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Autore: Trick    28/02/2009    5 recensioni
AGGIORNATO IL SESSANTOTTESIMO CAPITOLO
Infiltrato nel clan di Fenrir Greyback, Remus Lupin finirà per scontrarsi con quella realtà dalla quale ha sempre tentato di sfuggire. Nel frattempo, a Londra, Tonks non può far altro che cercare di sopravvivere alla guerra che imperversa per la città. Una storia fra umani e licantropi, fra amicizie improbabili e segreti dimenticati, per decidere se sia più forte il richiamo del sangue o quello del cuore.
Genere: Commedia, Drammatico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Diario di un Lupo

in un Branco di Lupi

(Versione riveduta, corretta e ampliata causa insoddisfazione dell'autrice)

CAPITOLO QUARANTANOVESIMO

Diplomazia e risentimento

°°°°°°°



Londra, 1978


«Che terribile tragedia».

«Hanno già trovato i colpevoli?».

«Oh, al peggio non c'è mai fine».

«I colpevoli, i colpevoli... sappiamo perfettamente chi sono i colpevoli, Mafalda».

Tooley Road non era mai stata meno affollata come in quella fredda mattinata di inizio marzo. Nessuno – nemmeno il più solerte degli impiegati postali – aveva avuto modo di attraversarla. Non che non ne avessero avuto l'intenzione, tutt'altro: semplicemente, una volta giunti in prossimità dell'incrocio con Montague Close, ricordavano di avere impegni più urgenti da sbrigare. E c'era chi, come l'anziano signor Smith che abitava al secondo piano della terza casa di Tooley Road, non aveva mai trovato i programmi d'intrattenimento televisivi tanto interessanti come quel giorno, così, seduto sulla sua comoda poltrona nel salotto, non si era degnato di affacciarsi alla finestra che dava sulla strada. Nessun uomo con il proprio cane, nessuna coppia con la carrozzina, nessun bambino con il proprio zainetto sulle spalle passeggiava lungo quel tratto scintillante del Tamigi.

Nessun Babbano, dunque, si accorse dello strano drappello di persone che, quella mattina, circondavano l'abitazione di Dorian e Marlene McKinnon.

Soli, dall'altro capo della strada, un uomo camminava a passo svelto, stringendo la mano di una bambina con un buffo copricapo verde acido. Questa, trascinando velocemente i piedini nel tentativo di seguire l'andatura del padre, continuava ad incespicare ad ogni passo, rischiando di cadere sul cemento del marciapiede.

«Coraggio, maschietto» la spronò il padre, guardandosi intorno con aria preoccupata. «Voglio tornare in fretta dalla mamma».

«Papà, ma stai correndo!» protesto veemente la bambina, guardandolo dal basso verso l'alto con una smorfia indispettita. Un ciuffo di capelli scuri che sbucava dall'elastico del suo cappello si tinse improvvisamente di arancione.

Sospirando appena, Ted Tonks si voltò, si voltò verso la figlia e si accorse del cambiamento della sua chioma.

«Dora» la rimproverò stancamente, nascondendole rapidamente i capelli. «Niente trasformazioni per le strade, lo sai. Qualche Babbano, prima o poi, finirà per chiedersi per quale motivo al posto della testa hai un arcobaleno e allora sì, che saranno guai. Guai grossi, maschietto» puntualizzò, dandole un buffetto sulla guancia con un mezzo sorriso.

La bambina ridacchiò appena e si grattò il nasino con il dorso della mano.

«Scusa, papà» disse. «Ma oggi non c'è nessuno».

«Niente storie e niente magie, Dora».

Avevano percorso poco più di qualche decina di metri, quando il vociare dei maghi e delle streghe dall'altro capo della strada attirò l'attenzione di Ted. L'uomo si bloccò improvvisamente, impallidendo.

«Oh, Merlino» mormorò.

«Papà, chi sono quelle persone?».

Ignorando involontariamente la domanda della figlia, Ted attraversò agitato la strada, mentre la piccola, protestando un poco, gli trotterellava faticosamente dietro.

«Artemis» chiamò Ted.

Un mago dai folti baffi bianchi e la calvizia incipiente trasalì e si voltò di scatto. Osservò l'altro mago per qualche istante con aria confusa, poi, sgranando gli occhi, spostò lo sguardo da Ted alla bambina diverse volte, prima di esclamare:

«Sei pazzo ad andartene a zonzo con tua figlia? Hai idea di cosa potrebbe succedervi, se dovessero trovarvi!?».

