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Autore: Red Wind    18/11/2015    3 recensioni
Nell'Antico Egitto le divinità erano parte integrante della vita quotidiana: a loro si offriva tutto ciò che serve alle persone comuni. Ma gli dei non sono persone comuni, così come i protagonisti di questa storia.
Una ragazza insicura che ancora deve scoprire le sue potenzialità.
Un dio generato dall'odio e dal desiderio di vendetta apposta per uccidere.
Una rivoltosa dal passato travagliato.
Un ragazzo in grado di leggere nel cuore delle persone.
Amicizia, dolore, amore, paura, guerra e magia.
“Secondo la leggenda, l'Egitto era governato in origine da Osiride e da Iside, sua sorella e sposa. Il fratello Seth, geloso dei due, uccise Osiride, fece a pezzi il cadavere e ne occultò le membra in luoghi diversi. Iside, trasformatasi in nibbio, raccolse e ricompose le membra del marito e gli reinfuse la vita. Osiride divenne Signore dell'oltretomba ed ebbe un figlio: Horo, il dio dalla testa di falco. Quest'ultimo, dopo aver combattuto a lungo contro Seth, riuscì a sconfiggerlo e a diventare re dell'Egitto.”
Genere: Avventura, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Aegyptus'
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Di attese battaglie e incontri inaspettati
o
Chi non muore si rivede

Da quando si erano svegliati, la stanza di Jamila e Nakht era diventata improvvisamente troppo piccola, angusta. Da quanto tempo se ne stavano chiusi lì, in attesa? Dopo mesi di viaggio all'aria aperta quell'atmosfera stava diventando opprimente. La cosa che li preoccupava di più, però, era che Sinuhe non si era ancora fatta viva e non avevano idea di dove fosse, non avendo ancora osato chiedere notizie. Dopo una serie di supposizione fatte camminando nervosamente avanti e indietro per la stanza, Jamila affermò di non poter attendere oltre e di dover provare a parlare con la rivoltosa. Quando chiese in giro dove si trovasse Sinuhe, le fu indicata un'altra stanza del grosso edificio e questo bastò a tranquillizzarla almeno sul fatto che la ragazza non fosse scomparsa. Quando osò bussare, Sinuhe, appoggiata dall'altra parte della parte della porta, sussultò, indecisa sul da farsi.
-Chi è?- chiese, la voce roca per le lunghe ore di silenzio.
-Jamila.-
Rispose il silenzio. Sinuhe non aveva alcuna voglia di parlarle.
-Hai intenzione di aprire oppure preferisci farti pregare come una bambina?- insistette la cuoca, puntando sul suo orgoglio.
Pochi secondi dopo si udì un sibilo irritato e la porta si aprì di qualche centimetro. Quando Jamila entrò trovò l'amica seduta contro una parete della spoglia stanzetta. Chiudendosi la porta alle spalle, la osservò in silenzio per qualche momento: non avrebbe saputo dire con precisione cosa fosse cambiato in lei, eppure appariva in qualche modo sconvolta. Sembrava stanca e spossata, pallida, ma negli occhi scuri ardeva una luce febbrile, mentre un tremito nervoso sembrava scuoterla impercettibilmente.
-Avevo espressamente richiesto di stare sola.- si lamentò la rivoltosa abbassando lo sguardo, non potendo più tollerare quel giudizio silenzioso.
Jamila non rispose, indecisa su come comportarsi. Temeva che una mossa sbagliata avrebbe potuto portare la ragazza a chiudersi ulteriormente in se stessa, ed era proprio quello che voleva evitare. Alla fine decise di sedersi al suo fianco, senza dire niente, e poggiare la testa sulla sua spalla, come se fosse stata lei stessa ad avere bisogno di conforto e non il contrario. Sinuhe non si oppose, ma si limitò a rimanere immobile.
-Temo per quello che può accadere durante la rivolta.- ruppe il silenzio Jamila dopo alcuni minuti.
Sinuhe sembrò riscuotersi leggermente, si voltò a guardarla in faccia e la cuoca sollevò la testa per osservarla a sua volta.
