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Autore: Gan_HOPE326    22/02/2009    3 recensioni
Una ragazza dagli strani poteri "vegetali", un vecchio falegname scorbutico e abilissimo, un viceammiraglio della Marina piuttosto originale: sono questi, assieme alla nostra affezionatissima ciurma di Cappello di Paglia, gli ingredienti per un'avventura in puro stile One Piece. Sullo scenario dell'isola di Eden e del suo bellissimo Giardino si intrecceranno le loro storie. Molta comicità, molta azione, avventura, suspence, colpi di scena, dramma e, perche no?, anche un pochino di romanticismo.
Venite a scoprire tutto questo, quaggiù, in mezzo all'oceano più grande del mondo.
Genere: Commedia, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 9 – Inferno nel Giardino di Eden

Capitolo 9 – Inferno nel Giardino di Eden

 

Paradosso volò brevemente al di sopra dei terrazzi superiori del Giardino, lanciando occhiate preoccupate verso la zona più bassa. La sua missione era di osservare e riferire; quando il corpo esanime di un castoro in armatura medioevale gli sibilò accanto decise che aveva osservato abbastanza. Tornò in tutta fretta dal viceammiraglio Whip.

-         Capo – gracchiò – io te l’avevo detto che finiva male.

-         Non essere così pessimista, Paradosso. Avevo previsto una possibilità simile, e non hanno speranza di raggiungerci. Piuttosto, goditi lo spettacolo: capita raramente di poter vedere tanti esemplari di essere umano impegnati in questo genere di lotte rituali. La mia ipotesi è che le inscenino per dimostrare la propria forza alle loro femmine.

Il pappagallo guardò in basso, dove una folla furibonda di pirati stava seminando la rovina nel Giardino. Al momento erano le truppe di minor forza ad affrontarli, roditori e piccoli carnivori, e stavano cadendo giù come birilli. Presto si sarebbero dovuti inviare orsi e grandi felini. Quei tizi si battevano come demoni assetati di sangue.

-         La mia ipotesi – commentò l’uccello – è che vogliano tirarti fuori le budella e impiccarti con quelle, capo.

-         Ma dai! Quanto sei macabro, non esagerare.

-         Capo, ti dico di prenderla sul serio, questa cosa. Libera il vecchio, – e gettò un’occhiata a Madera, ancora tenuto stretto dal suo amico orango – così gli dai quel che vogliono e magari si calmano.

-         Non se ne parla! – sbottò Whip – Ti ho detto di stare tranquillo. Ho approntato apposite contromisure per fronteggiare attacchi da parte degli esseri umani.

-         Tipo? – indagò, dubbioso, il pappagallo.

-         Sparse per il Giardino, ci sono decine di gabbiette che contengono pezzettini dei loro cibi preferiti e pronte a richiudersi su chi provasse a mangiarli. Poi… ehi, dove vai?

Con la maggior discrezione possibile, Paradosso stava cercando di allontanarsi per raggiungere un punto da cui spiccare il volo e svignarsela in tutta calma. Vistosi scoperto, proferì un verso inintelligibile che costituiva una delle più orribili bestemmie che un uccello possa pronunciare.

-         Paradosso! Torna qui!

A chiunque altri gli avesse dato un simile ordine in una simile situazione, il pappagallo avrebbe risposto con uno sberleffo. Ma l’ordine era stato impartito da Whip, e il suo potere era indiscutibile: impossibile disubbidire.

-         Maledetto Frutto di Tame Tame. – brontolò mentre tornava al suo posto, accanto al viceammiraglio.

 

Un cerchio di mucche assassine dal pelo nero si stringeva sempre più nella radura. Avanzavano poco a poco, lanciando occhiate minacciose. Alcune, più audacemente, si erano sollevate sulle zampe posteriori, roteavano dei nunchaku tra gli zoccoli e lanciavano acutissimi muggiti degni di Bruce Lee.

-         Flea, sbrigati…

-         Dammi solo un secondo, ok?

Al centro del sempre più piccolo spazio libero Sanji e Flea affrontavano i nemici spalle contro spalle. Un paio di bovini, troppo avventati, provarono a lanciarsi in avanti, ma vennero spediti via a suon di calci. Gli altri impararono la lezione. Si vinceva se si restava uniti. Avanzarono, compatti, di un altro passo.

-         Flea

-         Ci sono!

La ragazza si piegò bruscamente sulle ginocchia e infilò le mani nel terreno. Perplesse, le mucche videro il suolo crescere, lievitare, rigonfiarsi sotto di loro. Da un monticello di terra sbucò una minuscola fogliolina.

-         Muu? – fece uno degli animali, avvicinandosi incuriosito.

La fogliolina schizzò fuori dal terreno a velocità spaventosa, portandosi dietro un gigantesco tronco di legno che sparò via la povera mucca. Altri tralci di legno sorsero da punti vicini, crescendo con rapidità impressionante, attorcigliandosi, frustando l’aria e sbaragliando i bovini come birilli. Alla fine, quando la crescita si interruppe, i tronchi erano così grossi e intricati da costituire praticamente una muraglia che circondava completamente Sanji e Flea. La ragazza ritirò le mani dal suolo e lanciò uno dei suoi ananas contro la parete. L’esplosione aprì nel legno un foro abbastanza grande da permettere il passaggio.

-         Andiamo! – esclamò Flea, ritirando rapidamente le radici e cominciando a correre.

-         Sei di grande aiuto. – disse Sanji, correndo al suo fianco – E’ un peccato che tu non possa usare i tuoi poteri mentre sei in movimento.

