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Autore: Portman98    12/10/2015    1 recensioni
Cosa succederebbe se la realtà in cui viviamo fosse completamente capovolta? La riusciremmo ad accettare oppure impazziremmo? Ma se in gioco ci fosse un bene più grande...
Stavolta per sconfiggere il loro nemico le guerriere Sailor dovranno oltrepassare non solo il tempo e lo spazio, ma la loro stessa realtà!
Riusciranno a superare e conoscere i loro lati "oscuri"? Sopravvivranno gli amori, le amicizie, oppure tutto si perderà nella pioggia?
Questa è la prima fanfiction che scrivo, per cui abbiate pietà... nasce da un'idea comica, ispirata ovviamente da Heles, però spero che questa storia mantenga almeno un po' di quella suspance, di quel romanticismo e di quell'avventura che rendono il manga insuperabile.
Spero vi piaccia...
P. S. Le recensioni sono ben accette, aiutatemi a migliorare.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai, Crack Pairing | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Un po' tutti, Usagi/Bunny | Coppie: Endymion/Serenity, Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi, Seiya/Usagi
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Dopo la fine
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Buon giorno a tutti, mi scuso di ritornare a scrivere solo adesso, ma avevo avuto un calo d'ispirazione per questa storia e non volendo rovinare tutto ho deciso di fermarmi…
Fortunatamente, tornando a leggere i manga di Sailor Moon, ho ritrovato idee e amore per questa storia, quindi ecco il nuovo capitolo!!!
Ah, perdonate gli apostofi sulle u al posto degli accenti, ma ho il tasto del computer guasto.
Spero vi piaccia….
Se avete tempo e voglia, fatemi sapere cosa ne pensate, per me è molto importante!!!!
Detto questo, godetevi questo nuovo e sudato capitolo XD

 
Mondo reale
Presente
9:00 a. m.
Pioveva, tanto per cambiare. I bagliori dei lampioni offuscavano il buio del viale alberato, spegnendosi tiepidi nella sera. Le gocce scivolavano oziose sul manto d'edera che ricopriva le mura della "fortezza".  Era un edificio abbandonato nella zona periferica della città, un decennio prima doveva essere stato un orfanotrofio di beneficenza, ma il nome del costruttore si era perso nel tempo, proprio come la sua funzione. Ora giaceva inerte, troneggiando arcigno nel suo regno di fatiscenza, nient'altro che un rifugio per topi e senza tetto.
Sin da bambini, gli abitanti di Tokyo erano stati naturalmente predisposti a temere i luoghi oscuri e tenebrosi. Spiriti maligni, era sempre stata questa la giustificazione, o andando avanti con l'età briganti e balordi, o molto semplicemente quella paura innata nell'uomo dello sconosciuto, fatto sta che solitamente la "fortezza" veniva evitata, soprattutto sul far della sera, nelle giornate uggiose e senza speranza.
- Siamo sicuri che sia qui? - la voce di Rea suonava strana, quasi finta contro quello sfondo di silenzio.
- È qui - rispose Marzio, un mugugnio, tutta la volontà che gli mancava di trovarsi in quel posto.
La corsa disperata per le strade desolate della città, il sudore negli occhi, il dolore lancinante alle tempie e poi… quel ricordo…
Aveva all'incirca otto anni quando aveva visto per la prima volta la "fortezza ", suo padre era stato uno degli ingegneri, il tipo di uomo magrolino, occhialetti cascanti sul naso, sorriso tirato. L'aveva condotto per mano in quel dedalo di piastrelle luccicanti e muri freschi di vernice. Se ritornava con la mente a quel momento sentiva calore, luce, l'azzurrino stinto di una camicia, l'ultimo ricordo di una figura intatta nell'oblio della memoria.
- Forza! - incitò Sidjia, poco più avanti insieme a Rea.
Marzio si affrettò a percorrere la distanza che li separava e tutti e tre percorsero in silenzio il sentiero scavato nell'erba alta. Avvicinandosi all'entrata i loro passi venivano attenuati dal tappeto di muschio che ricopriva le piastrelline del vialetto,  gli accompagnava il rumore lento e regolare di una goccia solitaria che si dipanava per incontrare periodicamente il pavimento.
Un asse di legno sbarrava la porta principale, bastò una lieve spinta a farlo cadere.
- Bella spinta, Marzio - commentò Sidjia senza ironia, o perlomeno con un ironia non intuibile. Quello, che era un gesto piuttosto insolito per il ragazzo, di norma avrebbe suscitato una grande ilarità nelle sue amiche, ma la gravità della situazione poneva in secondo piano la camicia sporca di Marzio.
Entrarono, facendosi strada nel buio stantio con la sottile luce di una torcia.
- Perché proprio qui? - domandò Rea perplessa, quel luogo, almeno all'apparenza, non sembrava certo adatto a contenere un potere grande come quello di Galaxia, era a malapena sufficiente a resistere alla furia delle intemperie.
