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Autore: xfromhatetolove    01/10/2015    1 recensioni
Cosa succederebbe se il tuo peggior nemico diventasse il motivo per il quale controlli il cellulare prima di andare a dormire? La storia narra di Katherine e Klaus, vampiri pluricentenari che hanno trascorso la vita ad odiarsi, ma si sa: tra amore e odio la linea è sottile.
Si tratta di episodi cronologicamente scollegati, ogni capitolo racconta un fatto a sè ma seguendo i passaggi si intuirà chiaramente il filo logico della romance.
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Dal primo capitolo:
« Eri così sicuro che sarei venuta? »
« Se non l'avessi fatto, ti sarei venuto a prendere a casa. »
Come diavolo ci riusciva? Odioso quanto le zanzare ed invitante come una ferita rigorgante di sangue su un collo umano, l'ibrido ultrancentenario la rendeva incredibilmente nervosa.
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Katherine Pierce, Klaus
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10. New Orleans – parte tre | Till the love runs out

 

« Arrenditi, lascia New Orleans e non tornare, o Katerina muore una volta per tutte. »

Il tono di Elijah era fermo e risoluto. Pareva quello di sempre, ma c'era una qualche sfumatura nella sua voce che lo rendeva distante. Il galante vampiro Originale aveva abbandonato tutta la sua famosa nobiltà d'animo e si era trasformato in un corpo privo di anima, voglioso di vendetta.

Katherine sentì il cuore sprofondarle del petto. Stava seriamente pensando di ucciderla? Lui che in passato avrebbe fatto di tutto pur di salvarla da quel coglione di suo fratello, lui che aveva giurato di amarla. La versione 2.0 di Elijah risultava incomprensibile agli occhi dei presenti, più che mai a quelli della vampira ancora immobile tra le sue braccia, che non era ancora caduta a terra grazie alla presa incredibilmente stretta.

« Tu non la ucciderai, Elijah. » dichiarò Klaus spezzando il silenzio, tranquillo come chi sa di avere ragione.

« Non la ucciderò? »

Quasi offeso da quell'accusa, Elijah strinse con forza il collo di Katherine tra le dita incitando inevitabilmente la vampira ad afferrargli il braccio con fare affannoso nel tentativo di liberarsi. Sentendola dimenarsi sotto la sua presa, Elijah avvicinò le labbra all'orecchio di Katherine, scostandole appena i capelli con la punta del naso. « Sta' ferma. » le ordinò in un sussurro.

« Non sai cosa stai facendo. Se la uccidi, vivrai con la morte della donna che ami sulla coscienza, sappiamo entrambi che non passerebbe giorno senza sofferenza. Se la uccidi, non avrai più nulla. »

« Ho perso tutto nel momento in cui le due persone a me più care mi hanno pugnalato alle spalle! » urlò l'Originale fino a quasi far tremare le pareti.

« Oh quindi credi che ucciderla sia la soluzione? » ridacchiò Klaus limando il clima pungente di quella conversazione ormai sentita e risentita.

Elijah rifletté in silenzio per qualche secondo senza togliere lo sguardo dalla figura del fratello, il quale reggeva ancora in mano il cuore della sua ultima vittima. La vampira, immobile sotto la sua presa, sentiva la morte avvicinarsi ogni secondo di più: o lei o la città, la scelta di Klaus era già scritta nelle stelle. Si ritrovò quindi a valutare la situazione come mai aveva fatto prima, a immaginarsi finalmente come l’ago della bilancia in una faida famigliare da cui dipendeva il destino suo e di una delle città più belle che avesse mai visitato. Quell’equilibrio su cui lei non aveva diritto di pronunciarsi e che l’avrebbe condotta alla fine di una vita di fuga e di doppi giochi, una fine nelle mani di quell’ibrido che cinque secoli prima l’aveva costretta a trasformarsi nel diavolo più bello mai visto su questo pianeta.