Con un gesto veloce della mano, Ted lo fece tacere di colpo.

«Zitto» disse. ''Non parlare di questo davanti a lei'' parevano dire i suoi occhi celesti.

«Perché siamo con tutte queste persone, papà?» domandò candidamente la bambina, osservando lo sciamare della folla con aria curiosa. «Chi sono?».

Ted la guardò intensamente e scosse il capo.

«Ora andiamo a casa, Ninfadora».

«Questa volta è toccato ai McKinnon» spiegò in tono funebre Artemis, torcendosi il bordo del mantello viola. «E chi sa a chi toccherà, ancora...».

«I McKinnon?» ripeté sconcertato Ted, fissando l'altro mago allibito. «Dorian e Marlene McKinnon?».

Artemis annuì con estrema lentezza.

«E i bambini».

Deglutendo a fatica, Ted strinse istintivamente la manina della figlia, rivolgendole un'occhiata tormentata.

«Cosa c'è, papà?».

«Fa' come ti ho consigliato, Ted. Porta via tua moglie e tua figlia» continuò Artemis.

«Artemis, non aggiungere altro, non-».

«Ma siete sulla lista di Bellatrix-».

«Non dire quel nome davanti a mia figlia!» lo fermò Ted.

Sospirò affranto, si chinò e prese in braccio la bambina, sistemandole il cappellino e carezzandole piano la guancia rotonda.

«Andiamo dalla mamma, papà?» implorò quella, stringendosi al suo collo. «Non mi piacciono queste persone. Urlano tanto».

«Farai come ho detto, Ted?».

«Ci penseremo. Grazie».

Mentre Ted si allontanava sotto lo sguardo preoccupato del vecchio Artemis, Ninfadora si sporse oltre la spalla del padre e allungò il collo per vedere al di là del rumoroso capannello di maghi. In una bella aiuola curata e piena di fiori colorati, degli uomini con delle divise scure camminavano freneticamente avanti e indietro, parlando agitatamente fra loro e scuotendo debolmente le teste. Un mago, in particolare, attirò l'attenzione della bambina: aveva un occhio grande e turchese che sfrecciava rapidissimo da una parte all'altra del cortile. Dietro di lui, due streghe dai lunghi abiti dello stesso colore del suo cappellino erano chinate attorno ad un mucchio informe coperto da un telo candido. Parevano avere l'aria afflitta.

«Papà?» domandò. «Chi abita in quella casa?».

«Nessuno» rispose frettolosamente Ted, stringendola di più fra le braccia.

«Chi è quel bambino, allora?».

«Quale bambino?».

«Quello che sta dormendo sotto il lenzuolo, papà».

°°°°°°°



L'abitazione di Elias e Miranda Montgomery sorgeva in uno dei bei quartieri residenziali della parte occidentale della città. Il grande viale che divideva le due file di villette era accogliente e spazioso e i cancelletti e i giardini erano impeccabilmente perfetti: pareva quasi una fotografia estratta dal catalogo di un agente immobiliare. Nonostante l'aspetto rasserenante e tranquillo della zona fosse accentuato dai primi raggi del sole, l'animo di Tonks era cupo e inquieto. Con le mani affondate nelle tasche del mantello e la testa china, aveva seguito la scia di Dawlish dal punto in cui si erano Materializzati – a qualche decina di metri dalla stazione metropolitana – fino a raggiungere l'elegante casa dei Montgomery senza proferire parola.

Dawlish non pareva intenzionato a intavolare una conversazione – non che ve ne fosse motivo alcuno – e lei, per conto suo, sentiva di non avere, al momento, la prontezza di spirito per rispondere ad una qualunque delle sue provocazioni.

«Sono stai dei licantropi ad attaccare».

Il sottile avvertimento con cui Proudfoot l'aveva messa in guardia, era stato più che sufficiente. Dawlish avrebbe certamente cercato di sfruttare la delicatezza e la drammaticità della situazione a favore suo e del Ministero, sperando che lei, in qualche modo, aprisse gli occhi dinanzi a ciò che definivano ''obiettività'' e confidasse loro i più intimi segreti di Silente. In quel momento, tuttavia, animata dalla paura e la preoccupazione, qualsiasi cosa avesse intenzione di fare Dawlish non aveva importanza.

