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Autore: Tormenta    29/10/2015    7 recensioni
Di ritorno ad Hogwarts dopo la guerra, Draco Malfoy ha cicatrici troppo profonde per essere quello di sempre. A Harry Potter basta poco per accorgersi che non sa accettare la sua assenza nella propria routine. Dal testo:
«Malfoy» chiamò, con voce cristallina e appena tremolante. [...]
«Che c’è, Potter?»
Harry si lasciò sfuggire una microscopica smorfia soddisfatta: per la prima volta da quando erano tornati ad Hogwarts, Malfoy gli aveva parlato. Era un inizio – di cosa, non lo sapeva neanche lui.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fuori fuoco'
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2.  
Disattente osservazioni
 
 

 
        Il tempo era trascorso placido, senza fare rumore.

        Le temperature erano scese, e il cielo aveva iniziato a tingersi di un monotono grigio sempre più spesso. La routine scolastica era stata perfettamente impostata. I pomeriggi di studio erano già diventati piuttosto lunghi ed estenuanti. Le squadre di Quidditch avevano riaperto i battenti.
        Il Quidditch! E le partite di scacchi la sera, le chiacchiere spensierate, i pasti prelibati. Qualche lezione interessante. I fastidiosi articoli sulla Gazzetta, che ogni tanto facevano arrabbiare. E i pomeriggi passati con Ginny; anche quelli. Se non fosse stato per tutto ciò, probabilmente Harry Potter sarebbe morto di noia. Questo perché ogni cosa procedeva liscia, senza particolari novità o scandali. E andava bene, per carità – un po’ di stabilità e di sicurezza ci volevano, dopo tutto ciò che era successo. Però, ecco, se proprio doveva ammetterlo… si sentiva privo di stimoli.
        Non l’aveva detto a nessuno perché, aveva pensato, confessarlo sarebbe stato inappropriato. Qualcuno avrebbe potuto credere che il suo desiderio fosse di avere un’altra battaglia da combattere, o qualcosa di simile – e ovviamente non era così, non voleva altre battaglie.
        In realtà, neanche lui sapeva cosa voleva. Di sicuro, non quella ripetitiva piattezza. Non che potesse fare granché a riguardo, purtroppo.
        C’era tuttavia una certa cosa che avrebbe potuto fare al caso suo. In quegli ultimi tempi e senza mai preoccuparsene sul serio, ne aveva più volte notata l’assenza. Un’assenza fastidiosa che, dopo i fatti di una mattina di fine Settembre, non poté più ignorare.
 
 