- C'è un insolito campo di forza qui - constatò Sidjia, più per sorpresa personale che per rispondere alla domanda dell'altra. Si fece da parte per lasciare spazio agli altri per vedere.
- Mio padre lavorava qui - sussurrò Marzio interrompendo il mutismo che era calato sulla conversazione - Era il costruttore -
- Non lo sapevo, non ne parli mai - rispose Rea affiancandosi a Sidjia con circospezione.
- È morto nell'82, era l'ingegnere capo, praticamente questo posto l'ha costruito tutto lui - continuò atono l'alter ego di Milord, come se stesse parlando della trama di una serie tv.
- Mi spiace - mormorò Rea, fissando a lungo nella penombra il viso dell'amico. "Povero Marzio " si ritrovò a pensare con un improvviso moto d'affetto, misto alla sofferenza per il proprio destino" Prima suo padre… e adesso Bunny, quando potremo essere davvero felici". Avrebbe tentato di rassicurarlo ma Sidjia improvvisamente li zittì: -Shh - bisbigliò alzando la mano e arrestandosi all'improvviso.
Illuminò con la torcia l'oscurità, lentamente, trattenendo il respiro, quasi con paura di quello che avrebbe potuto scoprire. Vuoto. Lo squittio di un topo, una forma indistinta che scorreva nell'oscurità.
- Andiamo via di qui! Ritorniamo domani, con la luce sarà più semplice - tentò di proporre Rea, ma gli altri due continuarono ad avanzare cauti.
- Stai guardando dalla parte sbagliata - una voce imperiosa, lontana si fece strada nel buio sino alle loro orecchie.
- Chi ha parlato? - esclamò Marzio girandosi di scatto, Sidjia lo seguì con la torcia, senza perdere tuttavia quella calma distaccata che sempre la caratterizzava nell'azione.
- Chi stavate cercando? - riprese la voce.
- Galaxia - sussurrò Rea in un sussurro - Galaxia - ripeté Sidjia a voce più alta.
- Vedo che avete fatto bene i conti - rispose la voce con una risatina sarcastica, per certi versi...stanca, Rea non potè impedirsi di sentirla.
- Mostrati - la esortò Marzio impaziente.
- Illuminami - Sidjia diresse il fascio della torcia nell'oscurità, in prossimità delle scale e finalmente Galaxia fu visibile.
Uno sguardo sprezzante abitava il suo sguardo, la luce dell'antico comando non era andata perduta, ma sembrava un ospite indesiderata in quel viso emaciato, segnato dalla fatica. La fronte segnata da piccoli solchi e gli occhi cerchiati dalla stanchezza di sonni difficili.
- Siamo qui per avere risposte - esordì Rea, dal momento che la figura d'innanzi a loro non accennava a lasciare udire la sua voce oltre.
- Risposte - scandì Galaxia - Risposte - ripetè di nuovo, come parlando a se stessa - Sono le risposte che cercate? Siete venuti nel posto sbagliato - rivelò socchiudendo gli occhi, quasi che il peso di tutti quegli anni di conquiste stesse improvvisamente gravando sulle sue palpebre - Se siete venuti a cercare risposte, questo non è il luogo -
- E dove dovremmo andare? - domandò Marzio con decisione.
- Fareste meglio a guardarvi le spalle - ribattè incurante Galaxia, i suoi interlocutori per un riflesso incondizionato si voltarono, ma solo l'oscurità accolse i loro sguardi interrogativi.
- Incominciamo da qualcosa che puoi spiegarci: perché sei tornata? Il ponte e… - iniziò Sidjia.
- Non perché, ma per volontà di chi? - la interruppe Galaxia. Sidjia gettò uno sguardo dubbioso ai suoi compagni prima di riprendere a parlare:- Che intendi? -
Un sorriso di scherno animò per pochi secondi il volto della loro acerrima nemica - Le spalle - sussurrò, ora i suoi erano completamente chiusi e sembrava cercare in un remoto passato.
- Basta con questi giochetti che intendi dire? - urlò Rea, quasi scagliandosi contro di lei.
- Rea - le sussurrò Marzio, poggiandole delicatamente una mano sulla spalla.
- Caos - quell'unica parola rimase sospesa nell'aria per qualche secondo prima che i presenti ne prendessero piena consapevolezza.
- Il Caos ti dà, il caos riprende - seguitò Galaxia, come trasognata - riprende e premia qualcun altro… - aggiunse con insospettabile amarezza.
- Venus - si sorprese a esclamare Rea, toccandosi poi le labbra come per assicurarsi di essere stata effettivamente lei a pronunciare quelle parole. Sidjia era sul punto di ribattere, quando Galaxia parve tornare per un momento alla realtà - Brava Mars! Vedo che sei una ragazza perspicace - sussurrò con una lieve risata.
