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Autore: Janeisa    30/11/2015    0 recensioni
E' un viaggio tra le stelle.
L'incontro di due persone, di due personalità diverse ma complementari. Due stelle sullo sfondo di una galassia, una è consapevole di esserlo, l'altra non ha mai iniziato a brillare. Ed è giunto il momento che lo faccia. Ed è attraverso le asperità e gli ostacoli che giungeranno alle stelle.
Dal 1° capitolo
Quando tutta la tua carriera dipende dal tuo capo e lui ti chiede di saltare, l’unica cosa che puoi rispondere è quanto in alto? O almeno era così, solitamente. “Questo però è chiedere troppo” stava pensando Rose mentre ascoltava il professore che le spiegava quello che voleva che lei facesse.
«In pratica Rosaleen, siamo stati contattati dallo staff di produzione, a quanto pare qualcuno del cast ha richiesto un incontro per porre alcune domande. Sinceramente non ne vedo il senso visto che sono arrivati praticamente al terzo e credo ultimo film, sapere cosa è un buco nero ora ha sinceramente poco senso, ma comunque non spetta a noi chiederci perché. Lo staff di produzione ci ha chiesto questa consulenza, e non è una cosa da poco… »
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chris Pine, Karl Urban, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zachary Quinto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimers
"Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, né offenderla in alcun modo"
Ovviamente non conosco in nessun modo Chris Pine, tutti gli eventi contenuti in questa storia sono frutto dell'immaginazione. 
Tutto il mio lavoro è rivolto a rendere quanto più veritiera possibile la caratterizzazione del personaggio e della sua situazione.


Buonasera a tutti. Ecco a voi il secondo capitolo.
Qualora volesse correggermi in qualcosa ne sarei felicissima, fatemi sapere cosa ne pensate.
Il personaggio di Rose è molto strano, ha una profonda frattura dentro, poiché è in realtà una persona molto solare e socievole, ma si comporta in maniera diffidente e priva di emozioni per evitare che vecchi ricordi la avviliscano e la travolgano.
Noterete all'inizio di ogni capitolo il nome di una stella. Esse sono prese dalla Lista delle stelle più brillanti ad occhio nudo e ogni capitolo prende il nome da una di esse. Gienah è la stella che nella lista viene indicata come la meno brillante.
A volte i nomi stessi delle stelle vanno ad indicare qualcosa del capitolo stesso, come nel caso di Merak.
Ho dimenticato di dire cosa significa il titolo della fanfiction.
E' un vecchio proverbio in latino che significa "Attraverso le asperità (della vita) si giunge alle stelle" e credo che sia un titolo perfetto per la mia storia.
Spero vivamente che vi piaccia e commentate se volete.



Per aspera ad astra

Big Bang– Parte 1


Capitolo 2 – Merak

Merak (deriva dall'arabo e dall'espressione al-marāq al-marʾa al-musalsala, cioè "il grembo della donna incatenata"), è la quinta stella più brillante della costellazione dell'Orsa Maggiore. 
È una stella bianca di magnitudine apparente 2,34 e la sua distanza è di 79,7 anni luce.

«Bene Chris, accomodati» lo invitai indicando la sala riunioni affianco allo studio di Scott. Al momento il dottore non era in ufficio, ma lo sapevo, aveva detto più volte che non voleva starmi tra i piedi.
Aspettai che si accomodasse per poi avvicinarmi al piccolo frigo prendendo dare bere: acqua, una minerale e l’altra naturale e un paio di bicchieri. «Preferisci altro da bere. Una diet?» domandai gentilmente mentre ispezionavo il contenuto del frigorifero.
Non era proprio una cosa spiacevole. Con il caldo che faceva avrei speso volentieri il mio tempo nel frigo. Ad un tratto mi accorsi che non era più sola nel frigo. Chris si era alzato e ora guardava nel frigo insieme a me, si era chinato e aveva poggiato una mano sullo sportello bianco. Sussultai vedendomelo così vicino, quel movimento però mi provocò un grosso bernoccolo in testa e una caduta in grande stile sul fondoschiena. «Ouch» fu l’unico suono che uscì dalle mie labbra.
«Oddio scusami ti sei fatta male.» aveva invece domandato ovvio Chris.
Sembrava realmente preoccupato per me e una volta prese le bottiglie e poggiatele sul tavolo si precipitò ad aiutarmi. Mi rialzai controllando velocemente che fosse tutto a posto e riordinando il vestito, mentre mi veniva da ridere. Quell’uomo era totalmente inconsapevole dell'effetto che aveva su di lei o su qualsiasi essere con doppio cromosoma X.