        Insieme a Ron e a Hermione, era appena arrivato all’aula di Pozioni. Una volta che ebbero preso posto, iniziò ad organizzare il necessario per la lezione, a partire dal libro e dal calderone.
        Aveva sistemato quasi tutto quando accadde.
        «Oh, Merlino – mi è caduto! Hai visto dove è rotolato?» mormorò una voce mezza preoccupata.
        Sovrappensiero, Potter non fece caso a quelle parole. Sentendo però uno strano rumorino alle proprie spalle, fece un mezzo passo per voltarsi e controllare. Praticamente dal nulla, rovinò a terra sulle note di un’esclamazione sorpresa – cercò di salvarsi aggrappandosi al banco, ma ciò servì solo a far scivolare a terra anche il libro e un paio di pergamene svolazzanti.
        «Miseriaccia, Harry! Tutto okay?» domandò Ron, perplesso.
        «Sto bene», lo rassicurò, per poi accertarsi di essere effettivamente tutto intero. Rimase per un istante seduto sul pavimento, cercando di capire cosa fosse successo; il suo primo pensiero fu un Flipendo lanciato a tradimento.
        Un altro mormorio giunse da poco più in là: «Credo di aver capito dov’è rotolato».
        Quella voce venne però coperta da tutta una serie di sghignazzi e, mentre accettava la mano di Ron per alzarsi in piedi, Harry si guardò attorno per scoprire l’identità di chi stava ridendo a sue spese. Non che non l’avesse intuìto; infatti, non fu affatto sorpreso di vedere che si trattava di un gruppo di Serpeverde – con i quali avrebbero condiviso la lezione – appena entrato in aula.
        Tra loro, anche Draco Malfoy, che lo scrutava con una mezza smorfia divertita sulle labbra. Sospirando lievemente tra sé e sé, Potter si mise in attesa di un commento acido da parte sua.
        Nel frattempo, si rimise in piedi; ma solo per sentirsi nuovamente cadere. Per sua fortuna, quella volta la presa di Ron e l’ancorarsi al banco lo salvarono.
        Da parte di Malfoy, ancora solo silenzio. Harry alzò quindi lo sguardo su di lui, come a cercare spiegazioni, e si fissarono brevemente; sapeva che aveva una frecciatina in serbo, non aveva alcun dubbio a riguardo. Ma perché non si decideva a dirla, allora? La sensazione di perplessità che provò gli parve fin troppo familiare – già troppe volte si erano trovati in quella situazione, a partire da quando si erano incontrati prima dello Smistamento.
        Vide di sfuggita Hermione avvicinarsi, e Ron gli chiese: «Che ti prende?», ma quasi non se ne curò, perché nelle sue orecchie rimbombava il dannato silenzio del Serpeverde.
        Non è difficile fare una battutina, pensò. Conosceva talmente bene il suo repertorio che riuscì persino ad immaginarsi ciò che – era pronto a scommettere – gli stava passando per la testa: “Aggraziato come al solito, Potty!”
        Ci restò di sasso quando Malfoy, con la bocca ostinatamente cucita, prese a camminare verso il proprio posto come nulla fosse.
        Si riscosse tornando a prestare attenzione agli amici; notò che si erano avvicinati anche Dean e Seamus, e che Neville lo guardava con un pizzico di apprensione. In più, Lumacorno lanciava strane occhiate dalla sua parte, ma non sembrava troppo interessato – probabilmente perché, per fortuna, nessuno si era fatto veramente male.
        «Scusami, Harry», fece Finnigan, chinandosi per raccogliere qualcosa accanto ad una scarpa di Potter; ne approfittò per recuperare anche il libro e le pergamene sparse a terra, che poi restituì. «È stato un incidente, mi era caduto questo». Mostrò loro un piccolo sassolino blu, apparentemente innocuo.
        Ron, che era abituato a ritrovarsi attorno oggetti simili, parve riconoscerlo. «Un inciampafacile?»
        «Esattamente».
        «E io che mi ero preoccupata», soffiò Hermione, sollevata, per poi tornare alla propria postazione.
        Harry si azzardò a lasciare andare il banco, ritrovando il proprio equilibrio. «Tutto a posto, non mi sono fatto niente».
        «Meno male». Senza esitazioni, Seamus ripose l’oggetto in una scatolina e lo intascò; se avesse notato che Potter lo stava fissando incuriosito, forse gli avrebbe dato qualche spiegazione in più. «Mi dispiace che abbiano riso di te».
        Accennando un sorriso, Harry rispose con un’alzata di spalle perché capisse che non gli importava più di tanto. Non fece domande sull’inciampafacile; avrebbe chiesto a Ron in un altro momento.
        Proprio Weasley emise uno sbuffo lamentoso, mentre Seamus e Dean tornavano da dove erano venuti. «Sempre molto simpatici, i Serpeverde», commentò.
        «Già». A Harry tornò alla mente Draco il muto Malfoy. «A proposito, hai notato che Malfoy è stato zitto?» chiese di getto, non sapendo ancora cosa pensare dell’accaduto.
        «Sì. Ci sta andando bene: non ci ha ancora rivolto la parola».
        Potter ne era consapevole, eppure si sentì come se fosse stato messo davanti ad una scandalizzante verità sconosciuta. D’istinto, lanciò un’occhiata veloce al Serpeverde.
        «Non siamo più degni, evidentemente! Non che la cosa mi dispiaccia. Anzi, è molto meglio così», continuò l’altro, quasi disgustato. «Poi, sai, ho sentito una voce macabra su di lui… me ne ha parlato Dean l’altro giorno».
        «Quale voce?»
        Ma proprio in quel momento, Lumacorno richiamò l’attenzione generale per dare inizio alla lezione.
        «Ne parliamo dopo», asserì Potter, che essendo interessato all’argomento – forse anche più del dovuto – non volle relegarlo ad una serie di bisbigli.
        Fu una lezione lunga, persino più del solito; o almeno così parve a Harry. Ma la sua percezione del tempo poteva essere tranquillamente considerata difettosa – desiderava fin troppo ardentemente potersene andare per essere obiettivo, o concentrato, per quel che poteva valere.
        Era giusto un pizzico infastidito dal fatto che Malfoy sembrava considerarlo non più degno. Era un bisbetico, snob, viziato figlio di papà, perciò come si permetteva di togliergli il saluto? Non che lo volesse, sia chiaro.
        Beh, d’accordo, magari lo voleva. Ma per pura formalità; giusto per non sentirsi trattato alla stregua di un muro trasparente.
        Era buffo, a ben pensarci. Avrebbe fatto l’impossibile per poter essere trasparente agli occhi del mondo, ma proprio quando veniva considerato tale la cosa gli scocciava. Avvertì il controsenso, e tutto ciò che riuscì a dirsi a riguardo fu: trasparente sì, ma non per tutti.
        A quanto pareva, Malfoy faceva inaspettatamente parte della ristretta cerchia di eletti per cui voleva essere ben visibile. Chissà che avrebbe detto, se lo fosse venuto a sapere. Probabilmente, il suo ego sarebbe cresciuto di due misure – ed era già piuttosto ingombrante, perciò Harry preferì non immaginare lo scenario.
 
