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Autore: Duncneyforever    17/10/2015    4 recensioni
Estate, 1942.
Il mondo, da quasi tre anni, è precipitato nel terrore a causa dell'ennesima guerra, la più sanguinosa di cui l’uomo si sia mai reso partecipe.
Una ragazzina fuori dal comune, annoiata dalla vita di tutti i giorni e viziata dagli agi che l'era contemporanea le può offrire, si ritroverà catapultata in quel mondo, circondata da un male assoluto che metterà a dura prova le sue convinzioni.
Abbandonata la speranza, generatrice di nuovi dolori, combatterà per rimanere fedele a ciò in cui crede, sfidando la crudeltà dei suoi aguzzini per servire un ideale ormai estinto di giustizia. Fortunatamente o sfortunatamente non sarà sola e sarà proprio quella compagnia a metterla di fronte ad un nemico ben peggiore... Se stessa.
Genere: Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali, Novecento/Dittature
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- Non conosco questo ballo... - Rispondo, cercando di declinare l'invito. Non è questo il problema, in realtà. Non mi sono fatta sfuggire le occhiate inorridite che mi sono state rivolte; sono già abbastanza appariscente così come sono, non mi sembra il caso di mettermi pure in bella mostra davanti all'alta società di mezza Berlino. 

- Bitte, ti prego. Ti insegnerò io... Beh, nemmeno io sono così bravo, ma tu segui me! Di solito, non se ne accorge nessuno. -

Lui è così contento di avermi qui però, come si può pensare di negargli ciò che lo rende felice? 

- Mostrami come devo fare. - Sospiro infine, non sapendo dove collocare le braccia. 

È vero che sono un tronco di pino, ma solo in apparenza... So anche canticchiare discretamente bene, anche se le pareti di casa mia, per ora, sono le mie uniche testimoni. 

Lui appoggia la mano destra sulla mia scapola, esultando. 

Entrambi sappiamo che dobbiamo avvicinarci, allora avanziamo di un passo, quasi in sincronia. Siamo vicini. 
Molto vicini. 
Poggio incerta le mani sul suo petto, scoprendolo più in impaccio di me. Il mio cuore pare esplodere nella cassa toracica, ma il suo, se potesse riprodurre un suono, si approssimerebbe alla percussione dei tamburi da guerra a Gaugamela, dove Alessandro il Grande sfidò e vinse l'impero del sole. 

Le pupille scattano freneticamente da una parte all'altra mentre prende la mia mano e la incastra nella sua; 

- proviamo così: un passo indietro col destro, uno in diagonale col sinistro e unisci i piedi. Poi il contrario; avanti il sinistro, uno in diagonale col destro. -

Le sue istruzioni si rivelano straordinariamente utili; in un primo momento inciampo nei suoi piedi ma, fortunatamente, grazie a lui e alla sua forte presa, recupero presto, velocizzando la sequenza iniziale e aggiungendovi nuove combinazioni più elaborate. 

- Oh, aspetta, rifammelo vedere questo! Com'è che si fa? - 

- Guarda come sono brava! - Esclamo, piroettando attorno al biondino. - Più o meno. - 

- Sei bravissima invece. - Si complimenta, terminando con un inchino. 
Riesco a percepire comunque la sua voce nonostante gli applausi generali rivolti all'orchestra. - Come avevo detto, vedi? Delle imperfezioni non se n'è accorto nessuno. - Sussurra, ridacchiando compostamente. 

- Friederick, wir sind hier! - Ci giriamo entrambi verso un punto indefinito: una voce femminile, accompagnata a un'altra maschile, si erge al di sopra delle altre, richiamando il biondo. Dalla folla, compaiono due ragazzi, all'incirca dell'età di Fried. 

Forse sono ex compagni di scuola... 

- Lukas, Klara! - Pare piuttosto sorpreso di vederli, ma dal modo quasi selvaggio in cui ha urlato i loro nomi, deduco che sia entusiasta di rivederli. 

I tre si stringono in un abbraccio, come fratelli. Il ragazzo è alto, più alto di Fried, mentre la ragazza è bassina e dall'aspetto simpatico: i capelli castani le arrivano poco sotto le spalle ed ha due guanciotte tonde come quelle di un coniglietto, che dicono: " strizzatemi ". 

- Wie geht's Fried?/ Come va? - Chiede allegramente il ragazzo.

- Alles gut, und ihr?/ Tutto bene e voi? - Il suo sguardo passa da me a loro e viceversa. I suoi amici non parlano la mia lingua ed io parlo poco la loro. Anche i due giovani sembrano sorpresi di vedere me. 

Sarà meglio lasciarli soli, così che possano parlare senza l'impiccio di una quarta persona. 

- Vado a prendere un bicchiere d'acqua. - Questo è quanto la mia mente è riuscita a partorire... 

Magnifico. 

Nonostante il tedesco faccia di tutto per farmi restare accanto a lui, non mi sento lo stesso di restare. Sarei di troppo. 

Mi allontano in cerca della cucina, di un tavolo, di una bottiglia, ma l'impresa si rivela alquanto ardua, perché il posto è immenso e labirintico, più grande di quanto mi aspettassi. Dopo un quarto d'ora buono di ciò che si potrebbe definire " ricerca " finalmente vedo la luce. Ho dovuto salire le scale, facendomi largo tra crucchi già ubriachi. È al secondo piano che sono incappata in un bar... Sì, un bar! Soltanto che sembra una camera oscura, la tinta delle pareti è bordeaux e le lampade a muro non sono di alcun aiuto. 

