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Autore: ilaperla    06/11/2015    3 recensioni
Federica si trova in un momento imbarazzante della sua vita. Le sue amiche, quelle poche, iniziano a sposarsi e lei dovrà andare al ricevimento tutta sola, data la sua poca familiarità con il genere maschile.
Ma... se invece riuscisse a ideare un piano per trovare un ragazzo da portare quel giorno e poi disfarsene? Niente di più facile... almeno a dirsi. Niente di più imperfetto e pericoloso.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Cap. 2
 
Un prostituto.
Un gigolò.
Un… un… santo cielo! Era un figo allucinante.
Federica stava controllando per la milionesima volta le foto pubbliche del profilo Facebook di quel Luca Morelli. Non aveva ancora accettato la sua richiesta di amicizia ma il tipo, un gradasso allucinante, tanto era pavone che faceva vedere a tutto il mondo quasi tutte le sue fotografie rendendole pubbliche.
Di bello era bello e anche più. Ma Federica non avrebbe mai e poi mai accettato di scendere a patti con lui solo perché non voleva essere additata come la solita "sfigatella solitaria". No!
Che poi nemmeno ce li aveva mille euro. Non se ne parlava proprio.
Appoggiò il cellulare, bloccandolo, sul piano di lavoro e si mordicchio le pellicine dell’indice, pensierosa.
Si sentiva umiliata e destabilizzata. A che punto era arrivata… a dover pagare un ragazzo per farsi vedere accompagnata almeno una volta nella sua vita. Aveva toccato proprio il fondo, non c’era un’anima viva che se la filasse, poi arrivava mister muscolo idraulico gel e le proponeva di essere il suo accompagnatore sotto pagamento.
Dall’altra parte poi, si sentiva più sfigata del solito perché per l’ennesima volta avrebbe fatto vedere a tutti che non era capace di portarsi nessuno.
Incapace.
Sbuffò esasperata sedendosi sullo sgabello in metallo nel retro bottega, guardando il tavolino che avrebbe dovuto scartavetrare, dipingere di fresco e lucidare. Un lavoro che le avrebbe occupato gran parte della giornata e non le avrebbe lasciato spazio di andare alla ricerca, da sola, di un abito a tema per il matrimonio.
Faceva caldo, c’era una cappa insopportabile e Viviana si doveva sposare tra poco più di un mese e mezzo. Iniziava a sentire l’ansia scalpitare.
Sarebbe stata più tranquilla se si fossero limitati al semplice matrimonio, si sarebbero visti lì e pace e bene. Invece c’erano le cene di famiglia, con gli invitati più intimi, c’erano i pranzi di prova alla sala ricevimenti e ci sarebbe stato l’addio al nubilato in grande stile.
Sapeva che a fine matrimonio, si sarebbe dovuta prendere una vacanza di almeno due mesi per ricarburare. Peccato che tra tutti i soldi che avrebbe dovuto sborsare, non poteva prendersi il lusso di una pausa.
-Toc-toc- esordì la voce roca del padre di Federica.
La ragazza aprì gli occhi di scatto e sorrise a quel volto che iniziava a vedere i segni di qualche ruga.
-Tutto bene qui?- Domandò, posando una mano sulla spalla di sua figlia.
-Tutto liscio come l’olio.
-Bene, bene. Hai trovato l’abito perfetto?- Le domandò sorridendo.
Federica sorrise di rimando e scese dallo sgabello andando dritta verso il tavolino da restaurare.
-Non ancora ma ho ancora abbastanza tempo.
Il padre assecondò con la testa e guardò sua figlia cercare la cartavetro e una mascherina per proteggere gli occhi.
Rimasero in silenzio ma Federica sapeva ciecamente che suo padre voleva dirle qualcosa, solo che non trovava il coraggio. Così decise di andargli in contro.
-Papà, tutto bene?
-Certo.
-Devi chiedermi qualcosa?
-In verità…
Eccolo, lo sapeva!
Gli sorrise e si risedette sullo sgabello difronte a quell’uomo che l’aveva vista crescere e maturare giorno dopo giorno, come un frutto maturo sul ramo più alto dell’albero pronto per essere colto.
-Ti vedo turbata in questo periodo- le disse prendendole le mani nelle sue.
Federica ne percepì la pelle ruvida, levigata dal tempo e dal duro lavoro che faceva da anni e anni. Mai stanco, mai che volesse fare altro. Invece lei era un punto interrogativo vivente, non sapeva fare piani, ne aveva paura. Avrebbe voluto dare una svolta alla sua vita ma non era possibile. Troppa paura di lasciare il terreno sicuro e arido della sua vita per gettarsi nell’ignoto. Diamine, aveva anche paura a cercare un ragazzo come accompagnatore. Ci mancava che mettesse un annuncio sul giornale.
-Ho qualche pensiero in testa ultimamente. Ma niente di preoccupante.
Il padre assecondò con la testa e strinse le labbra in una linea dura e severa.
-Qualsiasi cosa accada, ricordati sempre chi sei. Questa è la cosa che mai cambierà nella tua vita, il resto è solo una strada che tu dovrai percorrere.
Federica rimase in silenzio, assorbendo tutte quelle parole che le sarebbero servite in giorni difficili, che sapeva non sarebbero tardati ad arrivare.
Il padre le diede un buffetto sulla guancia, ripercuotendola.
-E ora finiamo questo tavolino, così puoi andare a cercare le tue cose.
Le strizzò un occhio e insieme si dedicarono a quel nuovo ma vecchio lavoro.
 