 

        Quando finalmente finì la lezione, Potter aspettò di uscire dall’aula e, poi, anche di abbandonare i sotterranei, prima di tirare in ballo l’argomento di cui Ron gli aveva accennato; una voce macabra su Malfoy, aveva detto. Era curioso.
        «Cosa mi stavi dicendo prima?» buttò lì, mentre camminavano spediti diretti alle serre di Erbologia.
        «Prima quando?»
        «Prima di Pozioni. Mi hai detto che Dean ti ha riferito una cosa».
        «Ah, sì. Su Malfoy».
        A sentir nominare il Serpeverde, anche Hermione si fece curiosa. «Malfoy?» Era sorpresa, più che altro perché non aveva prestato molta attenzione al ragazzo da quando erano tornati ad Hogwarts. Apprezzava il fatto che non li stesse più infastidendo, comunque; si sentiva anche dispiaciuta per lui a causa delle vicende della guerra e dei processi. Immaginava che la sua situazione non fosse stata facile.
        Ron annuì. «Sì. È una cosa un po’ strana. Dicono che si taglia».
        «Cosa?» cadde dalle nuvole Harry, del tutto impreparato per una notizia del genere.
        Hermione, stupefatta a sua volta, aggrottò la fronte. «Autolesionismo? Lui?» Non sapeva che pensare. «Ma chi lo dice?»
        Weasley fece spallucce. «Non so chi ha messo in giro la voce».
        Potter s’incupì. «Perché Dean l’ha detto solo a te? Insomma, poteva dirlo anche a noi». E Ron avrebbe potuto informarli prima, in effetti, ma preferì non sottolinearlo; in fondo, non era una questione che li riguardava da vicino.
        «Magari non c’è stata l’occasione. Non è che sia venuto da me a dire “ehi, ora ti racconto un pettegolezzo su Malfoy!” o cose simili», mise ben in chiaro. «Stavamo parlando di Quidditch. Nello spogliatoio, dopo gli allenamenti. Tu eri sotto la doccia, credo. Ha fatto un commento sul fatto che è convinto che possiamo stravincere tutte le partite; poi ha detto che i Serpeverde quest’anno hanno una squadra terribile».
        Ascoltando il racconto dell’amico, Harry si ritrovò ad annuire col capo – sapeva bene anche lui che, in quanto a Quidditch, i verde-argento non avrebbero dato loro troppe grane; imbrogli a parte, s’intende. In pochi avevano richiesto di entrare nella loro squadra; in pratica avevano preso tutti quelli che si erano presentati alle selezioni perché altrimenti non avrebbero avuto abbastanza giocatori.
        «Una squadra terribile con un cercatore incompetente che salta gli allenamenti», continuò Ron. «E poi mi ha raccontato quella storia su Malfoy che, comunque, non so quanto possa essere vera».
        «Spero per lui che non lo sia», mormorò Hermione, pacata.
        Potter tacque. Possibile che i tagli fossero il motivo per cui il Serpeverde si comportava in modo così anomalo? Stentava a crederci: non gli pareva proprio il tipo. Anche se, in effetti, non poteva dire di conoscerlo davvero.
 
