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Autore: CinderNella    22/11/2015    3 recensioni
Si sentiva un po’ stalker a guardarlo e ad annotare ogni suo comportamento da dietro un muro delle rovine di Christ Church Greyfriars – se si fosse trovata dietro a un cespuglio avrebbe potuto trovarci dell’ironia nella situazione che stava vivendo da qualche tempo – ma era parte del suo lavoro anche quella. [...] Ma, diversamente dal solito, e non perché fosse venerdì, lui si era separato dal suo gruppo di colleghi per dirigersi all’interno del giardino che portava dritto alle rovine dov’era casualmente lei: si stava proprio dirigendo verso di lei.
Resasene conto, si catapultò alla panchina più vicina per dare l’idea di essere davvero impegnata a fare qualcosa che non fosse spiarlo da lontano, ma dalla sua espressione non doveva esserci riuscita: «Mi scusi, ma lei mi sta spiando?»
Era davvero come a scuola. Stesso portamento arrogante, stesse fattezze e modo di presentarsi elegante e capelli impossibilmente biondi: eppure era completamente diverso.
«Ehm...» non sapeva che scusa formulare.
«È la quarta volta che la vedo in una settimana e in zone diverse della città. Perché mi segue?»
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Luna/Theodore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Ed eccomi qui! Sono davvero contenta che vi stia piacendo! Allora, questo capitolo per la vostra gioia è più lungo del solito... vedrete! Sentite la canzone del capitolo che è importante e buona lettura!








 
Weep, little lion man, you’re not as brave as you were at the start
Rate yourself and rake yourself, take all the courage you have left
And waste it on fixing all the problems that you made in your own head.
.
Aveva trascorso tutta la giornata come se fosse un qualsiasi altro giorno lavorativo: aveva lavorato duramente e aveva passato la pausa pranzo a leggere documenti sul suo PC mentre mangiava un panino. Solo tornata a casa decise che avrebbe voluto del supporto: sapeva che Ginny sarebbe arrivata di sua spontanea volontà, ma non era lei che voleva chiamare.
«Ehi, ciao. Non è che per caso sei libero? Hai già finito a lavoro?... Okay. A dopo.»
Ginny l’avrebbe perdonata, ma lei aveva anche bisogno di Harry. Quella sera, ne aveva bisogno.

Non riusciva a capire perché gli avesse dato fastidio: e non sapere che fosse impegnata, ma che fosse stata lasciata da qualcuno – sempre se era quella la situazione. In realtà non sapeva nulla, e per qualche strano motivo il non conoscere gli stava mangiando lo stomaco. Forse era per l’incubo della notte prima, forse era per il momento della sera prima, ma per qualche motivo voleva rendersi utile.
Ma cosa si portava a una ragazza che si era appena lasciata con qualcuno e che non’era un’amica, ma nemmeno un interesse amoroso? C’era un’etichetta per quello?
L’unica cosa che sapeva era che la sua scrivania non era il posto ideale per pensarci, così si sforzò e cercò di concentrarsi sul foglio Excel che aveva davanti.

“La Donnola ha lasciato la principessa dei Grifoni.”
Blaise era arrivato a quella conclusione semplicemente analizzando i fatti: Hermione non aveva mostrato di star passando una strana fase della sua vita. Le era sembrata molto tranquilla e sicura entrambe le volte che l’aveva vista, e di certo non era scoppiata una grande passione tra lei e Draco da farle decidere di lasciare la Donnola su due piedi; e anche se fosse accaduto in cinque giorni, di certo lei non avrebbe ceduto. Era ancora Grifondoro nel cuore, e la sua onestà era così profonda che non avrebbe mai fatto qualcosa del genere, nemmeno a quel cretino di una Donnola. Quindi doveva esser stato per forza quel deficiente della Donnola ad averla lasciata: era davvero così ingenuo – un uso più proprio del linguaggio lo avrebbe portato a definirlo nuovamente idiota, ma si trattenne per non seppe quale motivo – da credere che avrebbe potuto conquistare l’affetto di qualcuno migliore della Granger?