«Sto bene ehm...Chris. Solo non comparire più cosi...mi hai spaventato» mi schiarii la voce presa dalla sistemazione del vestito, non lo degnai di uno sguardo, fu solo quando alzai il volto che mi accorse dello sguardo dubbioso del ragazzo «cioè un colpo..ehm ehm» tossii imbarazzata «in senso buono».
Ovviamente arrossii facendolo sorridere compiaciuto. E ciò mi portò ad assumere un’espressione corrucciata che forse lo divertì ancora di più. Non c'era modo di essere arrabbiato o risentiti, era sostanzialmente impossibile. 
"Rose, rilassati e goditi quest'ora in compagnia di un attore che apprezzi" mi dissi cercando di assumere l'espressione più rilassata che poteva.
«Ma tu sei almeno lontanamente consapevole dell'effetto che hai sul popolo femminile?» scherzai facendolo ridere sonoramente. La sua risata era qualcosa che doveva essere dichiarato illegale, insieme ai suoi occhi, al viso, al corpo, all’altezza, alla sua fottuta voce.
“Se dichiariamo Chris Pine sostanza illegale”
Ecco di nuovo la mia coscienza.
“Oddio non sopravvivrò” pensai alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa. Stranamente era divertente quella situazione mi autoconvinsi andandomi a sedere. Intanto l’uomo dietro di me aveva preso due diet e chiuso il frigorifero e ora si stava riaccomodando. Accettai ben volentieri la bevanda ghiacciata da cui bevvi un grosso sorso prima di iniziare a parlare, mentre mi imponevo di stare rilassata e di affrontare quelle ore in serenità.
«Bene prima che io decida che Scott debba morire passiamo al motivo del nostro incontro» dissi come se minacciare di morte il mio capo fosse una cosa normalissima e strappando l’ennesimo sorriso a quel ragazzo. «Ok no ho cambiato idea. Poniamo qualche regola…potresti disattivare qualsiasi comportamento da seduttore tu abbia attivo? Non andremo da nessuna parte se tu continui a sorridere o a ridere alle mie battute. E’ già un miracolo che io abbia ancora un comportamento normale e non stia “fangirlando” alla grande e ti assicuro che sono brava anche in quello»
«Quando vuoi fangirlare…accomodati pure» commentò aprendo le braccia e assumendo un’aria parecchio innocente, l’azzurro intenso dei suoi occhi brillava di una luce gioiosa. «La tua simpatia è contagiosa ecco perché rido sempre.»
«Non nego di essere divertente Chris, ma mettiti nei miei panni. Questa mattina il mio caro amico e capo, l’esimio professore Scott mi ha comunicato di dover parlare con qualcuno del tuo staff, solo dopo molta persuasione mi ha detto chi. Vuoi sapere come si era conclusa la nostra chiacchierata? Con me che esclamavo “Scordatelo” e uscivo fuori da quella porta» rivelai con assoluta sincerità indicando la porta dello studio.
«E allora come mai sei qui?» domandò stranito.
«Scott è bravo a convincere la gente, punto primo. Punto secondo, non era il caso di affidarti ad una tesista, troppa poca discrezione e infine ho anche io il mio orgoglio: vuoi mettere raccontare ai miei figli quando guarderanno i tuoi film che io ti ho conosciuto» spiegai brevemente contando contemporaneamente i punti sulle dita della mano sinistra e facendolo ridere ancora una volta. Alla parola figli mi si era stretta la gola, ed ero stata costretta a bere un altro sorso di coca per rilassarmi e riprendere a parlare.
«Scott sa della mia palese ammirazione per te, ho costretto lui e mezzo laboratorio a guardare Star Trek nonostante il reboot, gli astrofisici non sai come possano essere fondamentalisti a volte» aggiunsi facendolo sorridere ancora una volta e mi concessi anche io un sorriso. «E' da stamattina che penso a come o se ucciderlo, ma se tu continui a sorridere non concluderemo niente perché io sarò processata per omicidio» ridacchiai alla fine.
«Ci proverò» rispose il giovane attore appoggiando la schiena alla poltroncina in pelle.  «Sono un po' confuso, non sei la persona che credevo mi avrebbero messo davanti. Pensavo a qualche vecchio luminare della scienza, non una donna di neanche trent'anni che sembra uscita dalla copertina di una rivista. Sono curioso di natura e sono figlio di una psicoterapista, spesso tendo ad analizzare chi mi sta davanti…spesso mi aiuta a capire con chi ho a che fare e di chi posso fidarmi» confessò infine finendo di bere la diet. 