 

        Quella sera, mentre erano in Sala Comune, l’istinto lo spinse a chiedere a Dean come era venuto a sapere l’indiscrezione riportatagli da Ron, ma purtroppo il ragazzo non seppe dargli indicazioni precise. Si limitò infatti a borbottare: «È solo una voce che ho sentito in giro».
        «Sei preoccupato?» Hermione pose quella domanda con leggerezza non appena Potter si riavvicinò a lei. «Per Malfoy, intendo. Ho sentito quello che hai chiesto a Dean, e… hai una strana espressione».
        Ron, seduto sul divanetto accanto alla ragazza, inarcò un sopracciglio. «Cosa hai chiesto a Dean?»
        «Informazioni. Su quella storia degli tagli». Rispose velocemente e a bassa voce, come se non volesse farsi sentire, e poi si sedette vicino ai due, tenendo la schiena curvata verso le ginocchia.
        «Sei preoccupato?» ribadì Hermione.
        Harry esitò prima di replicare. «Sì e no. Non sono propriamente preoccupato, ma, ecco― se fosse vero? Non dovremmo fare qualcosa?»
        «Tipo cosa?» domandò Weasley.
        «Non lo so. Aiutarlo?» Forse era il complesso dell’eroe a parlare.
        Hermione rifletté qualche istante. «Se anche la voce fosse vera, Harry, non ci sarebbero molte cose che potremmo fare. Non sarebbe compito nostro. E, in ogni caso, se vuoi la mia opinione, si tratta solo di una bufala».
        «Anche io la penso così. E comunque il nostro aiuto sarebbe l’ultima cosa che vorrebbe», puntualizzò Ron.
        Sospirò. «Avete ragione. Dovrei togliermelo dalla testa». Mentre gli amici approvavano la sua decisione, Ginny, intrattenutasi a parlare con un coetaneo fino a quel momento, si unì a loro. Tempismo perfetto, pensò Potter, lieto di avere da subito un’occasione per scacciare l’autolesionismo dalla propria mente.
 
 

        Peccato che non ci riuscì. Ovviamente poté godersi una piacevole distrazione mentre abbracciava Ginny e si raccontavano a vicenda qualche aneddoto, ma la suggestiva immagine di Malfoy che si tagliava non scomparve dai suoi pensieri né quella sera, né il giorno successivo, né quello dopo ancora: restò inchiodata dov’era, forte di un’inspiegabile tenacia.
        Finì quindi con il ritrovarsi ad osservare Draco. Non poté fare altrimenti: quasi se ne vergognava, ma una curiosità tutta particolare lo corrodeva. Lo tenne d’occhio durante le lezioni in comune, lanciò sguardi il più possibile discreti al tavolo di Serpeverde durante i pasti, e in più cercò di tenere le orecchie tese per non lasciarsi sfuggire i possibili pettegolezzi.
        Non fece parola di tutto ciò ad Hermione e Ron. Non voleva che si facessero strane idee.
        Sin dall’inizio, non gli risultò difficile capire che Draco Malfoy era ancora se stesso. Le sue espressioni tipiche non erano cambiate, così come erano rimasti immutati l’atteggiamento supponente e la voce un po’ strascicata – per quel poco che poté sentire. Avrebbe dovuto ammettere, però, che non sembrava più il ragazzo con cui era abituato ad avere a che fare: era più contenuto, meno plateale.
        Sembrava serio o pensieroso per la maggior parte del tempo, e di tanto in tanto sogghignava quando si rivolgeva scherzosamente agli altri Serpeverde; perché con loro parlava ancora. Cercò di prestare attenzione anche ai movimenti e ai gesti, che avrebbero potuto tradire qualche stato d’animo nascosto, ma non notò mai nulla fuori dall’ordinario. Tuttavia, non era certo di potersi fidare di quelle impressioni, perché sapeva quanto fosse bravo a recitare una parte.
 