Oh, ti prego” continuava a ripetersi la giovane. ''Ti prego, fa che lui non fosse fra loro''.

Il cortile su cui si affacciava la casa dei Montgomery – una deliziosa costruzione a pietra vista, con ampie finestre dai cornicioni bianchi e una bella scalinata d'ingresso – era gremito di Auror e dipendenti del Ministero della Magia. I primi, facilmente distinguibili dal mantello d'ordinanza verde asparago e rigidi nelle loro posizioni di guardia, circondavano l'abitazione con sguardo guardingo, scambiando di tanto in tanto le proprie opinioni gli uni con gli altri. L'aria che si respirava era rancida e soffocante.

Quando lei e Dawlish raggiunsero il cancelletto, diverse teste si voltarono per scrutarli con avida curiosità. Quando Gawain Robards, Capo del Dipartimento Auror, si accorse del loro arrivo, si chinò per sussurrare qualcosa all'orecchio di un giovane Auror dal volto squadrato. Questi, annuendo con forza, si dileguò all'interno della casa. Tonks deglutì a forza e si guardò intorno con aria angustiata.

«Dawlish. Tonks» li salutò Robards stentoreo. «Siete in ritardo».

«Ci perdoni, capo. Noi-» si scusò Dawlish con il suo miglior tono deferente, chinando un poco il capo.

«Abbiamo gatte più grosse da pelare, Dawlish. Si risparmi le giustificazioni per la prossima volta».

Il suo sguardo duro si spostò da lui a Tonks. La fissò con estrema intensità diversi secondi, prima di dirle:

«Non sembra in grandi condizioni, agente Tonks».

Lei, tentando con tutta sé stessa di sconfiggere il mostro dell'ansia che la stava straziando e, al contempo, resistere alla silenziosa provocazione di Robards, rispose:

«Ho solo perso qualche chilo, signore».

«Non mangia?».

«Signorsì, signore. Ma all'Accademia per Auror non veniamo addestrati all'arte culinaria, signore».

Robards stava per aggiungere qualcos'altro, quando il Ministro Scrimgeour uscì dalla porta e, zoppicando appena, scese la gradinata e si avvicinò a loro con passo deciso. Si fermò al fianco di Robards e rivolse una labile occhiata sdegnosa a Tonks. Lei, deglutendo a stento, si costrinse a sostenere il confronto con i suoi occhi gialli e indagatori.

«I miei uomini sono in attesa di nuovi ordini, signor Ministro» disse Robards.

«Seguite le procedure standard» ribatté laconico, senza distogliere lo sguardo dalla giovane. «Dawlish, vada con lui».

Dawlish annuì senza la minima esitazione e si affrettò a seguire Robards verso l'ingresso della casa. Voltando leggermente il capo, rivolse a Tonks un impercettibile sorriso perfido.

«Immagino lei sappia per quale motivo ho chiesto a Dawlish di portarla qui» eruppe improvvisamente Scrimgeour.

Tonks trasalì appena e pregò che l'uomo non se ne fosse accorto. Il modo in cui l'angolo della sua bocca s'increspò verso l'alto, tuttavia, faceva supporre tutto il contrario.

«No, signore» mentì subito lei. «Non lo immagino, signore».

Scrimgeour la guardò con sufficienza e sbuffò divertito.

«Perché non mi segue all'interno, agente Tonks? C'è una cosa che vorrei mostrarle».

Il tono lapidario della sua voce non ammetteva repliche. Muovendo rigidamente il capo e ripetendo per l'ennesima volta la sua muta supplica. Scrimgeour non entrò dalla porta principale oltre la quale erano spariti Robards e Dawlish. Superarono un quartetto di Auror intenti ad esaminare delle mezze impronte nel terriccio umido e si diressero verso la parte posteriore della casa.

Il piccolo cortile che dava sul retro era letteralmente sottosopra. Qua e là, spuntavano assi di legno bianche, che Tonks suppose dovessero provenire da ciò che restava della tettoia, mentre i frammenti di vetro della porta scorrevole cospargevano il selciato di pietra che circondava la casa. Quello che, tuttavia, attirò immediatamente l'attenzione della giovane, fu una grande chiazza informe di erba più scura, a meno di un metro dal muro della casa. Tonks seguì con lo sguardo le traccie di sangue rappreso, fino a risalire la superficie ruvida dei mattoni.

Oh, Merlino, che diavolo hanno fatto?

