Capitolo 9 – Inferno nel Giardino di Eden
Paradosso volò brevemente al di sopra dei
terrazzi superiori del Giardino, lanciando occhiate preoccupate verso la zona
più bassa. La sua missione era di osservare e riferire; quando il corpo esanime
di un castoro in armatura medioevale gli sibilò accanto
decise che aveva osservato abbastanza. Tornò in tutta fretta dal
viceammiraglio Whip.
-
Capo
– gracchiò – io te l’avevo detto che finiva male.
-
Non
essere così pessimista, Paradosso. Avevo previsto una possibilità simile, e non
hanno speranza di raggiungerci. Piuttosto, goditi lo
spettacolo: capita raramente di poter vedere tanti esemplari di
essere umano impegnati in questo genere di lotte rituali. La mia ipotesi
è che le inscenino per dimostrare la propria forza alle loro femmine.
Il pappagallo guardò in basso, dove una folla furibonda di
pirati stava seminando la rovina nel Giardino. Al momento erano le truppe di
minor forza ad affrontarli, roditori e piccoli carnivori, e stavano cadendo giù
come birilli. Presto si sarebbero dovuti inviare orsi e grandi felini. Quei
tizi si battevano come demoni assetati di sangue.
-
La
mia ipotesi – commentò l’uccello – è che vogliano tirarti fuori le budella e impiccarti con
quelle, capo.
-
Ma dai! Quanto sei macabro, non esagerare.
-
Capo,
ti dico di prenderla sul serio, questa cosa. Libera il
vecchio, – e gettò un’occhiata a Madera, ancora tenuto stretto dal suo amico
orango – così gli dai quel che vogliono e magari si
calmano.
-
Non
se ne parla! – sbottò Whip – Ti ho
detto di stare tranquillo. Ho approntato apposite
contromisure per fronteggiare attacchi da parte degli esseri umani.
-
Tipo?
– indagò, dubbioso, il pappagallo.
-
Sparse
per il Giardino, ci sono decine di gabbiette che contengono pezzettini dei loro
cibi preferiti e pronte a richiudersi su chi provasse a mangiarli. Poi… ehi,
dove vai?
Con la maggior discrezione possibile, Paradosso stava
cercando di allontanarsi per raggiungere un punto da cui spiccare il volo e
svignarsela in tutta calma. Vistosi scoperto, proferì
un verso inintelligibile che costituiva una delle più orribili bestemmie che un
uccello possa pronunciare.
-
Paradosso!
Torna qui!
A chiunque altri gli avesse dato un
simile ordine in una simile situazione, il pappagallo avrebbe risposto con uno
sberleffo. Ma l’ordine era stato impartito da Whip, e il suo potere era indiscutibile: impossibile
disubbidire.
-
Maledetto
Frutto di Tame Tame. – brontolò
mentre tornava al suo posto, accanto al viceammiraglio.
Un cerchio di mucche assassine dal pelo nero si stringeva
sempre più nella radura. Avanzavano poco a poco, lanciando occhiate minacciose.
Alcune, più audacemente, si erano sollevate sulle zampe posteriori, roteavano
dei nunchaku tra gli zoccoli e lanciavano acutissimi
muggiti degni di Bruce Lee.
-
Flea, sbrigati…
-
Dammi
solo un secondo, ok?
Al centro del sempre più piccolo spazio libero Sanji e Flea affrontavano
i nemici spalle contro spalle. Un paio di bovini, troppo avventati, provarono a lanciarsi in avanti, ma vennero spediti via a
suon di calci. Gli altri impararono la lezione. Si vinceva se si restava uniti.
Avanzarono, compatti, di un altro passo.
-
Flea…
-
Ci
sono!
La ragazza si piegò bruscamente sulle ginocchia e infilò le
mani nel terreno. Perplesse, le mucche videro il suolo crescere, lievitare,
rigonfiarsi sotto di loro. Da un monticello di terra
sbucò una minuscola fogliolina.
-
Muu? – fece uno degli animali, avvicinandosi incuriosito.
La fogliolina schizzò fuori dal
terreno a velocità spaventosa, portandosi dietro un gigantesco tronco di legno
che sparò via la povera mucca. Altri tralci di legno sorsero da punti vicini,
crescendo con rapidità impressionante, attorcigliandosi, frustando l’aria e
sbaragliando i bovini come birilli. Alla fine, quando la crescita si interruppe, i tronchi erano così grossi e intricati da
costituire praticamente una muraglia che circondava completamente Sanji e Flea. La ragazza ritirò
le mani dal suolo e lanciò uno dei suoi ananas contro la parete. L’esplosione
aprì nel legno un foro abbastanza grande da permettere il passaggio.
-
Andiamo!
– esclamò Flea, ritirando rapidamente le radici e
cominciando a correre.
-
Sei
di grande aiuto. – disse Sanji, correndo al suo
fianco – E’ un peccato che tu non possa usare i tuoi
poteri mentre sei in movimento.
-
Che ci vuoi fare, è un prezzo da pagare.
Avanzarono ancora un po’. Ogni volta che venivano
attaccati da folti gruppi di nemici, Sanji guadagnava
tempo mentre Flea metteva radici e si preparava a
sferrare il colpo di grazia. Era un metodo lento ma efficace, e usandolo
continuarono, incessantemente, a guadagnare terreno.
Raggiunsero una delle scarpate che segnavano il passaggio
tra un terrazzo del Giardino e il successivo. L’unica via per salire era una
stretta scaletta, ma non era indifesa.
-
Merda.