Poteva essere pure un auror che aveva salvato il mondo magico, ma tutte le ulteriori conquiste che sarebbero state attirate da questi... titoli non sarebbero potute essere mai e poi mai migliori della Granger. Questo ovviamente non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce, però quel ragionamento l’aveva fatto giungere a quella conclusione e così aveva inoltrato quella semplice frase via e-mail al resto della cricca.
“Blaise, di grazia, sei a lavoro. Lavora. Inoltre c’ero ‘sta mattina quando ce l’hai detto da Starbucks.” era stata la risposta stitica di Theo, ma ci era abituato. Dopotutto lui lavorava a lavoro. A lui piaceva anche divertirsi un po’.
«Allora, Zabini, hai già convinto cinque clienti?» il suo capo fece capolino nel suo cubicolo e Blaise si voltò immediatamente «Ci sto lavorando.» aveva miniaturizzato la finestra delle e-mail quando era arrivato, ma l’aveva subito dopo riaperta per notare una risposta sconvolta di Daphne e un messaggio di Angharad in cui chiedeva il numero di telefono della Granger.
Ma non avrebbe potuto stare ad ascoltarle: avrebbe dovuto concludere l’obiettivo giornaliero. Ora toccava lavorare per bene anche a lui.
Beh, una risposta alle domande delle due ragazze non gli avrebbe tolto poi così tanto tempo, no? Poi poteva tornare a lavoro.

Sospirò profondamente: non aveva ancora pianto. Non che fosse necessario, ma dentro aveva un turbine di emozioni, e non capiva come fosse possibile non piangere all’esterno se dentro c’era un tumulto del genere. Aveva infilato un maxi maglione che era vecchio proprio perché non avrebbe voluto sporcare di lacrime e muco quelli buoni, ma non arrivava nulla.
Seduta sul divano, incrociò le gambe e ci riprovò: niente. Forse le lacrime non uscivano perché era ancora troppo arrabbiata? No, lei piangeva anche per rabbia. Aveva bisogno di sfogarsi in situazioni del genere, eppure ora non ci riusciva.
O forse perché era troppo surreale. Dall’oggi al domani era cambiato tutto e non ne concepiva il perché: probabilmente, nei fatti, era stato graduale. Ma a lei era stato notificato solo alla fine, come se non ci fosse bisogno di avvisarla che qualcosa nella relazione era irrimediabilmente cambiato: naturalmente il processo doveva esser stato graduale, Ron non era impazzito dall’oggi al domani. Magari non ci aveva pensato accuratamente e non aveva analizzato minuziosamente ogni stadio in cui si era ritrovato, ma qualcosa aveva dovuto notarla anche prima. Qualcosa che andasse oltre la sua immotivata gelosia nei confronti del suo lavoro, e qualcosa che coinvolgesse nella loro relazione anche la nuova figura della riserva delle Holyhead, che ora non avrebbe assolutamente voluto conoscere.
Legò i capelli in un ammasso indefinito sulla sommità del capo e tirò i calzettoni un po’ meglio sopra al pantalone della tuta: era un puzzle incomprensibile, e lei doveva risolvere i puzzle.
Probabilmente, in un certo momento, le cose avevano iniziato a raffreddarsi: ma quando? Avrebbe potuto stabilire un inizio? Il momento preciso in cui lei era diventata più interessata al lavoro, in cui le osservazioni infantili di Ron avevano iniziato a infastidirla senza che ci fosse neanche una piccola parte di lei che trovasse un po’ tenero il suo essere geloso? Il momento in cui si erano stancati di provarci?
La memoria non la aiutava, allora iniziò a pensare ad alcuni possibili indici che le potessero essere d’aiuto: la frequenza dei loro incontri, il numero dei litigi o il numero di volte che facevano sesso. Ma in realtà erano tutti numeri stabili da parecchio tempo, da anni. Si vedevano tendenzialmente tutti i giorni, un litigio al mese ci scappava e il sesso... beh, quello accadeva indicativamente una volta a settimana.
Ma forse era proprio quello il problema, che tutte quelle cose erano quasi asettiche come un appuntamento dal dentista?
