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Autore: Serpentina    03/11/2015    1 recensioni
Missing moments e retroscena sui personaggi della mia long "Love Quest". Perché dietro (e dentro) la storia principale spesso si cela molto altro...
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Dopo un tuffo nella vita di Phil, si torna sul trampolino: stavolta tocca a una delle sorelle Carr. Quale, lo potete capire dal primo rigo. Enjoy!
 

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I dolori della giovane Carr

A prima vista, Marion incarnava lo stereotipo della ragazza americana: sana, snella, bella da togliere il fiato, ma non troppo appariscente, sorridente e affabile. Albert non si era affatto sorpreso di scoprire che, dalle medie al liceo, era stata una cheerleader, addirittura capitano della squadra per tre anni consecutivi, nonché reginetta del ballo scolastico e della parata del 4 luglio: era in linea con il personaggio. Se fosse stata solamente questo, però, l’avrebbe degnata di due occhiate e le avrebbe regalato qualche orgasmo, per poi scaricarla senza rimpianti; ma Marion - lo sospettava dal loro primo incontro - nascondeva un mondo dietro quegli ammalianti occhi di giada, e non vedeva l’ora di esplorarlo, anche se significava trattenere la voglia di baciarla e farla sua sui sedili posteriori della Mustang, e per questo finire con lo sfogare i “bassi istinti” nel chiuso della sua stanza (divenendo bersaglio della lingua biforcuta di Carrie).
Ancora si domandava cosa avesse visto in lui Jodie per ritenerlo all’altezza di sua sorella.
“–Dai balliamo!- aveva esclamato Jodie, e, sebbene un po’ riluttante, aveva accettato l’invito, seguendola sulla pista affollata del Lizard Lounge. Era convinto che il suo scopo fosse esclusivamente ingelosire Ewan, nella speranza che gli cadesse il prosciutto da sopra gli occhi e capisse di non aver bisogno di continuare la sua assurda ricerca della donna perfetta (a giudicare dall’espressione livida del botanico, aveva avuto un certo successo); invece lo aveva preso per mano e aveva danzato, scatenata e felice.
Siccome lealtà era il suo secondo nome, e onestà il terzo, quando la procace amica di Ewan gli aveva gettato le braccia al collo, l’aveva allontanata imbarazzato.
–Senti, sei molto carina e pure simpatica, ma un po’… ecco… fuori misura per me. Non che discrimini le donne grasse… e non che tu sia grassa… però non sei neanche magra, e io sono abituato alle ultra-gnocche… oddio, gnocchetta lo sei, però…
Si aspettava una replica al vetriolo, un ceffone o peggio; ricevette in cambio una sonora risata, seguita dall’ilare –Il mio istinto ha fatto di nuovo centro! Sei perfetto per lei!
–Lei?
–Mia sorella- aveva spiegato Jodie, mentre ondeggiava sul posto. –È straordinaria, ma, come la maggior parte delle donne, spesso se ne dimentica. Ha avuto qualche problemino con gli uomini, ed… ecco… vorrei che mi aiutassi ad aiutarla a ritrovare l’autostima perduta. È un tipo piuttosto chiuso - non fraintendermi, è solare e spigliata, ma, sai, le delusioni ti segnano, e ti portano a rintanarti dentro una corazza - e credo che una persona estroversa come te possa darle lo scossone che le serve.
–Ho due domande- aveva risposto Albert, perplesso. –Come? E perché?
–A cosa mi servi e per quale ragione dovresti farlo, intendi?- aveva ribattuto prontamente. –Stessa risposta per entrambe le domande: ti sto offrendo un appuntamento con una donna meravigliosa. Non ti pare una ricompensa sufficiente?
–Forse- aveva replicato. –Il fatto è che ho conosciuto una persona, e, anche se l’ho incrociata due volte soltanto, sento che potrebbe essere quella giusta per, ecco… mettermi il cappio al collo. Impegnarmi.
Jodie aveva sciolto la presa e lo aveva osservato lungamente, le sopracciglia sollevate quasi al punto di confondersi con l’attaccatura dei capelli, infine aveva ridacchiato –Chi l’avrebbe mai detto? L’amico dongiovanni di Ewan è un romanticone!