– imprecò Sanji – Questo ci farà
perdere del tempo.
Scendeva placidamente i gradini un enorme coccodrillo
sorridente in canottiera. Beniamino il Bagnino. Era tanto grosso da occupare
l’intera larghezza della scala. Sanji si fece avanti,
preparandosi a combattere.
-
Ci
penso io. Tu va’ avanti, poi ti raggiungo.
Flea annuì; ma, prima ancora che la
battaglia potesse avere inizio, dai cespugli vicini emersero una sfera
luminescente e alcuni proiettili.
-
Thunder Ball!
-
Colpo
Fatale: Stella di Fuoco!
Il coccodrillo venne colpito in
pieno, ma non sembrò risentire particolarmente né della scossa, né della
piccola esplosione. Si voltò, con fare pigro ed espressione
sempre sorridente, verso il cespuglio da cui erano provenuti i colpi.
Una ragazza dai capelli arancioni
lo fronteggiava, impugnando un bastone di metallo.
-
Usopp, razza di codardo, VIENI FUORI! – gridò Nami,
furibonda.
Una ragazza dai capelli arancioni
e un tremebondo nasone lo fronteggiavano, impugnando
l’una un bastone di metallo, l’altro una fionda.
-
Cosa? – fece Flea, perplessa – Credevo che voi non
voleste aiutarci.
-
Infatti non vogliamo! – si affrettò a spiegare Nami
– Io sto solo dando una mano al mio amico, che ha
bisogno di racimolare soldi per quella famosa bevuta. Il coccodrillo è la nostra preda!
Lo sai quante borsette di valore ci si possono fare, con quella pelle?
Flea scoppiò a ridere.
-
D’accordo,
ve lo lascio. Io e Sanji andiamo
avanti, ok?
Saltarono oltre Beniamino, che cercò di azzannarli, ma venne colpito da un altro proiettile della fionda di Usopp.
-
I
tuoi avversari siamo noi! – esclamò il cecchino a voce alta.
Purtroppo, aggiunse tra sé e sé.
Al terrazzo superiore l’ambiente era quello di una foresta di conifere, fitta, buia e umida. Correndo tra quegli alberi
altissimi e il sottobosco, Sanji e Flea scoprirono presto che era particolarmente difficile
riuscire a individuare i nemici là in mezzo. Gli
attacchi a sorpresa si fecero più frequenti e pericolosi, anche perché sembrava
che a quel livello fossero schierati animali più feroci. Avevano già sconfitto
una pantera e un paio di linci quando Sanji sentì un ringhio che gli parve più basso e minaccioso di
quelli precedenti. L’attacco fu istantaneo, e non era diretto a lui.
-
Flea!
L’animale davanti a lui era diverso da tutti gli altri visti
fino ad allora. Sylvia, la tigre dai denti a sciabola,
si era avventata sulla ragazza, che non aveva avuto il tempo di radicarsi a
terra per usare i propri poteri. Per un istante, Sanji
temette il peggio. Poi vide che la tigre era ferma a mezz’aria. Guardò meglio.
-
Flea, sei incredibile! – esclamò.
La ragazza teneva la belva sollevata da terra, stringendone
con le mani le lunghe zanne.
-
Mica
tanto. – disse ansimando – Pesa un accidente, questa
cosa.
La lasciò cadere. Il felino, un po’ disorientato, scosse la
testa, ma presto si mise di nuovo in posizione di attacco.
-
Non
sarà facile, eh?
La tigre saltò in avanti, ma, anche se Sanji
e Flea si erano preparati a riceverla, non ce ne fu
bisogno. Ad arrestarla fu qualcos’altro. Le sue sciabole cozzarono contro delle
vere spade.
-
Testa
ad alga! – fece Sanji, sarcastico –
E tu, non dovevi lucidare le tue spade?
-
Infatti! – gridò in risposta Zoro – E per farlo non c’è niente di meglio del sangue di
un felino preistorico.
-
Ok, chiaro. Occupatene tu!
Di nuovo, corsero via, mentre alle loro spalle già si
sentiva il sibilo delle spade.
-
Ma riuscirà a vincere? – chiese Flea.
-
Chi,
la tigre? Purtroppo ne dubito. – sospirò Sanji,
rassegnato – Altri migliori di lei ci hanno provato e hanno fallito. Dovrò sopportare lo spadaccino ancora a lungo, temo.
Piuttosto, mi ero quasi dimenticato della tua forza. Così puoi cavartela anche
senza i tuoi poteri, no?
-
Altrochè.
– la ragazza sorrise – Non bisogna sottovalutarmi. Sinceramente, sta andando
meglio di quanto sperassi. Non immaginavo che sarebbe
stato così facile.
-
Meglio se stai zitta. Di solito, quando dici una cosa del genere, subito
dopo succede qualcosa che ti smentisc…
Un albero crollò davanti a loro, intralciandogli il cammino.
Colui che l’aveva abbattuto, con passo pesante, si
fece avanti. Sanji strinse i denti, infuriato.
-
I
miei ordini sono di uccidervi se resisterete alla cattura. Siete pregati di
arrendervi. – disse Chopper.
-
E
questo cosa sarebbe, un gorilla parlante? Ci penso io!
-
No,
Flea!
Flea scattò in avanti pronta a tirare un
pugno poderoso alla renna, ma si fermò di colpo. Una decina di braccia,
spuntate dal suo stesso corpo, l’avevano afferrata e
bloccata facendo leva sulle sue articolazioni.
-
Robin!
-
Ci
pensiamo noi. – disse Robin, emergendo dalla
boscaglia.
