,
prima di essere marito e moglie, erano stati amici. E lo sarebbero
sempre
stati, anche a dispetto delle voci e dei mormorii che sicuramente gli
avrebbero
travolti in futuro.
«Hermione…»
«È
andata via da un pò.
Da Ginny Potter.»
le mormorò ad occhi chiusi, sentendola
respirare con calma. «Gliel’ho
detto. Le ho confessato tutto.»
«E
come l’ha presa?»
Draco si alzò, dirigendosi al carrello
dei liquori. «Da
bere, Astoria?»
le offrì, sentendola
ridere.
«Whisky,
grazie. Merlino, è andata davvero
così male?»
gli chiese, prendendo il bicchiere colmo che le porgeva. Lo
guardò di traverso,
quando si scolò il suo tutto d’un fiato.
«A
dire la verità, no.»
mormorò il biondo, servendosi un’altro giro di
alcool. «Diciamo
che è stato… interessante, sì.»
«Ho
capito. Hai la stessa faccia che usa
Blaise quando vuole chiudersi in camera con Daphne.»
scherzò lei, posando il bicchiere sul tavolino davanti le
sue gambe. Si alzò in
piedi, prendendo a camminare nervosamente per la stanza. Draco la
seguì con gli
occhi, fermando il suo passeggiare con una mano sul suo braccio.
«Cosa
succede, Astoria?»
Lei lo guardò negli
occhi e deglutì, non trovando le parole per dirgli
ciò per cui si era
presentata alla villa.
«Padron
Malfoy, padrone.»
Draco si scostò da lei,
rivolgendo un’occhiata piuttosto seccata all’elfo. «Cosa
c’è?»
«Padron
Malfoy ha
ospiti, signore. Sock non sa se…»
Draco
rivolse uno
sguardo interrogativo ad Astoria, ma lei ne sembrava sapere quanto lui.
Ospiti
a quell’ora?
«Chi sono?»
guardò di sbieco l’elfo, già pronto a
tirarsi le orecchie per aver sentito il
tono seccato del suo padrone. Prese a lamentarsi di non essere un buon
elfo
domestico, e Draco dovette ripetergli la domanda.
«Sock
non lo sa. Sock ha
visto del rosso, però, padrone.»
L’espressione del
biondo si fece più interrogativa di prima. Del
rosso… intendeva capelli rossi?
Glielo chiese, e l’elfo rispose affermativamente. Draco
conosceva solo poche
persone con i capelli rossi, e tutte erano appartenenti alla stessa
famiglia. I
Weasley.
«È
una donna o un uomo?»
«Un
uomo, padrone.»
Malfoy trattenne un
sorriso, pensando che la situazione si stava facendo interessante.
Aveva
compreso chi ci fosse, al cancello della sua casa. E non vedeva
l’ora di
affrontarlo. «Fallo
entrare, Sock.»
L’elfo obbedì, smaterializzandosi
con un lieve crack, ed Astoria gli si avvicinò.
«Weasley,
giusto?»
gli domandò, e Draco annuì quasi ghignando. Lei
alzò gli occhi al cielo,
mostrandosi palesemente divertita, forse più di prima. «Non
sei più un ragazzino, Draco.»
«Lo
so.»
concordò lui, il ghigno più largo sul volto. «Lui
è venuto da me.»
«Draco.»
lo chiamò ancora lei, le mani sui fianchi in una posa che
voleva essere
ammonitrice, ma che fece solo aumentare il ghigno del biondo. «Ah,
ci rinuncio. Devo contattare Hermione?»
Draco le fece un gesto
con la mano, finendo ciò che rimaneva nel suo bicchiere. «Non
ce ne sarà bisogno.
Davvero.»
«Non
mi fido. Di lui,
non di te. Starò di sopra, nel caso… nel caso ci
sia bisogno.»
lo avvertì smaterializzandosi subito dopo, appena in tempo
per l’entrata
dell’elfo e di Weasley.
Appena lo vide, Draco
capì subito che avrebbe avuto la vittoria in tasca. Era
visibilmente ubriaco,
faticava a reggersi in piedi. Il rosso lo raggiunse barcollando,
sfoderando la
bacchetta nel tragitto. Malfoy rise, vedendo quel debole e patetico
tentativo
di attacco. O era di difesa?