«Signore» esordì di colpo, guardando la schiena di Scrimgeour con aria inquieta. «Signore, mi è concesso sapere cos'è-».

«Non è ovvio, agente Tonks?» la anticipò lui, stringendo il bastone con tanta forza che le nocche nodose sbiancarono. «I Mangiamorte hanno fatto irruzione in casa e hanno liberato i loro cani».

Tonks non aveva mai avuto tanta voglia di urlare come in quel momento.

Oh, ti prego, fa che lui non fosse fra loro, fa che non ci fosse.

«Il signor Montgomery aveva installato dei Sensori Magici collegati alla radio del fratello. A quanto dice, stava ascoltando l'ultimo notiziario giornaliero di Radio Strega Network, quando ha ricevuto la richiesta di soccorso. Ha contattato immediatamente il Dipartimento Auror ed è stato inviato immediatamente un cospicuo numero di agenti. Quando sono giunti qui, ad ogni modo, erano già spariti tutti. Tutti, fatta eccezione di uno di quegli animali» concluse con tono vagamente trionfante, indicando qualcosa alle spalle di Tonks. Questa, voltandosi rapidamente, individuò una figura informe ricoperta da un telo giallognolo.


''Papà, chi è il bambino che sta dormendo sotto a quel lenzuolo?''.


Senza preoccuparsi di ciò che Scrimgeour – o qualunque altro degli Auror che li osservavano curiosi – avrebbe potuto dire o fare, si mise a correre e si inginocchiò accanto al cadavere con il respiro mozzo. Tese la mano sopra al suo viso, ma non trovò la forza di sollevare l'angolo della coperta.

Ti scongiuro, fa che non sia lui. Ti prego, ti prego, non lui.

Stringendo fra loro le labbra, Tonks scoprì il corpo con un gesto nervoso della mano e sobbalzò. Il suo sguardo incontrò due occhi vitrei, freddi e spalancati. Le occorsero diversi secondi prima di realizzare che quel giovane dalla carnagione scura e le lunghe treccine brune non poteva essere Remus.

«Perché tanta paura, agente Tonks?» chiese improvvisamente la voce di Scrimgeour, dietro di lei. «Cosa pensava di trovare, sotto quel telo?».

«Nessuno, signore» mentì nuovamente, ricoprendo il viso cianotico del licantropo e rimettendosi in piedi.

«Eppure, sembrava molto spaventata».

Tonks tacque, incapace di ribattere alcunché.

«Chi pensava potesse essere, agente?».

«Nessuno, signore» ripeté.

«Sicura?» chiese incisivo il mago, socchiudendo le palpebre con fare intimidatorio. «Non Remus Lupin, forse?».

La giovane trasalì.

«Ah» disse semplicemente Scrimgeour, sorridendo compiaciuto. «E così si svela il mistero. Per curiosità, agente, per quale motivo supponeva che Lupin potesse essere presente all'abominio avvenuto questa notte?».

«Non l'ho mai pensato, signore».

«Se questo è vero, mi chiedo per quale motivo si è affrettata tanto a controllare quel cadavere. Non se la spasserà con altri licantropi, mi auguro. La sua reputazione è già sufficientemente nociva, agente».

L'ansia e l'inquietudine che l'avevano accompagnata fino a lì svanirono di colpo, lasciando spazio ad una collera sempre più irrefrenabile e travolgente.

«Lei sarà anche il Ministro della Magia» sillabò astiosa. «Ma non avete il diritto di fare ciò che state facendo».

«Difatti, agente, io sto svolgendo il mio dovere: tutelo l'interesse dei maghi e delle streghe che dimorano in Gran Bretagna. Dovrebbe essere anche il suo, vorrei ricordarle. A quanto pare, l'incolumità dei civili non è più una sua priorità».

«Compio il mio dovere di Auror come ho sempre fatto, signore».

Scrimgeour scosse il capo con aria severa.

«No» affermò con decisione. «Lei sta aiutando dei criminali nei lori intenti terroristici, agente Tonks. E non appena ne avremmo le prove-».

«A quali criminali si sta riferendo, signor Ministro?» lo interruppe Tonks. «Ai licantropi di Fenrir Greyback o ai membri dell'Ordine della Fenice?».

«Sta giocando con il fuoco» la ammonì.

Lei, sempre più irrequieta, gli rivolse uno sguardo glaciale.

«Chissà chi sarà il primo a scottarsi».