« Avete mai giocato a nascondino? » domandò improvvisamente Elijah con un gesto teatrale della mano. Afferrando la vampira per il fianco la voltò fino a scontrare il naso con il suo, le pose entrambe le mani sulle guance e la costrinse a guardarlo negli occhi. « Va’ a nasconderti nel posto più remoto di questa casa, spaventati all’idea che qualcuno possa trovarti. Se è Klaus a trovarti, sei salva. Se ti trova uno di questi lupi, beh… ho vinto. »

 

Quale fosse il suo nascondiglio ancora non lo sapeva, ma l’idea di essere sbranata da un branco di lupi le faceva desiderare di possedere il mantello dell’invisibilità di Harry Potter. Dal corridoio che portava alle camere da letto per gli ospiti le voci dei due fratelli in cortile giungevano chiare e tonde alle sue orecchie:

« Tic tic, Klaus, hai giusto trenta secondi prima che sia tutto finito… »

“Trenta secondi e sarà tutto finito” sussurrò Katherine continuando la sua ricerca.

« Perché non la uccidi tu, Elijah? Katerina ti ha fatto del male per secoli e tu decidi di darle una possibilità? Uccidila e togliti questo dente… »

“E l’altro dente con cui ti ha tradito allora?” sbuffò lei ormai senza fiato catapultandosi al di là di una porta socchiusa.

« Non è il momento di fare trattative, fratello… il tempo scorre! Mancano circa dieci secondi, sai? »

Sottomessa ormai alla consapevolezza di una morte imminente, Katherine si chiuse la porta dietro le spalle e serrò tutto con due giri di chiave — come se in qualche modo potesse salvarla.

« 7…6…5 » mormorava una voce ovattata al piano di sotto.

Con le spalle al muro si concesse quel tempo tra vita e morte per recuperare la dignità e l’onore che una Petrova non dovrebbero mai perdere, dopodiché si tirò in piedi e aprì gli occhi per mettere a fuoco il suo inutile nascondiglio. La finestra aperta lasciava entrare la perfetta combinazione di vento e luce con cui tutti desidererebbero svegliarsi al mattino, e mentre le tende color champagne svolazzavano malinconicamente, la sensazione di essere al sicuro ora era più vicina. Una camera da letto arredata con mobili vecchio stile, un pungente odore di vernice ad inebriare l’aria e un le lenzuola ancora sfatte che pendono dal materasso fino a toccare il pavimento. Nell’angolo a fianco all’armadio un cavalletto coperto da un telo bianco sostava taciturno. Katherine lanciò un’occhiata fuori dalla finestra ma ritrasse lo sguardo, consapevole di non voler sapere cosa stesse succedendo di sotto, e curiosa si avvicinò al cavalletto che liberò dal telo con l’aiuto di entrambe le mani. Svelato il mistero, le ginocchia cedettero e caddero a terra insieme ai suoi nervi.

« Non è possibile. » mormorò senza fiato scovando la sigla “N. M.” all’angolo destro in basso.

D’improvviso, la terra incominciò a tremare.

 

Come una scossa di terremoto il pavimento perse di stabilità ed il lampadario ornato in vetro iniziò a ondeggiare. Dalla finestra aperta provenivano urla rabbiose e poco amichevoli interrotte solamente da lamenti strazianti. Il panico s’impossessò della casa quando Klaus squarciò il cielo gridando più forte di qualsiasi altro rumore.

Passi veloci e pesanti girovagavano per tutta casa e ogni volta sembravano più vicini a quella stanza. Ogni attimo era uno strazio e ogni pensiero era troppo insopportabile per poterlo sviluppare.

In mezzo a quella moltitudine di suoni, il nome di Katherine risuonò come un fulmine a ciel sereno. Chi diavolo era stato? La vampira indietreggiò di un passo e strinse i pungi fino a farsi male con le sue stesse unghie, gli occhi fissi sulla porta e un’espressione allarmata dipinta in volto.

D’un tratto, le urla cessarono. Lentamente la maniglia della porta di piegò all’ingiù, in silenzio. Chi avrebbe vinto la partita a nascondino?

« No, no, no. » pregò ad alta voce. Chiuse gli occhi: aveva perso, game over.

« Katherine. »

L’accento britannico non le era mai piaciuto molto, ma in quel momento fu il suono più affascinante mai udito.