-         Che ci vuoi fare, è un prezzo da pagare.

Avanzarono ancora un po’. Ogni volta che venivano attaccati da folti gruppi di nemici, Sanji guadagnava tempo mentre Flea metteva radici e si preparava a sferrare il colpo di grazia. Era un metodo lento ma efficace, e usandolo continuarono, incessantemente, a guadagnare terreno.

Raggiunsero una delle scarpate che segnavano il passaggio tra un terrazzo del Giardino e il successivo. L’unica via per salire era una stretta scaletta, ma non era indifesa.

-         Merda. – imprecò Sanji – Questo ci farà perdere del tempo.

Scendeva placidamente i gradini un enorme coccodrillo sorridente in canottiera. Beniamino il Bagnino. Era tanto grosso da occupare l’intera larghezza della scala. Sanji si fece avanti, preparandosi a combattere.

-         Ci penso io. Tu va’ avanti, poi ti raggiungo.

Flea annuì; ma, prima ancora che la battaglia potesse avere inizio, dai cespugli vicini emersero una sfera luminescente e alcuni proiettili.

-         Thunder Ball!

-         Colpo Fatale: Stella di Fuoco!

Il coccodrillo venne colpito in pieno, ma non sembrò risentire particolarmente né della scossa, né della piccola esplosione. Si voltò, con fare pigro ed espressione sempre sorridente, verso il cespuglio da cui erano provenuti i colpi.

Una ragazza dai capelli arancioni lo fronteggiava, impugnando un bastone di metallo.

-         Usopp, razza di codardo, VIENI FUORI! – gridò Nami, furibonda.

Una ragazza dai capelli arancioni e un tremebondo nasone lo fronteggiavano, impugnando l’una un bastone di metallo, l’altro una fionda.

-         Cosa? – fece Flea, perplessa – Credevo che voi non voleste aiutarci.

-         Infatti non vogliamo! – si affrettò a spiegare Nami – Io sto solo dando una mano al mio amico, che ha bisogno di racimolare soldi per quella famosa bevuta. Il coccodrillo è la nostra  preda! Lo sai quante borsette di valore ci si possono fare, con quella pelle?

Flea scoppiò a ridere.

-         D’accordo, ve lo lascio. Io e Sanji andiamo avanti, ok?

Saltarono oltre Beniamino, che cercò di azzannarli, ma venne colpito da un altro proiettile della fionda di Usopp.

-         I tuoi avversari siamo noi! – esclamò il cecchino a voce alta.

Purtroppo, aggiunse tra sé e sé.

Al terrazzo superiore l’ambiente era quello di una foresta di conifere, fitta, buia e umida. Correndo tra quegli alberi altissimi e il sottobosco, Sanji e Flea scoprirono presto che era particolarmente difficile riuscire a individuare i nemici là in mezzo. Gli attacchi a sorpresa si fecero più frequenti e pericolosi, anche perché sembrava che a quel livello fossero schierati animali più feroci. Avevano già sconfitto una pantera e un paio di linci quando Sanji sentì un ringhio che gli parve più basso e minaccioso di quelli precedenti. L’attacco fu istantaneo, e non era diretto a lui.

-         Flea!

L’animale davanti a lui era diverso da tutti gli altri visti fino ad allora. Sylvia, la tigre dai denti a sciabola, si era avventata sulla ragazza, che non aveva avuto il tempo di radicarsi a terra per usare i propri poteri. Per un istante, Sanji temette il peggio. Poi vide che la tigre era ferma a mezz’aria. Guardò meglio.

-         Flea, sei incredibile! – esclamò.

La ragazza teneva la belva sollevata da terra, stringendone con le mani le lunghe zanne.

-         Mica tanto. – disse ansimando – Pesa un accidente, questa cosa.

La lasciò cadere. Il felino, un po’ disorientato, scosse la testa, ma presto si mise di nuovo in posizione di attacco.

-         Non sarà facile, eh?

La tigre saltò in avanti, ma, anche se Sanji e Flea si erano preparati a riceverla, non ce ne fu bisogno. Ad arrestarla fu qualcos’altro. Le sue sciabole cozzarono contro delle vere spade.

-         Testa ad alga! – fece Sanji, sarcastico – E tu, non dovevi lucidare le tue spade?

-         Infatti! – gridò in risposta Zoro – E per farlo non c’è niente di meglio del sangue di un felino preistorico.

-         Ok, chiaro. Occupatene tu!

Di nuovo, corsero via, mentre alle loro spalle già si sentiva il sibilo delle spade.

-         Ma riuscirà a vincere? – chiese Flea.

-         Chi, la tigre? Purtroppo ne dubito. – sospirò Sanji, rassegnato – Altri migliori di lei ci hanno provato e hanno fallito. Dovrò sopportare lo spadaccino ancora a lungo, temo. Piuttosto, mi ero quasi dimenticato della tua forza. Così puoi cavartela anche senza i tuoi poteri, no?

-         Altrochè. – la ragazza sorrise – Non bisogna sottovalutarmi. Sinceramente, sta andando meglio di quanto sperassi. Non immaginavo che sarebbe stato così facile.

-         Meglio se stai zitta. Di solito, quando dici una cosa del genere, subito dopo succede qualcosa che ti smentisc

Un albero crollò davanti a loro, intralciandogli il cammino. Colui che l’aveva abbattuto, con passo pesante, si fece avanti. Sanji strinse i denti, infuriato.

