Nobody knows who I really am… perhaps only you
Capitolo 2
Non riesco a mettere insieme le cose
Con questi occhi bianchi e neri
Ho fatto del mio meglio
Non c’è nulla che io possa fare per
te
Il modo in cui ero…
Qualcosa ha toccato il mio cuore
Qualcosa mi ha fatto sentire
contenta
…………………..
Non ho mai voluto ferirti
Stavo fuggendo da emozioni per cui
non ero pronta
Ma cosa dovrei fare la prossima
volta,
se non posso contare su di te?
Ti prego non andartene ancora
Nani mo te ni tsukanai shirokuro no
hitomi de
watashi wa tada hitasura
There is nothing I can do for you
Ano goro no watashi wa
nani ni kandou shite
……………………….
Ichi nen mae ni modoritai nante
nande ima sara omoeru ka na
ano goro no watashi wa kinou to onaji
Kyou nante kangae nakatta
mou kore ijou ikanaide
Please don't go anymore
“ - Hoi Rukia. Hoi, che
ti succede? –
Disse Renji
accasciandosi accanto all’amica che era di colpo svenuta tra la folla.
- Stai bene? Siete… siete forse affamati? –
Fece lo shinigami, che
fino a poco prima stavano osservando, avvicinandosi.
- Oh no non affamata… -
Rispose lei mettendosi
seduta.
- Sentirsi affamati in un modo in cui non si
sente la fame…Anche io all’inizio ero perplesso ma è una realtà che devi
accettare… –
- Adesso mangia questi –
Concluse porgendogli un
cestino di onijiri.
Il profumo del cibo
subito gli giunse al naso, lo stomaco gorgogliò forte e un improvvisa ipersalivazione
la costrinse ad inghiottire. ”
- Wua
quello Shinigami era davvero forte –
- Già
già –
Goro, Takeru e Deja chiacchieravano entusiasti davanti ai due
bambini che silenziosi avanzavano con gli sguardi bassi perplessi per quanto
appena avvenuto.
- Rukia
–
- Eh?!
S… si? –
Fece alzando il viso cercando tuttavia di
evitare lo sguardo severo dell’amico.
Ecco era tutto finito. Ora lui sapeva che
il suo corpo stava cambiando, che a differenza di tutti loro richiedeva cibo;
sapeva che lei era diversa. L’avrebbe detto ai ragazzi della casa e loro l’avrebbero
scacciata perché altrimenti sarebbe stata solo una seccatura. E poi c’era lui…
lui l’avrebbe scacciata? Gli aveva mentito, gli aveva nascosto quello che le
stava accadendo, come poteva fidarsi ancora di lei?
- Perché
non me lo hai detto? –
- I…
io… Sta tranquillo me ne andrò subito cosi da non arrecarvi alcun disturbo –
Sarebbe tornato tutto come prima di
incontrarli. Lei era forte non aveva bisogno di altri, se la sarebbe
cavata da sola… già da sola. Eppure
cos’era quella sensazione straziante che provava al solo pensiero di non poter
più tornare in quella casa? E soprattutto perché le faceva cosi male la
consapevolezza che non avrebbe più potuto restare al suo canto?
- Ma
cosa cavolo dici, idiota? Io… io non intendevo che devi andartene –
Fece urlando e attirando l’attenzione
degli amici che camminavano davanti a loro.
- Renji
cosa succede? – chiese Goro*.
- Niente
tornate a casa io e Rukia vi seguiamo tra non molto –
- Cosa?
Perché? –
- Ho
detto andate! –
Urlò infuriato, spaventando i tre che
guardarono Rukia che fece cenno d’assenso con la testa e scomparvero tra la
gente.
Non lo aveva mai visto cosi mai nemmeno quella
volta che aveva litigato con Shin. Non riusciva a guardarlo negl’occhi si
sentiva mortalmente in colpa, abbassò lo sguardo al piccolo cestino che poco
prima conteneva gli onijiri e s’incolpò per ciò che avveniva al suo corpo… se
solo… se solo non provasse quella… quella fame allora forse sarebbe potuta
rimanere con lui.
- Rukia
–
Fece afferrandola per le spalle, Rukia
lasciò cadere il cestino e abbassò ancora di più lo sguardo verso terra.