Sono abituata a gironzolare al buio ed è unicamente per questo che mi trovo comunque a mio agio. 

Iperscruto le persone già sedute al bancone, dopodiché ( e solo dopo essermi assicurata che non ci fossero brutti ceffi ) mi avvicino anche io, sedendomi su uno degli sgabelli in legno e aspettando il mio turno. 

Sugli scaffali, alcolici a non finire, pieni di strani liquidi colorati. Mi accontenterei anche di quella del rubinetto, a questo punto. 

- Cosa cercavi, dell'acqua forse? - Questa voce... 

Lentamente volgo lo sguardo indietro e la prima cosa che vedo è il ghigno dipinto sulle labbra di Schneider.

- Beh? Non parli più? - 

- Cosa dovrei dire esattamente? - Il sarcasmo avrei dovuto lasciarlo a casa mia. Che mi prende? Rispondere così ad un ufficiale delle SS, da cui Fried mi ha pure raccomandato di girare alla larga. 

" Guarda che puoi sanguinare, puoi morire. " 

Ma, a contrario della reazione aggressiva che mi spettavo, sul suo viso si è aperto un sorriso ancor più largo. Poi, si è accomodato accanto a me. 

Friederick lo aveva detto. E adesso? 

- Puoi evitare di tremolare come se ti volessi ammazzare? Mi urti, ragazzina. - Sbotta, bloccandomi il ginocchio con una mano. 

- Non ho scelto io la vostra compagnia. - Affondo le unghie sul piano di legno per scaricare la tensione. Scrollo le gambe per costringerlo a lasciare la presa, ma egli non cede, fin quando non intervengo direttamente. - Non mi toccate. -

- Hai coraggio italiana, te lo concedo. Nessuno ha mai osato rivolgersi a me in questo modo. - Ha sorseggiato il contenuto del suo bicchiere di cristallo, prima di avvicinare la sedia alla mia. È ruhm, lo percepisco dal suo fiato e, adesso che mi è così prossimo, riesco a distinguere ogni singola efelide che gli costella le guance. 

- Non hai paura di me? - Queste parole mi arrivano ottavate, quasi sussurrate. 

- No, non ho paura. Pensavo di averne. - Punto gli occhi nei suoi, cercando di captare il suo pensiero.

- Tu nascondi qualcosa piccola Italienerin, non è così? - Inizio a respirare affannosamente alla sua supposizione. Il colonnello lo ha notato. Sono certa che stia per dire qualcosa, ma viene interrotto. 

- Sara? Dove sei, Sara? - Quando vedo la zazzera bionda di Friederick traggo un sospiro di sollievo; alzo il braccio per farmi notare, agitandolo di qua e di là. 

- Dov'eri finita? Ti ho cercata in ogni dove! - Esclama preoccupato, avvicinandosi.
Sposto lo sguardo verso l'ufficiale nazista al mio fianco e vedo il mio amico in seria difficoltà. 

I due non si dicono nulla, si limitano a guardarsi. Fried ricambia quegli sguardi astiosi: all'esterno non è visibile, ma dentro... Dentro sta ardendo d'odio. 

Il " ginger " si alza con il bicchiere in mano, muovendo qualche passo verso di lui. 

Comincio ad avere paura per la sua incolumità. 

Se prova a sfiorarlo gli salto addosso. Lo giuro. 

- Miller sai che giorno è oggi? - Perché un'improvvisa domanda così ovvia, mi chiedo? 

- Domenica - risponde da sé, senza attendere alcuna replica da parte del sottoposto. - Domani devi rientrare, lo sai, ja? - 

- Ja, Herr. - Questa volta si sottomette al colonnello, chinando il capo, sconfitto. 

Perché non mi ha detto nulla? Io non voglio che ritorni laggiù, in Polonia. Lui non è adatto a questo, non possono obbligarlo.
Rifletto su ciò che ho detto, prima di realizzare che la realtà è ben diversa: se Friederick non obbedisse agli ordini, verrebbe inviato a combattere sul fronte orientale e verrebbe sacrificato come una bestia da macello per una causa che non gli appartiene... È solo un giocattolo, una marionetta del Reich. 
Una marionetta pronta ad essere distrutta. 

Soffoco un " cosa? " tra i singhiozzi, sento gli occhi gonfi e umidi; lancio un'occhiata alquanto pietosa verso l'uomo che ho di fianco, il quale però rimane del tutto indifferente. 

- Del tuo fiorellino cosa ne farai, Soldat? La porterai con te? - Lo schernisce, adocchiando la piega della scollatura. - Non sei stato capace di badare a lei qui, come pensi di fare quando sarai lontano dalla sottana di mammina? In einer Woche wirst du nach Frankreich fahren. Sie sind Befehle. / Tra una settimana partirai per la Francia. Sono ordini. - Fried ha spalancato la bocca, orripilato dalla quella prospettiva. Schneider si è ritirato poco dopo, ridendo con fare malevolo. 

Qualcosa mi dice che le cose non andranno secondo i piani del biondo. Si sta ritorcendo tutto contro di lui, a favore di Schneider che sembra bearsi del suo dolore. 

Tanta cattiveria e per cosa? 

Schneider il " mostro ". 

Ora capisco meglio il perché di questo appellativo. 

 

 

  
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