 

 

Con la casa deserta, il suono del vento tra le foglie era l’unico rumore percepibile. Non sapeva bene come ci fosse finita, ma al suo risveglio Katherine si ritrovò comodamente distesa tra le lenzuola sfatte di quella stanza. Ad illuminarle il viso ora era una luce tenue proveniente dalla lanterna appesa sul terrazzo, mentre il cielo era diventato di un blu intenso. In sottofondo, una voce poco lontana catturò la sua attenzione.

« Io la amo. » dichiarò questa con tono malinconico e serio.

« Lo so. » precisò una seconda voce.

« Perché lei? » continuò la prima.

« Perché è ciò che ho di più simile a me. »

Una smorfia a metà tra il divertimento e lo stupore prese possesso del viso di Katherine mentre con estrema calma si mise seduta. Scostò la chioma riccia da un lato e inspirò profondamente, ancora leggermente scossa per gli ultimi avvenimenti. Il viso dell'ibrido le tornava ripetutamente in mente, lì in piedi dietro alla porta aperta, con un sorriso vittorioso e i pugni chiusi lungo i fianchi, ancora frementi di rabbia. Aveva vinto, quindi? O aveva rinunciato a tutto per salvarla come si aspettava Elijah?

« Sei sveglia. »

La vampira alzò gli occhi fino ad incontrare la figura disegnata da Klaus appoggiato allo stipite della porta. Sì, era sveglia e la sua mente era troppo imbottita di pensieri per formulare una risposta a quella affermazione.

« Stai bene? » domandò lui in un secondo tentativo.

Stava bene? Probabilmente ci sarebbe voluto un esame di coscienza per stabilirlo ma Katherine Pierce era semplicemente troppo orgogliosa per stare male.

« Sì, certo, sto bene. »

Con le labbra appena socchiuse, spostava ripetutamente lo sguardo dalle sue mani intrecciate sulle sue gambe alla parete giallo-ocra qualche metro dietro a Klaus.

« Dovresti indossare meno profumo. » sentenziò quindi lui avvicinandosi al letto e sedendosi sul fondo, dove i piedi di Katherine non arrivavano.

« Come scusa? » domandò lei tornando finalmente a guardarlo in viso.

« Il tuo profumo. E’ così che ti ho trovata prima. »

Le labbra dell'ibrido s'incurvarono all'insù in quel sorriso divertito che tanto la faceva infuriare, consapevole di averla colta alla sprovvista. La vampira schiuse le labbra per rispondere, ma cambiò idea richiudendole subito dopo. Perchè quel maledetto idiota non andava dritto al punto? Ad esempio, perchè non le spiegava qualcosa d'importante sugli avvenimenti delle ultime ore o su dove diavolo era andato Elijah dopo la loro conversazione appena fuori quella stanza o perchè teneva un simile dipinto in camera sua.

« Cos'era quella scossa di terremoto? » domandò alla fine, buttandosi sulla prima delle mille domande che aveva in mente.

« Non avrai per caso pensato che con Elijah in quelle condizioni rabbiose, sarei venuto ad affrontarlo senza un piccolo aiuto? » la interrogò di rimando l'ibrido, ottenendo in risposta solo un'espressione più dubbiosa di prima.

« Era una strega. » si affrettò a dire prima di beccarsi qualche insulto dalla mora tutta occhi che gli stava di fronte.

« Una strega? » Katherine alzò un sopracciglio « che ha procurato un terremoto mentre la casa veniva infestata da lupi mannari e io stavo per essere squartata viva? »

Scossa o no, la vampira pluricentenaria non aveva fama per la sua pazienza.

« Non sono io la strega qui, non so quale bidibibodibidù abbia provocato quella scarica di terremoto. So solo che per cinque eterni minuti, quei lupi erano in condizioni pietose abbastanza da permettermi di raggiungerti prima di loro. » sputò Klaus con tono irritato « Oh, e ho anche avuto il tempo di staccare il collo a tutti loro prima che villa Mikaelson diventasse la villa dei licantropi. »

La vampira rimase in silenzio, deglutendo rumorosamente. Sembravano infiniti, quegli attimi in cui i due giocavano a guardarsi e ritrarre lo sguardo non appena s'incrociavano con gli occhi. Niente più lupi furiosi, niente più Originali in cerca di vendetta, eppure l'aria dentro a quella stanza era insopportabilmente pesante.