«Di solito la gente fa la carina con me non solo per il mio aspetto ma soprattutto per ciò che potrei darle. Fama e notorietà. Tante persone mi avvicinano per potermi sfruttare. Prendi te per esempio, quando ti ho visto ho pensato che fossi l’ennesima ragazza che mi avvicinava per qualche spinta» continuò a parlare, ma quando vide l’espressione scettica della mia faccia sospirò quasi esasperato «Oh andiamo…hai l’aspetto e la bellezza per diventare un’attrice…ma sembra che tu veda in malo modo te stessa e il tuo stesso aspetto fisico. Altrimenti non saresti qui a ripetermi di non sorridere o fare il carino con te, una qualunque altra ragazza avrebbe invece civettato e sarebbe stata al gioco» spiegò rivelando una parte dei suoi pensieri e facendomi così capire che l’uomo che aveva davanti era decisamente pericoloso.
In neanche quindici minuti aveva capito qualcosa di me che tentavo di nascondere a tutti. Se avessero passato anche solo altre due ore assieme sarei stata un libro aperto. 
«Sei diversa Rosaleen Marrazzo, e questa cosa mi incuriosisce…a cominciare dal tuo nome…di che nazionalità sei? Spagnola? Latino-americana? Il tuo nome è inglese…credo, ma il tuo cognome non lo è»
Lo fissai qualche secondo, davvero voleva fare conversazione? Non era supermegaiper- impegnato? Pensavo che avrebbero subito affrontato il problema e lui sarebbe scappato per tornare ad Hollywood e la sua pienissima agenda.
«Vuoi parlare di me?» domandai scettica, ricredendomi al suo cenno affermativo piuttosto convinto. «Ehm…sinceramente non parlo spesso di me…ma suppongo non sia giusto che io sappia così tante cose di te e tu niente di me. Se può aiutarti a capire meglio se puoi fidarti di me e tranquillizzarti, ti dirò qualcosa. Tanto per la cronaca, non sono il tipo da riviste scandalistiche quindi non ho intenzione di scagliarti contro i paps. In ogni caos, non sono latino americana, ho origini italiane, ecco il perché del cognome. Posso dire di essere italo-americana, sia mia madre che mio padre hanno origini italiane. Entrambi dal sud Italia, anche se la loro vita è sempre stata qui.» spiegai brevemente sorridendo alla sua espressione sbalordita appena aveva inteso che ero italiana. «Ho studiato alla Caltech astrofisica e fisica e ora sto seguendo alcuni progetti in collaborazione con il dipartimento di chimica e scienza dei materiali. Ho un dottorato e sto facendo lavoro di ricerca come post-doc, ma tra tre mesi sarò senza lavoro» aggiunsi sorridendo. Non aveva problemi ad ammettere che dovevo cercare lavoro, fortunatamente non avevo problemi economici e potevo permettermi cose che altri sognavano, tipo una casa a Pasadena che condividevo con la mia migliore amica, la quale non era altrettanto fortunata. Avevo due genitori amorevoli e poi c’era Dominick, suo “fratello”.
«Non ti piace parlare di te, sei schiva, in corridoio ho visto come evitavi anche di salutare le persone, sei un po' asociale e da quanto sembrava prima non apprezzi il contatto maschile…inoltre studi fisica…» commentò Chris guardandola e ridendo divertito.
«Non sono così nerd» esclamai mentre l’attore davanti a me poggiava un gomito sul tavolo e mi guardava con attenzione dichiarando subito dopo «Sei la versione femminile di Sheldon Cooper!»
A quella parole decisi di mostrarmi fintamente offesa e sempre per finta feci il gesto di lanciare la mia lattina vuota, facendolo ridere ancora di più. «Ehi non scherzare…non sono così asociale…e poi è un grande. E’ uno dei personaggi preferiti e l’attore è grandioso. L’ho incontrato diverse volte, è davvero un tipo simpatico…mi ha anche regalato una sua maglietta da Trekker» rivelai assumendo un’espressione fintamente indignata.
Era sorprendente come fosse facile conversare con lui, sembrava così…normale e stranamente riuscivo ad essere a mio agio se non mi fossilizzavo sul pensiero che fosse una star del cinema, uno dei miei attori preferiti, che fosse incredibilmente per non dire fottutamente bello e aveva gli occhi più azzurri che avessi mai visto, erano geneticamente stupendi. Non come i miei anonimi occhi nocciola o castani, non sapeva bene che sfumatura era. Ci fu un attimo di disagio quando mi scoprii a fissarlo e lui mi stava fissando a sua volta. Forse stava ancora studiandomi e decidere se poteva fidarsi di me?