Scrimgeour storse il naso e la fissò con estremo disprezzo.

«Lei ha dimenticato cosa significa essere un'Auror. Sta ricoprendo la sua posizione di indecenza e scandalo, se ne rende conto?».

«Prima di essere un'Auror, signore, sono una persona» ribatté lei, pungente. «E, francamente, della vergogna con cui sto infangando il Dipartimento non mi importa un emerito accidente. Non quando, perlomeno, lo stesso Ministero rema contro i principi morali che ha sempre ostentato con tanto fervore. Avrò anche scordato cosa significa essere un'Auror ma, perlomeno, io so ancora cosa sono l'onestà e la giustizia, signor Ministro. E se difenderle significa affrontare lei e ciò che lei rappresenta... Merlino gliene scampi, perché non ho niente da perderci».

«Affrontare il Ministero della Magia?» esclamò con malcelato divertimento Scrimgeour. «Lei è pazza».

«Sissignore, lo sono. È il motivo principale per cui non dovrebbe prendermi sottogamba».

«Sei solo una ragazzina arrogante» disse l'uomo, scuotendo con aria di sufficienza il capo leonino. «Come tutti i Black. Vi rinnegate l'uno con l'altro, ma rimanete sempre i soliti incoscienti e boriosi».

«Io non sono una Black» scandì Tonks con orgoglio.

«Stupida» mormorò Scrimgeour. «Arriverà il giorno in cui dovrai pagare per tutte le idiozie che stai facendo e, a quel punto, sarà troppo tardi per cercare il perdono».

«Così sia».

«Potremmo ancora aiutarti... se tu aiuti noi, naturalmente» aggiunse mellifluo Scrimgeour, rivolgendole un sorriso tirato. «Potresti coprire un alto ruolo da dirigente, negli uffici più alti del Ministero. Dimenticheremo quest'assurda storia dei licantropi, chiuderemo la faccenda ''Silente'' una volta per tutte e-».

Tonks scoppiò a ridere.

«Mi sta chiedendo di fare un accordo con lei?» esclamò divertita. «Porca vacca, è ora di migliorare le sue tecniche di persuasione, signor Ministro! Mi è stato detto che hanno fatto cilecca anche con Harry Potter! Cos'è, nemmeno lui ha accetto di aiutare dei... cavolo, com'era la definizione? Oh, sì: dei criminali».

«È allucinante vedere quanto a fondo Albus Silente sia riuscito a fuorviarvi tutti» mormorò altero l'uomo. «E suppongo che anche quel vecchio visionario di Alastor Moody ci abbia infilato quel po' di naso che gli avanza, non è vero? Merlino, si rende conto che l'hanno convinta a vedere il Ministero della Magia stesso come un avversario di cui diffidare?».

Con più sicurezza di quanta non ne sentisse, Tonks gli rivolse un'occhiata beffarda.

«''Vigilanza costante'', signor Ministro. Ci sono mostri capaci di nascondersi ovunque».

Lui ghignò malignamente.

«Anche nel suo letto, vero?».

Tonks lo fissò con forza qualche secondo, deglutì a forza e fece appello alla sua pazienza. Soffocò il desiderio di prenderlo a calci nel sedere e rispose, stringata:

«Prima o poi, tutte le streghe si ritrovano con dei mostri nel letto, signore. Di recente, se la questione davvero la preme, nel mio non ne sono passati».

«Se non è passato per le sue lenzuola, dannazione, dove diavolo è finito Remus Lupin!?» eruppe con forza improvvisa Scrimgeour. «Perché i miei uomini hanno perso le sue traccie!?».

Tonks cercò di fingersi completamente disinteressata.

«Oh, non saprei. Ma se scopre dove si è cacciato, potrebbe, cortesemente, dirlo anche a me?».

«Lei sa perfettamente dove si trova!».

«Perché vi siete tutti convinti che io abbia un ruolo così importante!?» sbottò di rimando Tonks. «Prima Dawlish che afferma di essere sicuro che so cosa sta macchinando Silente , e ora lei che insinua che so dove si trova Remus! Ministro, porco cane, mi guardi meglio! Le sembro una che qualcuno aggiornerebbe sulle proprie strategie belliche?».

«A me sembra che lei sia molto furba, agente Tonks. Ma, se mi permette un consiglio, questa storia finirà molto, molto in fretta. E lei rischia di farsi molto, molto male» disse, voltandole infine le spalle e iniziando a zoppicare verso l'ingresso principale. «Pensi alla mia proposta e non si adagi sugli allori, perché potrei decidere di renderle la vita un inferno».