« Perchè quel ritratto, Klaus? »

“O Katherine, gliel'hai chiesto davvero?” la riprese una fastidiosa voce nella sua testa mentre i denti afferrarono il labbro inferiore e lo strinsero con forza.

L'espressione sul viso di Klaus si fece stupita, tornando seria appena un secondo più tardi. Lanciò un'occhiata gelida al ritratto scoperto alla sua sinistra, osservandolo per qualche attimo, prima di tornare con gli occhi sulla vampira, dallo sguardo nervoso.

« Perchè quando sono tornato a New Orleans, in primavera, non riuscivo a dormire e ho pensato di dipingere la causa della mia insonnia. » spiegò scrollando le spalle in un gesto liberatorio, evitando lo sguardo inquisitorio di Katherine ad appena mezzo metro di distanza da lui.

Dopo essersi schiarita la voce, la vampira posò i piedi a terra e si alzò lentamente per raggiungere la finestra aperta. Col solito fare elegante, incrociò le braccia al petto e, mantenendosi di spalle al resto della stanza, osservò ciò che si presentava davanti a lei, godendosi a pieno l'aria fresca della sera.

Il silenzio che avvolgeva gli unici due esseri viventi presenti in quella immensa villa non faceva altro che affollare la mente di entrambi con pensieri confusionari e contraddittori. Sarebbero mai giunti ad una conclusione, ognuno perso in quel mare di desiderio e disprezzo? Era come una fune contesa da entrambi i capi che indecisa sul verdetto finale si spezza nel mezzo, sgretolando ogni speranza di libertà.

Ma cos'era la libertà per una come Katherine? Costretta a fare i conti con i suoi sentimenti per l'uomo che le aveva rovinato la vita?

« Credo che toglierò il disturbo. » decretò rimanendo immobile davanti a quella finestra.

Dietro di lei, il suono quasi impercettibile delle suole in gomma sotto le scarpe scamosciate di Klaus si avvicinava allarmante.

« Non devi andartene per forza. » le ricordò l'ibrido rimanendole un passo più indietro.

La vampira poteva sentire il suo respiro sulla pelle delle spalle, scorgendo un paio di ciocche ricce muoversi ritmicamente sulla sua guancia.

« Tu non vuoi che io resti qui, Klaus. Se io resto, le cose si complicheranno e comincio appena a vedere la luce in fondo al tunnel... ne ho abbastanza di brancolare nel buio. »

« La luce in fondo al tunnel? » domandò Klaus con tono ironicamente squillante, quando decise di continuare la conversazione faccia a faccia. « Katherine, tu non vuoi la luce! Tu ami il buio, ami l'ignoto. » decretò tirando l'angolo destro della bocca in quello che sembrava un sorriso compiaciuto.

« Klaus! » implorò lei esasperata, allontanandosi di un passo da quello sguardo ipnotico.

Aveva ragione, quell'idiota. E lo detestava.

« Katherine. » le rispose lui con una rapida riverenza del capo.

« Perchè ti diverti a complicarmi la vita? »

« Come come? Io ho perso mio fratello, la mia fidanzata e madre di mia figlia, le mie speranze di allearmi coi lupi e per poco non perdo pure casa mia e tutto per te! Sei tu a complicarmi la vita, Katerina! »

« Benissimo! Allora posso andare a complicare la vita a qualcun altro, lontano il più possibile da te. »

« Sai dov'è la porta. » ringhiò l'ibrido lanciandosi fuori dalla camera da letto, accompagnato dal tonfo della porta contro lo stipite in legno.