Era uscita prima dal lavoro, sotto la benedizione del padre e stava passeggiando per i Navigli per andare a prendere la metro più vicina.
Si era lasciata trasportare dai suoi piedi, incurante di dove portassero. Quando si rese conto di essersi spinta oltre dal suo solito giro, decise di tornare a casa.
Aveva scovato qua e là qualcosa di carino, ma non ancora quel qualcosa che le lasciasse la bocca aperta. Avrebbe dovuto continuare a girare.
Mentre attraversava un ponte, il suo cellulare prese a squillare.
Accettò la chiamata e portò all’orecchio l’apparecchio.
-Dove ti trovi?- Domandò Viviana allegra.
-Sto per tornare a casa, perché?
-Noi siamo al Koba, che ne dici di fare un salto?
Federica guardò l’orologio al polso, erano le 20.30 e volendo aveva tutto il tempo di prendere un cocktail -analcolico- con le sue amiche, non ci usciva da tantissimo tempo insieme e le mancavano quelle riunioni.
-Ok, prendo la coincidenza e arrivo.
-Ti aspettiamo.
 
Quando entrò nel locale, la gente era parecchia. Comprensibile, dopo il lavoro i milanesi erano soliti trovarsi ai tavoli di un pub per sorseggiare qualcosa e chiacchierare con gli amici.
Scovò il tavolo delle sue amiche quasi in fondo alla sala.
A passo deciso si avvicinò, sedendosi sulla sedia libera.
-Hei, bella pollastrella. Che fine hai fatto?- Le chiese Viviana abbracciandola accanto a lei.
-Tutta colpa tua, sono alle prese nella ricerca dell’abito perfetto. Nemmeno mi dovessi sposare io- disse Federica per poi lasciare l’ordinazione al cameriere che si era avvicinato.
-Oh… se avessi fatto la damigella, avresti tutto pronto- s’infilò nel discorso Dotty, posando il mento sulle mani congiunte.
-Certo, sarei stata proprio bene nell’abito da fatina.
-Ovvio che saresti stata bene ma il tuo posto è accanto a me su quella navata- decretò Viviana sorseggiando il suo martini con l’oliva.
L’ordinazione arrivò poco dopo e Federica bevve quel liquido arancione con gusto.
-Sarà un giorno indimenticabile- disse con gli occhi sognanti, Dotty.
Viviana sorrise dolcemente e Federica mescolava il liquido con la cannuccia.
-Oh!- Esclamò a un tratto Viviana come se si fosse ricordata di una cosa impellente -Hai pensato al tuo +1?
Per poco il cocktail che stava tranquillamente bevendo, non le uscì dal naso e subito dopo Federica si trovò a tossicchiare convulsamente.
-Cosa?- Chiese giusto per recuperare un po’ di tempo e mettere in ordine i pensieri. Ma tutto ciò cui pensava era quel maledetto Luca Morelli.
-Ti chiedevo se avessi pensato a qualcuno da invitare al matrimonio. Che ti facesse da accompagnatore.
-Stavo pensando di venire sola.
Federica lanciò un’occhiata a Dotty che le sorrise maliziosa.
Ovviamente, lei non sapeva il giochetto di quella specie di gigolò moderno che adescava le clienti su Facebook. Orribile.
-Non se ne parla!- Sbottò Viviana, sbattendo il suo bicchiere sul tavolino.
Federica la guardò scioccata, aspettandosi di vedere anche del fumo uscire dalle piccole e strette narici.
-Perché?- Chiese lei, stringendosi nelle spalle.
-Perché no! Per una volta dovresti essere accompagnata da qualcuno.
-Mio fratello va bene lo stesso?- Chiese Federica pensierosa.
-Tu non hai un fratello- ci pensò su Viviana. Sì, era leggermente brilla e considerando quanto riusciva a sopportare l’alcol era mezza ubriaca.
-Ma dai? Comunque ne riparliamo un altro giorno, finiamo di bere e ti riportiamo a casa… sposina.
