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Autore: DARKOS    11/12/2015    2 recensioni
Roxas era ormai al terzo anno della Twilight Town University, l’accademia di prestigio della regione. Ormai un “veterano”, era anche la celebrità del campus: la storia di come avesse trionfato sul Consiglio Studentesco e sull’utopia di Xemnas neanche due anni addietro era ormai leggenda e tramandata a tutte le matricole. E come ogni leggenda, anche paurosamente gonfiata: lo stesso Roxas aveva addirittura sentito una versione secondo la quale lui aveva affrontato da solo tutti i tirapiedi di Xemnas in dieci diverse prove di abilità, per poi battere il capo stesso con eleganti mosse di judo. Non poté trattenersi dal ridere, primo perché lui non conosceva nemmeno il judo, secondo perché di sicuro non aveva fatto tutto da solo: era solo grazie ai suoi amici che se l’erano cavata.
Genere: Comico, Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Quinto Capitolo

Era finalmente arrivato il giorno della prima competizione. Un gigantesco anfiteatro chiuso fungeva sia da arena per i partecipanti che da tribuna per gli spettatori. I membri delle varie squadre avevano piccole salette quasi al livello dell’arena, una per squadra, da dove poter seguire le prove assieme agli invitati speciali che si erano portati dietro. Sotto alle tribune c’era il tavolo dei giudici, dove sedevano il rettore Ansem, il possente rettore Eraqus del Departure College, e un uomo calvo che Roxas inquadrò come il rettore Xehanort, il misterioso figuro che dirigeva ben cinque accademie. Il biondino ripensò al professor Xehanort della sua università e si chiese se esistesse una parentela.
L’arena vera e propria era un rettangolo di discrete dimensioni che sarebbe stato di volta in volta attrezzato per la sfida in questione: quel pomeriggio era pieno di tele e pennelli per i dipinti, pennarelli e colori di ogni natura per i disegni liberi, squadre e altri attrezzi di precisione per il disegno tecnico, ovviamente connessi di matite di ogni calibro accuratamente disposte in fila, e dei tablet per il disegno digitale. Tutti gli studenti della TTU erano sollevati che l’edizione moderna dei Campionati avesse eliminato la scultura, visto l’esile fisico della loro amica. In compenso c’era cartapesta in abbondanza per una sorta di prova artistica senza disegno, e nessuna limitazione sul come eseguirla. Era chiaramente un pallido tentativo di implementare arte che non fosse del tipo convenzionale, ma Roxas non se ne curò. Naminé era brava appunto nel disegno tradizionale.
La ragazza era pallida e con gli occhi bassi. C’era da aspettarselo, considerata la situazione. La pressione doveva essere assurda per una ragazza così giovane e riservata. I suoi avversari invece parevano calmi, ma era difficile stabilirlo dal momento che Chirithy non si levava mai il soprabito e i Foretellers rimanevano muti e impassibili. Non proprio un’atmosfera confortante.
Sapendo di dover fare qualcosa, i Nobodies e gli altri incitarono Naminé a pieni polmoni, finché quella non se ne accorse e li salutò debolmente, ma era visibilmente più salda sulle gambe quando tornò a fissare davanti a lei. Poi intervenne l’arbitro e la prova ebbe inizio.

Lo stesso uomo che li aveva informati sul regolamento enunciò i termini della prova, anche se ormai gli interessati li conoscevano: “Davanti a voi ci sono tutti gli strumenti che vi servono. La prova si divide in: disegno libero, disegno tecnico, pittura, disegno digitale e creatività, quest’ultima senza limiti. Avete tre ore per realizzare un’opera di ogni categoria, e un illimitato numero di tentativi, ma i giudici valuteranno solo i lavori finiti. Potete iniziare!”
Tutti corsero alle loro postazioni e iniziarono a buttare giù idee per i loro disegni. La prova della creatività fu per il momento scartata: era una categoria riempitiva, e con la cartapesta si poteva facilmente realizzare qualcosa. Era ovvio tutti puntassero sui disegni per vincere.
Naminé era nel suo elemento e procedeva ora senza problemi, dimentica degli altri concorrenti. La sua espressione spensierata non lasciava dubbi che si stesse divertendo: Roxas sperava solo che fosse abbastanza motivata anche per vincere.
A molti degli spettatori era capitato di annoiarsi guardando gente disegnare e dipingere: non è lo spettacolo più entusiasmante del mondo. Invece qui erano tutti col fiato sospeso, ben sapendo cosa c’era in gioco, e nei momenti morti si poteva guardare un altro concorrente. I Foretellers erano bravissimi, ciascuno con il proprio ritmo (la figura con l’unicorno pareva spiccare dal gruppo), mentre Chirithy avanzava con lentezza, quasi a fatica.
“Bene, almeno uno è già fuori dalla sfida!” Esclamò Demyx trionfale.
“Vedi di tapparti la bocca, almeno fino alla fine della competizione.” Sibilò Larxene.
Roxas non credeva alla iella, ma decise che era meglio non rischiare e si adeguò al silenzio generale. Nessuno parlava, anche perché effettivamente pochi di loro avevano una solida conoscenza della materia. Perfino le modeste nozioni che Lexaeus aveva appreso facendo collegamenti con la letteratura e la storia non bastavano certo a livelli come questi. I disegni di Naminé si erano ormai accumulati e doveva aver già scelto il suo prediletto, visto che era passata al tablet per il disegno digitale. Aveva dipinto uno splendido paesaggio di fantasia e una perfetta squadratura di una qualche figura geometrica complessa riluceva su un foglio pulito da ogni traccia eccessiva di matita. Mancava solo la prova creativa ed era fatta.