Tossicchiai leggermente schiarendomi la voce, mentre distoglievo lo sguardo da quello cristallino e indagatore di Chris Pine. «Ho capito…per tornare al discorso di prima, bhé ti assicuro che non ho intenzione di sfruttarti…ho già firmato un accordo quindi non temere sono la discrezione fatta persona. Quindi direi di andare sul pratico» conclusi mentre si allungava sul tavolo della sala riunioni per prendere un paio di fogli e una penna. «Cosa vorresti sapere?» chiesi tornando a guardare in volto Chris e aspettando che portassero avanti quella strana collaborazione. Chris mi fissò alcuni istanti, dapprima sorpreso, poi annuì e tornò ad appoggiarsi alla poltrona e cominciò a parlare.
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«Sentì vogliamo fare una pausa?» domandai alla fine di quasi due ore di chiacchiere da nerd e pazzi, chi avrebbe mai pensato che parlare di materia oscura, antimateria, reazioni controllate, annichilimento, di relatività e di tutta la fisica dietro Star Trek potesse essere divertente.
«Perché no» acconsentì alzandosi brevemente dalla sedia e stiracchiandosi amabilmente davanti ai miei occhi, uno spettacolo che molti avrebbero apprezzato e anche io lo stavo facendo ma al tempo stesso non potei evitare di guardarlo di sbieco per poi scuotere la testa e sorridere, intanto raccolsi le lattine e le bottiglie che sarebbero finite nella riciclata.
Il silenzio non era la mia situazione preferita, ma ci convivevo da un po' di anni, solitamente per mascherare il disagio tendevo a parlare a macchinetta, qualcuno poteva pensare che fossi estroversa, ma non lo ero più da dieci anni. E quella situazione non era un eccezione «Allora» esordii schiarendomi la voce mentre portavo sul tavolo altre due bottiglie d’acqua «dopo questo film hai altro in lavorazione?»
Volevo provare a fare conversazione, anche se non era il mio forte. Ero più un tipo che travolgeva le persone con la mia “diarrea acuta” come l’aveva soprannominata Leonora, la mia coinquilina, per non permettere ad altri di farmi domande. Ecco perché apparivo asociale, perché non davo molta possibilità di fare amicizia e di conoscermi, ti colpivo solo con la mia chiacchiera e poi sparivo, senza dare a nessuno la possibilità di avvicinarsi. O almeno a nessuno che avesse un cromosoma Y.
Chris si voltò a guardarmi, forse stranito dalla domanda, «Si…dovrei iniziare a breve le riprese di Wonder Woman» rispose tornando subito dopo al suo posto.
«Giusto…avevo dimenticato…sinceramente stavo aspettando l’uscita del nuovo Star Trek, ma credo che dovrò aspettare almeno il prossimo anno» risi di me stessa. Ero impaziente di vedere il proseguo, soprattutto visto il cast che avevano scelto.
«Sei una vera patita, eh?» ironizzò l’attore mentre si allungava per prendere una bottiglia d’acqua. Guardai velocemente l’orologio, erano quasi le cinque, la giornata era luminosa data la bella stagione. «Hai ancora altre domande» domandai senza rispondere all’ovvietà che aveva domandato.
L’attore che era rimasto semplicemente a guardarmi, si riscosse e schiarendosi la voce si affrettò a rispondere «Direi di si». Annuii e mi preparai a continuare la chiacchierata, ma Chris non aveva finito. «Ma sinceramente» mi ritrovai ad ascoltare «Preferirei continuare un altro giorno» si fermò un secondo per osservarmi attentamente in viso.
Riuscì a malapena ad evitare che la mia delusione fosse palese, mi aveva fatto piacere parlare con lui, avevo avuto quell’assurda cotta per anni e ora avevo avuto finalmente un’occasione per incontrarlo. «Oh si certo…sarai stanco» mi affrettai a dire.
«No, si…cioè anche, ma la verità è…che ho fame» confessò ridendo mentre la mano destra saliva a grattare la nuca, chiaro segno d’imbarazzo.
«Ah…oh.» fu tutto ciò che dissi, mentre il palese sollievo mi risollevava il morale e concedevo un sorriso. «Vorresti andare a mangiare…ehm potremo raggiungere la caffetteria…no meglio evitare il campus» Un cenno d’assenso mi confermò quello che pensava «Meglio di no, se si sapesse che sei qui e della collaborazione renderebbe difficile organizzare tutto. Sarebbe meglio uscire fuori dal campus. C’è uno Starbucks vicino a dove vivo, ti ci porto così puoi…ehm mangiare qualcosa»
«Perfetto» commentò semplicemente Pine alzandosi e prendendo la giacca di pelle nera.
«Aspetta qui» dissi io, mentre uscivo correndo dalla sala riunioni per poi tornare dopo qualche minuto trafelata ma con borsa e occhiali da sole.