-
E’
un nostro amico! – urlò Luffy – Non toccarlo!
Liberata, Flea indietreggiò e
tornò al fianco di Sanji. Il cuoco guardò preoccupato
il proprio capitano:
-
Mi
raccomando, Luffy…
-
Tranquillo.
– lo rassicurò l’altro – Non gli farò troppo male.
-
E vedi di non fartene fare troppo nemmeno tu, idiota.
Ripresero ad avanzare. Ormai mancavano solo un paio di
terrazze alla sommità del Giardino e alla resa dei conti finale con Whip.
-
Dove sono Champagne e gli altri? – chiese Flea,
mentre prendeva una delle sue borracce per bere un sorso d’acqua.
-
Erano parecchio avanti a noi, mi pare. Potrebbero già essere arrivati.
Spero che riescano almeno a inventarsi qualcosa e
liberare tuo padre. Insomma, non è che siano gente
troppo sveglia.
-
Oh,
non preoccuparti! Se necessario, possono avere delle
trovate davvero astute…
-
Champagne,
secondo me ‘sta cosa non funzionerà.
-
Tu
avevi un’idea migliore, Gin?
-
Per
tua norma e regola, da trentasette anni a questa parte io non ho mai avuto nessuna idea!
-
E
allora zitto e non portare sfiga.
-
Io
non porto sfiga. Dico solo che finiremo per essere
scoperti e verremo uccisi in qualche maniera orribile.
-
Io
credo che l’idea di Champagne sia ottima, invece. Scommetto cento Beli che
funzionerà!
-
Ah,
sì, Rum? Accetto la scommessa. Se
ce la facciamo, ti do cento Beli; se invece finiamo tutti ammazzati, sarai tu a
darli a me.
-
Gin,
Rum, state zitti, porco scorfano!
Il terzetto dei Giardinieri, seguito da tutta la ciurma,
strisciava lentamente verso l’orango che teneva prigioniero Madera. Il
viceammiraglio Whip, col suo fedele pappagallo sulla
spalla, era a pochi metri di distanza, ma non li aveva notati grazie all’astuto
stratagemma ideato da Champagne: i pirati, infatti, si erano gettati addosso le pellicce ricavate scuoiando un branco di pecore
fuciliere sconfitte poco prima. In realtà, solo Whip
non li aveva notati, dal momento che osservava assorto
il Giardino sottostante dove ancora Sanji, Flea e gli altri stavano provocando un caos non
indifferente; il fedele pappagallo invece li aveva visti benissimo, e si
limitava a non dir nulla nella speranza che facessero fuori in fretta il suo
capo e per lui si creasse una buona occasione per tagliare la corda.
Champagne fece cenno ai compagni di stargli dietro. Si
avvicinò a Madera, che, cercando di apparire del tutto indifferente per non
insospettire l’orango, fischiettava tranquillo sotto la manaccia scimmiesca che
gli copriva la bocca. Le false pecore giunsero a venti metri di distanza, a
dieci metri, a cinque. Ancora Whip
non si era accorto di nulla.
Quando si trovano in momenti tanto
cruciali, spesso i pirati si appellano al signore dei mari, Davy
Jones, promettendogli offerte di cibo o ricchezze in
cambio del proprio successo. Champagne, giunto ormai a tre metri dal capitano
Madera, giurò mentalmente che se fosse riuscito a raggiungerlo senza essere
notato da Whip avrebbe donato a Davy
Jones cento pasticci di carne preparati con le
proprie mani.
Immediatamente, il viceammiraglio si voltò a guardare verso
di lui.
In effetti, i pasticci di carne preparati da Champagne
facevano proprio schifo.
Whip osservò attentamente i pirati.
Tutti cercarono di assumere un atteggiamento il più pecoresco
possibile ma, sinceramente, non era possibile credere
che un conoscitore tanto profondo del regno animale scambiasse per ovini un
branco di omaccioni messi carponi con delle pelli gettate sulla schiena. Si
prepararono alla battaglia e alla morte, se necessario.
-
Oh,
Bianchina, sei tornata! – esclamò allegramente il viceammiraglio – Che notizie
mi porti?
Champagne, incredulo per tanta fortuna, si trovò preso alla sprovvista. Ma la sua
leggendaria prontezza di spirito gli consentì di affrontare la situazione.
-
Beee, beee! – rispose, cercando di rendere
melodioso il suo vocione rauco da pirata ubriaco.
-
Il
re di Pagaia si veste da donna e balla il tip tap? – fece Whip, stranito – Ma a me interessavano notizie sulla battaglia,
veramente.
-
Beee… Beee, bee! –
riprovò Champagne, perseverante.
-
Come
sarebbe a dire, il Quartier
Generale della Marina è stato trasformato in un circo equestre? Si può
sapere che ti prende oggi, Bianchina?
Mentre Champagne continuava imperterrito la sua
conversazione, un paio di uomini, alle sue spalle,
scivolarono in direzione di Madera. In un istante, l’orango fu sopraffatto e il
capitano liberato e nascosto sotto una pelle di montone. Whip
non notò nulla, impegnato com’era ad apprendere sconvolgenti novità ed
avvenimenti. Per esempio, lo sconnesso belare di Champagne gli aveva appena
fatto sapere come eminenti scienziati del Governo avessero
dimostrato che il pianeta non aveva forma sferica, bensì quella di un
cono gelato gigante.
-
Oh,
basta, è davvero troppo! – esclamò di botto – E’
impossibile venire a conoscenza di tante cose sorprendenti così velocemente. Ho
bisogno di riflettere. Vi prego, Bianchina, ragazze, andate via, lasciatemi solo.