Quand’era stata l’ultima volta che si era mostrata – ed era stata – veramente interessata a quello che gli era successo a lavoro? Ai suoi interessi? Ai suoi problemi?
Non lo ricordava. Non le veniva proprio nulla in mente. E non sarebbe dovuto essere così, no?
Ma perché non se n’era accorta? E soprattutto, perché se Ron se n’era accorto non le aveva presentato il problema? Avrebbero potuto lavorarci su, avrebbero potuto prenderlo per tempo e non mandare all’aria una relazione di nove anni e otto mesi!
Il flusso abbastanza sconnesso e decisamente poco razionale dei suoi pensieri era stato interrotto dalla suoneria del suo cellulare: alzò il capo in direzione dell’oggetto che vibrava e suonava, posato su un angolo del tavolino basso del salotto, e si allungò per afferrarlo. Il numero che la chiamava non era salvato in rubrica e non lo conosceva.
«Pronto?» chi poteva essere?
«Hermione? Ciao. Sono Angharad.» l’aveva riconosciuta dalla voce, ma evitò di bloccarla per fare un’osservazione abbastanza inutile «Ho saputo da Blaise della... rottura. So che ci siamo appena conosciute e che hai degli amici, ma... come stai?»
Angharad si era presa la briga di chiedere a qualcuno – probabilmente Draco – il suo numero per chiederle semplicemente come stesse: pensare a tutto quel passaggio le riscaldò il cuore. Non poteva che essere una domanda sincera, avendo dovuto superare tutti quei piccoli ostacoli per domandarglielo.
Sorrise al nulla, ricordandosi solo dopo che avrebbe dovuto risponderle: «Sinceramente... non lo so. È stato un fulmine a ciel sereno.»
«Posso capire. Senti... ti andrebbe qualche libro da leggere? Non so te, ma io trovo molto rassicurante leggere delle peripezie e delle problematiche altrui quando ho qualche problema io stessa. E magari leggere le storie di altre persone ti può aiutare a venire a patti con questa nuova situazione e... ho qualcosa da prestarti. Ti va?»
Angharad era molto titubante, ma quella era una delle proposte più belle che riceveva da tanto tempo: adorava leggere qualcosa che le era stato consigliato da qualcuno, era come leggere una storia precedentemente filtrata, come se la vedesse attraverso gli occhi di qualcun altro che l’aveva amata così tanto da volergliela presentare, in modo da farle rendere conto di quanto bella e interessante fosse.
Lei annuì e si scoprì eccitata al voler conoscere le preferenze letterarie di quella nuova conoscenza, e solo dopo si rese conto che l’altra non poteva vederla: «Sì.»
«Hai annuito e poi ti sei ricordata che non posso vederti?»
«Sì!» rispose Hermione, in una risatina.
«Immaginavo. Allora la prossima volta che ci vediamo al pub ti porto qualche libro...»
Hermione udì il citofono e si alzò dal divano per rispondere.
«Oh, hai ospiti. Allora buona serata!» aveva intuito Angharad, e Hermione ne fu contenta: non voleva essere lei a salutarla per prima, ma soprattutto aveva paura di non avere nulla da dirle se avessero continuato a stare al telefono. Non quel giorno, non in quella situazione: e aveva anche paura di scoppiarle a piangere in faccia, col rischio di mettere in imbarazzo la nuova conoscenza dall’altro lato del telefono «Grazie. Buona serata anche a te.»
Chiuse la chiamata e attese davanti alla porta di casa socchiusa, a braccia conserte: quando udì il suono dell’ascensore che si fermava al suo piano fece sbucare la testa dalla fessura che si era creata con l’apertura della porta. Vide Harry mettere un piede sul pianerottolo e poi l’altro, e sorrise involontariamente: quando l’amico la raggiunse, la abbracciò immediatamente.
«Lo striglierò pesantemente.» disse semplicemente, e lei sorrise nel suo abbraccio «Nah, non preoccuparti.»
Entrarono in casa e a Hermione venne immediatamente in mente qualcosa: «Vuoi un tè?»
«Sì, grazie.»