-         I miei ordini sono di uccidervi se resisterete alla cattura. Siete pregati di arrendervi. – disse Chopper.

-         E questo cosa sarebbe, un gorilla parlante? Ci penso io!

-         No, Flea!

Flea scattò in avanti pronta a tirare un pugno poderoso alla renna, ma si fermò di colpo. Una decina di braccia, spuntate dal suo stesso corpo, l’avevano afferrata e bloccata facendo leva sulle sue articolazioni.

-         Robin!

-         Ci pensiamo noi. – disse Robin, emergendo dalla boscaglia.

-         E’ un nostro amico! – urlò Luffy – Non toccarlo!

Liberata, Flea indietreggiò e tornò al fianco di Sanji. Il cuoco guardò preoccupato il proprio capitano:

-         Mi raccomando, Luffy

-         Tranquillo. – lo rassicurò l’altro – Non gli farò troppo male.

-         E vedi di non fartene fare troppo nemmeno tu, idiota.

Ripresero ad avanzare. Ormai mancavano solo un paio di terrazze alla sommità del Giardino e alla resa dei conti finale con Whip.

-         Dove sono Champagne e gli altri? – chiese Flea, mentre prendeva una delle sue borracce per bere un sorso d’acqua.

-         Erano parecchio avanti a noi, mi pare. Potrebbero già essere arrivati. Spero che riescano almeno a inventarsi qualcosa e liberare tuo padre. Insomma, non è che siano gente troppo sveglia.

-         Oh, non preoccuparti! Se necessario, possono avere delle trovate davvero astute…

 

-         Champagne, secondo me ‘sta cosa non funzionerà.

-         Tu avevi un’idea migliore, Gin?

-         Per tua norma e regola, da trentasette anni a questa parte io non ho mai avuto nessuna idea!

-         E allora zitto e non portare sfiga.

-         Io non porto sfiga. Dico solo che finiremo per essere scoperti e verremo uccisi in qualche maniera orribile.

-         Io credo che l’idea di Champagne sia ottima, invece. Scommetto cento Beli che funzionerà!

-         Ah, sì, Rum? Accetto la scommessa. Se ce la facciamo, ti do cento Beli; se invece finiamo tutti ammazzati, sarai tu a darli a me.

-         Gin, Rum, state zitti, porco scorfano!

Il terzetto dei Giardinieri, seguito da tutta la ciurma, strisciava lentamente verso l’orango che teneva prigioniero Madera. Il viceammiraglio Whip, col suo fedele pappagallo sulla spalla, era a pochi metri di distanza, ma non li aveva notati grazie all’astuto stratagemma ideato da Champagne: i pirati, infatti, si erano gettati addosso le pellicce ricavate scuoiando un branco di pecore fuciliere sconfitte poco prima. In realtà, solo Whip non li aveva notati, dal momento che osservava assorto il Giardino sottostante dove ancora Sanji, Flea e gli altri stavano provocando un caos non indifferente; il fedele pappagallo invece li aveva visti benissimo, e si limitava a non dir nulla nella speranza che facessero fuori in fretta il suo capo e per lui si creasse una buona occasione per tagliare la corda.

Champagne fece cenno ai compagni di stargli dietro. Si avvicinò a Madera, che, cercando di apparire del tutto indifferente per non insospettire l’orango, fischiettava tranquillo sotto la manaccia scimmiesca che gli copriva la bocca. Le false pecore giunsero a venti metri di distanza, a dieci metri, a cinque. Ancora Whip non si era accorto di nulla.

Quando si trovano in momenti tanto cruciali, spesso i pirati si appellano al signore dei mari, Davy Jones, promettendogli offerte di cibo o ricchezze in cambio del proprio successo. Champagne, giunto ormai a tre metri dal capitano Madera, giurò mentalmente che se fosse riuscito a raggiungerlo senza essere notato da Whip avrebbe donato a Davy Jones cento pasticci di carne preparati con le proprie mani.

Immediatamente, il viceammiraglio si voltò a guardare verso di lui.

In effetti, i pasticci di carne preparati da Champagne facevano proprio schifo.

Whip osservò attentamente i pirati. Tutti cercarono di assumere un atteggiamento il più pecoresco possibile ma, sinceramente, non era possibile credere che un conoscitore tanto profondo del regno animale scambiasse per ovini un branco di omaccioni messi carponi con delle pelli gettate sulla schiena. Si prepararono alla battaglia e alla morte, se necessario.

-         Oh, Bianchina, sei tornata! – esclamò allegramente il viceammiraglio – Che notizie mi porti?

Champagne, incredulo per tanta fortuna, si trovò preso alla sprovvista. Ma la sua leggendaria prontezza di spirito gli consentì di affrontare la situazione.

-         Beee, beee! – rispose, cercando di rendere melodioso il suo vocione rauco da pirata ubriaco.

-         Il re di Pagaia si veste da donna e balla il tip tap? – fece Whip, stranito – Ma a me interessavano notizie sulla battaglia, veramente.

-         BeeeBeee, bee! – riprovò Champagne, perseverante.

-         Come sarebbe a dire, il Quartier Generale della Marina è stato trasformato in un circo equestre? Si può sapere che ti prende oggi, Bianchina?

Mentre Champagne continuava imperterrito la sua conversazione, un paio di uomini, alle sue spalle, scivolarono in direzione di Madera. In un istante, l’orango fu sopraffatto e il capitano liberato e nascosto sotto una pelle di montone. Whip non notò nulla, impegnato com’era ad apprendere sconvolgenti novità ed avvenimenti. Per esempio, lo sconnesso belare di Champagne gli aveva appena fatto sapere come eminenti scienziati del Governo avessero dimostrato che il pianeta non aveva forma sferica, bensì quella di un cono gelato gigante.