I pirati non credevano alle loro orecchie. Erano riusciti ad ingannarlo; avevano liberato il capitano; ed ecco
che adesso avevano una scusa perfetta per allontanarsi indisturbati!
Tanta fortuna era addirittura preoccupante. Il piano aveva avuto assoluto
successo!
-
EVVAI!
– esclamò Rum, alzandosi in piedi in mezzo al gregge di
pirati in incognito – Ho vinto la scommessa, Gin! Dammi i cento Beli che
mi devi!
Gli altri restarono in silenzio, e Rum
si zittì, con la brutta impressione di aver fatto qualcosa di orribilmente
sbagliato. Whip, paralizzato dallo stupore, riusciva
solo a balbettare:
-
Voi…
voi…
Si avvicinò a Champagne, afferrò la pelle che lo copriva e
la tirò via di botto. Il pirata gli rivolse un sorrisino e un saluto.
-
Voi…
cosa… dove sono finite Bianchina e le altre?!? – gridò
il viceammiraglio, sconvolto.
-
In
un posto migliore? – suggerì Champagne.
-
Non
ci posso credere! Le avete uccise! VOI LE AVETE UCCISE! MOSTRI!
-
Ho… ho fatto qualcosa di male? – mormorò Rum,
confuso.
-
Mi
hai appena fatto vincere la scommessa. – ghignò Gin – Ora tu devi cento Beli a me!
-
Mostri
orribili! Come avete potuto! Ora conoscerete la mia ira! Vi scatenerò contro la
più spaventosa torma che il mondo abbia mai visto! Vi
farò bruciare tra fiamme calde come quelle dell’inferno! CHE
SCENDA IN BATTAGLIA L’ARMATA DEI DRAGHI!
I pirati si sbarazzarono delle ormai inutili pelli delle
pecore e si raggrupparono, pronti a fronteggiare la nuova minaccia, qualunque
essa fosse.
-
Capitano
Madera – disse gravemente Champagne – è stato un
piacere combattere al suo fianco.
-
Io
non posso dire altrettanto, gnarr! Che
razza di salvataggio è mai questo, eh? Gnarr!
Imbecilli!
L’Armata dei Draghi, fino ad allora
rimasta nascosta nelle alte siepi circostanti, avanzò. Decine
e decine di rettili orrendi, coperti di squame, dagli occhi minacciosi e le
bocche irte di denti.
E nessuno più lungo di una
cinquantina di centimetri.
-
Sono
iguane! – esclamò Rum, ridendo sollevato – Ehi, ragazzi, sono
solo iguane! Di che abbiamo paura?
Le iguane, con prudenza, si sollevarono sulle zampe
posteriori. Le risate dei pirati andarono smorzandosi quando
si videro chiaramente le armi che quei piccoli rettili impugnavano.
-
Hanno
i lanciafiamme! Al riparo! – ordinò Champagne.
I pirati scapparono da ogni lato mentre
le iguane cominciavano a innaffiare con getti di fuoco tutto intorno a loro. Whip, come impazzito, stava in mezzo alle fiamme e rideva
sguaiatamente, rideva, rideva.
Incuriosito da quello spettacolo, il coccodrillo guardava
verso la cima dell’albero, dove una piccola nuvoletta nera si era formata e
adesso si addensava e si ingrossava sempre più.
-
Fulmine
Tenpo!
Dalla nuvola si scaricò un fulmine dritto su Beniamino, che
restò abbagliato per un istante. Poi scosse la testa violentemente e tornò in
sé. Riprese a guardare verso la cima dell’albero, con la bava
alla bocca. Le sue due prede stavano ancora nascoste in mezzo alla
chioma e non si muovevano. Pazienza, poteva aspettare.
-
Dannazione!
– gridò Nami, agitando con rabbia il Climatact – Questo coso non serve a niente, non è abbastanza potente! Quando hai
intenzione di farmi quell’upgrade di cui mi hai
parlato?
-
Non
ho avuto tempo! – ribatté Usopp – Appena ce ne andremo da qui giuro che me ne occuperò.
-
Sì,
certo. Se ce ne andremo
da qui.
Il coccodrillo addentò il tronco dell’albero e cominciò,
lentamente, a scuoterlo. La vibrazione fece quasi perdere l’equilibrio ai due
pirati, che dovettero aggrapparsi forte ai rami per non cadere.
-
E va bene. – mormorò Usopp –
Dovrò fare ricorso alla mia nuova invenzione. Fidati di me, Nami: ho un asso nella manica.
-
Usopp, come faccio a fidarmi? Tu non hai nemmeno le maniche!
-
Donna
di poca fede! Osserva: quello che mi serve per sconfiggere quel coccodrillo ce l’ho proprio qui.
Tese il braccio destro verso Nami.
Teneva la mano stretta a pugno, come se ci tenesse qualcosa di piccolo.
-
E
dici che basterà a vincere, qualunque cosa sia?
-
Altrochè.
Devo solo farglielo entrare in bocca. Sta’ a vedere.
Prima che Nami riuscisse
ad obiettare nulla, Usopp saltò giù dall’albero e
richiamò a gran voce il coccodrillo. Il rettile, infastidito, lasciò il tronco
e si voltò verso di lui. Cominciò ad avanzare.
-
Ehi,
bestiaccia, la vuoi la pappa? La vuoi? Vieni qua! Fatti sotto!
Usopp sfidava il coccodrillo come un
esperto matador fa con il toro. Era incredibile quanto coraggio stesse dimostrando.