«Weasley,
benvenuto in
casa mia. A cosa devo l’onore?»
lo provocò subito, desideroso di
uno scontro per sfogare tutto quello che sentiva dentro. Sì,
sarebbe stato il
modo perfetto per liberarsi di tutte le sensazioni - brutte e buone -
che
sentiva di avere dentro, e che rischiavano di soffocarlo.
«Tu…
sei uno schifoso
Mangiamorte.»
biascicò l’altro, lentamente, e Draco
poté sentire
l’odore dell’alcool arrivare fino a lui. Lo
guardò con disgusto, chiedendosi
cosa mai ci avesse trovato in lui una donna intelligente come Hermione.
«Sei
ubriaco, Weasley.»
gli fece notare divertito, privandolo della bacchetta con un
incantesimo non
verbale. Lo vide guardare stupito la mano che prima la stringeva, e
rivolgergli
poi uno sguardo carico d’odio e disprezzo.
Il
pane quotidiano, per uno come lui.
«Non…
non ci riusc… riuscirai.»
continuò Ronald, camminando storto verso di lui. «Mione
è mia moglie.»
Malfoy scoppiò a
ridere, non riuscendo a trattenersi. «Merlino,
ma ti senti?»
gli chiese, allontanandosi da quell’odore terribile di whisky
scadente che gli
sentiva addosso. «Hermione
è una donna adulta, ed è in
grado di fare le sue scelte. Se suo marito si è dimostrato
un inetto, la colpa
di certo non è mia, Weasley.»
gli sibilò poi, gelido come suo
solito. Aveva sperato davvero in uno scontro, ed il vederlo tardare lo
stava
innervosendo ancora di più.
«Sei
uno…»
«Schifoso
Mangiamorte?
Sì, l’hai già detto.»
lo canzonò, provando davvero qualcosa
di simile alla pena per lui. «Dovresti
trovare più sinonimi, sai?
Cominciano a scarseggiare.»
Draco abbassò
velocemente lo sguardo, e quando lo rialzò vide il pugno di
Weasley abbattersi
sul suo naso. Imprecò, tenendosi una mano sulla faccia, e
strinse i denti.
Sentiva il sangue colare, ma fortunatamente non era riuscito a
romperglielo.
«Astoria!»
la chiamò, con un lamento soffocato. Merlino, se gli aveva
fatto male, però.
Lei comparve quasi subito, osservando la scena con occhi sgranati.
Corse subito
verso di lui, ed un singhiozzo le uscì dalle labbra quando
vide il sangue
macchiargli il viso e la camicia. Sentirono un tonfo e qualcosa che si
rompeva,
e quando si voltarono videro Ronald Weasley a terra. Svenuto dal troppo
bere.
«Vai
a chiamare Ginny
Potter, per favore. Non voglio vedere quell’essere insulso
sul mio tappeto un
minuto di più.»
la sentì sparire, e ne approfittò per recuperare
la bacchetta e darsi una sistemata alla camicia sporca con un Tergeo. Il naso… quello
l’avrebbe
lasciato esattamente com’era. Guardò ancora
l’uomo svenuto a terra, con
profondo disprezzo e disgusto, realizzando che non si sarebbe
vendicato. Voleva
dimostrare agli altri e a sé stesso di essere superiore,
specialmente nei
confronti di Weasley. Un po’ lo capiva, doveva ammetterlo. Se
ci fosse stato
lui, al posto del rosso, era certo che avrebbe fatto la stessa identica
cosa.
Forse, però, con una
mira migliore.
***
Cosa
devo fare?
Quella
domanda l’aveva
tormentata per ore ed ore, e continuava ad essere senza risposta,
nonostante
tutti gli sforzi che aveva fatto per trovargliene una.
L’aveva domandato a
Ginny, ma era consapevole che non era lei, quella che sarebbe stata in
grado di
aiutarla nella pesante decisione che avrebbe dovuto prendere. Doveva
farlo da
sola, lo sapeva, eppure non poteva a fare a meno di pensare che quel
limbo nel
quale era caduta non potesse avere fine.
Una corda.
Ecco come si sentiva
Hermione. Era una corda, tirata da entrambe le parti con la stessa
forza e
determinazione. Da un lato c’era Ron, la persona che amava e
che aveva sposato
e con il quale aveva costruito una famiglia; dall’altro
c’era Draco Malfoy,
colui che l’aveva profondamente disprezzata fin da bambino ma
che aveva scelto
di mostrarsi differente ora, nei suoi confronti, dichiarando in un
luogo pubblico - la sala da
tè del San Mungo -
di essere innamorato di lei, dimostrando davvero un cambiamento senza
precedenti per una persona come lui.