«Viene anche Ginny. Cioè, non me l’ha detto e... non sa che sei qui. Ma immagino che verrà anche lei.»
Harry annuì, pensieroso, e si sedette sul divano mentre lei andava in cucina: avrebbe potuto usare la magia, ma le piaceva preparare il tè senza.
«Earl Grey va bene?»
«Sì!»
Mise il bollitore sul fuoco e tirò fuori dalla credenza due bustine di tè, tornando poi dall’ormai uomo sopravvissuto.
«Allora...» doveva chiederglielo. Doveva. «Tu sapevi di...?»
«La tipa delle Holyhead. Non prima di stamane, no. In realtà dovrei anche aver capito chi è, ma solo da quello che mi ha detto Ginny della sua squadra quando stavamo insieme.»
«Oh.»
«Sì, è tutto nuovo anche per me, Herm.» la rassicurò Harry, e in realtà c’era qualcosa di tranquillizzante nella sua completa ignoranza: non aveva tradito la sua fiducia, non sapeva nulla anche lui. E l’avrebbe capito se avesse tradito la sua fiducia per mantenere un segreto di Ron, insomma, era il suo migliore amico, ma... era davvero sollevata dal fatto che il suo ex-fidanzato non gliene avesse parlato.
«Com’è andata la tua giornata?»
«Al solito. Ancora non mi capacito di tutto, però.»
«Nemmeno io. E ne ho parlato tutto il giorno con Ron.»
«È strano, però. Ancora non riesco a individuare il momento in cui tutto è iniziato ad andare a rotoli...»
«Magari, come mi hai detto tu qualche giorno fa, siete semplicemente cambiati e vi siete pian piano allontanati. Siete cresciuti... ma non insieme.»
«Forse.» annuì lei, pensierosa: il bollitore iniziò a fischiare e andò a spegnere il fornello; nel mentre, suonò il citofono: rispose, identificò Ginny e aprì la porta. Poi tornò in cucina e aggiunse un’altra tazza e un’altra bustina di tè: era certa che Ginny avesse voluto dell’Earl Grey.
Stava aggiungendo lo zucchero nelle quantità che sapeva sarebbero andate bene ai suoi amici, quando udì la voce di Ginny provenire dall’altra stanza: «Lo sai che è vero quello che dicono degli uomini di color—oh, cazzo.»
Era entrata in casa della sua amica senza dare un’attenta occhiata all’ambiente circostante e, per chiudere la porta, aveva dato e spalle a tutto il resto: solo quando si voltò verso i divani si rese conto dell’ospite presente sul divano con una tazza di tè fumante in mano e di Hermione in piedi accanto a lui con entrambe le mani occupate da altre due tazze di tè.
La padrona di casa osservò prima l’espressione sconvolta di Ginny e poi quella molto imbarazzata di Harry: allora scoppiò a ridere. Non riuscì a fermarsi per più di venti secondi, e nel frattempo Ginny si era seduta sul divano, occupando la parte opposta a quella di Harry.
«Scusami, ma...» la sua voce non si era ancora del tutto ricomposta, ma Hermione si sforzò «Anche se fossi stata sola, cosa pensavi di ottenere informandomi sulle dimensioni del piano di sotto di Zabini?»
Ginny la osservava con un’espressione assente: «Non so, ti saresti messa a ridere perché ero impropriamente inadeguata? Oh, beh, ti ho fatto ridere comunque, quindi un punto per me.»
Hermione emise un’ultima risatina e si sedette in mezzo ai suoi due amici, incrociando le gambe e prendendo la sua tazza di tè: quel siparietto le aveva messo il buon umore, ma non sapeva il perché. Forse perché era bello essere nuovamente circondata da loro due dopo più di un mese che non accadeva, o perché era contenta che i suoi amici ci fossero, nonostante tutto, nel momento del bisogno.
«È imbarazzante.» aprì finalmente bocca Harry, guardando di fronte a sé.