–Chi mi considera un bastardo che gioca con i sentimenti degli altri non mi conosce- aveva asserito Albert, serio come poche volte in vita sua. –Sono sempre stato corretto; se qualcuna ha voluto illudersi, problema suo. Smetterò di fuggire dalle relazioni serie quando troverò la persona capace di non farmi pensare a cosa sto rinunciando, a quante altre potrei avere. Fino a quel momento…
–Non mi perdonerei mai se intralciassi la tua ricerca del vero amore- aveva cinguettato amabilmente Jodie, sfarfallando le ciglia. –Infatti i miei desideri si limitano a ficcare in quella zucca di marmo che non può ridursi all’ombra di se stessa per un misero uomo, che è attraente e merita di rifarsi una vita. Non ti sto suggerendo di portartela a letto, vorrei solamente che tu la…
–Facessi sentire importante?- aveva concluso Albert, improvvisamente allettato dal compito; soccorrere una donzella depressa forse avrebbe ripulito (almeno in parte) il suo karma. –Le ricordassi che è una regina e come tale merita di essere trattata?
–Esatto. Credi di poterlo fare?
–Sì.”
Quando aveva realizzato che la sorella di Jodie e la probabile donna dei suoi sogni erano la stessa persona, aveva faticato a credere di poter essere tanto fortunato: il caso, il destino, o chi per esso, gli aveva concesso un’occasione che non avrebbe sprecato.
L’incontro (sarebbe più corretto dire “lo scontro”) con l’ex marito di lei aveva sortito l’effetto opposto al previsto, accendendo il suo spirito combattivo: si era mescolato agli studenti, poi, al termine della lezione, l’aveva avvicinato, rivolgendogli velate minacce di lesioni personali se non avesse lasciato perdere la sua ex moglie; la sua risposta, dopo aver racimolato la calma necessaria a non pestarlo a sangue, era stata un glaciale “Se fossi intelligente non staresti qui a minacciarmi, penseresti a come diventare un uomo che possa meritarla. Sparisci, o ti riduco alle dimensioni di un neutrino”. Non aveva detto niente al riguardo, fingendo fosse stata Jodie a rivelargli l’esistenza di un ex marito e, forse perché non le aveva fatto pressioni, forse perché aveva bisogno di sfogarsi, Marion aveva iniziato ad abbattere i suoi muri di difesa, definitivamente crollati durante il loro ultimo appuntamento.
“–Correggimi se sbaglio: hai ventinove anni.
–Non ti hanno insegnato che non si chiede l’età a una signora?
–Non hai spento abbastanza candeline da poterti offendere, spiacente. Ripeto: hai ventinove anni.
–Te l’ha detto Jo?
–Lo prenderò per un sì. Quindi hai ventinove anni e il tuo ex marito ti ha piantata per una più giovane.
–Sì.
–Ah-ah. E questa nuova fidanzata dove l’ha pescata, all’asilo? E’ un pedofilo?”
Contro ogni pronostico, aveva fatto appena in tempo a finire la frase prima che le labbra di Marion si posassero sulle sue. Incredulo, aveva aperto gli occhi per assicurarsi di non stare sognando. Quel bacio lo aveva sorpreso sia perché non previsto, sia perché diverso da come lo aveva immaginato: era convinto che Marion fosse una pantera travestita da gattina, che lo avrebbe lasciato letteralmente senza fiato, invece era stata delicata, quasi metodica; gli era sembrato che avesse paura di sbagliare, come se si fosse trattato del primo bacio, ma aveva scacciato quel pensiero: le donne come lei non si limitano a un uomo soltanto. Scacciò anche quel pensiero: la gelosia era una sensazione nuova per lui, ma non per questo non sapeva riconoscerla; figurarsi nella mente i vari Mr. X che avevano avuto, prima di lui, il privilegio di ammirarla, assaporarla, toccarla gli dava la nausea, ma, allo stesso tempo, alimentava ulteriormente la sua determinazione: non gli importava se Marion era stata con uno, dieci o cento uomini… l’importante era che l’ultimo fosse lui.

