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Autore: Naki94    28/10/2015    1 recensioni
[Lovecraft]
Omaggio all'autore H. P. Lovecraft i cui scritti sono diventati i miei sogni ricorrenti. Questo è un nodoso intreccio di vari racconti e romanzi da me scelti e coraggiosamente uniti tra loro da un unico magico filo conduttore. Parlo e gioco con l'autore, dall'inizio fino alla fine, in uno scambio di idee e immagini oniriche continue.
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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In verità non so affatto il motivo per cui ricordai di aver già visto la casa ritratta nella fotografia che Nelson aveva appeso alla parete. Era la foto recuperata da un giornale locale ed ero certo di averla già vista quella abitazione. Dalla poltrona su cui ero seduto la osservavo intuendo che doveva avere una certa influenza su di me. Nelson stava avvitando la moca del caffè quando gli domandai «quella casa bruciata in fotografia mi sembra di averla già vista. L'incendio è avvenuto da queste parti o altrove?». Nelson non si voltò affatto, ma rispose continuando la preparazione al rito del caffè «Sì. E' successo parecchi anni fa in questa città». Nessuno disse più nulla finché il caffè non cominciò a bollire producendo quel perfetto gorgoglio. Il vapore appannò le piastrelle intorno la parete del cucinotto e il profumo di caffè divenne forte e pregnante nella stanza. «Ora ti racconterò il motivo della mia urgente chiamata. Perdonami per aver insistito così tanto, ma sapevo di ritrovare in te l'unico uomo su cui poter contare per ciò che potrà accadere nel tempo avvenire». Parole strane a volte intervallate da pause indecifrabili. Quel tono cupo aveva riportato il mio sguardo sulla sua figura esile avvolta da una mantella grigia e brevemente illuminata dalla fioca luce di una lampadina lontana. Stavo osservando i titoli presenti sugli scaffali della libreria. Ero al corrente degli studi bizzarri di Nelson Bruni e, in una certa misura, vi presi parte anch'io per cinque lunghi anni prima di quella tragedia al cimitero terminata con l'amnesia di entrambi. Tuttavia non potevo certo immaginare a che punto fosse arrivata la sua fissazione per certi argomenti proibiti. Nella sua immensa collezione di libri strani e rari avevo letto titoli che già conoscevo dalle nostre precedenti esperienze sull'occulto, molti di loro erano scritti in arabo, tuttavia i miei occhi s'erano soffermati su rilegature ancora più antiche su cui vi erano scritte e simboli di lingue completamente a me sconosciute e indecifrabili. Lo lasciai sedere di nuovo sul treppiede di legno e vera pelle. Mi consegnò la tazza di caffè bollente. Il vapore mi appannò gli occhiali che fui costretto a levare. Intanto Nelson riprese a parlare. «Si tratta di qualcosa di molto importante. Cercherò di essere il più chiaro possibile. Anche se le vicende che sarò costretto a narrarti vanno oltre ogni tipo di immaginazione». Gli diedi il mio consenso a procedere. Mi accorsi, nella scarsa luminosità dell'ambiente, che il mio amico aveva estratto qualcosa dalla tasca, forse un pezzo di carta. Per tutto il tempo del racconto non fece altro che roteare quell'oggetto tra le dita ormai sudaticce. Dalla distanza in cui mi trovavo e con quella luce soffusa non riuscivo bene a distinguere che razza di oggetto fosse. Mi concentrai sulle sue parole e sul quel timbro di voce indescrivibile. Nel mezzo del racconto Nelson accese la sua pipa. L'aria si riempì dell'odore di tabacco e grossi banchi di fumo vi aleggiarono attraverso per un bel pezzo. Vedevo Nelson ad intermittenza provando a volte la bizzarra sensazione di stare ascoltando un fantasma. «Forse non conosci il Circolo dei Pittori di questa città. Io entrai a farne parte circa due anni fa. Sai bene il mio amore per l'arte, ma ancor di più per il macabro e per l'orrido. Non passò molto tempo prima che venni a conoscenza di un pittore alla cui mostra non si presentò nessuno. Dagli abitanti del quartiere nemmeno il minimo