«Andiamo» e indicai la porta di uscita dello studio. Chris aveva raccolto i fogli con le spiegazioni e i vari disegni che avevo fatto per spiegare alcune cose.
«Questi li prendo io» indicò la massa di fogli «Ora ho anche il tuo autografo» rise seguendomi fuori dalla porta.
«Dovrebbe essere il contrario » commentai mentre lo affiancava e camminavano per i corridoi meno affollati della struttura. Scelsi di prendere le scale, poco usate in quell'edificio.
«Ehi se vuoi un mio autografo basta chiedere» scherzò l’attore mentre teneva aperta una porta di sicurezza che dava sulle scale d'emergenza.
«Per quello c’è tempo. Rischieresti di dover firmare tutti e due i miei dvd e le maglie di Star Trek» confessai mentre scendevano le scale fino alla porta d’accesso secondario da dover eravamo entrati. «E non ti conviene…hai decisamente di meglio da fare» aggiunsi indossando gli occhiali da sole per ripararmi dalla luce abbastanza forte di quel pomeriggio di inizio luglio. Faceva caldo, ma quel giorno c’era fortunatamente anche un leggero vento che dava un po’ di sollievo rispetto alla calura.
«Lascia decidere a me se ho di meglio da fare, dottoressa. La mia macchina dovrebbe essere qua vicino»  rispose mentre si guardava intorno. Aveva indossato subito gli occhiali per mascherare almeno un po’ chi era, anche se con scarsi risultati.
«L’avrà parcheggiata di qua seguimi» mi incamminai lungo il vialetto uscendo subito in strada. Lì a pochi metri c’era parcheggiata una Chevrolet Camaro convertibile che sembrava gridare ai quattro venti. “Ehi io costo non toccarmi”. Affascinata dalla bellezza della macchina mi ero avvicinata quasi titubante accarezzando il cofano dell’auto decapottabile.
«Tu sei in macchina?» mi domandò Chris scuotendola dai miei pensieri.
«Eh…oh no. Solitamente vengo a piedi al campus. Abito ad un quarto d’ora da qui, sono in auto solo i giorni che vengo da Los Feliz dove vivono i miei.» risposi guardandolo brevemente in viso. Sembrava sorpreso.
«Sei nata a Los Feliz?» domandò il ragazzo sorpreso. «Già, i miei non se la passano male» tagliai corto. Non era un quartiere economico, Los Feliz, ma a LA c’era di peggio. Spesso mi avevano avvicinata per questo, la mia non era una famiglia famosa o miliardaria, ma i miei lavoravano da tutta una vita e i loro lavori pagavano bene.
«Ho capito» rispose Christopher senza indagare oltre «Salta su e fai strada. Potrei mangiare te se non metto qualcosa sotto i denti» rise mentre saliva a bordo della Chevrolet e io facevo altrettanto.
«Fai inversione di marcia e prendi la strada sulla sinistra, tieni la destra e poi ti dico quando girare» spiegai velocemente mentre allacciavo la cintura.
«Signorsi, Capitano Marrazzo»
«Scherza pure, ma senza di me non metterai mai i denti su qualcosa»
«Non è proprio esatto» scherzò Chris, «Potrei sempre mangiare te»
“Si mordimi tutta” pensava un punto remoto del mio cervello.
«Sarei un magro pranzo, Chris» risposi mentre mi rilassavo sul sedile apprezzando il fatto che il tettuccio fosse abbassato. «Se non vuoi parcheggiare davanti da Starbucks e attirare attenzione, come credo che tua voglia, accosta qui, c’è il parcheggio sotto casa mia, possiamo arrivare a piedi da Starbucks» indicai una strada sulla sinistra dove Chris parcheggiò la macchina e dal sedile posteriore prese un cappellino da baseball che indossò per camuffarsi un po'. 
Aveva un aspetto buffo ma non commentai anzi scesi dall’auto e lo attesi mentre lui finiva di prepararsi.
«Rose, ma sei sempre così…pedante» esclamò appena scese dall’auto e l’ebbe chiusa. Cominciarono subito a camminare uno di fianco all’altro. Chris con occhiali da sole e cappellino da baseball spiccava un po’, ma Pasadena era un po’ diversa da LA, quindi era ancora tranquilla la situazione.
«Non sono pedante»
«Si che lo sei»
«No. Sono solo organizzata»
«Ecco a chi hanno ispirato Sheldon Cooper»
«…»
«Allora? Non ti sarai offesa?»
«…»
«Perché questo silenzio?»