 
***

Aveva perso il conto degli appuntamenti con Albert, ormai erano diventati una costante, nella sua vita; l’aveva perfino baciato! Non avrebbe dovuto sentirsi nervosa, invece tremava, e non per il freddo.
Il problema era nato proprio da quel bacio: nulla più di un atto impulsivo, però temeva che potesse farsi strane idee e considerarlo un trampolino di lancio per “quello”, qualcosa che non era ancora sicura di volergli concedere.
Negare di essere attratta da lui sarebbe stato ipocrita, ma non avrebbe mai fatto sesso con qualcuno soltanto perché dotato di un involucro gradevole. Validissima ragione, peccato che Albert l’avesse smentita: lo aveva etichettato come “dongiovanni dei poveri, figo quanto tronfio” (un po’ tronfio lo era), certa di non trovare niente oltre un corpo da copertina; invece, con suo enorme stupore, scartato (in senso figurato) il gradevole involucro aveva trovato una piacevole sorpresa: un uomo affascinante, spiritoso, interessante. Come resistere?
Se al suo posto ci fosse stata Jodie, molto probabilmente non si sarebbe posta il problema e ci avrebbe provato subito con lui. In effetti, si era chiesta cosa in lei potesse attrarre un uomo come Albert, che reputava più affine a sua sorella: entrambi erano fascinosi, estroversi, sicuri di sé… “fisici”.
Certo, a differenza di Jodie, lei non aveva sofferto per le prese in giro e il bullismo, né si era dovuta confrontare con un riflesso esteticamente deludente, né si era mai sentita suggerire di ricorrere alla chirurgia estetica, però, paradossalmente, tra le due era quella che si era goduta meno la vita. I loro genitori erano sempre stati convinti che fosse lei - la bellissima reginetta del liceo, capitano delle cheerleader - la figlia da tenere d’occhio affinché non cadesse in tentazione e si lasciasse travolgere dal vizio, sotto forma di consumo illegale di alcolici e rapporti sessuali pre-matrimoniali con qualche jock con più ormoni che neuroni. Jodie, la nerd bruttina e apparentemente insignificante, era rimasta nell’ombra, finendo sotto i riflettori soltanto quando vinceva il primo premio alla fiera delle scienze. Niente di più sbagliato: approfittando del ruolo di primogenita negletta, la cosiddetta nerd insignificante si era data alla pazza gioia, o meglio, a tutta la popolazione maschile della Sandpoint High School, forte del fatto che non sarebbe mai trapelato. Quale teenager sano di mente, con un minimo di reputazione da proteggere, avrebbe confessato di essere andato con la paria sociale della scuola?
Al contrario, la cheerleader figa e popolare, il sogno di ogni ragazzo del liceo, aveva attraversato indenne gli anni dell’adolescenza e aveva perso la verginità a ventidue anni; un’esperienza disastrosa, tanto da indurla a “chiudere bottega” fino all’incontro con Jorge, che le aveva fatto scoprire i piaceri della carne e la veridicità del detto “una volta basta e avanza”: nove mesi dopo aveva dato alla luce Manuel.
Avvertiva, sempre più prepotente, la pulsione di saltare addosso ad Albert e realizzare il suo sogno erotico di fare sesso in una Mustang, però la pressoché nulla esperienza la frenava: un playboy come lui si sarebbe accorto immediatamente che era inesperta e imbranata; che figura avrebbe fatto? Già lo immaginava a sparlare di lei con i suoi amici. “Una verginella avrebbe saputo fare di meglio”, “Mi aspettavo di scopare con una viva, ma quella non muoveva un muscolo! Ho dovuto fare tutto io!” e simili discorsi “da bar”.
–Ehi, stai bene?
–I-Io… s-sì. Tranquillo.
–Sicura? Sei pallida, stai tremando- esalò lui, scrutandola preoccupato. –Aspetta, alzo il riscaldamento dell’auto.
–Non è necessario- pigolò lei, stringendosi nel cappotto. –L’abitacolo è caldo, sono io che non sto bene. Riportami a casa e basta.
–Un vero peccato- rispose il fisico con un ghignetto compiaciuto –Ho prenotato un tavolo al Top of the Hub.
–Al Top of the Hub?- esclamò Marion, improvvisamente di nuovo allegra. –Davvero?