- Guardami!
–
Non ci riusciva. Era cosi difficile
affrontarlo eppure non aveva mai avuto problemi a farlo con chiunque altro sia
grande che piccolo che fosse ma con lui era diverso. Lui era l’unico in grado
di farla sentire cosi… impotente.
- Ho
detto guardami negli occhi –
Non voleva, non poteva mostrargli la sua
debolezza. Doveva difendere la sua maschera di forte e indipendente… altrimenti
cosa ne sarebbe stato di lei? Come sarebbe sopravissuta in quel mondo corrotto
dove a sopravvivere erano solo i forti? Come avrebbe fatto ora che tornava ad
essere sola?
Alzò gli occhi ma quando incontro quelli
ardenti e impetuosi di lui si sentì cedere privata di tutto l’orgoglio con cui
fino ad allora si era protetta.
- Maledizione
dovevi dirmelo. Avrei fatto qualcosa per aiutarti. Sentivo che c’era qualcosa
che non andava ma nonostante non facessi altro che osservarti non riuscivo a
capire cosa fosse. Sei sempre cosi rigida, sempre sulla difensiva. Sei sempre
pronta ad aiutare gli altri ma non lasci che gli altri aiutino te. Fai sempre
cosi, sempre, non mi dici nulla e ti tieni tutto il dolore per te – fece
lasciandola libera e abbassando il tono della voce - Come posso proteggerti se
non mi dici cosa ti succede? –
“ Pro… proteggermi? Tu vuoi proteggere me? Me… cosi inutile e
insulsa? ”
- …
-
Voleva dirgli qualcosa ma non riusciva ad
emettere alcun suono. Era come paralizzata dai suoi stessi sentimenti confusi e
contrastanti desiderava che lui l’abbracciasse ma al tempo stesso che nessuno
la toccasse. Non le piaceva essere cosi debole. Non le piaceva che lui la
rendesse tale.
La testa prese a girarle prima piano poi
sempre più vorticosamente. Intravide Renji voltarsi a guardarla poi la terra,
le sembrò che pronunciasse il suo nome e subito dopo il nulla, le tenebre
l’avvolsero e cadde in un sonno tormentato dai ricordi del passato.
<< Una Rukia un po’ più piccola si accoccolava
sotto calde coperte, dei bisbigli provenienti dalla camera adiacente
catturarono la sua attenzione. Allora erano ancora svegli. Come le piaceva stare
con quei due signori, una donna e un uomo. Forse potevano diventare una
famiglia. In quel mondo storto pieno di malinconia tutti si cercavano l’uno con
l’altro per avere qualcuno di cui preoccuparsi e per divenire importante a sua
volta per qualcuno, o per non sentirsi soli e avere un po’ di compagnia o solo
per cooperare e dividersi le difficoltà. E ora finalmente, dopo tanto tempo ne
aveva trovata una anche lei. Due giorni prima lei era accovacciata in un angolo
tremante per la pioggia e loro le si erano avvicinati. Lei, Mei, le aveva porto
una mano; lui, Kamui, l’aveva coperta con il suo cappotto arrangiato e insieme
l’avevano portata in una casa dove dopo averle dato da bere le avevano proposto
di restare con loro e infine le avevano
dato un giaciglio dove dormire.
Si alzò e andò verso
l’uscio. Aveva deciso gli avrebbe detto che restava con loro, chi sa come ne
sarebbero stati felici? Le avevano detto che desideravano tanto una bambina e
ora lei poteva diventare la loro.
- Mei non preoccuparti andrà tutto bene –
- Io inizio ad aver paura –
- Ma no le daremo un paio di giorni per
prendere fiducia in noi e poi inizieremo a prepararla e a insegnargli come
comportarsi a corte… quando, infine, sarà pronta la porteremo alla sesta
divisione spacciandola per Hana, ci prenderemo il compenso e potremo vivere
finalmente come si deve presso la corte –
- E se
alla corte capissero che è un falso? –
- Ma no Rukia assomiglia moltissimo alla
descrizione data e poi la convinceremo talmente bene che anche loro ci
cascheranno –
Rukia sentì come
qualcosa infrangersi al lato sinistro del suo petto. Non sapeva cosa fosse ma
nonostante facesse male accantonò il dolore in una parte del suo cervello e si
concentrò sul fuoco che le ardeva dentro dalla rabbia. Nessuno l’avrebbe
sfruttata e presa in giro. Nessuno! Lasciò cadere in terra la coperta e presa
da uno scatto d’ira fece per uscire dalla stanza ed andare a prenderli a pugni
quando si rese conto di essere solo un insignificante moscerino ai loro
confronti. La rabbia montò ancora di più e uscendo di soppiatto da quella
baracca si ripromise che non si sarebbe fidato più di nessuno ma soprattutto
sarebbe diventa forte, sempre più forte fino a che più nessuno avrebbe voluto
avvicinarla. Soli infondo si sta fin troppo bene. >>
<< Qualcosa di
luminoso le impediva la vista.