-         Oh, basta, è davvero troppo! – esclamò di botto – E’ impossibile venire a conoscenza di tante cose sorprendenti così velocemente. Ho bisogno di riflettere. Vi prego, Bianchina, ragazze, andate via, lasciatemi solo.

I pirati non credevano alle loro orecchie. Erano riusciti ad ingannarlo; avevano liberato il capitano; ed ecco che adesso avevano una scusa perfetta per allontanarsi indisturbati! Tanta fortuna era addirittura preoccupante. Il piano aveva avuto assoluto successo! 

-         EVVAI! – esclamò Rum, alzandosi in piedi in mezzo al gregge di pirati in incognito – Ho vinto la scommessa, Gin! Dammi i cento Beli che mi devi!

Gli altri restarono in silenzio, e Rum si zittì, con la brutta impressione di aver fatto qualcosa di orribilmente sbagliato. Whip, paralizzato dallo stupore, riusciva solo a balbettare:

-         Voi… voi…

Si avvicinò a Champagne, afferrò la pelle che lo copriva e la tirò via di botto. Il pirata gli rivolse un sorrisino e un saluto.

-         Voi… cosa… dove sono finite Bianchina e le altre?!? – gridò il viceammiraglio, sconvolto.

-         In un posto migliore? – suggerì Champagne.

-         Non ci posso credere! Le avete uccise! VOI LE AVETE UCCISE! MOSTRI!

-         Ho… ho fatto qualcosa di male? – mormorò Rum, confuso.

-         Mi hai appena fatto vincere la scommessa. – ghignò Gin – Ora tu devi cento Beli a me!

-         Mostri orribili! Come avete potuto! Ora conoscerete la mia ira! Vi scatenerò contro la più spaventosa torma che il mondo abbia mai visto! Vi farò bruciare tra fiamme calde come quelle dell’inferno! CHE SCENDA IN BATTAGLIA L’ARMATA DEI DRAGHI!

I pirati si sbarazzarono delle ormai inutili pelli delle pecore e si raggrupparono, pronti a fronteggiare la nuova minaccia, qualunque essa fosse.

-         Capitano Madera – disse gravemente Champagne – è stato un piacere combattere al suo fianco.

-         Io non posso dire altrettanto, gnarr! Che razza di salvataggio è mai questo, eh? Gnarr! Imbecilli!

L’Armata dei Draghi, fino ad allora rimasta nascosta nelle alte siepi circostanti, avanzò. Decine e decine di rettili orrendi, coperti di squame, dagli occhi minacciosi e le bocche irte di denti.

E nessuno più lungo di una cinquantina di centimetri.

-         Sono iguane! – esclamò Rum, ridendo sollevato – Ehi, ragazzi, sono solo iguane! Di che abbiamo paura?

Le iguane, con prudenza, si sollevarono sulle zampe posteriori. Le risate dei pirati andarono smorzandosi quando si videro chiaramente le armi che quei piccoli rettili impugnavano.

-         Hanno i lanciafiamme! Al riparo! – ordinò Champagne.

I pirati scapparono da ogni lato mentre le iguane cominciavano a innaffiare con getti di fuoco tutto intorno a loro. Whip, come impazzito, stava in mezzo alle fiamme e rideva sguaiatamente, rideva, rideva.

 

Incuriosito da quello spettacolo, il coccodrillo guardava verso la cima dell’albero, dove una piccola nuvoletta nera si era formata e adesso si addensava e si ingrossava sempre più.

-         Fulmine Tenpo!

Dalla nuvola si scaricò un fulmine dritto su Beniamino, che restò abbagliato per un istante. Poi scosse la testa violentemente e tornò in sé. Riprese a guardare verso la cima dell’albero, con la bava alla bocca. Le sue due prede stavano ancora nascoste in mezzo alla chioma e non si muovevano. Pazienza, poteva aspettare.

-         Dannazione! – gridò Nami, agitando con rabbia il Climatact – Questo coso non serve a niente, non è abbastanza potente! Quando hai intenzione di farmi quell’upgrade di cui mi hai parlato?

-         Non ho avuto tempo! – ribatté Usopp – Appena ce ne andremo da qui giuro che me ne occuperò.

-         Sì, certo. Se ce ne andremo da qui.

Il coccodrillo addentò il tronco dell’albero e cominciò, lentamente, a scuoterlo. La vibrazione fece quasi perdere l’equilibrio ai due pirati, che dovettero aggrapparsi forte ai rami per non cadere.

-         E va bene. – mormorò Usopp – Dovrò fare ricorso alla mia nuova invenzione. Fidati di me, Nami: ho un asso nella manica.

-         Usopp, come faccio a fidarmi? Tu non hai nemmeno le maniche!

-         Donna di poca fede! Osserva: quello che mi serve per sconfiggere quel coccodrillo ce l’ho proprio qui.

Tese il braccio destro verso Nami. Teneva la mano stretta a pugno, come se ci tenesse qualcosa di piccolo.

-         E dici che basterà a vincere, qualunque cosa sia?

-         Altrochè. Devo solo farglielo entrare in bocca. Sta’ a vedere.