Adorava lo strepitoso locale in cima al più alto grattacielo di Boylston Street, dal quale si poteva godere di un’incomparabile vista panoramica sulla città (che da sola valeva il costo dell’ingresso e il fastidio dei controlli all’entrata). Naturalmente non l’avrebbe rivelato neanche sotto tortura, ma aveva ricevuto lì la proposta da Jorge e, sebbene il loro matrimonio fosse andato a rotoli, conservava comunque quel ricordo tra i più belli: il tavolino rotondo nell’angolo, l’illuminazione soffusa dei piccoli lampadari bianchi a barchetta, la veduta della città, ammantata dalla mescolanza di tenebre e luci artificiali… un’atmosfera veramente romantica (“Da carie ai denti”, era stato il commento acido di Jodie).
–Solo il meglio per te. Ma se non ti senti bene…- sussurrò Albert, prima di baciarle una mano. –Sei stupenda quando arrossisci. Al giorno d’oggi è merce rarissima; un vero peccato… la sensualità innocente trasmessa da due guance rosse è molto eccitante.
Marion divenne ancor più rossa e boccheggiò: si sentiva ridicola a provare certe sensazioni, ma la presenza di Albert le toglieva l’aria. Dopo una breve riflessione, decise di tenergli compagnia a cena, però fu tesa all’inverosimile per l’intera durata del pasto, ricambiando le sue occhiate perplesse con altre di scuse. Le dispiaceva rovinargli la serata, ma aveva avvertito una certa tensione, in macchina, quando lo aveva salutato con un bacio e ogniqualvolta si erano sfiorati, e il monito dell’amata quanto odiata sorella (“Dagliela. Che ti frega di cosa penserà di te? Non sei innamorata di lui, è un semplice specchietto per quell’allocco del tuo EX marito. Giusto? Un mezzo per sbattergli in faccia che uomini ben più giovani e sexy di lui raccoglierebbero volentieri quello che ha gettato via. Lasciati andare, per una volta!”), non aiutava.
“Calma, Marion, respira. Non vorrai diventare cianotica davanti a lui! Ti prenderebbe per pazza! Cosa che con ogni probabilità sei, ma evitiamo di fugare il dubbio, eh? Ti stai fasciando la testa senza nemmeno essere caduta! Respira e goditi la serata. Che poi, anche se volesse portarmi a letto, non ci sarebbe niente di male. Anzi, dovrei essere lusingata che lui voglia me, dovrei… seguire il consiglio di Jo? Santo cielo, sulla soglia dei trenta sono ancora dipendente da mia sorella! Ma le uniche volte in cui ho fatto di testa mia, senza darle retta, ho sbagliato! Perché Jo deve avere sempre ragione? Dio, quanto la odio! Le voglio bene, ma la odio, perché, anche se la favorita da madre natura sono io, è lei quella coraggiosa, carismatica, che se la cava in ogni occasione e non ha paura di buttarsi nell’ignoto. Se fosse al mio posto, gli avrebbe quasi certamente proposto di saltare direttamente al dessert, magari a casa sua. Perché non riesco ad emularla almeno in questo?”
–Andiamo?
Riportata alla realtà dalla domanda, abbassò lo sguardo sul tavolo. Cena terminata? E pagata? Non rammentava di aver consumato del cibo. Annuì, dandosi della stupida.
–Grazie per la cena. Era ottima.
–Come può esserti piaciuta, se l’hai soltanto ingerita? Eri talmente persa nei tuoi pensieri da non prestare attenzione a nulla che ti circondasse. Mi ha sorpreso che sia riuscita a mangiare tre portate senza sbrodolarti, sembravi essere su un altro pianeta!
Il suo tono non trasmetteva rabbia, bensì una freddezza che la ferì.
–Scusami, ero sovrappensiero.
–Sovrappensiero- ripeté lui, serrando la presa sul volante. –Carino da parte tua pensare al tuo ex marito mentre sei con me.
–Non dire stronzate- sbuffò Marion.
–E tu riconoscimi un minimo di intelligenza!- sbraitò il fisico. –Non sopporto di  essere trattato da bel faccino!
–È bello pure il resto, cre…
–Silenzio!- ruggì. –Mi credi tanto stupido? Credi che non abbia capito che esci con me per ingelosire il tuo ex?
Una coltellata avrebbe fatto meno male. Tenne lo sguardo fisso sulla borsetta ed esalò –È così importante?
–Secondo te?- rispose Albert. –Una possibilità. Una. Non chiedevo altro. Volevo provarti che posso essere migliore di come appaio, ma se sei ancora innamorata di lui non c’è partita. Possiamo calare il sipario su questa farsa- accostò e spense il motore. –Scendi.