- Smettila! Mi accechi! Smettila –
- Beh anche se già hai ascoltato il mio nome
faccio le presentazioni ufficiali. Piacere di conoscerti io sono Renji. Abarai
Renji –
Dalla luce emerse prima
una voce poi piano, piano qualcosa di rosso. Dei capelli. Un bambino dagl’occhi
dello stesso colore dei capelli.
- Rukia. Rukia. Rukia –
Il bimbo continuava a chiamarla imperterrito
con il suo sorriso smagliante, Rukia infastidita dalla luce che emanava si
portò una mano a strofinare gli occhi >>
- Rukia
–
- Re…
Renji!? Co… cosa? –
Fece saltando a sedere.
- Sei
svenuta –
- Ah…
-
- Ho
raccontato tutto agli altri –
- Oh
i… io –
La tenda che separava la stanza in cui era
posta Rukia dalla stanza principale si mosse e una flotta di ragazzi s’accalcò
vicino al letto. Una bambina si distaccò dal gruppo e corse al grembo di Rukia.
- Non
te ne andare! Non te ne devi andare o Renji sarà triste –
- Mimì!
–
Quasi urlò Renjì dandogli una leggera
pacca sulla nuca.
- Ma
è vero e anche Mimì sarà tanto triste –
- Ti
ringrazio Mimì ma io non posso restare vi recherei solo problemi –
- Ma
tu lo vuoi? A parte il fatto che ci potresti recare fastidi, tu vuoi restare
qui? –
Le chiese Mett il ragazzo più grande della casa.
- I…
io… si… si lo voglio –
Disse mentre grossi, caldi, estranei
lacrimoni presero a bagnarle le gote. Si sfregò veloce gli occhi con una mano
mentre con l’altra tirava Renji davanti a sé a coprirla dal resto del gruppo.
- Bene
allora resterai qui con tutti noi e non voglio sentire più ragioni. Da quando
hai accettato di stare qui hai legato un patto con noi tu ti saresti presa cura
di tutti i bambini che si trovano in questa casa e noi avremo fatto lo stesso
per te; cosi facendo ci offendi. Stai dicendo che noi non siamo in grado di
mantenere le nostre promesse? Credi che non siamo capaci di procurarti del
cibo? Ci sottovaluti cosi tanto? Sei una di noi ormai e devi prenditi le tue
responsabilità; non puoi andartene per una sciocchezza del genere. Mi spiace. Ora
riposati perché quando ti alzerai ci sono un sacco di mansioni che ti aspettano
–
Concluse uscendo dalla stanza seguito dal
resto dei ragazzi. Renji si voltò a guardarla, il suo volto era ancora
sconvolto dal pianto e nonostante ciò le sembrava ancora più bella, quasi
eterea, come se non potesse raggiungerla tuttavia quest’oggi gli sembrava di
essersi avvicinato un bel pò.
- Non…
non osare dire nulla o… o ti ammazzo –
Disse lei arrossendo violentemente,
andandosi a nascondere sotto le coperte.
- Si
si e chi parla –
Fece ridacchiando sotto i baffi. Era la prima volta che la vedeva
cosi vulnerabile e sincera. Già infondo era pur sempre una ragazza. Ah quanti
problemi ancora gli avrebbe causato e aggiungiamoci poi che con la sua testardaggine
“lui” avrebbe dovuto fare anche il doppio del lavoro per aiutarla però si
sentiva felice, cosi felice che uno strano gorgoglio nello stomaco prese ad
infastidirlo.