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Autore: CLA_SOFI    28/10/2015    0 recensioni
Non sono umano, non sono animale, sono una creatura della notte
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2


La sveglia irrompe nei miei sogni. È ora di alzarsi. Salto giù dal letto a castello e vado in bagno. Mi sciacquo la faccia e rimango qualche minuto ad osservare il mio riflesso nello specchio. Ogni volta che mi guardo non mi riconosco, mi trovo ogni giorno diversa. Ripenso a quand'ero piccola, a quando avevo cinque/sei anni, a quando giocavo a nascondino con le amiche, a quando facevamo le gare di corsa nel cortile delle elementari dopo la mensa. Penso al primo giorno delle medie, quando nell'aula magna ci hanno chiamati uno ad uno per suddividere le classi. Mi sembra impossibile che siano passati quasi cinque anni da allora... Sento chiamare il mio nome e ritorno alla realtà, sono già le 7.00 e devo ancora preparare lo zaino e fare colazione. Appena finisco di mangiare mi precipito fuori casa per corre a prendere l'autobus. Arrivo appena in tempo e mi butto nei primi due sedili vuoti. È incredibile la velocità con cui mi estranio dal mondo, il mio corpo è in un posto mentre la mia testa è da tutt'altra parte. È come sognare solo che... è molto più bello. Appena sento il rombo del motore avviarsi mi infilo le cuffiette, e non sento più niente del mondo esterno. Le parole di una canzone mi travolgono come un'onda di un mare in tempesta:

 

“Today is gonna be the day

That they're gonna throw it back to you

By now you should've somehow

Realized what you gotta do

I don't believe that anybody

Feels the way I do about you now”


Credo che veramente oggi sia la mia seconda occasione, la mia seconda possibilità, l'unica possibilità per riscattarmi... Vorrei poter pensare che sia la mia seconda possibilità per battere il male, per compiere un atto eroico e salvare il mondo, ma purtroppo nessuno ha bisogno di me, e l'unica cosa che devo riscattare è il brutto voto in latino, la materia che odio di più al mondo, anzi la materia che insegna la prof che odio di più al mondo. La prof Valli, una donna sui cinquant'anni con un corpo tanto minuto che le si potrebbe vedere attraverso. La scuola per lei è un lavoro e basta, un modo come un altro per guadagnare lo stipendio, e il suo metodo di insegnamento lo dimostra. Solo che lei non ci rimette niente mentre noi se ci va bene , ci passiamo un'estate a studiare, se ci va male, perdiamo un anno di scuola, quindi oggi, il giorno del grande quiz sarà questione di vita o di morte, sarà il giorno che decreterà la mia sopravvivenza alla scuola superiore, o peggio, la sopravvivenza ai miei genitori che mi uccideranno se non passo il test. Ancora una volta mi sono persa a fantasticare, non mi sono neanche accorta che qualcuno si è seduto di fianco a me, non gli presto particolare attenzione anche se quando scendo mi accorgo che qualcosa di lui mi è familiare. Ha dei folti ricci neri ma gli occhi sono di un azzurro brillante, azzurro come il cielo d'estate, azzurro come le granite all'anice che si bevono d'estate, azzurro come gli occhi di mia madre, azzurro come i miei occhi. So per certo che non lo conosco ma qualcosa di lui mi colpisce. Sto aspettando che il semaforo diventi verde per poter andare dai miei compagni e noto che anche lui è sceso dal bus, ma non sembra molto a suo agio. Si guarda nervosamente intorno, e spesso si gira come per controllare che non abbia nessuno alle spalle, anche se con tutti questi studenti è davvero difficile. Ecco il verde, tutti i ragazzi si avviano dall'altra parte della strada e così anch'io. Sto per raggiungere i miei amici quando sento qualcosa che mi sfiora il braccio e provo un brivido, il mio corpo si irrigidisce. Non avevo mai provato niente di simile, è stato come se una forte scossa partendo dal braccio si fosse irradiata in tutto il mio corpo. Per una attimo vedo tutto nero e mi accuccio per terra. Istintivamente mi guardo il braccio ma non noto niente di strano. Alzo lo sguardo e vedo la sua figura che si staglia dinanzi a me. Mi fa cenno di seguirlo così mi alzo e cercando di rimanere disinvolta cammino dietro di lui. Ha un passo svelto, cambia spesso strada e cerca di passare inosservato. Dopo cinque minuti ci fermiamo sotto ad un grande albero nei giardini pubblici. Ho il fiatone. Ci metto qualche istante a riprendermi e devo tirare fuori tutto il coraggio che ho per guardarlo di nuovo negli occhi. Ha uno sguardo profondo ma allo stesso tempo pensieroso. Le fronde degli alberi creano strane ombre sul suo volto. Un lieve venticello muove le foglie quasi a ritmo di musica, il loro frusciare riesce quasi a coprire il rombo dei motori della statale al di là della siepe. Mi siedo appoggiando la schiena contro il tronco di una salice piangente, le fronde ci avvolgono, creano uno scudo intorno a noi ma non so ancora se sia una cosa positiva. Una voce rompe il ghiaccio <>, lo guardo e penso... 'Allora che?', continua <>, vorrei rispondergli ma non riesco a parlare. Vorrei sapere un sacco di cose, come si chiama, perchè siamo qui, ma soprattutto perchè ha un'aria familiare. Così mi esce un debole <>, è quasi impercettibile, in realtà non so neanche se l'ho detto davvero o se è solo un altro scherzo della mia testa, ma lui deve averlo colto e mi risponde. <> con  questo se ne andò. Per un attimo rimasi in piedi impietrita, poi guardai l'orologio e mi accorsi che avevo tre minuti per farmi trovare in classe, così iniziai a correre verso la scuola a più non posso. Nathan... chissà cosa voleva dire con “Siamo in pericolo”, e per siamo chi intendeva? È con queste domande che passai le cinque ore di lezione successive. Mi sentivo un animale in gabbia, braccato nel mio territorio. La scuola che pensavo essere il luogo più sicuro per un adolescente diventa all'improvviso la mia trappola. Ma in fondo come posso esserne sicura, come posso sapere che Nathan mi abbia detto la verità? Alla fine è solo uno sconosciuto per me eppure... in lui c'è qualcosa di diverso. Sono le 13.10, la campanella finalmente si fa udire. Ripongo i libri nello zaino e mia avvio verso i cancelli. In questo breve tratto osservo i volti degli studenti, come possono essere una minaccia, un pericolo. Imbocco una stretta via e sbuco in una strada trafficata, il semaforo come sempre è rosso. Finchè attendo il verde un compagno di classe mi si affianca in bicicletta accennando un saluto, gli rispondo senza badarlo, sono troppo presa a ripensare al discorso di Nathan che non mi accorgo del semaforo, ha fatto in tempo a diventare verde ed a tornare rosso, così aspetto ancora impazientemente. Arrivo alla fermata del pullman in tempo per salire anche se di posti a sedere non c'è più neanche l'ombra, così faccio l'intero tragitto fino a casa in piedi.
   
 
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