 
***

Marion lo aveva preso alla sprovvista, negandogli il tempo di reazione: solo quando avvertì forte il suo profumo e il suo sapore in  bocca si accorse che era ancora lì, e gli stava dimostrando con i fatti ciò che non riusciva ad esprimere a parole.
Si fecero strada, incollati per le labbra, nel trilocale che divideva con Carrie, inciampando un paio di volte nei mobili. Divertiti, più che contrariati, da quei ridicoli incidenti, raggiunsero tra le risate il letto. Il resto si può facilmente immaginare.
Quello che non potevano immaginare, era che una telefonata improvvisa avrebbe turbato il loro tubare.
–Lascialo squillare- mormorò lei; già che, per citare Jodie, si era lasciata andare, voleva spassarsela alla grande.
Sebbene i baci e le carezze di Marion rendessero fortissima la tentazione di escludersi dal mondo per una notte e fare l’amore ancora, e ancora, e ancora, quel po’ di lucidità rimastagli vinse.
–Chi romperebbe le scatole a quest’ora senza un buon motivo?- estrasse dalla giacca il cellulare e sospirò –Pronto? Sì, sono io. Mitzi? Oh. Ok. Arrivo subito.
Si rivestì in fretta e furia, ignorando Marion, la cui irritazione cresceva di secondo in secondo, fino a raggiungere il punto di rottura.
–Vai, vai! Corri dalla tua Mitzi!
–Cos… sei gelosa?
–Chi, io? Assolutamente no!- ringhiò lei, incurante che, gesticolando, aveva lasciato cadere il lenzuolo, restando completamente nuda fino alla vita. –Sono incazzata nera! Con te, lurido scopatore seriale- Albert trattenne a stento un risolino: era stato definito in molti modi, la maggior parte dei quali offensivi, ma “scopatore seriale” era una novità –E con me, che sono caduta nella tua rete!
Col sorriso che gli si allargava sul volto contro la sua volontà, allacciò le scarpe, ma l’iroso –Mitzi. Che nome da puttana! Spero gli svuoti il portafoglio!- sibilato a denti stretti cambiò radicalmente il suo umore; strinse le labbra fino a farle sbiancare e lanciò a Marion i suoi abiti.
–Ehi! Sei impazzito?
–Vestiti alla svelta. Verrai con me.
Dopo una folla corsa si ritrovarono al capezzale di Mitzi, vivace e sorridente nonostante le sue condizioni.
–Ora che sei qui, e mi hanno fatto l’epidurale, mi sento molto meglio. Mi dispiace condannarti a una notte insonne, ma Ivan, Addie e Carrie hanno il telefono staccato.
–Ci sono io con te, tranquilla. Marion, ti presento Mitzi… mia sorella. Mitzi, Marion.
Quella Marion?- trillò la donna, prima di sussultare per il dolore dell’ennesima contrazione. –Carrie mi ha detto tutto di te… tutto quello che è riuscita ad origliare. Naturalmente, non ho creduto a una parola: mia sorella è una terribile malalingua! E’ un vero piacere conoscerti. Avrei preferito avvenisse in circostanze migliori, ma presumo che il super macho abbia bisogno del tuo supporto morale. Ooh, chiudi la bocca, Al, non sei un merluzzo!
–Non sembri una partoriente, Mitzi- commentò Albert. –Piuttosto, la conduttrice di un talk show.
–È la tua idea di complimento?- chiesero in coro le altre due.
–In teoria, sì. Uff! Ho bisogno di solidarietà maschile: dov’è il mio cognato inetto?
–Oliver non è inetto!- latrò Mitzi. –È… sensibile. Ho tentato di dissuaderlo dall’assistere al parto, ma non ha voluto saperne!
–D’accordo: dov’è il mio sensibile cognato?
–È svenuto, picchiando la testa contro lo spigolo del comodino. L’hanno portato via per medicarlo, perdeva sangue!
Marion camuffò da colpo di tosse la risatina sfuggita al suo controllo, dopodiché si prodigò ad alleviare le sofferenze di Mitzi, ripensando alla nascita dei suoi figli: la prima volta erano stati al suo fianco sua madre, Jorge e Jodie, i quali si erano beccati finché non era scoppiata a piangere, implorandoli di smettere; la seconda, invece, c’era soltanto sua sorella accanto a lei. Suo marito era irreperibile. Si era chiesta spesso dove si fosse cacciato, ma preferiva non saperlo.
–Se non avete intenzione di rendervi utili, uscite. Altrimenti indossate camice e guanti e seguitemi- intervenne l’ostetrica, indicando la porta.
Anche se Albert non avesse tradito il nervosismo attraverso il pallore cutaneo e l’ossessivo grattarsi il dorso delle mani, Marion avrebbe riconosciuto comunque il terrore nei suoi occhi. Gli si avvicinò e asserì, nel tono professionale che di norma riservava ai parenti dei suoi piccoli pazienti – In sala parto non c’è spazio per i pesi morti, perciò fatti un esame di coscienza: se pensi di non farcela, dillo, andrò io- “Ho partorito due volte, l’esperienza non mi manca” –Sono un’infermiera, non mi spavento per qualche imprecazione e un po’ di sangue.
La muta supplica di Mitzi convinse definitivamente Albert.
–Posso farcela- rispose, stringendole la mano. Grosso errore: per poco non gli fratturò il metacarpo!