-Perché? È già finita la serata?
Dotty e Federica si guardarono divertite, sicuramente questa situazione era data dalla mole di ansia per la giovane sposa, infatti quando Viviana richiedeva un’uscita tra loro tre era perché qualcosa non andava e si sentiva sotto pressione, voleva allentare un po’ la presa e sicuramente tutto questo era per lo stress accumulato degli ultimi eventi.
-Andate già via?
Riprese una voce alle loro spalle che fece sorridere Viviana, alzare gli occhi al cielo Federica e sghignazzare Dotty.
Lucrezia, al braccio della sua nuova conquista, si avvicinava al tavolo delle ragazze.
La prima cosa che vide Federica furono le gambe chilometriche e snelle, fasciate da un pantalone nero stretto a sigaretta, salendo il busto era inarcato e signorile, vestito da una maglietta a bretelline e ai piedi dei sandali bassi che però la slanciavano come la torre di Pisa.
Federica storse le labbra chiedendosi perché madre natura a lei le aveva dato delle gambe basse e tozze e le braccia da mister muscolo all’ultimo stadio. Quello era razzismo di bell’aspetto.
-Per tua sorella si- rispose Dotty, indicando Viviana che sorrideva come se avesse visto Gesù.
-Credevo anche per Rica- appuntò Lucrezia guardando la ragazza.
Federica sorrise ironica, mostrando la dentatura -che piacere vederti Ezy.
Rispondere a quel nomignolo che le aveva appioppato con uno che l’altra odiava, sembrava molto da ragazzine di undici anni, ma per loro era semplicemente l’abitudine. Il punzecchiarsi da una vita non poteva crollare così, da un momento all’altro.
-Oh… ciao. Tu chi sei?- Chiese sempre Federica, guardando il mal capitato al fianco della bionda. Come poteva essere che Lucrezia e Viviana, seppur così identiche nell’aspetto, fossero totalmente agli antipodi caratterialmente?
Il ragazzo fece per rispondere, quando Lucrezia lo zittì posandogli una manata, non troppo gentilmente, sul braccio nudo facendolo bloccare.
-Dicci Rica, hai trovato il tuo +1 per il grande evento? Se vuoi posso presentarti qualcuno. Dovrebbe esserci Bobby, ricordate Bobby vero? Il forungolone che si prese una cotta spropositata della nostra Rica? Forse era lui il fidanzato misterioso.
Federica ribollì dalla rabbia e se possibile ancora di più quando diede ragione alla perfida Lucrezia.
Daniele nessuno lo conosceva, il suo primo e unico ragazzo considerato serio. Scappato prima che potesse almeno presentarlo alle sue amiche. Alle volte ci pensava e arrivava alla conclusione che anche lui si vergognava di lei, tanto da mollarla e scappare via chissà dove.
Di Daniele non aveva e non voleva più sapere niente. Era un capitolo chiuso, seppur con sofferenza ma chiuso ermeticamente.
-Lucrezia, smettila- la esortò Dotty, guardando di sottocchio la reazione di Federica che rimase in silenzio e non rispose all’accusa. Tirò su un sorso dalla cannuccia del suo drink e prese a parlottare con Viviana che continuava a sorridere come un’ebete.
Lucrezia, dopo aver visto la fine di sua sorella, decise di riportarla a casa e di avvisare Carlo -sempre non Cracco- del pericolo scampato.
Mentre Dotty e Federica guardavano la macchina allontanarsi fuori il bar, Federica promise che se mai un giorno avesse deciso di prendere marito -un essere non alieno- non si sarebbe ridotta a quei ritmi atroci di preparativi, come se non ci fosse un domani.
Preferiva viversela serenamente.
 