-
Ora
ci siamo. – bisbigliò Nami, che,
tesissima, osservava la scena.
Beniamino era a meno di un metro da Usopp.
Da lì poteva raggiungerlo con un solo salto. Il pirata sventolò un’ultima volta
la mano destra davanti al rettile, che balzò. Ci fu un istante di confusione,
polvere, lotta, e alla fine il coccodrillo si allontanò, vivo e vegeto. Usopp si stringeva il braccio destro. Era ridotto a un moncherino sanguinante.
-
USOPP!
– gridò Nami, scendendo dall’albero di corsa.
-
AAH!
Nami corse a fianco del compagno,
preoccupata, con il senso di colpa di averlo lasciato da solo a combattere
contro quel mostro e di averlo condannato a quella mutilazione.
-
Oddio,
Usopp, mi dispiace, mi dispiace
tantissimo, è tutta colpa mia, dovevo…
-
Scherzetto!
Da un momento all’altro, Usopp
smise di gridare e sfoderò un sorriso di trionfo. Dal moncherino sfilò fuori la
mano destra, ancora perfettamente intatta.
-
Colpo
Fatale:
-
Non è che sia un granché, come nome… - commentò Nami.
-
Zitta.
Osserva.
Beniamino se ne stava tranquillo in un angolo, a
sgranocchiare la mano staccata. A un certo punto,
però, fece una faccia strana, qualcosa esplose nella sua bocca, i suoi denti
schizzarono fuori, in pezzi, e lui finì a pancia all’aria, con gli occhi
bianchi e la lingua a penzoloni.
-
Una
finta mano di gomma montata su quella vera. – spiegò Usopp
– E dentro c’è nascosto un Dial
Impact. Quando il coccodrillo l’ha masticata, ha
attivato il Dial e, in pratica, si è fatto saltare in
aria dall’interno! Che ne dici?
Nami tirò un sospiro
di sollievo:
-
Meno
male. Che razza di trovata. Per un po’ ho avuto paura…
L’altro la guardò con occhi malefici:
-
Cosa sento? Hai avuto paura?
-
Eh?
No, io…
-
Senti
un po’! Usopp combatte coraggiosamente contro il
nemico, mentre gli altri hanno paura!
-
No,
senti, non provarci.
-
Non
sono più io il fifone dell’equipaggio. Perché tu hai
più paura di me! Ah
Ah!
-
USOPP,
NON COSTRINGERMI A PICCHIARTI!
-
Sì,
certo… paura…
figurarsi…
Un autentico duello tra samurai è un’emozione che non
conosce eguali al mondo. Un gioco mortale di destrezza, forza
e astuzia, in cui i combattenti mettono in gioco tutto ciò che possiedono di
più prezioso: il proprio corpo, la propria vita e soprattutto il proprio onore.
Simili sfide elevano lo spirito di un uomo al livello di quello degli dèi.
-
Sei forte, ma io non ti sarò da meno. In guardia!
Roronoa Zoro
amava provare quest’emozione. Ogni volta che ne aveva l’occasione non si lasciava sfuggire la possibilità
di affrontare gli spadaccini più forti e pericolosi, sempre con coraggio,
sempre a testa alta. Purtroppo, nel corso di quell’avventura, non era stato
possibile per lui ingaggiare un duello del genere. Al servizio del
viceammiraglio Whip non c’erano animali che sapessero
maneggiare le spade. Quindi, quando si era trovato
davanti una tigre dai denti a sciabola,
aveva deciso di ripiegare su quel più modesto surrogato.
-
Non
distrarti! Sono qua!
Ma, nonostante l’impegno messo nella lotta, non è che le
emozioni fossero proprio le stesse.
Leggermente graffiata dalla punta di una delle katane,
Sylvia si allontanò prudentemente, tenendo d’occhio l’avversario. Non capiva
bene cosa stesse succedendo. Quell’umano si comportava
in modo strano, ma certamente era molto pericoloso. Aveva delle zanne molto
affilate. Ne impugnava una per mano.
-
Sto
combattendo con due spade per adattarmi al tuo stile, – spiegò
Zoro – visto che anche tu usi questa tecnica. Non
deludermi e fammi vedere cosa sai fare!
La tigre squittì leggermente e si ritirò di un passo. Perché quell’umano era così deciso e continuava a
prendersela con lei? Come filosofia di vita, Sylvia adottava un credo Zen. Poco
prima aveva provato ad azzannare la ragazza e il biondino. Non c’era riuscita; ok, non era la fine del mondo, si sarebbe ritirata in buon
ordine ammettendo la propria sconfitta. Non si sognava nemmeno di inseguirli,
quelli ormai chissà quanto erano lontani, sarebbe stata
una faticaccia. E allora perché quel tizio coi capelli
verdi sembrava averla presa di mira e non volerla più lasciare in pace?
Cercando di chiarire la situazione, Sylvia emise un ringhio sommesso.
-
Immagino
che questa sia una sfida. – commentò Zoro
con un ghigno – Considerala accettata. Fatti sotto!
Per carità. In realtà, con quel ringhio la tigre aveva
inteso dire “cerchiamo di calmarci e risolviamo la questione da persone
civili”. Ma si sa che gli umani non hanno molto
talento per le lingue. Data la difficoltà nel farsi comprendere, Sylvia reputò
saggio limitarsi a girare bordo e allontanarsi discretamente.
-
Ferma!
Come osi fuggire? Non sai che voltare la schiena al nemico è un disonore, per
un guerriero?