Prima che Nami riuscisse ad obiettare nulla, Usopp saltò giù dall’albero e richiamò a gran voce il coccodrillo. Il rettile, infastidito, lasciò il tronco e si voltò verso di lui. Cominciò ad avanzare.

-         Ehi, bestiaccia, la vuoi la pappa? La vuoi? Vieni qua! Fatti sotto!

Usopp sfidava il coccodrillo come un esperto matador fa con il toro. Era incredibile quanto coraggio stesse dimostrando.

-         Ora ci siamo. – bisbigliò Nami, che, tesissima, osservava la scena.

Beniamino era a meno di un metro da Usopp. Da lì poteva raggiungerlo con un solo salto. Il pirata sventolò un’ultima volta la mano destra davanti al rettile, che balzò. Ci fu un istante di confusione, polvere, lotta, e alla fine il coccodrillo si allontanò, vivo e vegeto. Usopp si stringeva il braccio destro. Era ridotto a un moncherino sanguinante.

-         USOPP! – gridò Nami, scendendo dall’albero di corsa.

-         AAH! LA MANO! LA MIA MANO!

Nami corse a fianco del compagno, preoccupata, con il senso di colpa di averlo lasciato da solo a combattere contro quel mostro e di averlo condannato a quella mutilazione.

-         Oddio, Usopp, mi dispiace, mi dispiace tantissimo, è tutta colpa mia, dovevo…

-         Scherzetto!

Da un momento all’altro, Usopp smise di gridare e sfoderò un sorriso di trionfo. Dal moncherino sfilò fuori la mano destra, ancora perfettamente intatta.

-         Colpo Fatale: la Mano Morta di Usopp! – annunciò allegramente.

-         Non è che sia un granché, come nome… - commentò Nami.

-         Zitta. Osserva.

Beniamino se ne stava tranquillo in un angolo, a sgranocchiare la mano staccata. A un certo punto, però, fece una faccia strana, qualcosa esplose nella sua bocca, i suoi denti schizzarono fuori, in pezzi, e lui finì a pancia all’aria, con gli occhi bianchi e la lingua a penzoloni.

-         Una finta mano di gomma montata su quella vera. – spiegò Usopp – E dentro c’è nascosto un Dial Impact. Quando il coccodrillo l’ha masticata, ha attivato il Dial e, in pratica, si è fatto saltare in aria dall’interno! Che ne dici?

Nami tirò un sospiro di sollievo:

-         Meno male. Che razza di trovata. Per un po’ ho avuto paura…

L’altro la guardò con occhi malefici:

-         Cosa sento? Hai avuto paura?

-         Eh? No, io…

-         Senti un po’! Usopp combatte coraggiosamente contro il nemico, mentre gli altri hanno paura!

-         No, senti, non provarci.

-         Non sono più io il fifone dell’equipaggio. Perché tu hai più paura di me! Ah Ah!

-         USOPP, NON COSTRINGERMI A PICCHIARTI!

-         Sì, certo… paura… figurarsi…

 

Un autentico duello tra samurai è un’emozione che non conosce eguali al mondo. Un gioco mortale di destrezza, forza e astuzia, in cui i combattenti mettono in gioco tutto ciò che possiedono di più prezioso: il proprio corpo, la propria vita e soprattutto il proprio onore. Simili sfide elevano lo spirito di un uomo al livello di quello degli dèi.

-         Sei forte, ma io non ti sarò da meno. In guardia!

Roronoa Zoro amava provare quest’emozione. Ogni volta che ne aveva l’occasione non si lasciava sfuggire la possibilità di affrontare gli spadaccini più forti e pericolosi, sempre con coraggio, sempre a testa alta. Purtroppo, nel corso di quell’avventura, non era stato possibile per lui ingaggiare un duello del genere. Al servizio del viceammiraglio Whip non c’erano animali che sapessero maneggiare le spade. Quindi, quando si era trovato davanti una tigre dai denti a sciabola, aveva deciso di ripiegare su quel più modesto surrogato.

-         Non distrarti! Sono qua!

Ma, nonostante l’impegno messo nella lotta, non è che le emozioni fossero proprio le stesse.

Leggermente graffiata dalla punta di una delle katane, Sylvia si allontanò prudentemente, tenendo d’occhio l’avversario. Non capiva bene cosa stesse succedendo. Quell’umano si comportava in modo strano, ma certamente era molto pericoloso. Aveva delle zanne molto affilate. Ne impugnava una per mano.

-         Sto combattendo con due spade per adattarmi al tuo stile, – spiegò Zoro – visto che anche tu usi questa tecnica. Non deludermi e fammi vedere cosa sai fare!

La tigre squittì leggermente e si ritirò di un passo. Perché quell’umano era così deciso e continuava a prendersela con lei? Come filosofia di vita, Sylvia adottava un credo Zen. Poco prima aveva provato ad azzannare la ragazza e il biondino. Non c’era riuscita; ok, non era la fine del mondo, si sarebbe ritirata in buon ordine ammettendo la propria sconfitta. Non si sognava nemmeno di inseguirli, quelli ormai chissà quanto erano lontani, sarebbe stata una faticaccia. E allora perché quel tizio coi capelli verdi sembrava averla presa di mira e non volerla più lasciare in pace? Cercando di chiarire la situazione, Sylvia emise un ringhio sommesso.

-         Immagino che questa sia una sfida. – commentò Zoro con un ghigno – Considerala accettata. Fatti sotto!