Appena tornata a casa, Federica si buttò sul letto facendo sballottolare i suoi peluche. Erano sopra quella trapunta di patchwork da quando aveva sei anni. C’erano tutti lì. Il cane Tobi in memoria al primo cartone animato della Disney che aveva amato “Red e Tobi”, l’orsacchiotto gigante regalato per il quinto compleanno di Federica dal padre, una scimmietta e un panda. Tutti rigorosamente lavati e profumati ogni mese, se avesse avuto un animaletto domestico lo avrebbe tenuto come una reliquia.
Guardò il soffitto ammirando una macchiolina di umidità nell’angolo. Tutti la davano ormai per spacciata, tutti ormai sapevano che sarebbe stata sempre sola -se non si consideravano i peluche- e a lei faceva male il cuore a quell’idea.
No perché non le piacesse stare da sola, ma alle volte avrebbe voluto qualcuno che l’abbracciasse quando tutto il mondo le era contro. Era stanca di combattere contro i suoi sogni, contro il problema denaro, voleva qualcuno che le sussurrasse che sarebbe andato tutto bene. Nessuno aveva mai fatto tutto ciò.
E tutti lo sapevano che sarebbe stato così fino alla fine, anche lei. Ma questa soddisfazione, almeno per una volta, non voleva dargliela a quelli come Lucrezia che l’additavano come una poveraccia che non è capace nemmeno di tenersi un normale ragazzo accanto.
Decisa si rimise in piedi, accese il computer e si mise in attesa di vedere l’immagine con le sue migliori amiche su quell’oggetto preistorico.
Accedette al wifi dei vicini ed entrò su Facebbok, decisa a fare quello che doveva fare.
Aprì la cartella dei messaggi, cliccò sull’ultimo messaggio ricevuto e digitò in fretta, senza ripensamenti.
 
Da Federica Belli: Accetto. A una condizione, nessuno deve sapere nulla.
 
Rilesse il messaggio dieci volte dopo averlo mandato, Luca ci stava mettendo troppo per rispondere.
“E se ci avesse ripensato?”
“E se mi ride in faccia e lo va a dire a tutti?”
Troppe cose passarono nella mente di Federica in quei minuti, tanto che decise di andare in cucina a prepararsi la cena ma proprio quando si decise ad alzarsi, il rumore sordo della chat la fece mancare un battito.
E solo un attimo dopo il sorriso, si rese conto della grossa e immensa situazione in cui si era andata a impelagare.
 