Il felino fece una specie di sospiro. Quello doveva essere
un altro strano trip mentale degli umani. E dire che si reputavano la specie più intelligente del
pianeta. Insomma, cosa c’è di intelligente nel restare lì a farsi menare quando si ha di fronte
un avversario più forte? Eppure Sylvia sentì che era
meglio ubbidire e fare come diceva lui. Non si sa mai come può reagire un
esaltato del genere, se contraddetto. Meglio assecondarlo.
-
Molto
bene, belva. Fino ad ora abbiamo scherzato…
Cioè, quelli per lui erano scherzi? Senso dell’umorismo piuttosto
distorto, pensò Sylvia, leccandosi le ferite che sanguinavano e bruciavano da
cani.
-
…adesso
faremo sul serio.
L’umano tirò fuori una terza
zanna e se la mise in bocca. La tigre provò un senso di nausea. Che schifezza. Il manico di quella cosa doveva essere pieno
di germi.
-
Tecnica
a Tre Spade!
E ora si metteva anche a gridare.
Sylvia non era certa di cosa fosse peggio: i suoi
attacchi o le urla balorde che li precedevano. Chiuse gli occhi e strinse i
denti, sperando che non facesse troppo
male.
-
Caccia
alla Tigre!
Il tizio fu in un attimo su di lei, colpì in velocità e
Sylvia sentì un dolore atroce al costato. Nonostante
la sofferenza, la tigre si sentì felice: quella era l’occasione di cui aveva
bisogno. Si lasciò cadere e restò a terra, immobile. Bastava che fingesse di
essere morta, con quegli squarci in pancia era abbastanza credibile.
L’umano si avvicino cauto,
squadrando il corpo riverso a terra.
Avanti, vai via. Io sono morta, non vedi?
Va’ via!
Provò a tastarlo con un piede. Nessuna reazione.
Insomma, vai via! Ma che vuoi da
me?
-
Sei
ancora viva, a quel che vedo. – disse Zoro con un
sorriso.
E CHE CAZZO! Ma questa si chiama sfiga!
-
Ti
sei battuta bene, devo riconoscerlo. Come compenso ti lascerò vivere. E un
giorno, forse, ci batteremo ancora!
Che Sandokan, Dio delle Tigri, me
ne scampi e liberi, pensò Sylvia. L’umano si allontanò
e sparì nella foresta. A questo punto si trattava di rimettersi in piedi. Con
dolore e fatica la tigre ci riuscì. Restò ferma un
momento a riflettere. Per lungo tempo, nella sua vita, non aveva mai visto
esseri umani. Poi era arrivato Whip, e ora questo
tizio. L’unica conclusione che poteva trarre da quegli incontri
era che gli umani dovevano essere tutti pazzi. Bah, almeno aveva salvato la
pellaccia.
-
Gum Gum Pistol!
Il cazzotto elastico spedì Chopper
contro un albero. La renna scosse la testa riprendendosi dallo stordimento e
partì nuovamente all’attacco. Spinta dalla cieca volontà di ubbidire agli
ordini, era praticamente inarrestabile. Essendo un
animale, Chopper non poteva sottrarsi al controllo di Whip; ma il suo lato umano lo rendeva più fedele e
affidabile della maggior parte delle varie creature che servivano il
viceammiraglio. Luffy cominciava ad avere il fiatone.
Era difficile combattere dosando le forze per non ferirlo troppo gravemente e
allo stesso tempo cercare di stordirlo o renderlo inoffensivo. Quello
continuava a rialzarsi.
-
Lascialo
a me, Luffy! Cerca di riprendere un po’ di fiato!
Robin entrò in battaglia piazzandosi
davanti a Chopper a braccia incrociate.
-
Ochenta Fleur: Gaiola!
Le braccia sorsero dal terreno e dal corpo di Chopper, intrecciandosi in un unico viluppo rosa. Le mani si
strinsero tra loro. La renna restò immobilizzata.
-
Smettete
di resistere all’arresto! – gridò Chopper, scuotendosi
per cercare di forzare il blocco.
-
Come
no. L’ho già sentita, questa frase. – Robin era al limite, lo sforzo per
mantenere tutte quelle braccia e tenere fermo l’avversario era eccessivo.
Chopper riuscì a liberare un braccio e a portarlo a una tasca dei pantaloni. Intuendo cosa stesse
per accadere, Robin cercò di bloccarglielo, ma non
riuscì a esercitare abbastanza forza. La renna si portò la mano alla bocca.
-
Rumble Ball!
La trasformazione muscolare, immediata, gonfiò il corpo di Chopper e spazzò via le braccia create da Robin. La donna cadde all’indietro, con un filo di sangue
che le scendeva dal naso. Cercò di rialzarsi, ma finì per perdere le forze e
svenire.
-
Horn Point!
Chopper si ingrossò ancor di più e
le sue corna si allungarono a dismisura. Si lanciò con una carica contro il
corpo inerme di Robin. Era a meno di due metri di distanza quando si scontrò con Luffy.
Il ragazzo lo bloccò afferrandolo per le corna.
-
Levati
di mezzo. – mugghiò la renna.
-
Neanche
per sogno! Lascia in pace Robin!
-
Lasciami.
Devo eseguire gli ordini del viceammiraglio.
-
TU
DEVI ESEGUIRE I MIEI ORDINI! IO SONO IL TUO SOLO CAPITANO! SIAMO COMPAGNI,
ACCIDENTI!