«Tu sostieni che io sia pedante e asociale, e cito testualmente, allora non parlo»
Quel teatrino di battute ci aveva accompagnati fino all’ingresso alla caffetteria. Era fortunatamente un orario non troppo affollato, altrimenti addio privacy. Eravamo fermi davanti all’ingresso mentre la conversazione non voleva rallentare.
«Non ho detto questo. Ammetti però di essere sempre troppo precisa, come se fossi sotto osservazione. Sono solo io, Chris Pine, prova a guardarmi in modo normale… non ti sto mettendo sotto esame. Non sei sotto esame»
«Si che lo sono»
«Cosa vai pensando...»
«Alla Caltech, tutti mi hanno sempre sottovalutato o giudicata. Sono successe cose che tu non puoi sapere»
«Allora dimmele, cosi posso finalmente capire chi sei Rose Marrazzo» esclamò il ragazzo allargando le braccia e attirando l’attenzione di qualche passante. Fortunatamente gli occhiali da sole funzionavano e nessuno si accorse che chi aveva una piacevole e animata conversazione con me era in realtà un attore milionario o forse era meglio dire miliardario.
«Oddio, sei impazzito. Entriamo dentro prima che ti scoprano» quasi urlai mentre stringevo l’avanbraccio del ragazzo e cercava di spingerlo in caffetteria. Ovviamente sortì poco effetto e fu solo quando Chris decise di muoversi che riuscì veramente a spingerlo. Sembravamo Davide e Golia, dato il fisico esile e minuto della qui presente.
“Ti sei accorta che l’hai toccato” pensai mentre mi avviavo lungo il corridoio. “Strano” mi dissi solamente, non ero una tipa da contatti fisici. Non dopo quello.
«Non cambiare discorso. Non mi distraggo così facilmente» mi disse appena furono entrati. A quelle parole alzai gli occhi al cielo e scossi la testa mentre ci avviavamo alla cassa per ordinare.
«Secondo te vengo a dirlo a te…a che titolo?»
«Bhè siamo amici no?»
«Io e te amici? Tu ti consideri un mio amico?»
«Considero…mmm forse è più corretto dire vorrei essere tuo amico» confessò l’uomo.
«Tu, Chris Pine, vuoi essere mio amico?»
“Rallenta il neurone Rose, appena si accorgerà dell’enorme cretinata che ha detto si rimangerà tutto” mi dissi, ma ovviamente il mio cervello pensava una cosa, il cuore e il resto del corpo un’altra.
«Si…cosa c’è di strano?»
Mentre nel mio petto il cuore sembrava voler ballare qualcosa con le sue arterie, con tanto di vocina interiore che scandiva il ritmo al sound di “Cuba. Quiero bailar la salsa” versione remix, tentai di rispondere in maniera normale. Ci provai.
«Oh niente…solo che tu sei una star A-list del cinema, ricercatissimo e ambitissimo. Affascinante, divertente, con una vita da sballo…cioè sei Chris Pine in due parole, e io sono Rosaleen altrimenti detta Rose, dottoressa in Fisica e Astrofisica, prossima alla disoccupazione.» riassunsi velocemente mentre arrossivo come una quindicenne, intanto gettai uno sguardo al menù sullo schermo. Poi senza neanche guardarlo e cambiando discorso «Io prendo un tè freddo al frutto della passione e un sandwich pomodori arrostiti e mozzarella…tu?» mi voltai a guardare il mio “accompagnatore” che mi fissava divertito sul punto di rispondere per le rime.
«Uhm…» si riscosse e fissò il tabellone e la ragazza che li fissava straniti, soprattutto perché Chris indossava gli occhiali da sole all’interno. La fame si fece sentire e Chris si affrettò ad ordinare «Prendo anche io i sandwich con pomodori e mozzarella e un tè freddo al limone » e infilò la mano in tasca tirando fuori il portafoglio. «Non pensare che il discorso sia finito qui» mi disse velocemente prima di porgere una carta di credito alla commessa alla quale disse i loro nomi: Chris e Rose.
«Chi ha detto che dovevi pagare tu?» domandai appena ci fummo allontanati alla ricerca di un posto più riservato e coperto. Chris si sedette spalle al muro e all’ingresso. Tolse gli occhiali e si massaggiò gli occhi. Sembrava stanco.
«Io ho proposto di andare fuori Rose» rispose sospirando.
«Io ho proposto Starbucks» ribattei.
«La prossima volta offrì tu» decise di accontentarmi.
«Certo, la prossima offro io.» risposi trionfante, sembravo una bambina a cui avevano fatto un bel regalo. “La prossima volta?!?!” intanto il mio cervello assimilava la cosa.