Da Luca Morelli: Domani alle 17 al Duomo.
 
L’indomani, grazie al cielo era il suo giorno di riposo altrimenti avrebbe dovuto iniziare a trovare scuse su scuse da dire al padre, si voleva prendere a schiaffi.
Era da un quarto d’ora davanti al Duomo aspettando chissà chi e chissà che cosa. Non lo conosceva e lui non conosceva lei, come avrebbero fatto a riconoscersi?
Sentì un brivido di freddo passargli sulle braccia nude, niente a che vedere con il caldo torrido di quell’estate.
Alzò la testa e si coprì gli occhi dai raggi solari, guardando il cielo limpido di Milano a giugno.
La piazza pullulava di turisti in pantaloncini che scattavano foto anche ai mille piccioni che svolazzavano ovunque, avrebbe tanto voluto essere una di quelle persone. Ammirare quella città con occhi diversi e non con quelli che ormai sapevano esattamente cosa evitare e che posti ammirare. Voleva andare contro l’ignoto, senza pensare che l’ignoto le stesse venendo contro.
Sentì una presenza alle spalle e in quel momento si disse che ormai era fatta, lui era lì. Il suo finto fidanzato era dietro di lei.
-Tu dovresti essere Federica…- le disse la voce, leggermente dubbiosa.
La ragazza si voltò scontrando letteralmente il naso al petto del giovane. Era dannatamente vicino e dannatamente alto. Fece un passo indietro per guardarlo e la testa era completamente gettata indietro per osservarlo.
Il viso squadrato, con la mascella prominente e cosparsa di una barbetta nera, era vigoroso e affascinante. Le labbra fine e percettibili si allungavano all’insù in una smorfia dubbiosa, il naso aquilino si allungava sotto un paio di occhiali da sole totalmente neri. Il ciuffo dei capelli, vaporosi, era portato a un lato facendolo apparire morbido e setoso.
Se l’era scelto bene come fidanzato.
Il fisico era alto e nella norma, non sembrava nascondere muscoli chissà dove e non c’era nessun osso alla prima occhiata, che sporgeva da chissà dove.
L’abbigliamento era casual, con i bermuda e dei mocassini marroni ai piedi e una polo. Federica percepiva odore di soldi e la rabbia, le tornò alla testa. E certo… con tutti i solidi che si prendeva per fare “l’accompagnatore”.
-T’immaginavo più alta- la vocina le fece strabuzzare gli occhi e arricciare le labbra.
-Come scusa?- Pregò di aver sentito male.
-E anche non sorda.
Federica strinse il pugno della mano destra pronta a scattare su quella deliziosa ma dannata mascella, non che avesse mai preso a pugni nessuno prima d’ora ma c’era sempre la prima volta per tutto.
-Sono Luca- disse il ragazzo, allungando la mano.
Federica guardò sospettosa prima la mano e poi si guardò attorno come se a un tratto dovessero uscire dei cameramen con delle telecamere. Si sentiva tanto presa per i fondelli.
-So chi sei- tagliò corto lei, portandosi le bracca al petto.
-Le relazioni di solito iniziano sempre con le presentazioni.
-Non vedo nessuna relazione qui- disse lei guardando sarcasticamente attorno.
Luca sorrise divertito, mettendo in mostra i denti chiari e perfetti. Per un attimo Federica credette di vedere un lampo di luce riflettersi su quelli. Ma che diamine.
 -Permalosa- apostrofò Luca in direzione dell’espressione tattica della ragazza che rimaneva sulle sue.
-Quanti complimenti. Smettila, mi fai arrossire.
Luca scoppiò a ridere, gettò indietro la testa facendo muovere quel ciuffo adorabile che Federica quasi invidiava in confronto ai suoi ricci crespi che si ostinava a domare, inutilmente.
-Un punto per te bambina. Sei uno spasso.
-Me lo ricorderò e poi, non sono una bambina!- decretò offesa, forse per la prima volta da quando quel ragazzo le stava elencando tutti i difetti.
-Ah no? E quanti anni hai? Diciannove?
Federica si sentì bollire dalla rabbia, odiava quando la prendevano in giro implicitamente per il suo aspetto fisico, era bassina e morbida. Tutti le davano almeno qualche anno dimeno in confronto a quella che era la sua età reale. E se a certi faceva piacere, a Federica faceva imbestialire. Lo sapeva già di se che non assomigliava alle sue coetanee, era inutile girare il coltello nella piaga ogni volta che si trovava a tu per tu con una nuova persona.
-Ne ho venticinque, idiota!
Luca fece una smorfia colpito, non si aspettava di certo quell’età, visto che la ragazza non li dimostrava. Forse era un bene.
Non aveva potuto controllare sul suo profilo nel social network tutte le sue informazioni, perché Federica non lo aveva ancora aggiunto alla cerchia degli amici e non ne capiva il perché.
-Gli porti bene- sghignazzò lui, facendo alzare gli occhi al cielo della sua interlocutrice.
-Ti va di bere qualcosa? Così parliamo di lavoro- aggiunse Luca, indicando la galleria alle loro spalle.
Seppur senza voglia, Federica accettò. Era pur sempre un “lavoro” per il giovane.
 