-Da quel che ho capito l'intera città piomberà nel caos, la legge del faraone non esisterà più e ognuno si sentirà libero di fare ciò che preferisce.-
-Non dovresti temere questo più di quanto non temevi il potere incontrastato del faraone. Inoltre i rivoltosi hanno in mente come ristabilire l'ordine nel paese una volta che il faraone sarà definitivamente crollato- rispose con noncuranza.
Jamila annuì, rassicurata che l'amica le avesse risposto normalmente.
-Che ne dici di tornare di là?- azzardò.
Sinuhe abbassò lo sguardo.
-Non posso.-
-Perché?-
La rivoltosa sospirò irritata.
-Non penso di essere fatta per questo...- sussurrò, abbattuta.
-Cosa?-
-Come posso pensare di partecipare a una rivolta, o peggio di sconfiggere Seth, se alla prima difficoltà mi rinchiudo per ore in una stanza a piagnucolare?- esplose, il disgusto chiaramente leggibile nella sua voce.
Dopo un attimo di attonimento, Jamila non riuscì a trattenersi dal riderle in faccia.
-Credi che sia divertente?- ribatté, ora su tutte le furie.
-Scusa, è che... sei ridicola! Se non sei adatta tu, non vedo chi potrebbe esserlo! Da quando ci siamo conosciute, nonostante tutte le cose che sono capitate, è la prima volta che ti vedo crollare. Hai soltanto dimostrato di essere anche tu umana. Tu non saresti adatta per la missione? Cosa dovremmo dire io e Nakht? Non abbiamo neanche idea di come combattere...-
Jamila avrebbe continuato se Sinuhe non l'avesse interrotta.
-Non è solo questo... A me non interessa la missione di Horus, la mia missione era un'altra!-
Jamila le appoggiò le mani sulle spalle.
-La tua missione non esiste più, ma si può ritenere completata. Non posso neanche immaginare come tu debba sentirti in questo momento, ma devi andare avanti. Ho bisogno di te... Non possiamo permettere che il mondo cada nel caos di Seth.-
Sinuhe, incapace di rispondere, sapeva che l'amica aveva ragione, anche se questo non risolveva affatto i suoi problemi. Jamila le risparmiò la fatica di trovare qualcosa da dire abbracciandola e la rivoltosa, anche se rimase quasi immobile tra le sue braccia, si sentì un po' meno inutile.



Non passo molto che le tre Incarnazioni si ritrovarono riunite nella stanza assegnata loro dai rivoltosi. Nakht, all'oscuro di quanto avvenuto tra le due ragazze, lanciava occhiate indagatorie ad entrambe, cercando di capire se Jamila avesse fatto qualcosa di particolare o se Sinuhe fosse rinsavita autonomamente. La rivoltosa se ne accorse con fastidio, ma non reagì; Jamila prese la parola.
-Parlando con Horus siamo giunti alla conclusione che è troppo pericoloso restare qui con i Sethish che potrebbero attaccare in qualunque momento. Non siamo ancora pronti ad uno scontro diretto...-
Sinuhe la interruppe.
-Non è andata così male, li abbiamo respinti.-
Nakht alzò uno sguardo scioccato su di lei, ma fu Jamila a riprendere a parlare.
-A quale costo?-
Sinuhe capì che si riferiva alla ferita di Nakht senza che dovesse aggiungere altro.
-Siamo in guerra. Sarebbe potuta andarci molto peggio.- ribatté con un'alzata di spalle.
Il ragazzo rabbrividì e la cuoca decise di passare oltre.
-Comunque sia, nel regno degli dei saremo protetti e avremo la possibilità di allenarci in tranquillità. Inoltre, per noi il tempo passerà più lento, quindi quando torneremo sulla Terra i nostri avversari saranno nella stessa situazione in cui li abbiamo lasciati.-
Nakht annuì.
-Sembra molto vantaggioso.-
-Ora resta solo da decidere quando vogliamo andare.- riprese Jamila.
-Non prima che la rivolta sia portata a termine.- rispose prontamente Sinuhe, non del tutto inaspettatamente.
-Quanto ci vorrà?-
-Da quel che ho sentito avrà inizio molto presto, appena saranno tutti pronti. Per la durata tutto dipende dalla resistenza delle truppe reali, è probabile che inizialmente ci sia una battaglia quasi in campo aperto, dove speriamo di coinvolgere più persone comuni possibili. Dopodiché, una volta vinti i soldati reali, assalteremo la reggia: occupandola impediremo l'insediarsi di un successore. Da lì in poi la parte attiva della rivoluzione può considerarsi conclusa, anche se senz'altro ci saranno altre resistenze da vincere e sarà necessario ricostruire le istituzione secondo un diverso schema... In ogni caso una volta preso il palazzo reale potremo andare nel regno degli dei, se necessario.- concluse la rivoltosa.