«Nah, lo stiamo rendendo noi tale. Dai, se vuoi puoi parlarmi della tua ultima prodezza sessuale.» dichiarò Ginny, guardandolo finalmente negli occhi: non sapeva da dove venisse tutta questa volontà di andare avanti. Fino a qualche giorno prima l’avrebbe maledetto, ora era disposta a sentirlo parlare delle sue ipotetiche conquiste.
«No, direi di no. Non sono a mio agio a farlo.»
«Okay, fa niente.» rispose Ginny, facendo spallucce e prendendo la sua tazza di tè «Allora, che diavolo ha combinato quel deficiente di mio fratello?»
«Oh, in realtà non lo so nemmeno io.» era arrivato il momento di raccontare tutta la faccenda a qualcuno, ed era contenta che quel qualcuno fossero loro due «Ieri sera sono uscita dall’auto di Daphne e son salita a casa—
«Sei tornata con Daphne?!»
«Beh, sì. Strano che Malfoy non mi abbia messa in un taxi, ora che ci penso.» rispose, pensierosa «Comunque, son salita a casa...»
«Scusatemi: ieri sera eravate insieme?» s’intromise Harry, perplesso.
«Certo, secondo te dove potevo incontrarlo Blaise, sennò?» rispose Ginny, scuotendo la testa.
«Okay, continua.»
«Allora, son salita a casa e ho iniziato a prepararmi un tè, quando ho sentito una presenza in casa e ho preso la bacchetta e... gliel’ho puntata contro. Non sapevo fosse lì, credevo fosse a spasso.»
Entrambi gli amici annuirono, e lei continuò: «Mi ha subito detto che aveva conosciuto una persona. Io ho continuato a farmi il tè e poi, tornata in salotto, abbiamo iniziato a parlare.»
Le espressioni dei suoi amici la esortarono a continuare, ma lei bevette un sorso di tè: «Poi ha iniziato a parlare a vanvera: prima ha detto che ha conosciuto qualcuno di interessante, una persona davvero interessata a lui.» prese un altro sorso di tè «Poi ha dichiarato che era confuso e che doveva pensare.» questa volta il sorso di tè fu più lungo «E poi ha detto che io avrei dovuto lasciare il mio lavoro per iniziare a metter su famiglia con lui. E mi ha chiesto di sposarlo. E poi mi ha nuovamente detto che era confuso e che non mi amava più come prima.»
Sia Ginny che Harry avevano la stessa espressione basita, ma fu Ginny a emettere un suono: «Oh-oh.»
«E poi s’è fatto lasciare, perché non ha avuto le palle di dirmi “Senti, è finita. Tanti saluti e grazie”. L’ha fatto dire a me, nonostante non fossi quella che aveva interesse a farlo.» terminata la storia, terminò anche il suo tè: in ventiquattr’ore aveva sviluppato una certa velocità a berne.
«Oh-oh.» aggiunse anche Harry.
«Non c’è molto altro da dire, no?» fece spallucce Hermione, alzandosi a portare la sua tazza di tè nel lavandino «Rimanete a cena, ordiniamo le pizze?»
I due annuirono contemporaneamente, ancora scioccati dall’intero racconto: nel frattempo Hermione prese il cordless e iniziò a digitare il numero della pizzeria; poi si spostò in cucina e continuò da lì.
«Che coglione.»
«Uh-uh.» commentò Harry, scuotendo la testa incredulo.
«Se sa che concordi con me ti ammazza.»
«Ma è stato un po’ senza palle.»
Ginny annuì, sospirando: «Almeno avesse avuto il coraggio di lasciarla. Insomma, se n’era reso conto per primo, no? Allora lasciala e basta. Almeno non le lasci come unico ricordo quello di te che dopo nove anni ti comporti da emerito deficiente e ti fai lasciare.»
Harry annuì, sovrappensiero.
«Ehi, grazie. Perché mi hai lasciato. Nel senso, ‘fanculo, però... almeno hai avuto le palle di farlo tu. Te ne sei preso la responsabilità, e... beh, almeno l’ultimo ricordo che ho di me e te insieme non è quello di te che ti comporti come uno smidollato.» concesse con sincerità Ginny, provando una strana tranquillità nell’ammetterlo.