 

        Dopo aver studiato per più di due settimane quell’esemplare di Malfoy selvatico, si rese conto con grande frustrazione di non aver concluso granché.
        Non l’aveva mai colto in atteggiamenti che dessero adito a dar credito alle voci di corridoio che lo riguardavano, eppure ancora non si sentiva in pace con se stesso. Forse perché, ormai, non era più la questione dei tagli il problema principale – a pensarci bene, lo era mai stato?
        Forse all’inizio, per un po’. Ma poi, squadrandolo giorno dopo giorno, la sua curiosità era stata dirottata verso una miriade di altri interrogativi, diventati ormai suoi personali tormenti. Ad esempio: perché non gli rivolgeva più la parola? C’era stata la guerra, certo, ed erano successi un sacco di casini, ma cos’era cambiato, di preciso?
        Nella sua mente c’era solo un gran caos annebbiato. Tutto ruotava attorno a quelle domande forse irrazionali che nessuna risposta, per quanto plausibile, riusciva a mettere a tacere.
        Stava pensando distrattamente proprio a quelle congetture quando, in una sera di metà Ottobre, mentre fuori pioveva e il camino nella Sala Comune di Grifondoro scoppiettava, Hermione richiamò la sua attenzione con dei colpetti su una spalla.
        Si voltò verso di lei, tornando coi piedi per terra. «Hm?»
        «Posso farti una domanda seria?»
        Harry, non sapendo se fosse o meno il caso di preoccuparsi, tentennò prima di bisbigliare: «Certo».
        «Si tratta di Ginny», anticipò.
        Stranito, aggrottò la fronte, lanciando un’occhiata ai fratelli Weasley, impegnati a giocare a scacchi; stavano entrambi sorridendo. «Dimmi pure».
        Hermione si teneva dentro quella domanda da un po’, aspettando il momento giusto per porla. «Tra voi va tutto bene?»
        Lui, non sapendo come reagire, rispose senza neanche pensarci: «Certo. Perché me lo chiedi?»
        «Così. Mi sembrava di aver notato qualcosa di strano; non passate molto tempo insieme, credevo aveste litigato». Sospirò, «Scusa, non dovrei mettere il naso in queste cose».
        «Non preoccuparti, non mi dà fastidio». S’impensierì: davvero da fuori sembrava che avessero litigato? «Secondo te passiamo poco tempo insieme?»
        «Non badare a quello che ho detto. L’importante è che stiate bene insieme».
        «Stiamo bene». Voleva convincerla, ma per qualche assurdo motivo finì con l’ottenere l’effetto totalmente opposto; cioè, lui stesso divenne meno sicuro a riguardo.
        Hermione sorrise. «Perfetto». Avrebbe dovuto fermarsi lì, ne era cosciente, ma la lingua le scivolò tra i denti e non poté trattenersi dall’aggiungere: «Avevo sempre pensato che da innamorato saresti stato diverso». Ascoltandosi, capì quanto quella frase suonasse brutta malgrado il suo pensiero fosse innocente.
        «In che senso?»
        Si sentì incastrata; desiderò di potersi rimangiare tutto, ma allo stesso tempo voleva rispondere per rendere chiare le proprie buone intenzioni. «Ti immaginavo più… preso? Con più trasporto? Non lo so». Sbuffò e fece un cenno che voleva dire: lascia perdere. «Dimentica tutto, per favore – sembra che stia dicendo cose poco carine e giuro che non è ciò che voglio. Insomma, non devi misurare le tue azioni in base alle mie aspettative».
        Harry rimase per un po’ in silenzio, processando le parole dell’amica. Più trasporto? Non ne aveva abbastanza nei confronti di Ginny? Eppure la abbracciava, la baciava, e la ascoltava sempre.
        «Io credo di averlo, il trasporto», fece ad un tratto.
        «Non ne dubito. Dico davvero. Devi scusarmi, non avrei dovuto fare quel commento». Hermione si assicurò che accettasse le sue scuse, poi, ribadendo quanto fosse felice che con Ginny tutto filasse liscio, cambiò saggiamente argomento.
 
 
» …


 
Angolo di Tormenta

Salve! c: Dunque, qualche veloce appunto. 
Autolesionismo: quasi non riesco a credere d'averlo inserito (anche se solo di sfuggita). Un po' me ne pento. Hm, comunque - il mio intento non è quello di scrivere un racconto cupo e macabro, giuro; sottolineo dunque che quelle su Malfoy che si taglia sono voci e nulla più. Avranno uno scopo, però (ovviamente).
Per il resto - la storia procede con relativa lentezza anche in questo capitolo, visto che è più che altro di passaggio, ma prometto che dal prossimo inizieranno a succedere cose, belle o brutte a seconda dei punti di vista. (Non credo esista informazione più generica di questa, ahah!)


Vi ringrazio per aver letto sin qua! Love you all! ♥
A risentirci la settimana prossima! Baci,
T. ♪

 
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