«Le giuro, signor Ministro» replicò con un sorriso lezioso Tonks, «che se anche fossi a conoscenza di qualche dettaglio di cui lei non è al corrente, preferirei mordermi la lingua fino a morire dissanguata, piuttosto che rivelarglielo».

«Non creda che il destino che l'attende sarà molto migliore» la liquidò brevemente, con un ultimo sguardo ammonitore. «Rientri in carreggiata, o lei e il suo animale da compagnia vi ritroverete ad Azkaban in un battito di ciglia. Che Silente sia d'accordo, o meno» aggiunse con un ghigno.

«Se permette anche a me un consiglio, signor Ministro» ribatté nuovamente Tonks, decisa ad ottenere l'ultima parola anche a costo di una trentina di richiami formali. «Fossi in lei, eviterei di perdere tempo e inizierei a preparare le pratiche per il mio arresto, perché non ho la minima intenzione di ascoltarla. Che lei sia d'accordo, o meno».

°°°°°°°



«Ma-mamma...» mormorò con voce rotta il piccolo Edward. «Ma-mamma...».

Singhiozzando in un fazzoletto candido, una donna dai lucenti riccioli castani si avvicinò al letto dove giaceva il bambino e gli carezzò piano la fronte pallida.

«S-sono qui, E-Eddie».

«Ma-mamma».

Nel corridoio appena fuori dalla stanza, tre uomini discutevano animatamente fra loro.

«Ne verrà fuori un putiferio mai visto, date retta a me» spiegava con fare agitato un uomo tarchiato e dai radi capelli rossicci. «La gente vorrà giustizia, diamine, e noi non abbiamo altro che una bestiaccia morta e senza nome!».

«Calmati, Emerald» gli disse Robards, fissando con aria grave il volto ansioso del direttore dell'Ufficio di Regolazione e Controllo delle Creture Magiche. «Dobbiamo essere prudenti e razionali. Innanzitutto, occorre pensare a cosa sia meglio dire alla Gazzetta».

Immobile al suo fianco, il Ministro della Magia Scrimgeour annuì compostamente.

«Ho già lasciato ordini a proposito» affermò a voce bassa. «Domani mattina, non ci sarà scritto nulla più di quanto sia necessario».

Emerald Forgedawn rispose con un nervoso gesto del capo.

«Naturalmente, naturalmente» ne convenne. «Ad ogni modo, Ministro, ciò che è successo farà infuriare l'intera comunità magica! Potrebbero perfino insorgere contro lo stesso Ministero, buon Dio. Certo ricorderà il caos generato dalla tragedia dei Paciock, Ministro, e non-».

«Non accadrà nulla del genere, questa volta» lo interruppe sbrigativamente Scrimgeour. «Questa volta, abbiamo già dei colpevoli da offrire loro».

Robards gli rivolse un'occhiata interrogativa.

«Signore, non credo di seguirla».

«Forgedawn, chiami con urgenza Madama Umbridge» ordinò perentorio. «Voglio anticipare l'approvazione del suo Decreto per il Controllo Restrittivo e Reintegrativo delle Creature Magiche».

Sgranando appena gli occhi e rivolgendogli un grande sorriso, Forgedawn annuì con forza.

«Immediatamente, Ministro».

Senza proferire parola, Scrimgeour e Robards rimasero a fissare la figura impetuosa dell'altro mago svanire in uno dei tanti corridoio del San Mungo.

«Signore» esordì infine Robards, alzando lo sguardo verso di lui. «Crede davvero possa rivelarsi una soluzione vincente?».

«Non lo so, Galwain» mormorò con voce provata Scrimgeour, togliendosi gli occhiali e massaggiandosi stancamente le palpebre pesanti. «Mi auguro solo possa contenere le conseguenza di questa catastrofe».

Robards pareva estremamente combattuto.

«Signore, la prego di scusarmi se le dico questo, ma...» iniziò veloce, «...non tutti gli ibridi conducono una vita criminosa».

«Certo che no» concordò piatto Scrimgeour. «Ma io voglio che vengano scortati ad Aberdeen, indipendentemente dai loro precedenti».

Strabuzzando gli occhi, Robards fissò Scrimgeour con palese sconcerto.

«Cosa, signore...?».