Per carità. In realtà, con quel ringhio la tigre aveva inteso dire “cerchiamo di calmarci e risolviamo la questione da persone civili”. Ma si sa che gli umani non hanno molto talento per le lingue. Data la difficoltà nel farsi comprendere, Sylvia reputò saggio limitarsi a girare bordo e allontanarsi discretamente.

-         Ferma! Come osi fuggire? Non sai che voltare la schiena al nemico è un disonore, per un guerriero?

Il felino fece una specie di sospiro. Quello doveva essere un altro strano trip mentale degli umani. E dire che si reputavano la specie più intelligente del pianeta. Insomma, cosa c’è di intelligente nel restare lì a farsi menare quando si ha di fronte un avversario più forte? Eppure Sylvia sentì che era meglio ubbidire e fare come diceva lui. Non si sa mai come può reagire un esaltato del genere, se contraddetto. Meglio assecondarlo.

-         Molto bene, belva. Fino ad ora abbiamo scherzato…

Cioè, quelli per lui erano scherzi? Senso dell’umorismo piuttosto distorto, pensò Sylvia, leccandosi le ferite che sanguinavano e bruciavano da cani.

-         …adesso faremo sul serio.

L’umano tirò fuori una terza zanna e se la mise in bocca. La tigre provò un senso di nausea. Che schifezza. Il manico di quella cosa doveva essere pieno di germi.

-         Tecnica a Tre Spade!

E ora si metteva anche a gridare. Sylvia non era certa di cosa fosse peggio: i suoi attacchi o le urla balorde che li precedevano. Chiuse gli occhi e strinse i denti, sperando che non facesse troppo male.

-         Caccia alla Tigre!

Il tizio fu in un attimo su di lei, colpì in velocità e Sylvia sentì un dolore atroce al costato. Nonostante la sofferenza, la tigre si sentì felice: quella era l’occasione di cui aveva bisogno. Si lasciò cadere e restò a terra, immobile. Bastava che fingesse di essere morta, con quegli squarci in pancia era abbastanza credibile.

L’umano si avvicino cauto, squadrando il corpo riverso a terra.

Avanti, vai via. Io sono morta, non vedi? Va’ via!

Provò a tastarlo con un piede. Nessuna reazione.

Insomma, vai via! Ma che vuoi da me?

-         Sei ancora viva, a quel che vedo. – disse Zoro con un sorriso.

E CHE CAZZO! Ma questa si chiama sfiga!

-         Ti sei battuta bene, devo riconoscerlo. Come compenso ti lascerò vivere. E un giorno, forse, ci batteremo ancora!

Che Sandokan, Dio delle Tigri, me ne scampi e liberi, pensò Sylvia. L’umano si allontanò e sparì nella foresta. A questo punto si trattava di rimettersi in piedi. Con dolore e fatica la tigre ci riuscì. Restò ferma un momento a riflettere. Per lungo tempo, nella sua vita, non aveva mai visto esseri umani. Poi era arrivato Whip, e ora questo tizio. L’unica conclusione che poteva trarre da quegli incontri era che gli umani dovevano essere tutti pazzi. Bah, almeno aveva salvato la pellaccia.

 

-         Gum Gum Pistol!

Il cazzotto elastico spedì Chopper contro un albero. La renna scosse la testa riprendendosi dallo stordimento e partì nuovamente all’attacco. Spinta dalla cieca volontà di ubbidire agli ordini, era praticamente inarrestabile. Essendo un animale, Chopper non poteva sottrarsi al controllo di Whip; ma il suo lato umano lo rendeva più fedele e affidabile della maggior parte delle varie creature che servivano il viceammiraglio. Luffy cominciava ad avere il fiatone. Era difficile combattere dosando le forze per non ferirlo troppo gravemente e allo stesso tempo cercare di stordirlo o renderlo inoffensivo. Quello continuava a rialzarsi.

-         Lascialo a me, Luffy! Cerca di riprendere un po’ di fiato!

Robin entrò in battaglia piazzandosi davanti a Chopper a braccia incrociate.

-         Ochenta Fleur: Gaiola!

Le braccia sorsero dal terreno e dal corpo di Chopper, intrecciandosi in un unico viluppo rosa. Le mani si strinsero tra loro. La renna restò immobilizzata.

-         Smettete di resistere all’arresto! – gridò Chopper, scuotendosi per cercare di forzare il blocco.

-         Come no. L’ho già sentita, questa frase. – Robin era al limite, lo sforzo per mantenere tutte quelle braccia e tenere fermo l’avversario era eccessivo.

Chopper riuscì a liberare un braccio e a portarlo a una tasca dei pantaloni. Intuendo cosa stesse per accadere, Robin cercò di bloccarglielo, ma non riuscì a esercitare abbastanza forza. La renna si portò la mano alla bocca.

-         Rumble Ball!

La trasformazione muscolare, immediata, gonfiò il corpo di Chopper e spazzò via le braccia create da Robin. La donna cadde all’indietro, con un filo di sangue che le scendeva dal naso. Cercò di rialzarsi, ma finì per perdere le forze e svenire.

-         Horn Point!

Chopper si ingrossò ancor di più e le sue corna si allungarono a dismisura. Si lanciò con una carica contro il corpo inerme di Robin. Era a meno di due metri di distanza quando si scontrò con Luffy. Il ragazzo lo bloccò afferrandolo per le corna.

-         Levati di mezzo. – mugghiò la renna.

-         Neanche per sogno! Lascia in pace Robin!

-         Lasciami. Devo eseguire gli ordini del viceammiraglio.

-         TU DEVI ESEGUIRE I MIEI ORDINI! IO SONO IL TUO SOLO CAPITANO! SIAMO COMPAGNI, ACCIDENTI!