Gli altri due annuirono.
-Che cosa dovremmo fare durante la rivolta?- chiese Nakht.
Sinuhe ci pensò un po' prima di rispondere.
-Se sapeste tenere un'arma in mano tornereste utili durante la battaglia, ma per come stanno le cose vi consiglierei di restare qui. Il problema è che, nel caos generale, è probabile che non ci sia un posto sicuro in tutta la città.-
Visti gli sguardi dubbiosi dei compagni, Sinuhe decise di spiegarsi meglio.
-È risaputo che sia i soldati, siano essi della guardia reale o di una formazione indipendente, non sempre si comportano come dovrebbero quando hanno l'occasione di sfuggire al controllo dei superiori, come durante una grande battaglia. Sono certa che non mancheranno saccheggi, omicidi e stupri nei confronti dei civili.-
-Non potete dare il via a una cosa del genere di proposito!- si indignò la cuoca.
Sinuhe rispose con un sorriso triste.
-È il prezzo da pagare per porre fine al potere illimitato del faraone. Il male che verrà fatto risparmierà dei mali peggiori in futuro, potete starne certi.-
Nakht sospirò, per niente pronto ad affrontare altra violenza.
-Quindi come dovremmo comportarci?- riprese il filo Jamila.
Sinuhe rimase un attimo pensierosa e la ragazza continuò.
-Potremmo rifugiarci momentaneamente nel mondo degli Dei, dopotutto Horus ci ha detto di andare lì per proteggerci dai Sethish... Sarebbe una buona soluzione per proteggerci da entrambi.-
Nakht e Sinuhe annuirono.
-Potrebbe essere un'ottima idea, basterà anche solo raggiungere la Stanza e attendere lì Horus.-
La decisione fu presa e iniziarono i preparativi, sia per la rivolta che per la partenza dei due ragazzi. Nakht nel frattempo stava decisamente meglio ed erano tutti sicuri che non avrebbe avuto problemi.
Man mano che l'ora designata per la rivolta si avvicinava gli animi si scaldavano, le armi stridevano e l'atmosfera era poco rassicurante all'interno della base della base dei rivoltosi. L'esaltazione che preparava alla battaglia strisciava tra le fila dei rivoltosi, accendeva nei loro occhi il luccichio del desiderio di rivalsa -forse necessità di violenza- che, visto dall'esterno, non appariva giustificato dalla buona causa della rivolta. Jamila e Nakht, esterni all'ambiente, si lanciavano occhiate dubbiose e vagamente intimorite, ma anche Sinuhe pareva non essere contagiata dall'atmosfera generale, forse perché ancora troppo turbata dall'evento del giorno precedente o forse perché di natura fredda e controllata.
Si percepiva nell'aria l'arrivo di un evento epocale, come se una pagina bianca di Storia si aprisse davanti ai rivoltosi quel giorno. Se da una parte quell'energia raccolta e repressa durante gli anni dall'organizzazione, e pronta adesso a liberarsi, poteva spaventare, dall'altra Jamila e Nakht agognavano assistere agli eventi che avrebbero determinato le sorti dell'Egitto. Era quasi come essere esclusi da qualcosa di estremamente importante, seppur per la propria sicurezza.
Il tempo passò lentamente e quando arrivò il momento Sinuhe si raccomandò di utilizzare il ciondolo per raggiungere la Stanza non appena la maggior pare dei ribelli avesse lasciato la base.
I due ragazzi obbedirono: una volta soli nella stanza si scambiarono un'occhiata e, assicuratisi di aver preso tutto il necessario, Jamila attivò il ciondolo, che come al solito brillò di luce azzurra tra le sue mani. Accadde però qualcosa di strano e indefinibile e senza che si fossero accorti di nulla un attimo dopo si ritrovarono al punto di partenza, con Jamila che, interrotta l'attivazione del ciondolo, si guardava intorno spaesata, solo per notare l'improvvisa apparizione di due uomini di fronte a sé.