Harry le rivolse uno sguardo e le annuì: era ancora pensieroso riguardo a Hermione e Ron, ma quel cenno era solo per lei. Era un “prego” – alla luce degli ultimi fatti era davvero contento di essersi comportato così. Era più da uomo, ecco. E ci sarebbe potuto essere, partendo da quella base, un altro tipo di relazione tra lui e Ginny, in futuro. Sarebbero anche potuti essere amici.
«Facciamo una ruota mista o volete delle pizze singole?» la voce di Hermione provenne dalla cucina e loro furono come risvegliati da uno stato di trance da essa «Va bene una ruota mista, Herm!» le aveva risposto per prima Ginny, ma lui si trovò d’accordo. Magari avrebbero anche potuto guardare un film insieme.
Quando Hermione tornò in salotto avevano anche loro finito il tè, ma non si alzarono per mettere le tazze nel lavabo: anzi, l’attesero seduti e aspettarono che si sedesse anch’ella.
«Cosa c’è?» chiese lei, perplessa, spostando lo sguardo da uno all’altra.
«Come va?» questa volta fu Harry a parlare, e quella che pronunciò era una frase semplice e sincera: Ginny gli diede manforte, annuendo e guardandola, in attesa.
«Boh.» anche la risposta di Hermione fu molto sincera, e lei l’accompagnò con un’alzata di spalle «Non so. Sono arrabbiata, perché mi ha solo notificato alla fine le sue intenzioni e perché l’ho dovuto mollare io. Sono triste, perché non sono riuscita a prevederlo e a risolverlo. Sono furiosa e vorrei spaccare tutte le cose sue che son rimaste qui. Sono scioccata, perché non mi ero resa conto del fatto che fossimo arrivati a questo punto. Sono contenta che però sia finita, se le cose stavano così.» le parole le erano uscite di bocca ancor prima che lei se ne potesse rendere conto «E sono sollevata. Ma non so il perché.»
Poi ripensò a qualcos’altro che avrebbe voluto dire loro: «Ma non ho ancora versato nemmeno una lacrima.»
Harry e Ginny incrociarono lo sguardo alle spalle di Hermione, ma era il turno di Ginny ora: «E... non è meglio?»
Hermione scosse la testa: «No. Perché arriveranno. E più tardi arrivano, peggio è.»
«Magari significa solo che non sei rimasta poi così...»
«No, Ginny. Sono sconvolta. Non me ne capacito. Sono internamente in tumulto. E fuori nemmeno una lacrima. Significa che ancora non sono scesa a patti con la cosa.»
Ginny non sapeva davvero cosa dire. Allora guardò Harry, cedendo il testimone all’ex-fidanzato: «Herm, arriveranno. Non preoccuparti. E arriveranno presto e potrai liberarti di tutto. Ora magari iniziamo a mettere la sua roba nei pacchi?» propose Harry, facendo un cenno a Ginny «Tu ci dici dove sono, ti stendi sul divano a leggere un libro e noi due ci occupiamo di tutto. Magari prova a piangere, se ti fa sentire meglio.»
Hermione annuì e rivolse al migliore amico uno sguardo colmo di gratitudine: era davvero felice di non doversi occupare di quella faccenda. Anche perché probabilmente se avesse dovuto farlo lei avrebbe dato fuoco a gran parte dei possedimenti di Ron presenti in quella casa.
Indicò loro più o meno tutti i posti in cui avrebbero potuto trovare qualcosa di suo e porse loro due scatole: poi si stese sul divano e chiuse gli occhi. Ci provò sul serio, a fondo.
Ma non uscì ancora nulla.
Ed erano passate ore da quando era accaduto.

Doveva essersi addormentata, perché quando riaprì gli occhi si ritrovò davanti Ginny e Harry con due scatole di cartone chiuse tra le braccia che la guardavano dall’alto.
«Mi sono addormentata?»
«Sì, circa un’ora fa. Abbiamo pensato di svegliarti perché è arrivata la maxi pizza e si raffredda. E non sappiamo dove mettere ‘ste scatole.»
«Oh, vicino alla porta. E magari portatevele, perché ho paura di dar loro fuoco se mi trovo da sola con loro.» a quella risposta Ginny sogghignò, come se le facesse diabolicamente piacere.