- Non è possibile - disse Sidjia tra sé - Non è possibile - ripeté poi ad alta voce - Sta mentendo! -
- Non sai quanto piacere trarrei dalla menzogna, Pluto - ribatté Galaxia, prendendo a ondeggiare, nuovamente con aria distante e trasognata.
- No, non è vero, non posso crederlo! - l'usuale calma della guardiana della porta del tempo, ora incrinata, sempre più, da una supplica disperata, uno sprazzo di fragilità che non era solito trapelare, nemmeno nelle sfide più ardue.
Il pensiero di Sidjia viaggiò rapidamente verso casa, come affacciato a un'invisibile finestra, spiò la quotidiana monotonia della sua vita fino a quel momento, una coperta abbandonata sul divano, i piatti ancora nel lavabo e Ottavia. Di certo a quell'ora aveva finito di studiare e si stava rilassando, leggeva qualche libro probabilmente, era una ragazza così intelligente.
Sfiorò con la mente i tratti dolci, ancora da bambina, di quella che per lei era quasi una figlia. Uno dei pochi affetti che era riuscita a concedersi nella sua lunga e tumultuosa vita.
Priva del peso che le gravava l'anima, la sua fantasia si spostò alle compagne che aveva perso. Avevano condiviso tanto e troppo poco. Sidjia ancora avvertiva quella lama che era affondata nella loro amicizia, dopo l'ultimo combattimento, proprio come Galaxia… Non aveva mai dubitato, ma perché non renderla partecipe dei loro piani? Perché escludere lei e Ottavia…
A fronteggiare insieme gli incerti della sorte erano state sempre e solo loro, nel legame di Heles e Milena non c'era spazio per altri.
Marzio, che era rimasto, per tutto quel tempo assorto nell'ombra, finalmente parlò, la sua una voce distante, quasi di un altro mondo - Uranus e Neptune, loro lo sapevano, non è vero? - l'apparente tranquillità dell'uomo era più agghiacciante di qualsiasi manifestazione di paura. Era la lucida realizzazione del loro errore, la presa di coscienza definitiva della verità.
Sidjia assentì con un cenno della testa, nemmeno una sillaba aveva piu' l'ardore di lasciare quelle labbra tremanti.
Rea, si scoperse a piangere, lacrime solitarie sul morbido profilo delle sue guance, poi singhiozzi, sempre più forti, sempre più reali. Se per gli altri era avvenuta la perdita di una compagna, lei aveva lasciato un'amica. Mille sofferenze aveva affrontato, ma sempre con la certezza che l'intreccio di esperienze e sentimenti che le univa sarebbe rimasto intatto e ora, nemmeno l'incertezza aveva concesso un'altra possibilità a Venus.
- Cosa possiamo fare? - provò a domandare, spezzando la frase per i fremiti del petto.
- Il Caos impara, se l'ultima volta non è stato semplice, ora è presso che impossibile - ghignò Galaxia, senza alcuna gioia - Nemmeno una difesa è rimasta all'umanità della vostra amica. L'unico modo di salvarla, è distruggerla -
- Allora, la distruggeremo - quelle ultime parole tagliarono l'aria come una lama affilata.
Pensare che era stata la pacatezza atona della reincarnazione di Endimion a pronunciarle…
 
Mondo parallelo
8:30 a.m
Le voce di David Bowie si propagava tenue dalla vecchia radiosveglia sul comodino, a cantare le note del cambiamento. Lentamente Heles ne prese coscienza, come riemergendo dall'acqua dopo una lunga apnea.
Ricordi sfocati della sera precedente, la cena, la lite… Milena.
- Milena - chiamò immediatamente, socchiudendo gli occhi ai raggi del sole che penetravano dalla finestra - Milena - ripeté ancora, ricordandosi il personaggio di un vecchio film anni 60 americano. L'aveva visto qualche settimana fa, c'erano Sidjia e Milena, ma al momento non le sovveniva il titolo alla mente. D'un tratto però la questione perse d'importanza, dove si trovava?
- Credevo avessimo risolto ieri sera, Heles - pronunciò una voce conosciuta. La figura di Seya apparve, come materializzatasi all'improvviso nel riquadro della porta. A velare il corpo snello del famoso cantante, vi era solo un asciugamano che copriva solo il bacino. Heles lo fissò piu' sorpresa che altro.
- Tutto bene? - domandò lui, avvicinandosi e posandole un lieve bacio sulla guancia.
Heles, impietrita, gettò uno sguardo confuso a Seya, cercando di afferrare imbarazzata un lembo del pigiama, per ancorarsi a qualcosa. Non ci fu tempo né per l'ira, né per l'imbarazzo e con, enorme disappunto dell'eroina d'Urano, non c'era stato nemmeno per il pigiama.
Le note di "Changes" sembrarono distinguersi piu' chiaramente nell'aria impalpabile del mattino.
- Venere in visone - balbettò Heles, non sapendo che altro dire. Era il titolo del film.
  
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