«Comunque tornando al discorso di prima, si vorrei essere tuo amico. Detto tra noi, è più divertente battibeccare con te che con molte altre ragazze. Almeno tu non passi il tuo tempo a fissarmi o a svenire ai miei piedi» disse il ragazzo rilassandosi sulla sedia «Almeno non ancora» aggiunse mentre un sorriso malizioso increspava le sue labbra
Quell’espressione mi paralizzò un’istante, poi dandomi della stupida scoppiai a ridere «Sbruffone» scherzai, forse avrebbe potuto rilassarsi un pochino. “Chris non è come lui” mi dissi.
«Ecco vedi quando ti rilassi e ti diverti sei più bella» affermò l’attore poggiando un gomito sul bracciolo della sedia e fissandomi.
«Ehm…dicevamo» cercai di cambiare discorso, mentre non potevo evitare di arrossire…ancora una volta.
«Mi stavi parlando del perché gli altri ti sottovalutano e di una cosa che ti è successa.»
«Oh…Chris non vuoi veramente saperlo» risposi. “Oh sei tu a non volerne parlare” pensai.
Chris non fece a tempo a rispondermi che venne chiamato il nostro nome al bancone. «Vado io» dissi approfittando della cosa per allontanarmi e pensare cosa fare.Nel tragitto fino al bancone, il mio cervello combatté una guerra tra ragione e sentimento e quando tornai alcuni attimi dopo con un vassoio con quanto ordinato, sapevo già chi avrebbe vinto.
Chris non si era mosso e la sua espressione rese chiaro che non avrebbe lasciato cadere il discorso.
«Tu vuoi veramente saperlo?» domandai titubante fissandolo. Non ero pronta a raccontarlo? I dottori dicevano di si. Avevo seguito un lungo periodo di analisi e anche se la vicenda mi provocava ancora ansia e paura, nonché una repulsione per il contatto fisico che andasse oltre la semplice stretta di mano, pensavo che potevo affrontare il discorso, mi dissi che se fossi riuscita a parlarne con qualcuno con cui non avevo molta confidenza, forse voleva dire che ero veramente guarita.
«Si» diretta e lapidaria fu la risposta di Chris..
«Va bene» mormorai prima di dare un morso al sandwich. Un sorso di tè e mi schiarii la voce «Sono nata e cresciuta a Los Feliz, non nella casa dove vivono ora i miei, un’altra. Avrai capito che la mia famiglia è sempre stata benestante. Mia madre insegna letteratura inglese alla UCLA, mentre al momento mio padre è nel consiglio di amministrazione della Disney Picture, prima era semplicemente uno dei tanti dirigenti. Sono sempre stata la classica bambina solare e simpatica, con una vita privilegiata non poteva essere diverso. Avevo tantissimi amici. Tutti volevano stare con me, tutti volevano venire a casa mia. E io ero felice di avere tanti amici, ero socievole e divertente. Questo fino al giorno in cui non ho capito che chiunque mi avvicinava era solo per avere qualcosa: ero alle scuole medie e man mano che crescevo ho continuato ad allontanarmi da tutti.»
Chris stava in silenzio e mi lasciava parlare e anche quando mi fermavo non diceva niente. Era chiaro che non affrontavo spesso una discussione del genere e da come stavo cominciando ad impallidire o tremare forse e dal modo in cui Chris mi guardava si era pentito quasi subito di avermelo chiesto, ma sembrava non voler fermarmi. All’inizio mi era trattenuta.
Non volevo dire troppo.
Non volevo vomitare tutto.
Non volevo rivelare tutto ciò ad uno sconosciuto.
Chris Pine aveva un dono davvero inusuale, faceva sentire a proprio agio, ti spingeva a parlare. Non sapevo se era la sua fama, se era semplicemente la sua vera natura, se erano quei dannatissimi occhi azzurri che sembravano leggermi come un libro aperto. O se semplicemente, a tre mesi dal mio futuro incerto, volevo parlare con qualcuno e Chris Pine si era trovato lì.
«Ho cominciato a diventare come hai detto tu asociale, non do confidenza e non la prendo. Al liceo sono stata in disparte, non volevo attirare attenzione. Non avevo una vita sociale, avevo smesso di accompagnare mio padre a qualsiasi apparizione pubblica della sua compagnia, stavo a casa e studiavo. Mi sono diplomata con un anno di anticipo. Non avevo amici e non volevo averne, fino a quando non è arrivata Leonora, era come me, silenziosa e amante della fisica e siamo diventate amiche. Era la mia unica amica e grazie a lei mi sono aperta un po’ all’ultimo anno del liceo. Allora ho conosciuto Lisa, anche lei all’ultimo anno, voleva diventare un’attrice e studiava teatro. Aveva tutte le carte per farcela: era bella e brava. Insieme ci siamo iscritte alla UCLA, io ero la più piccola e loro mi stavano aiutando a fidarmi di nuovo degli altri. Più il tempo passava e più tornavo ad essere un po’ di più la me stessa di un tempo. Sapevo che volevo tornare ad essere la persona solare che usavo essere da bambina, avevo più sicurezza e confidavo di più in me stessa. Iscriversi a diciassette anni al college. cambia tutto. La vita è così diversa, le situazioni sono più grandi e più mature. Non sono tanto convinta che diplomarmi in anticipo sia stata la cosa giusta. Non dopo…non dopo quello che è successo a-a…Lisa. »
Mi fermai all’improvviso, le parole erano bloccate nella mia gola.