interesse. Il presidente stesso del Circolo dei Pittori gli vietò categoricamente di mostrare i suoi quadri in pubblico. Questo uomo non poteva che essere notato da me. Lo sai bene, io non mi scandalizzo davanti al macabro, ma quando un artista ha la genialità di Argento, reputo una fortuna conoscerlo, qualunque direzione prenda la sua opera. A mio parere non c'è mai stato un pittore più grande di Riccardo Argento. Lo sostenni allora e lo ripeto ancora e la versione del suo Demone che divora i cadaveri è qualcosa che va oltre ogni soglia del macabro onirico. Solo un artista come lui può immortalare sulla tela un soggetto davvero terrificante e dipingerlo con un tale realismo». Si interruppe per fumare la sua pipa. Intanto le fiamme delle candele alle sue spalle ondeggiarono come se fosse passato qualcuno al loro fianco. L'aria era mutata terribilmente assumendo la forma di un pesante macigno e tutto quel buio mi stava causando un forte male alla testa. Forse colpa anche della pioggerellina che mi aveva lentamente inzuppato. L'asciugamani che mi passò Nelson non bastò affatto. «Domandai più volte ad Argento come facesse a dipingere quelle mostruosità in modo così realistico. Tuttavia non mi fornì mai un'autentica e chiara risposta. Molto probabilmente non riponeva in me autentica fiducia. Intanto egli venne espulso da Circolo per quella mostra realizzata contro gli ordini del presidente. Si parlò molto di Argento nei mesi successivi. Sopratutto del suo recarsi, in genere nelle ore notturne, presso un'abitazione diroccata posta poco oltre il confine tra la città e l'aperta campagna. Si diceva addirittura che avesse preso in affitto quel rudere. Alcuni cittadini spiavano, più che incuriositi intimoriti, dalle proprie finestre in direzione di quella casa giurando di aver visto le luci fioche di una lanterna solo nei pressi della cantina interrata. Un signore avvezzo alla pesca afferma che in quella particolare zona, da quando Argento aveva preso ad andare alla villa diroccata, non v'è alcun segno di animale, dal canto dei grilli a quello degli uccelli. Addirittura conferma, un po' imbronciato, di essere stato costretto a spostarsi più nord per la pesca, perché in quel tratto di fiume non vivono neppure più i pesci. Sembra tutto assurdo, no?». Nelson riaccese la pipa usando un fiammifero. La fiamma gli illuminò gli occhi creando sulla pupilla una macabra tonalità di rosso. Tossì e poi riprese a raccontare. «Arrivò il giorno in cui decise che ero pronto abbastanza perché venissi a conoscenza dei suoi dipinti più interessanti a patto che mantenessi il silenzio e che mi fossi comportato da vero indagatore dell'incubo. Accettai senza indugio. Una notte mi portò tra le mura ammuffite e in rovina di quella casa. Nel mentre mi parlava di stretti cunicoli e gallerie che si stendono nel sottosuolo per tutta la città. Gallerie scavate da creature innominabili di cui tutti ignorano l'esistenza. Mi raccontò che la galleria più grande era quella che giungeva da quella casa al cimitero. Solo in seguito mi avrebbe spiegato il motivo. Vedi, posso ritenermi quello che vine definito comunemente un tipo “navigato”, ma ti confesso che quello che vidi sulle pareti di quella casa mi fece sussultare. Erano i suoi dipinti migliori, se così possiamo definirli. Quei dipinti che non poteva esporre a nessuna mostra perché, se solo esposti alla fragile coscienza umana, avrebbero avuto l'effetto di una paralizzante angoscia e sconforto. Nessun essere umano sarebbe sopravvissuto a quell'orrore. Tuttavia lui mi assicurò che il pezzo migliore era ancora in produzione e stava nella cantina. Non cercherò di spiegarti a cosa assomigliassero quei soggetti raffigurati così abilmente, poiché erano sconvolgenti, ma posso dirti che raffiguravano il più empio terrore. Sono passati mesi dall'accaduto, ma quelle immagini mi torturano ancora la fantasia! Signore Iddio, quale opera aveva dipinto quell'uomo in quell'angusto scantinato!». 

   
 
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