Con un violento movimento del collo, Chopper sollevò le corna e Luffy insieme a loro. Fece uno scarto brusco e lo spedì di volata contro un tronco. Il ragazzo si rialzò, dolorante. Se avesse voluto, lo sapeva, avrebbe potuto sconfiggere Chopper senza troppo sforzo.

Ma non aveva alcuna intenzione di farlo.

 

Quando erano stati circondati da un branco di iguane incendiarie, Madera e i suoi pirati avevano pensato di non potersi trovare in una situazione peggiore di quella. Ovviamente, si sbagliavano.

Perché adesso avevano un burrone alle spalle.

Ed erano ancora circondati da un branco di iguane incendiarie.

-         Siamo arrivati alla fine dell’isola, gnarr! – gridò Madera – Da qua possiamo solo saltar giù dalla scogliera! Gnarr, siamo spacciati!

-         Allora è il momento per provare quell’attacco. – disse Champagne, assumendo improvvisamente una fiera posa di combattimento.

-         L’attacco segreto? – chiese Rum.

-         L’attacco segreto. Il Respiro Mortale del Trio.

-         Ma che respiro mortale, gnarr! Che vaccate andate dicendo? Voi non avete nessun attacco segreto! – sbraitò Madera, furibondo.

Ma Champagne ammiccò:

-         Capitano, non creda che in questi vent’anni non abbiamo fatto nulla. Ci siamo duramente allenati, e adesso siamo molto più forti di un tempo. Osservi!

Davanti agli occhi stupiti di Madera e degli altri pirati, il trio dei Giardinieri Capo si esibì in una serie di complesse evoluzioni combinate che culminarono nell’assunzione di una spettacolare posa plastica. Per l’intera durata di quel balletto, le iguane cessarono il loro attacco e attesero. Più che altro per la paralisi causata dalla vista di uno spettacolo tanto ripugnante.

-         Gin! – esclamò Gin, estraendo una bottiglia di gin.

-         Rum! – esclamò Rum, estraendo una bottiglia di rum.

-         Champagne! – esclamò Champagne, estraendo una bottiglia di whisky. No, scherzo, ovviamente era di champagne.

Le bottiglie vennero levate al cielo.

-         Attacco Combinato Segreto: il Respiro Mortale del Trio!

I tre pirati si scolarono l’intero contenuto delle bottiglie in tre secondi e due decimi esatti. Dopodichè inspirarono a pieni polmoni.

-         Attacco! Respiro della Morte! – gridarono insieme, e soffiarono con forza verso le iguane.

Il puzzo era intollerabile. I rettili, uno dopo l’altro, caddero svenuti rantolando. I loro lanciafiamme restarono a terra, con misere fiammelle agli apici delle canne.

-         Imbecilli! Gnarr! Che cosa avete combinato! – urlò Madera, mettendosi le mani ai capelli.

-         Eh? Abbiamo vinto, capitano. Le abbiamo sconfitte.

-         Non parlo di quello! Gnarr! I vapori dell’alcol! I lanciafiamme! Gnarr! Imbecilli! Scappiamo via di qui, gente!

Illuminati da un lampo di comprensione, i pirati cominciarono a correre, ma non riuscirono ad allontanarsi abbastanza in fretta da evitare di risentire dell’esplosione. I gas alcolici alitati da Champagne, Rum e Gin formarono una miscela letale con l’aria; le fiammelle che ancora i lanciafiamme emettevano fecero il resto. Una colonna di fuoco si levò improvvisamente alle spalle dei pirati, salendo verso il cielo. L’onda d’urto li travolse e li fece cadere a terra; ma, a parte qualche contusione, nessuno subì danni.

-         Capitano – mormorò riconoscente Champagne – grazie a lei siamo salvi!

-         E grazie a voi tre cretini, gnarr, per poco non eravamo MORTI! – sbottò in risposta Madera – Ora togliamoci di qui.

Scapparono giù, verso la base del Giardino. Dietro di loro, erba e siepi bruciavano in seguito all’esplosione. Le fiamme, poco a poco, cominciarono ad estendersi.

 

-         Guarda, Sanji! Cosa succede?

Su richiamo di Flea, Sanji si voltò nella direzione indicata. Un’alta fiammata si sollevava tra la vegetazione del Giardino.

-         Non lo so, ma non credo che sia una buona cosa. Comunque, affrettiamoci.

Corsero su per l’ultima scalinata, più lunga delle altre, attraversarono un breve tratto di prato diviso in settori da siepi perfettamente squadrate e videro, in fondo, un uomo che dava loro le spalle. Spalle coperte da un manto di pelliccia.

-         E’ Whip! Andiamo! – gridò Sanji.

Il viceammiraglio si voltò. Vide il pirata e la ragazza che correvano verso di lui a tutta velocità.

-         Oh! – esclamò – Porco cane!

Sanji rallentò e sorrise:

-         Ma sentilo. Se imprechi solo a vederci, significa che hai proprio paura, eh?

-         Io non stavo imprecando. Stavo chiamando lui!

Spuntando da chissà dove, un enorme verro di qualche quintale corse allegramente verso Sanji e, prima che questi potesse reagire, gli saltò addosso, rovesciandolo a terra. Cominciò a leccargli la faccia, scodinzolando. Il pirata, dopo il primo attimo di sorpresa, gli tirò un calcio nelle parti basse. A quel punto il maiale, dolorante, si allontanò, col codino tra le gambe, uggiolando un po’.