Mentre andava in cucina a lasciare le tazze di tè e a prendere i piatti per la pizza, il citofono suonò nuovamente: Harry era il più vicino, ma guardò Ginny interdetto «Aspettiamo qualcuno?»
«No. Luna non poteva venire. Magari è il fattorino che ha dimenticato di darci qualcosa?»
Harry annuì e rispose al citofono: «Chi è?»
«Granger?»
Harry ripose immediatamente la cornetta a posto, e Ginny strabuzzò gli occhi: «Chi è?» mormorò.
«Malfoy!» rispose Harry, a voce così bassa che Ginny dovette leggere il labiale: «Rispondi! Diamine, non si chiude il citofono in faccia alle persone!»
«Ehm, scusami. Hermione è in cucina al momento. Vuoi salire?» chiese educatamente Harry, sperando che rispondesse di no. Ma se era arrivato fin lì probabilmente voleva salire.
«Sì, grazie. Che piano?»
«Terzo.»
«Grazie. Puoi aprire il portone ora?»
Ginny, che stava origliando tutto, si sbatté una mano in fronte e scosse la testa: poi premette un pulsante sulla cornetta del citofono e rivolse un’occhiataccia a Harry.
«Grazie.» aveva risposto Malfoy: ed era l’ultima cosa che avevano sentito.
«Chi è?» chiese Hermione, curiosa: li stava osservando da qualche secondo, perplessa.
«Malfoy.» rispose Ginny, sbattendo le palpebre.
«Merda, nascondiamo le bacchette!» aveva esclamato immediatamente Hermione, prendendo la sua – che era malamente gettata sul tavolino del soggiorno – e portandola in camera: «Allora?»
«Va bene!» Harry e Ginny la seguirono e nascosero tutti e tre le loro bacchette nell’armadio.
«Diamine, il fascicolo!» Hermione ritornò in salotto e prese tutte le scartoffie contrassegnate col simbolo del Ministero della Magia per portarle nella sua camera: il suo armadio sarebbe andato bene anche per quelle.
Ringraziò il cielo che i file sul computer fossero tutti protetti da password e poi si guardò intorno, alla ricerca di qualche cosa che ricordasse il mondo magico: i libri di magia non erano sulla libreria nel salotto, ma in un mobile in camera da letto. Fortunatamente non c’era nient’altro di inusuale, così si diresse alla porta.
Ginny osservò la scena con fare perplesso e incrociò le braccia: «L’unica ragazza che si preoccupa di questo quando sta per salire a casa sua un tipo carino, quando ha i pantaloni infilati nei calzettoni.»
L’espressione di Harry fu alquanto esplicativa: «Hai appena definito Malfoy “carino”???»
«Beh, era un deficiente da piccolo, ma non era proprio orrendo. E comunque è migliorato, ma forse è colpa dell’atteggiamento da businessman che ha.» ammise Ginny, aggiungendo subito dopo qualcos’altro «Ricordati che non vi conoscete, quindi presentati e non comportarti da persona malata di mente.»
Harry annuì, appena in tempo: il campanello suonò e si avvicinarono alla porta. Ma Hermione l’aveva già aperta, pronta a comportarsi da brava padrona di casa, non aspettandosi lo spettacolo che le si parò davanti.
Draco Malfoy, ancora vestito con gli abiti con cui probabilmente era andato a lavoro, con una busta di Tesco in una mano e un gattino nell’altra. Un gattino. Bianco e amorevole e dolce e con una macchia nera al lato del muso, che veniva mantenuto con una mano di Malfoy dalla pancia.
Lo sguardo perso che aveva adottato la Granger gli fece credere di aver sbagliato qualcosa, allora iniziò a giustificarsi, probabilmente un po’ troppo: «Ciao. Non sapevo cosa portarti, allora ho pensato che del gelato fa sempre bene quando si rompe con qualcuno e... non so come, ma anche l’idea del gatto mi è passata per la mente, e ho pensato che avrebbe potuto aiutarti, anche se ovviamente non so se hai già altri animali, o se sei allergica, o se semplicemente odi i gatti... Però ormai ero nel negozio e lui era così carino e non ho potuto non—
E poi Hermione scoppiò a piangere. A pieni singhiozzi, senza neanche prendere aria per respirare, davanti a un Draco Malfoy con un gatto bianco in braccio e una busta piena di gelati in una mano.