-Allora, dove e quando ci siamo conosciuti?- Domandò Luca non appena si sedettero ad un tavolino dentro il bar all’aria fresca del condizionatore.
-Come?- Chiese a sua volta Federica, appoggiando la borsa sulla sedia accanto a loro.
Luca si tolse gli occhiali da sole e forse, per la prima volta, Federica rimase realmente senza parole.
Se avesse osservato quella scena dall’esterno, avrebbe visto la sua espressione come un pesce lesso, con la bocca aperta e gli occhi fuori dalle orbite. Un po’ come quei cartoni animati che vedeva negli anni 90.
Grigi, ma non di un grigio scialbo e insignificante. Erano grigi con striature celesti, erano per caso ipnotici? Perché lei non riusciva a staccare lo sguardo anzi… avrebbe voluto avvicinarsi e ammirarli più attentamente. Studiarli e riportarli su un foglio da disegno per non dimenticarli mai più.
Si riscosse solo quando vide le labbra di Luca muoversi e capendo che le stava dicendo qualcosa, vi portò attenzione.
-…ci saremmo dovuti conoscere pur da qualche parte- osservò lui, bloccandosi quando arrivò il cameriere.
Federica aprì la bocca per ordinare il suo ordinario e succulento thè al limone, ma fu bloccata dalla voce di Luca che a quanto pareva, aveva segnato il territorio come l’unica persona predominante in quella sorta di “relazione”.
-Due Bellini- ordinò sapiente.
-In onore al tuo cognome- le disse, strizzandole l’occhio, non appena il cameriere se ne fu andato.
-Fortuita coincidenza- puntualizzò Federica, indispettita.
-Ci siamo conosciuti due mesi fa, mi avevi portato un orologio a pendolo da far aggiustare. Ci siamo ritrovati due giorni dopo a un bar di quartiere e mi hai invitato ad uscire- disse poi, indifferente, mentre ricordava tutto il piano che si era costruita la notte scorsa mentre si girava e voltava per riuscire a prendere sonno.
Luca fece un suono gutturale, mentre si massaggiava il mento pensieroso e cercando di assorbire tutte le informazioni che quella ragazza le aveva lanciato.
-Che lavoro fai?- Le chiese, dando voce alla prima domanda che gli vorticava in testa.
-Mi sono laureata un anno fa in architettura e ora restauro oggetti antichi nel negozio di antiquariato di mio padre, è lì che tecnicamente ci siamo conosciuti.
-Perché non lavori nel campo dei tuoi studi?- Le chiese interessato lui, sporgendosi in avanti sul tavolo.
Federica iniziò a sentire l’aria rarefatta, quegli occhi la stavano studiando in modo tale da sapere quello che c’era sotto la superficie ma lei non era abituata a tutto ciò, probabilmente era quello che faceva chi aveva una relazione, sapere tutto dell’altro e in quel momento si chiese se avesse fatto bene ad aprirsi con il suo finto fidanzato.
Non ebbe il tempo di rispondere alla sua domanda interiore, perché arrivò il cameriere poggiando sul tavolo due bicchieri dal calice lungo e stretto.