«Galwain» disse lapidario. «Domani mattina, tutti i maghi e le streghe di questo paese si sveglieranno e leggeranno di come quei licantropi hanno sbranato il piccolo Montgomery. Pretenderanno dei colpevoli che noi non possiamo offrirgli e, in seguito a ciò, alcuni di loro potrebbero decidere di farsi giustizia personale. Con chiunque, capisci?».

Robards annuì lentamente.

«Non intendo lasciare scoppiare una guerra civile fra umani e ibridi» sbottò infine, dirigendosi con passo malfermo verso l'ingresso oltre il quale era sparito, pochi istanti prima, Forgedawn. «Non fin quando il Ministro della Magia sarò io, perlomeno».

Trotterellandogli lestamente dietro, Robards annuì per l'ennesima volta.

«Certo, signore» disse. «Signore?».

«Mmh?».

«Avete ottenuto qualche-» s'interruppe bruscamente e soppesò vagamente la parola più adatta, «-novità? Dalla signorina Tonks, intendo».

Scrimgeour sbuffò sonoramente.

«Quella ragazzina ha la lingua particolarmente lunga» si limitò a dire. «Ma sa anche quando è ora di tenerla a freno».

Robards si grattò la tempia destra e nascose un vago sorriso fra le dita.

«Questo ti diverte, Galwain?» domandò a bruciapelo Scrimgeour, scrutandolo torvo.

«Solo un poco, signore» rispose velocemente. «Lei dimentica troppo spesso che Ninfadora Tonks è stata l'ultima recluta di Alastor Moody».

Al suono di quel nome, Scrimgeour parve fremere di stizza. Socchiuse gli occhi e mormorò, più a sé stesso che non a Robards:

«Maledetto, vecchio pazzo...».

Robards trattenne a stento una risata.

«Pare che Moody, infine, sia riuscito a lasciarci un suo degno erede, signore».

«Galwain» lo richiamò aspramente Scrimgeour. «Ti rendi conto di ciò che sta facendo? Per tutti i capelli di Godric, non si è mai visto un'Auror che se la fa con un licantropo! Se questa storia dovesse – che Merlino non voglia – finire in pasto alla stampa, sarebbe la fine del Quartier Generale degli Auror!».

«Non fatico a immaginarlo, signore, tuttavia-».

«E senza il Quartier Generale, tu ti ritroveresti disoccupato!».

«Di ovvia conseguenza, signore, sì, ma-».

«Dobbiamo evitare questo scandalo, costi quel che costi».

«Certamente, signore, però-».

«Ricordatelo, Galwain» ripeté Scrimgeour con forza, mentre imboccava un corridoio deserto per evitare i giornalisti che affollavano l'atrio dell'ospedale. «Costi quel che costi».


''Agente Tonks, mi dia retta: se vuole fare carriera all'interno del Ministero, Moody non è certo il modello più adatto da prendere come esempio».

''Non sia mai, signore».


''Benedetta ragazza'' si disse Robards, infilando le mani nelle tasche e avviandosi verso l'uscita del San Mungo. ''Non hai idea del casino in cui ti stai cacciando''.

°°°°°°°







§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§


Io-adoro-Scrimgeour.

È, in una parola, il nonno che avrei tanto voluto spupazzare. Dopo Malocchio, forse, ma tant'è...

A quanto pare, dopo l'ostico capitolo quarantotto – già sufficientemente insultato nelle noti d'autrice precedenti – sono tornata nel periodo ''un capitolo a settimana''. Potrebbe durare non più di quindici giorni, ergo non aspettate che io impersoni una Canon ultimo modello e vi spari i restanti... uhm... non saprei bene quanti... capitoli, così, bum-bum-bum, neanche fossero la Freccia Rossa delle Ferrovie dello Stato.

Ma tant'è...

Mi spiace aver dovuto rimandare al capitolo successivo il risveglio di Remus (cavolo, ma sarà il cinquantesimo! Oddio...°__°), ma sono finita in modalità ''Tonks'', il quarantanovesimo si è fatto troppo lungo e il cinquantesimo... be', potrebbe/dovrebbe/chissà arrivare presto. Me lo sono scritta su un foglietto volante in treno. (Sono passata dagli scontrini ai post-it, visto che roba? La prossima volta vedrò di usare un blocco per gli appunti, giusto per cambiare).


Un grazie enorme a tutti quanti,

Trick




   
 
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