Ginny intervenne immediatamente, spalancando la porta e prendendo per le spalle Hermione: «Dai, andiamo in cucina.» iniziò a trascinarla da quella parte per poi lanciare un’occhiata a Malfoy «Entra e chiudi la porta.»
Draco eseguì, un po’ perplesso: non capiva. Immaginava di trovarla in quello stato, ma quando aveva aperto la porta lei sembrava normale, tranquilla. Era esplosa solo dopo che lui aveva iniziato a parlarle.
Chiuse la porta e lasciò che il gatto si ambientasse in quella casa – sebbene ne avesse bisogno anche lui. L’unica altra persona nella stanza era un tipo occhialuto, poco più basso di lui, con una strana cicatrice a forma di saetta in fronte, malamente coperta da una zazzera scura di capelli. E quel tipo non accennava a parlare. Ma chi era?
Decise che era il caso di presentarsi: lasciò la busta con i gelati dentro accanto a quella che era... una scatola della pizza, a quanto pareva ancora calda, e porse una mano al tipo silenzioso «Draco Malfoy.»
«Harry Potter.» Harry si sentiva come in un déjà-vu, ma questa volta il Malfoy che si presentava era completamente diverso da quello che aveva conosciuto diciassette anni prima «Sono il migliore amico di Hermione.» si affrettò ad aggiungere: era più che certo che se avesse detto solo quello, Ginny l’avrebbe poi ucciso «Vuoi sederti?»
Grazie a dio il tipo strano aveva iniziato a parlare: Draco annuì e prese posto sul divano, seguito subito dopo dal gatto. Probabilmente neanche a lui andava di esplorare quella casa da solo, e aveva trovato conforto nell’unica persona che più o meno conosceva.
«Sta bene?»
L’espressione che comparve subito dopo sul viso di quel Potter era indescrivibile: sembrava scioccato, ma positivamente. E poi sembrava sinceramente ignaro «Io— non so. Sembrava stare tranquilla, prima. Ma non aveva ancora pianto, e aveva detto che prima ci fosse riuscita, meglio sarebbe stato.»
«Oh. Come vi siete conosciuti?» era assurdo che dovesse essere lui a fare conversazione! Era lui l’ospite!
«Andavamo a scuola insieme. Voi?»
«Mi ha stalkerato per un’intervista.»
«La vostra è sicuramente una storia più interessante.» commentò Harry, nonostante sapesse come si fossero incontrati quei due «Cosa fai?»
«Sono un manager finanziario. Merrill Lynch. Tu?»
«Dipartimento di polizia.» magica. Ma non avrebbe potuto dirglielo. «Come hai... trovato questo gatto?»
«Volevo adottarlo, ma avrei dovuto farlo per me, perché i rifugi richiedono determinate credenziali per farti adottare degli animali, e non avevo tempo... quindi l’ho comprato.»
Un Malfoy che avrebbe adottato un gatto piuttosto che comprarlo: il mondo era al contrario.
«È davvero un bel cucciolo. Come si chiama?» si sentiva Andromeda Tonks a fare quelle domande, avrebbe dovuto smetterla.
Draco fece spallucce: «Immagino che debba deciderlo Hermione.»
«Vuoi un pezzo di pizza?» propose infine Harry, non sapendo più cosa dire. Era troppo sconvolto.
Draco indicò con un cenno del capo le porte scorrevoli della cucina «Penso che dovremmo aspettarle, no?»
«Oh. Già.» commentò Harry, e si mise a guardare intensamente il cartone della pizza. Non sapeva davvero di cosa diavolo parlare. Fortunatamente Malfoy sembrava aver deciso che sarebbe stato meglio osservare minuziosamente i particolari di quella stanza piuttosto che interagire in quel modo.
  
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