Era rimasta da sola. Non sapeva nemmeno come, e non sapeva neanche per quanto ancora avrebbe retto in quella posizione rigida e tesa. Coi pugni serrati, si schiarì la voce e si strinse nuovamente le braccia al petto. Vuota e privata della facoltà di comporre un pensiero sensato — esclusi forse tutti gli insulti possibili per insultare quell'essere che aveva appena fatto la sua uscita trionfale, lasciandola lì come un pesciolino rosso di cui non frega nulla a nessuno — raggiunse la porta ed impugnò la maniglia con decisione. Inconsapevole del perchè, tentennò qualche secondo, giusto il tempo di sentire un respiro profondo al di là del legno. Rimase in ascolto, ferma in quella posizione silenziosa, finchè dal corridoio qualcuno girò la maniglia al posto suo.

Barcollando per allontanarsi, il castano dei suoi occhi s'inchiodò ancora una volta a quell'azzurro enigmatico, troppo vicino per sfuggire alla sua profondità.

« Klaus, cosa— » domandò con un inspiegabile fiato corto, ad appena un sospiro dalla sua bocca.

« Resta almeno questa notte. »

Suonò quasi come un ordine, un ordine supplicato. La consapevolezza della fragile zattera su cui stavano navigando trasformò l'incontro delle loro labbra nell'unico giubbotto di salvataggio disponibile.

Tutto era sbagliato. Era sbagliato il modo in cui Klaus stringeva tra le mani il viso di Katherine, impegnata a cercare un sostegno stabile nell'abbraccio intorno al suo collo. Era sbagliato quando la t-shirt in pizzo di Katherine cadde a terra insieme a quella un po' sgualcita di Klaus. Sbagliato quando la schiena di Katherine toccò le morbide lenzuola del letto. Sbagliato quando le sue mani trafficarono con la cintura dell'ibrido e quando trovando troppo disturbo nel slacciare la fibbia correttamente, decisero di staccare violentemente la pelle fino a far saltare le piccole parti dell'accessorio in giro per la stanza. Sbagliati quei baci sul collo e quei conseguenti brividi che percorrevano ogni centimetro di pelle. Sbagliati quei graffi sulla schiena, che troppo violenti lasciavano piccole scie di sangue, che talvolta ricadevano in piccole gocce sulle lenzuola disfatte. Completamente sbagliato l'incastro perfetto delle gambe di Katherine attorno alla vita di Klaus. Sbagliate le mani intrecciate e i sospiri di piacere tanto graditi alle orecchie dell'ibrido.

 

Disturbato dalla luce del mattino Klaus aprì gli occhi lentamente, strofinandoli poco cautamente con le mani. La finestra era rimasta aperta e lasciava entrare quell'odioso cinguettio di tortore che lui aveva sempre detestato, ma che quella mattina sembrava aver acquistato un tono più piacevole.

Ancora con gli occhi imbronciati per il sonno, sorrise spontaneamente nel ricordare gli ultimi eventi: la vittoria contro i licantropi, la tregua col fratello Elijah, le ore passate con Katherine.

Allungato un braccio accanto a lui, però, si scontrò con un letto vuoto. Storse il naso in un'espressione sorpresa e si voltò a controllare, decretando tristemente giuste le sue ipotesi.

Katherine non c'era. Al suo posto, il cuscino ospitava un post it un po' spiegazzato.

 

Till the love runs out.

Katherine ❞

 

Spazio autrice

Lo so, questo capitolo ci ha messo troppo tempo ad arrivare, ma essendo l'ultimo ho preferito dedicarmi alla sua stesura in maniera particolare.

Che dire? Mi spiace lasciare i miei bimbi, la mia piccola ship, ma avevo già preventivato che questa storia sarebbe durata dieci capitoli e non di più. A questo proposito però, ipotizzando che ci sia un ritorno di ispirazione con idee nuove e un altro po' di tempo libero, posso dire never say never: il finale lascia aperte ancora tante strade per un seguito!

Spero che questa storia vi abbia tenuto un po' di compagnia e spero che i miei pochi (ma BUONI!) lettori restino con me anche per quest'ultima volta facendomi sapere cosa ne pensano del capitolo finale! Ve lo immaginavate così o avevate altre idee al riguardo?

Lasciatemi una recensione, mi farete felice!

xfromhatetolove

   
 
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