 
***

L’attesa fu estenuante, e, senza rendersene conto, Marion scivolò lentamente tra le braccia di Morfeo. Stava ronfando beata, quando dei leggeri colpetti al braccio la destarono dal sonno. Seccata, stropicciò le palpebre, si stiracchiò e sbadigliò, avvampando appena si accorse che dietro Albert c’era uno sconosciuto. Notò una benda sulla tempia sinistra e dedusse che si trattava del sensibile marito di Mitzi.
–Il mio adorato cognato si è ripreso in tempo per vedere suo figlio lavato e profumato insieme alla mamma- sghignazzò il fisico, dandogli uno scappellotto. –Come va la testa, Ollie?
–Meglio. L’emozione gioca brutti scherzi. Mi ero ripromesso di resistere, invece sono crollato a terra come una pera cotta! Fa niente: è il primo, mi rifarò la prossima volta.
–Mia sorella ha minacciato di evirarti e maledetto ripetutamente il tuo pene. Dubito ci sarà una prossima volta- ridacchiò Albert.
–Devo congratularmi per un maschietto o una femminuccia?- si intromise Marion, per salvare dall’imbarazzo il povero Oliver.
–Non vi muovete- ordinò il neo-papà, di ritorno dopo alcuni minuti con un fagottino azzurro. –Appena nato ed è già il cocco di mamma. Mitzi non voleva separarsene, ma le ho ricordato che il cordone ombelicale ormai è stato tagliato. Vuoi tenerlo?
Albert scosse il capo: non ci sapeva fare coi poppanti, aveva troppa paura di farli cadere, o piangere, o di sporcarsi con qualche improvviso rilascio di liquidi biologici. Marion alzò gli occhi al cielo, prese il neonato e lo sistemò tra le sue braccia.
–È normale che sia così tranquillo?
–A patto che respiri e si muova ogni tanto- rispose, carezzando con l’indice una guancia paffuta e vellutata del piccolo. –È bellissimo.
–Tutti i bambini appena nati sono belli! Poi crescono e si guastano!- sbottò Albert.
Oliver sbuffò una risatina e replicò –Allora dobbiamo sperare che abbia preso qualcosa da te… oltre al nome.
Esterrefatto, Albert spostò lo sguardo dal cognato al nipotino, infine trillò, pavoneggiandosi –Lo avete chiamato come me? Albert… junior? Ottima scelta! In effetti, scorgo una certa somiglianza. Hai la figaggine nel sangue, nipote! Ti insegnerò a farne buon uso quando sarai grande.
–Dio ce ne scampi!- esclamò Oliver. –Ehm, c-cioè, v-voglio dire… grandioso! È magnifico vedervi già così uniti- si riappropriò del bimbo e chiocciò, cullandolo teneramente –Ora di tornare dalla mamma, Al!
Dopo aver recuperato il tempo perduto pomiciando come adolescenti, e dopo aver rifiutato l’invito a fermarsi da lui per la notte (quel poco che ne restava), Marion rimbeccò Albert.
–Non atteggiarti a galletto: hai preso in giro quel poverino, quando sei stato lì lì per fare la stessa fine! Non negare, ti ho visto.
–Ammetto che è stata un’esperienza traumatica, che spero di non ripetere, ma non sarei svenuto: Mitzi aveva bisogno di me, non potevo abbandonarla.
Marion lo baciò sulla guancia e pigolò –Sei un bravo fratello… e scommetto che saresti un bravo papà.
–Nemmeno per sogno! Anzi, neanche nei miei peggiori incubi!- sputò, schifato. –Per carità! È stato emozionante tenere in braccio Junior, però… no. Non ardo d’istinto paterno come quel pappamolla di Ollie. Al suo posto, sarei scappato a gambe levate, altro che pensare già al secondo! Consiglia a Jodie di fare una ricerca al riguardo, perché metterei la mano sul fuoco che qualcosa nel testosterone rende noi maschi allergici alle responsabilità. C’è chi lo maschera meglio, chi peggio, ma è la realtà. Solo a nominarle viene l’orticaria, guarda!
–Non essere sciocco!- lo redarguì Marion. –La pelle si è arrossata perché ti sei grattato. Smettila, o ti procurerai danni seri: le lesioni da grattamento si infettano molto facilmente.
–Agli ordini, infermiera! Posso confessarti una cosa?
–Non siamo in chiesa e io non sono un prete- soffiò, gelida, cominciando a temere dove li avrebbe portati quel discorso.
–Oh, no! Adesso ho in testa l’immagine di un prete a letto con me, col tuo intimo addosso! Che schifo!
–Hai un’immaginazione disgustosamente fervida, Albert.
–Spero che non mi giudicherai male: ho il difetto di essere sincero, anche quando non è opportuno. Di solito più tengo a qualcuno, più sono franco, ma… sono stato ipocrita con te, Marion: ho deriso il tuo ex marito, quando sono come lui. Solo ragazze giovani, per me. Maggiorenni, certo, però… sei la prima over venticinque con cui esco da dieci anni a questa parte.
–Oh. Ok. Dovrei, uhm, sentirmi onorata per averti convertito dall’asilo all’ospizio?
–Un po’ sì- scherzò lui. –Se rinuncio senza rimpianti alle matricole con gli ormoni a palla, significa che sei speciale.
–Ti avverto: stai cadendo dalla padella nella brace.
–Oh, andiamo, non vorrai bruciarmi sul rogo!- si difese il fisico, ignaro, così facendo, di stare firmando la sua condanna. –La verità è che ho sempre evitato come la peste di impegnarmi… fino ad ora. Le le donne della tua, ehm, nostra età o pianificano il futuro di entrambi e ti puntano la pistola alla tempia per procreare, oppure hanno già figliato e cercano un aiuto per tirare su i marmocchi. Eppure, stranamente, con te non ho paura. Sento che non avrò di questi problemi.
–No, non ne avrai.