Luca né afferrò uno alzandolo davanti a sé -al nostro contratto.
Federica lo guardò scettica e lui aggiunse ridacchiando -verbale e segreto.
La ragazza non poté fare altro che sospirare, prendere il suo di bicchiere e far tintinnare il vetro contro vetro.
Prese una sorsata generosa e sentì l’alcol gradevole infiammarle la gola, facendole dimenticare tutta la situazione in cui era capitata.
-Allora… dicevamo?- Riportò l’attenzione Luca su di loro, quando notò che la ragazza si leccava le labbra distrattamente.
Federica decise di aprirsi almeno un po’, far vedere uno spiraglio nella sua vita monotona non era un male, no?
-Non ho la possibilità di provvedere a degli stage, ecco per cui prima mi metto un gruzzolo da parte e poi dedicherò tempo e denaro al mio sogno.
Luca rimase in silenzio e prese a giocherellare con il liquido rimasto nel bicchiere facendolo roteare sul fondo.
-Però spendi dei soldi per questa pantomima- disse Luca, indicando lo spazio tra lei e lui.
Federica si sentì gelare il sangue e rimpianse di aver aperto proprio quella porta sui suoi difetti.
-Di quello che faccio con il mio denaro, non sono affari tuoi, come io non mi immischio nel tuo giro di abbordaggio, non farlo nemmeno tu su di me- sputò velenosa, puntando gli occhi sul marmo del tavolino per non guardare il volto del suo accompagnatore.
-Anzi…- continuò lei imperterrita incrociando le braccia al petto -se vogliamo dirla tutta, perché lo fai tu?-
Aspettò una risposta, qualsiasi ma non arrivò nulla. Se lo chiedeva da giorni ormai. Luca sembrava troppo bello e troppo facoltoso per queste pantomime.
Dopo un silenzio imbarazzante il ragazzo sospirò e si alzò in piedi.
-Hai ragione, non sono affari miei- prese il portafoglio e lasciò cinquanta euro sul tavolo -ti manderò tutti i dettagli per messaggio stasera, ricordati che non faccio sconti per nessun motivo al mondo.
Detto questo, inforcò gli occhiali da sole che aveva appoggiato sul tavolino e andò via senza un cenno e senza un saluto. 

 

Buonasera a tutti lettori.
Eccoci qui con il secondo capitolo di questa storia, ditemi tutto... vi piace? No?
Oggi conosciamo meglio i protagonisti, tra cui Luca Morelli che sarà quel belloccio che vedete in copertina. Lo avete riconosciuto? Si, è lui Mariano Di Vaio :D Ah... pensieri impuri.
Luca è uno stronzetto, no? E' la prima volta che scrivo di questo tipo di personalità. Che Zeus me la mandi bene.
Ringrazio davvero chi mi ha lasciato una sua opinione nello scorso capitolo, mi è servita molto per darmi quella carica che si necessita per continuare a scrivere. Vi rinnovo l'invito perchè sono molto molto curiosa di sapere le vostre sensazioni. Se avete un minutino lasciatemi un vostro pensiero.
Io vi saluto e vi auguro una buona serata.

A presto.
Sempre vostra
IlaPerla
  
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