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Autore: shanna_b    20/02/2009    6 recensioni
E Tomo? Una rock star come lui dite che sia esente da dubbi lavorativi e problemi di cuore? E se, improvvisamente, un giorno, il suo sound non funzionasse più, la sua ragazza l'avesse mollato, i Leto lo volessero sopprimere e lui dovesse addirittura andare a scuola di chitarra? Guai seri, mie care, guai seri!
E poi nessuno che dedichi una ff al timido, amabile, delicato chitarrista dei 30 Seconds to Mars? Meno male che ci pensa la Shanna_b!!
Dedicata quindi a tutte le fans di Tomo e a Tomo stesso, sapendo che, al solito, io non lo conosco, non ho idea di come sia, non prendo soldi, non mi appartiene etcetc... Leggete e commentate!
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tomo Miličević
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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DEL COME TOMO SCOPRE CHE DANA NON E’ QUELLO CHE CREDE E UNA IBANEZ PEGGIORA LE COSE.

 

Tomo, per due intere settimane dopo quella fantastica notte con lei, non era riuscito a vedere Dana in nessun modo, nemmeno per un attimo. Prima la ragazza si era data malata (diagnosi: varicella, prognosi: talco mentolato e una settimana chiusa in casa), poi alle prese con la tesi (venticinque capitoli, quattrocentoquarantadue pagine di formule, diagrammi e schemi), poi alle prese con problemi con sua nonna (che voleva fuggire in Europa con un ex-chitarrista hippy di novantacinque anni di dubbia moralità incontrato in casa di riposo), poi alle prese con problemi con il contratto discografico con la XYZ-California (che il papà di George, avvocato, stata minuziosamente valutando riga per riga e su cui aveva trovato degli inghippi legali non da poco), e poi e poi e poi… e poi ne aveva sempre una.

Dana gli aveva sempre risposto gentilmente al telefono, lo aveva tenuto al corrente di tutti i più piccoli sviluppi che la riguardavano (compreso il fatto che Julius non l’aveva riconosciuta la sera del concerto e, a detta di Dana, era capitato là per caso, senza nessun interesse per la musica rock, e se n’era andato via praticamente subito), gli diceva anche che lo pensava spesso, che lo desiderava, che non vedeva l’ora di vederlo ma… i due non si erano più rivisti.

E anche Tomo era incasinato: ora che era riuscito ad ottenere da Jared quello che voleva, non aveva più un attimo di pace. Era continuamente ‘in riunione’ con i 30 Seconds To Mars  per qualsiasi cosa a qualsiasi ora del giorno e, qualche volta, anche della notte, quando Jared poneva sul tavolo un qualche problema, o presunto tale, che gli era balenato improvvisamente nel cervello nottetempo.

Tomo era stato investito della responsabilità degli arrangiamenti di chitarra dei pezzi nuovi dell’album e della rivisitazione di quelli già registrati. In tal modo Jared poteva concentrarsi maggiormente sui testi delle canzoni e sul canto. Tomo doveva anche proporre delle date per la prossima tournee e selezionare, con Tim, il gruppo d’appoggio per le date americane e il chitarrista aveva una mezza idea di proporre i FourLeafClover, non fosse che Shannon continuava a chiedergli di conoscere Dana e aveva cominciato di nuovo a cospargersi con il solito profumo alla retropuzza e a Tomo, geloso marcio, stava venendo il leggerissimo sospetto che al batterista piacesse la SUA bella Dana, anche se l’aveva vista soltanto una volta e soltanto in una foto…

Dopo due settimane passate così, Tomo era in fibrillazione, per non dire sull’orlo dell’esaurimento nervoso.

Avvertiva, senza sapere nemmeno lui come e perché, che stava succedendo qualcosa di spiacevole, o perlomeno di strano, e così, di punto in bianco, un martedì pomeriggio decise di presentarsi a casa di Dana, senza chiamarla e senza preavviso.

E, come in uno dei peggiori film drammatici, la porta gli venne aperta da Jane, in pigiama e capelli scompigliati.

“Dov’è Dana?” chiese subito Tomo, quasi senza salutare, già presentendo che qualcosa sarebbe andato a catafascio.

Jane deglutì imbarazzata, prima di rispondere, ulteriore segno che c’erano casini immondi all’orizzonte e gli disse proprio quello che Tomo non avrebbe mai e poi mai voluto sentirsi dire: “Se n’è andata. Stamattina.”

Tomo sobbalzò: “ANDATA? ANDATA DOVE?”

Jane gli aprì la porta per farlo entrare, sospirando, la voce atona, sicuramente reduce da una seduta di pianto a dirotto: “E’ andata in Inghilterra…”

Il ragazzo per un momento credette di essere nel bel mezzo di un incubo: “Oddio… Ma… ma… ma perché?”

Jane si accasciò sul divano, distrutta, mentre Tomo si rese inaspettatamente conto di non avere nemmeno il coraggio di avvicinarsi, a quel divano, in cui c’erano improvvisamente troppi e amari ricordi: “Dana… si è laureata ieri, in anticipo sui tempi previsti, e oggi è partita per l’Inghilterra con… con il professore.” La donna si bloccò ed indicò a Tomo un pacco vicino alla porta. “Quello è l’ultimo pacco della sua roba. Devo spedirglielo nei prossimi giorni.”

Tomo si guardò attorno, desolato, senza parole, amareggiato.

No.

Non poteva essere.

Laureata?

E… e non gli aveva detto niente di niente?

Anzi… ancora peggio!

Gli aveva mentito ogni secondo, per due settimane, come se quello che era successo tra loro quella notte non contasse niente... Nulla di nulla…

Ma… perché?

Potevano almeno parlarne… Dana non gli aveva più detto niente dell’Inghilterra e Tomo aveva dato per scontato che… aveva dato per scontato… aveva dato per scontato troppe cose.

Che stupido che era stato.

Non avrebbe mai pensato che Dana avesse potuto mentirgli così.

“La chiamo al cellulare.”

Jane scosse la testa, con mestizia: “Fatica sprecata. Il cellulare è lì, sopra il tavolino dell’ingresso. Me l’ha regalato. Vuol tagliare con il passato, del tutto. E non è l’unica cosa che ha lasciato…”. Jane si alzò e si mise davanti al ragazzo: “Senti, Tomo… Lo so che non dovrei farlo e che Dana mi odierà per averlo fatto, ma… io so che le volevi bene e, nello stesso tempo, avevi davvero stima di lei come musicista. Te lo si leggeva negli occhi ogni volta che la guardavi, che la ascoltavi suonare, quando suonavate insieme. E…”

Lasciando la frase in sospeso, Jane si diresse nello sgabuzzino vicino alla cucina e ne estrasse una custodia nera con tanti adesivi appiccicati di quadrifogli colorati.

Era la chitarra elettrica di Dana, la sua Ibanez bianca.

Jane la porse a Tomo, che la prese subito, gli occhi spalancati: “Tienila tu. Mi aveva detto di venderla, ma io… beh… io non posso farlo. Non riesco… mi parrebbe di dare via la sua anima. Io…” Due lacrime scesero sulle guance di Jane e lei se le tolse con il dorso della mano, prima di continuare: “Io so quanto tempo ha passato a suonarla e… sono sicura che una parte di lei, forse la parte migliore, è ancora lì dentro. Quindi… tienila tu. Te la regalo.”

Tomo, senza parole e senza contegno, scivolò seduto per terra in mezzo al corridoio dell’ingresso e, tenendo stretta la custodia della chitarra come se fosse la sua Dana, cominciò a piangere, silenziosamente e senza speranza.

   
 
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