Hermione sbuffò per l’ennesima
volta, coprendosi il volto con un braccio. Le sembrava di essere in una
strada
senza uscita, e senza nessuna prospettiva di scelta imminente. Come
avrebbe
fatto, allora, a scegliere?
Voleva bene a Ron, lo
amava, aveva una famiglia con lui. Sarebbe stata in grado, qualora
avesse
deciso di scegliere Draco e non lui, di sopportarne le conseguenze?
Avrebbe rovinato
la sua famiglia, lo sapeva. Rose ed Hugo ne sarebbero usciti distrutti,
da
tutta quella storia. E lei?, si domandò Hermione. Anche lei
se ne sarebbe dispiaciuta,
se il matrimonio con Ron avesse smesso di esistere? Sarebbe stata
capace di
mandare tutto all’aria per Draco Malfoy, e per quello che
sentiva verso di lui?
Hermione si chiese cosa
sentisse davvero, per quel biondo. La attraeva, senza dubbio. Non era
un
mistero, né per lei né per lui. Si era trovata
infinitamente bene, poche ore
prima, tra le sue braccia e nel suo letto. Aveva vissuto ogni istante
di ciò
che avevano condiviso, l’aveva fatta sentire bene. Si era
sentita desiderata,
come ormai non le accadeva più da molto tempo con Ron.
Hermione si alzò dal letto
su cui era sdraiata e che condivideva con Hugo, quando sentì
Ginny chiamarla
allarmata. Si precipitò da lei, bloccandosi di colpo quando
vide Astoria Malfoy
ferma al centro del salotto. Guardò interrogativamente sua
cognata, scoprendola
con un colorito quasi bianco. Aveva quasi paura di farla, quella
domanda, ma
non poteva evitarla.
«Cos’è successo? Perché
Astoria è qui?»
«È
accaduta una cosa.»
fu Ginny a parlare, scambiandosi veloce un’occhiata con
l’altra donna. «Ron
ha…»
Hermione
strinse gli
occhi, per nulla tranquillizzata dal clima gelido che percepiva nella
stanza. «Cos’ha
fatto Ron?»
«È
a casa di Draco.»
le spiegò Astoria, la voce freddamente arrabbiata come la
sua espressione. «È
svenuto, dopo averlo colpito con un pugno. Ed è ubriaco.»
Hermione aggrottò le
sopracciglia, confusa. Per quale motivo Ron aveva colpito Draco, e
perché si
trovava a casa sua? Immaginava - sapeva,
in fondo - che non era solo colpa dell’alcool, se Ron si era
comportato in quel
modo. Guardò Astoria, e il viso tirato della donna le
suggerì la risposta. Per lei.
Ron aveva fatto tutto quello
per lei.
Rilasciò un sospiro,
avvicinandosi alle due donne. «Ginny,
potresti guardare Hugo?»
le chiese, decidendo velocemente la sua prossima mossa. Sarebbe andata
a
prendere Ron e a scusarsi con Draco al posto suo per quello che gli
aveva
fatto. Successivamente, avrebbe portato Ron a casa, e…
«No.»
Astoria la fermò prima che potesse muovere anche un solo
passo. «Draco
ha chiesto di Potter. Di Ginny.»
«Ed
invece dovrà
accontentarsi di me.»
ribatté Hermione, fissando con un
espressione severa Astoria, la quale le sorrise benevolmente,
apparendole
improvvisamente sollevata. Che andasse
lei al posto di Ginny? Le annuì, sparendo subito
dopo. Hermione era pronta
a seguirla, ma sua cognata la fermò.
«Hermione.»
la chiamò, riprendendo colore in volto. «Dì
a Malfoy che mi
dispiace.»
Lei la guardò stupita,
incredula a ciò che le aveva appena sentito dire, e la
ringraziò con un cenno.
Sì,
pensò un attimo prima di smaterializzarsi, il
mondo stava davvero andando al rovescio.
Note.
Povero Ron. Quasi mi
dispiace per lui. Quasi. Usare
le
mani non è mai
la soluzione, sebbene talvolta possa essere alquanto
liberatorio.
Piccola curiosità :
fosse accaduto a voi, di trovarvi nella posizione di Ron, come avreste
reagito?
Un
grazie infinite come
sempre alle persone che seguono e commentano gentilmente questa storia.
Alla prossima.