Con un violento movimento del collo, Chopper sollevò le
corna e Luffy insieme a
loro. Fece uno scarto brusco e lo spedì di volata contro un tronco. Il ragazzo
si rialzò, dolorante. Se avesse voluto, lo sapeva,
avrebbe potuto sconfiggere Chopper senza troppo sforzo.
Ma non aveva alcuna intenzione di
farlo.
Quando erano stati circondati da un branco di iguane incendiarie, Madera e i suoi pirati avevano
pensato di non potersi trovare in una situazione peggiore di quella. Ovviamente,
si sbagliavano.
Perché adesso avevano un burrone alle
spalle.
Ed erano ancora circondati da un branco di
iguane incendiarie.
-
Siamo
arrivati alla fine dell’isola, gnarr! – gridò Madera – Da qua possiamo solo saltar giù dalla
scogliera! Gnarr, siamo spacciati!
-
Allora
è il momento per provare quell’attacco.
– disse Champagne, assumendo improvvisamente una fiera posa
di combattimento.
-
L’attacco
segreto? – chiese Rum.
-
L’attacco
segreto. Il Respiro Mortale del Trio.
-
Ma che respiro mortale, gnarr! Che vaccate andate dicendo? Voi non avete nessun attacco
segreto! – sbraitò Madera, furibondo.
Ma Champagne ammiccò:
-
Capitano,
non creda che in questi vent’anni non abbiamo fatto nulla. Ci siamo duramente allenati, e adesso
siamo molto più forti di un tempo. Osservi!
Davanti agli occhi stupiti di Madera e degli altri pirati,
il trio dei Giardinieri Capo si esibì in una serie di complesse evoluzioni
combinate che culminarono nell’assunzione di una spettacolare posa plastica.
Per l’intera durata di quel balletto, le iguane cessarono il loro attacco e
attesero. Più che altro per la paralisi causata dalla vista
di uno spettacolo tanto ripugnante.
-
Gin!
– esclamò Gin, estraendo una bottiglia di gin.
-
Rum!
– esclamò Rum, estraendo una bottiglia di rum.
-
Champagne!
– esclamò Champagne, estraendo una bottiglia di whisky. No, scherzo, ovviamente
era di champagne.
Le bottiglie vennero levate al
cielo.
-
Attacco
Combinato Segreto: il Respiro Mortale del Trio!
I tre pirati si scolarono l’intero contenuto delle bottiglie
in tre secondi e due decimi esatti. Dopodichè inspirarono a pieni polmoni.
-
Attacco!
Respiro della Morte! – gridarono insieme, e soffiarono con forza verso le
iguane.
Il puzzo era intollerabile. I rettili, uno dopo l’altro,
caddero svenuti rantolando. I loro lanciafiamme restarono a terra, con misere
fiammelle agli apici delle canne.
-
Imbecilli!
Gnarr! Che cosa avete
combinato! – urlò Madera, mettendosi le mani ai capelli.
-
Eh?
Abbiamo vinto, capitano. Le abbiamo sconfitte.
-
Non
parlo di quello! Gnarr! I vapori dell’alcol! I
lanciafiamme! Gnarr! Imbecilli! Scappiamo via di qui, gente!
Illuminati da un lampo di comprensione, i pirati
cominciarono a correre, ma non riuscirono ad allontanarsi abbastanza in fretta
da evitare di risentire dell’esplosione. I gas alcolici alitati da Champagne, Rum e Gin formarono una miscela letale con l’aria; le
fiammelle che ancora i lanciafiamme emettevano fecero il resto. Una colonna di
fuoco si levò improvvisamente alle spalle dei pirati, salendo verso il cielo.
L’onda d’urto li travolse e li fece cadere a terra; ma, a parte qualche
contusione, nessuno subì danni.
-
Capitano
– mormorò riconoscente Champagne – grazie a lei siamo
salvi!
-
E grazie a voi tre cretini, gnarr, per poco non
eravamo MORTI! – sbottò in risposta Madera – Ora
togliamoci di qui.
Scapparono giù, verso la base del Giardino. Dietro di loro,
erba e siepi bruciavano in seguito all’esplosione. Le fiamme, poco a poco,
cominciarono ad estendersi.
-
Guarda,
Sanji! Cosa succede?
Su richiamo di Flea, Sanji si voltò nella direzione indicata. Un’alta fiammata
si sollevava tra la vegetazione del Giardino.
-
Non
lo so, ma non credo che sia una buona cosa. Comunque,
affrettiamoci.
Corsero su per l’ultima scalinata, più lunga delle altre,
attraversarono un breve tratto di prato diviso in settori da siepi
perfettamente squadrate e videro, in fondo, un uomo che dava loro le spalle.
Spalle coperte da un manto di pelliccia.
-
E’
Whip! Andiamo! – gridò Sanji.
Il viceammiraglio si voltò. Vide il pirata e la ragazza che
correvano verso di lui a tutta velocità.
-
Oh!
– esclamò – Porco cane!
Sanji rallentò e sorrise:
-
Ma sentilo. Se imprechi solo a vederci, significa
che hai proprio paura, eh?
-
Io
non stavo imprecando. Stavo chiamando lui!
Spuntando da chissà dove, un enorme verro di qualche
quintale corse allegramente verso Sanji e, prima che
questi potesse reagire, gli saltò addosso, rovesciandolo a terra. Cominciò a
leccargli la faccia, scodinzolando. Il pirata, dopo il primo attimo di
sorpresa, gli tirò un calcio nelle parti basse. A quel punto il maiale,
dolorante, si allontanò, col codino tra le gambe, uggiolando un po’.