 
***

–Sono andata a letto con Albert.
–Cosa?- Jodie per poco non si sporcò di latte, rovesciando la tazza.
–Adesso lo sai. Non parliamone più- celiò sua sorella. –Se mi vuoi bene, non pronunciare il suo nome in mia presenza.
–Cosa è successo?- le chiese Jodie, perplessa: era sicura al mille per cento della buona riuscita del piano; cos’era andato storto?
–Stava diventando appiccicoso e gli ho dato il benservito- rispose Marion, evitando accuratamente di incrociare gli occhi di Jodie. –È sufficiente come spiegazione?
–No!
–Peccato, perché non ne avrai altre. Buona giornata!

Note dell’autrice:
Come sempre, grazie a chi di voi ha letto questo extra e il precedente, a Calliope S,  creatrice del bellissimo banner, che ha recensito, e a sunburn1985, che segue questa piccola raccolta.
Il capitolo è venuto più lungo di quanto pensassi, ma non sono riuscita ad accorciarlo: ogni virgola mi sembrava fondamentale. Spero che la lettura non sia risultata pesante a causa della lunghezza, mi dispiacerebbe tantissimo.
Si inizia a scoprire qualcosa sul passato di Marion e Jo. A proposito di Marion: poverina, è rimasta fregata ancora una volta. Stava iniziando a fidarsi di Albert, ma gli eventi l’hanno convinta a  fare marcia indietro. Chissà se lui saprà e/o vorrà riconquistarla….
Lo scoprirete solo leggendo LQ! ;-)
Bacioni!
Serpentina
ps: il Top of the Hub è un vero locale di Boston (se mai vi capitasse di andarci, fateci un salto) e il metacarpo è un gruppo di ossa lunghe delle mani che collega il carpo (la parte che si articola con l'avambraccio) alle falangi. Il corrispettivo nel piede è il metatarso. 

 
 
   
 
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