Non volevo tornare a pensare di come la sua vita fosse cambiata di nuovo in una sola notte; di come la ragazza solare era tornata ad essere asociale.
Davanti ai miei occhi passarono immagini differenti.
Un appartamento vicino al mare. Un corpo abbandonato contro il muro, macchiato di sangue, ma non era il suo sangue…non era di mio. Era di Lisa. Lisa che giaceva immobile sulla sabbia. Incosciente e sul punto di non farcela.
Io che ripetevo sotto shock ai poliziotti “E’ tutta colpa mia. Non dovevamo andare via. Dovevamo restare alla festa”.
Io e che mi guardavo le mani sporche di sangue mentre davanti a me passava ammanettato un ragazzo con dei graffi sul viso. “Sono stata io, sono stata io” continuavo a ripetere, anche mentre i dottori la visitavano.
Qualche giorno dopo le diedero la notizia. 
Lisa non ce l’aveva fatta. L’abuso le aveva fatto perdere troppo sangue e le lesioni interne erano troppo gravi.
“Se solo avessero preso prima me” avevo pensato allora in quella camera d’ospedale. Poi le era arrivata un notizia ancora più incredibile.
Non era più sola.
«Rose?» mi richiamò Chris che aveva aspettato che continuassi.
«Io-io non posso continuare» sussurrai, era quasi inudibile, stavo fissando le miei mani, tremanti e le vedevo ancora una volta sporche di sangue, poggiate sul tavolo, aggrappate al bordo.
«Perché? Cosa è successo poi?»
«Co-cosa è successo?» balbettai riuscendo finalmente a sollevare lo sguardo. Chris annuì arrischiandosi a tendere una mano che batté affettuosamente sul dorso della mia, la ritrassi così velocemente da spaventarlo. Pensavo di aver superato la cosa, pensavo che gli anni di analisi fossero serviti, invece no, bastava che qualcuno mi domandasse cosa fosse successo e io non volevo parlarne.
«Tutto bene?» sussurrò Chris, quasi timoroso che anche parlare ad un tono di voce più alto potesse spaventarmi.
«Si…no, non so. Pe-pensavo di p-po-poterne parlare e invece…» balbettai ancora.
«Se non vuoi, non parliamo più» mi rassicurò il ragazzo e per farmi capire che voleva cambiare discorso, tornò a mangiare.
«Grazie» dissi solamente tornando a fissare il piatto. Non avevo più tanta fame e mi si era chiuso lo stomaco. Presi un altro sorso di tè freddo prima di decidere di finire almeno un sandwich, mentre l’altro l’offrii a Chris il quale lo accettò volentieri.
Ad un certo punto si sentì una vibrazione seguita dalla suoneria del mio cellulare, unaunica un po' imbarazzante in quel momento visto che era la colonna sonora di Star Trek. Velocemente lo cercai nella borsa e una volta guardato lo schermò sbiancai e mi affrettai a rispondere, anche se le mie mani tremavano visibilmente.
«Dottoressa Marrazzo» risposi senza riuscire a mascherare un tremolio nella voce. Chris aveva smesso di mangiare e mi guardava.
«Si si…ho capito. Sta bene?...No che io sappia no, ma potrebbe esserlo diventato»
Stralci di conversazioni e risposte lapidarie. «Arrivo subito» conclusi prima di chiudere la telefonata.
«Tutto bene?» domandò visibilmente preoccupato il ragazzo.
«No…cioè si, niente di preoccupante spero…mio fig..fratello Dominick ha avuto una reazione allergica» spiegai velocemente mentre raccoglievo la mia borsa e infilavo gli occhi sulla testa.
«Devo andare» aggiunsi solo salutandolo, riuscendo a strappare a me stessa un sorriso. Avevo appena imboccato l’uscita che venni afferrata per un braccio. Voltandomi vidi che Chris mi aveva seguita.
«Ti accompagno» disse soltanto e dal tono era chiaro che non ammetteva repliche.

 

  
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