-
Che razza di scherzo. – brontolò Sanji,
rialzandosi e spolverandosi un po’ il vestito.
-
Senti,
tu, vice coso! – esclamò Flea, tentando di fare la faccia
da dura – Libera subito mio padre o noi ti… ti… ti faremo
molto male! Dico bene, Sanji? Molto male, sì.
-
Spiacente,
signorina. – fece Whip, allargando
le braccia – Suo padre non è più qui. Qualche minuto fa, un branco di alcolisti travestiti da pecore lo ha già salvato. Anche
se forse questo non è il termine più giusto, visto che a questo punto saranno stati già tutti abbrustoliti dalla mia Armata dei
Draghi. Probabilmente sarebbe stato più al sicuro qui, come mio prigioniero.
Strana la vita, eh?
Flea restò sconvolta. Cominciò a
tremare, dopodichè si voltò verso il punto in cui poco prima aveva visto
l’esplosione e scattò di corsa. Il braccio di Sanji
la afferrò per la spalla e la fermò bruscamente.
-
Rimani dove sei, Flea. – disse
il pirata – Andare a salvarli in questo momento sarebbe inutile.
Dobbiamo fidarci di loro. Ma, quali che siano gli
animali con cui se la stanno vedendo…
Puntò il dito contro Whip.
-
…se
sconfiggiamo lui, quegli animali, così come Chopper e tutti gli altri,
torneranno liberi di agire come meglio credono, e
anche tuo padre e gli altri saranno salvi. Sicuramente se la sapranno cavare
contro qualche bestiaccia priva di organizzazione
militare. Dico bene, Whip?
-
Dice
bene, signor pirata. – il
viceammiraglio sorrise sinistramente – Se sarete in grado di battermi,
ovviamente. Sarò sincero: di solito cerco di essere
molto gentile con i miei simili umani, anche se non posso dire di capirli
appieno. Sono molto comprensivo.
-
Comprensivo?
– Flea si infuriò – Razza di
delinquente! Volevi farmi saltare in aria! Hai minacciato di uccidere mio
padre!
-
Era
necessario, signorina. E ho fatto tutto con molto
garbo, deve riconoscerlo. Ma voi vi siete comportati
in modo imperdonabile. Avete invaso la mia base e, soprattutto, avete ucciso le
mie care creature. Quindi, basta comprensione. Basta
gentilezza. In questo momento desidero una sola cosa…
Con un gesto brusco, il viceammiraglio gettò via il manto di
pelliccia. La sua espressione si tramutò, diventando dura, spietata.
-
…e quella è farvi a pezzi con le mie stesse mani. – concluse.
-
Molto
bene. Mi piace, Whippy. – fece Sanji
– E’ proprio quello che avevo in mente. Tu hai cercato
di far del male a Flea e ti sei preso uno dei miei
compagni, quindi anch’io sono piuttosto alterato. Questo sarà un duello alla
morte.
-
Infatti. – confermò Flea, facendo sì con
la testa – Alla morte.
Whip allargò le braccia. Obbedendo a
quel gesto e al suo potere, gli animali sciamarono fuori dal
Giardino a decine, a centinaia, a migliaia, muovendosi tutti verso il luogo
dello scontro. Dalle pieghe degli abiti del viceammiraglio emersero non solo il
serpente che aveva morso Sanji, ma decine di altri,
creando una difesa impenetrabile per il corpo dell’uomo. Dalla scogliera, alle
sue spalle, arrivarono volando uccelli e sciami di insetti
e si fermarono a mezz’aria, pronti a piombare sugli avversari.
-
E morte sia. – disse Whip, con un sorriso.
Spero che vi sia piaciuto, questo
capitolo – è uno dei miei preferiti, e in assoluto quello che mi sono divertito
di più a scrivere. Con un paio di piccole citazioni: la pecora Bianchina di ortolaniana memoria (anche se
non sono sicuro di ricordare la fonte precisa…) e il respiro alcolico mortale…
questa è per veri intenditori del fumetto. Chi sa / si ricorda di Superciuk? XD Comunque, la
prossima volta, Whip vs. Sanji
& Flea e la conclusione della storia! Attendete
con ansia XD!
X Slits: ben
arrivata, e grazie per i complimenti. Quando scrivo storie dinamiche e narrative
come questa in effetti lo faccio visualizzando sempre
gli eventi come scene di un film (o di un cartone), e cerco di trasmettere
quelle immagini “a pelle”, senza sprecarmi troppo in descrizioni, quando
possibile. Sono contento di esserci riuscito XD. Alla filosofia di Oda che tu citi sono particolarmente affezionato, e non
avrei mai fatto morire nessun personaggio, tanto meno la protagonista, al di
fuori da un flashback. Poi, in questo caso, me lo avrebbe impedito anche il
regolamento del concorso cui questa storia partecipava. In ogni caso, credo che
la certezza del fatto che la morte non faccia parte del mondo di One Piece sia un ottimo modo per mantenere la leggerezza
della storia, che altrimenti risulterebbe poco credibile, e di dare una seconda
chance di risultare simpatici anche ai cattivi più irrecuperabili. Vedi l’intera
CP9 e le sue ultime avventure (non so se tu stia seguendo i capitoli spoiler), o il mitico Buggy, o
ancora Eneru, con quella fantastica rivelazione
finale sul Fairy Vearth /
Luna. Grazie ancora e ciao, spero di ricevere i tuoi commenti anche per questi
ultimi due capitoli!
Grazie anche a Smemo92 per la
recensione e a tutti quelli che hanno letto e non recensito, come al solito. Ciao!