-         Che razza di scherzo. – brontolò Sanji, rialzandosi e spolverandosi un po’ il vestito.

-         Senti, tu, vice coso! – esclamò Flea, tentando di fare la faccia da dura – Libera subito mio padre o noi ti… ti… ti faremo molto male! Dico bene, Sanji? Molto male, sì.

-         Spiacente, signorina. – fece Whip, allargando le braccia – Suo padre non è più qui. Qualche minuto fa, un branco di alcolisti travestiti da pecore lo ha già salvato. Anche se forse questo non è il termine più giusto, visto che a questo punto saranno stati già tutti abbrustoliti dalla mia Armata dei Draghi. Probabilmente sarebbe stato più al sicuro qui, come mio prigioniero. Strana la vita, eh?

Flea restò sconvolta. Cominciò a tremare, dopodichè si voltò verso il punto in cui poco prima aveva visto l’esplosione e scattò di corsa. Il braccio di Sanji la afferrò per la spalla e la fermò bruscamente.

-         Rimani dove sei, Flea. – disse il pirata – Andare a salvarli in questo momento sarebbe inutile. Dobbiamo fidarci di loro. Ma, quali che siano gli animali con cui se la stanno vedendo…

Puntò il dito contro Whip.

-         …se sconfiggiamo lui, quegli animali, così come Chopper e tutti gli altri, torneranno liberi di agire come meglio credono, e anche tuo padre e gli altri saranno salvi. Sicuramente se la sapranno cavare contro qualche bestiaccia priva di organizzazione militare. Dico bene, Whip?

-         Dice bene, signor pirata. – il viceammiraglio sorrise sinistramente – Se sarete in grado di battermi, ovviamente. Sarò sincero: di solito cerco di essere molto gentile con i miei simili umani, anche se non posso dire di capirli appieno. Sono molto comprensivo.

-         Comprensivo? – Flea si infuriò – Razza di delinquente! Volevi farmi saltare in aria! Hai minacciato di uccidere mio padre!

-         Era necessario, signorina. E ho fatto tutto con molto garbo, deve riconoscerlo. Ma voi vi siete comportati in modo imperdonabile. Avete invaso la mia base e, soprattutto, avete ucciso le mie care creature. Quindi, basta comprensione. Basta gentilezza. In questo momento desidero una sola cosa…

Con un gesto brusco, il viceammiraglio gettò via il manto di pelliccia. La sua espressione si tramutò, diventando dura, spietata.

-         e quella è farvi a pezzi con le mie stesse mani. – concluse.

-         Molto bene. Mi piace, Whippy. – fece SanjiE’ proprio quello che avevo in mente. Tu hai cercato di far del male a Flea e ti sei preso uno dei miei compagni, quindi anch’io sono piuttosto alterato. Questo sarà un duello alla morte.

-         Infatti. – confermò Flea, facendo sì con la testa – Alla morte.

Whip allargò le braccia. Obbedendo a quel gesto e al suo potere, gli animali sciamarono fuori dal Giardino a decine, a centinaia, a migliaia, muovendosi tutti verso il luogo dello scontro. Dalle pieghe degli abiti del viceammiraglio emersero non solo il serpente che aveva morso Sanji, ma decine di altri, creando una difesa impenetrabile per il corpo dell’uomo. Dalla scogliera, alle sue spalle, arrivarono volando uccelli e sciami di insetti e si fermarono a mezz’aria, pronti a piombare sugli avversari.

-         E morte sia. – disse Whip, con un sorriso.

 

 

 

 

 

 

Spero che vi sia piaciuto, questo capitolo – è uno dei miei preferiti, e in assoluto quello che mi sono divertito di più a scrivere. Con un paio di piccole citazioni: la pecora Bianchina di ortolaniana memoria (anche se non sono sicuro di ricordare la fonte precisa…) e il respiro alcolico mortale… questa è per veri intenditori del fumetto. Chi sa / si ricorda di Superciuk? XD Comunque, la prossima volta, Whip vs. Sanji & Flea e la conclusione della storia! Attendete con ansia XD!

 

X Slits: ben arrivata, e grazie per i complimenti. Quando scrivo storie dinamiche e narrative come questa in effetti lo faccio visualizzando sempre gli eventi come scene di un film (o di un cartone), e cerco di trasmettere quelle immagini “a pelle”, senza sprecarmi troppo in descrizioni, quando possibile. Sono contento di esserci riuscito XD. Alla filosofia di Oda che tu citi sono particolarmente affezionato, e non avrei mai fatto morire nessun personaggio, tanto meno la protagonista, al di fuori da un flashback. Poi, in questo caso, me lo avrebbe impedito anche il regolamento del concorso cui questa storia partecipava. In ogni caso, credo che la certezza del fatto che la morte non faccia parte del mondo di One Piece sia un ottimo modo per mantenere la leggerezza della storia, che altrimenti risulterebbe poco credibile, e di dare una seconda chance di risultare simpatici anche ai cattivi più irrecuperabili. Vedi l’intera CP9 e le sue ultime avventure (non so se tu stia seguendo i capitoli spoiler), o il mitico Buggy, o ancora Eneru, con quella fantastica rivelazione finale sul Fairy Vearth / Luna. Grazie ancora e ciao, spero di ricevere i tuoi commenti anche per questi ultimi due capitoli!

 

Grazie anche a Smemo92 per la recensione e a tutti quelli che hanno letto e non recensito, come al solito. Ciao!

  
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