Uno dei due era Hesyru, il primo Sethish, mentre l'altro, un ambiguo individuo magro e con il viso allungato, era a entrambi sconosciuto.
-Peccato, siete soltanto in due.- esordì Hesyru -Sarà peggio per voi, dell'altra ci occuperemo subito dopo.- aggiunse sorridendo.
Jamila e Nakht, pietrificati, non ebbero il tempo di reagire, prima che l'uomo lanciasse verso di loro sfere nere. Il ragazzo, che aveva familiarità con quell'attacco, ebbe la certezza di non aver alcuna speranza di cavarsela in quel combattimento.
-Dobbiamo andarcene!- urlò, mentre faceva a malapena in tempo a scansare i primi colpi.
Improvvisamente ricordava fin troppo chiaramente le terribili sensazioni che aveva patito negli ultimi giorni per colpa di quella strana ferita alla mano.
Jamila, prendendo consapevolezza della situazione, gli afferrò un braccio e chiuse gli occhi, sperando che le abilità nel teletrasporto che aveva sviluppato ultimamente non l'abbandonassero proprio nel momento del bisogno.
Prima ancora di riaprire gli occhi sentì la furia della battaglia travolgerli: intorno a loro i rivoltosi affrontavano le truppe reali. La cuoca si maledisse immediatamente per il luogo in cui gli aveva accidentalmente portati -effettivamente non aveva avuto il tempo di decidere con precisione dove recarsi. Questi pensieri passarono in secondo piano non appena, qualche secondo dopo il loro arrivo, i Sethish apparvero di nuovo, poco lontano da loro.
-Come hanno fatto a seguirci?- urlò Jamila in mezzo al frastuono, mentre iniziava a correre in mezzo alla battaglia.
Nakht, al suo fianco, cercava di non perderla di vista e di evitare le armi sia delle truppe che dei ribelli. Quella battaglia, che fino a un attimo prima era la loro preoccupazione, era diventata improvvisamente l'unico modo per tentare di seminare i Sethish in mezzo alla confusione. D'altro canto, ogni secondo passato in quel luogo era un rischio che i due ragazzi erano costretti a prendersi, schivando di quando in quando le spade che si scontravano tutto intorno a loro. Non si guardarono mai indietro, ma accennarono a fermarsi soltanto quando sentirono di non avere più fiato nei polmoni per continuare a fuggire.
-Hai idea di dove siamo?- chiese Nakht, dopo aver constatato che i nemici non erano più in vista.
-No.-
Non ebbero tempo di continuare a discutere perché qualcosa variò nelle dinamiche della battaglia: dalla loro sinistra un gruppo compatto di soldati reali si fece strada verso quello che pareva il centro dello scontro. Non avendo una visione d'insieme, i reali sembravano in numero schiacciante. Guardandosi intorno per capire da che parte convenisse fuggire, Jamila notò qualcosa di famigliare: il sudore, il sangue e la polvere che la coprivano, uniti ai movimenti repentini e alla visuale non ottima, la rendevano quasi irriconoscibile, ma la ragazza era certa che quei movimenti, quel modo di combattere, non potessero appartenere che a Sinuhe. Si mosse in quella direzione, immediatamente seguita da Nakht. Avvicinandosi notò qualcuno al fianco dell'amica, anche questa volta non totalmente sconosciuto. Non riuscì a mettere a fuoco questa sensazione di famigliarità finché, mentre caricava un affondo, questi non si voltò meglio verso di lei, rendendosi visibile in viso. Anem.

 
 
Il Cantuccio dell'Autrice
Sono consapevole di essere assolutamente in ritardo, non so neanche se vi ricordate qualcosa di questa storia.
Non sono riuscita a trovare un banner che c'entrasse qualcosa, sorry. In compenso continuano a venirmi in mente stupidi titoli alternativi per i capitoli, non so neanche più se è autoironia o cosa.
Comunque sia spero che questo capitolo vi sia piaciuto, a me è piaciuto scriverlo perché c'è un po' di "movimento".
So che Grace è felice per il ritorno di Anem, ma voi altri cosa ne pensate? x)
Ebbene, la rivolta è iniziata, adesso non resta che vedere come andrà a finire ^^
Alla prossima!
Red Wind
   
 
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