Il gong fece sobbalzare quasi tutti. Erano già passate tre ore? Roxas sperò che ai partecipanti il tempo fosse sembrato di più, altrimenti lui non aveva idea di come avrebbe fatto al suo turno.
Con orrore, Roxas notò che Naminé non  aveva nemmeno toccato la cartapesta. Era già una prova in meno. I Foretellers avevano realizzato una forma animale ciascuno e stavano consegnando il tutto ai giudici.
L’apprensione si accentuò quando i giudici e gli spettatori realizzarono che nemmeno Chirithy aveva usato la cartapesta: tuttavia, un elaborato disegno era stato tracciato sul pavimento dell’arena, rappresentante un felino in procinto di compiere un balzo. Nessuno vi aveva fatto caso: Chirithy aveva distolto tutte le attenzioni da sé con i suoi movimenti lenti e svogliati. Ma per Roxas e compagni che godevano di una posizione rialzata, il risultato era dolorosamente bello. In più era stato disegnato col carbone, che produceva un effetto magnifico accostato al bianco candido del pavimento.
Anche i giudici non poterono nascondere la loro ammirazione. Valutarono i Foretellers e diedero alti voti specialmente all’Unicorno, ma era ovvio fossero rimasti catturati dal gatto tracciato per terra.
Arrivarono infine da Naminé, e seppure rimasero ammaliati dalle sue opere (fra le migliori che avesse mai realizzato), si mostrarono perplessi di fronte all’assenza della sua prova creativa.
“Signorina, capiamo bene la sua giovane età, ma avrebbe dovuto gestire meglio il suo tempo e presentarci cinque prove.”
“Ma io vi ho portato cinque prove.” La ragazza era spossata, ma esibì comunque un trionfante sorriso. “Sarebbero i signori giudici così gentili da ispezionare il mio tavolo?”
“Naminé, le regole sono chiare, noi dobbiamo valutare solo i lavori che hai deciso di sottoporci, e non… oh!” Ansem non riuscì a finire la frase, e convocò gli altri due Rettori.
Roxas allungò lo sguardo per capire il motivo di tanta agitazione, e infine lo vide: l’intero tavolo di Naminé era la prova creativa. Ogni compasso, ogni matita, ogni foglio era disposto secondo un preciso ordine. A prima vista non pareva, ma guardando l’insieme era ovvio fosse così. L’immagine non aveva senso, ma perfino il più ignorante in materia sapeva cos’era l‘astrattismo.
Naminé aveva previsto che molti avrebbero ignorato la prova creativa giudicandola inferiore, e lei l’aveva invece realizzata fin da subito mentre lavorava alle altre, il tutto nel modo più naturale possibile.
“Mi è stato detto che non c’erano limitazioni per quanto riguardava l’ultima prova.” Espose sempre sorridendo ai tre uomini.
I giudici si riaccomodarono sui sedili, pronti ad annunciare il nome di chi, secondo loro, era il vincitore.
“Naminé” disse Ansem, naturalmente.
“Chirithy” disse invece Eraqus. Prevedibile, era il suo rappresentante.
Xehanort esitò prima di rispondere. Se avesse nominato uno dei Foretellers, sarebbe stata parità e i giudici avrebbero dovuto discutere fra loro fino a raggiungere un accordo. Normalmente con sette esaminatori le probabilità che ciò accedesse erano minime, ma con tre era tutta un’altra storia. Fortunatamente, Xehanort non pareva deciso a prolungare quella giornata.
“Naminé.” Sentenziò infine.

Come quando aveva vinto contro Xemnas, Roxas non ricordava molto dei momenti immediatamente successivi all’evento. Ricordava vagamente di essere andato con gli altri a prelevare Naminé, di essere uscito con loro e di aver cenato in suo onore. Ora sapeva di trovarsi nella loro stanza, con Axel, Demyx e Sora che ancora portavano Naminé in trionfo. La ragazza era imbarazzata, ma felicissima. Fu solo quando Larxene e Xion decisero che la poveretta aveva sopportato abbastanza che tutti si calmarono.
“Bravissima, Naminé! Magistrale!” Esclamò Luxord.
“Invero, una prova simile rimarrà negli annali dei Campionati… che si vinca o si perda, hai lasciato il tuo nome nella storia di queste gare.” Aggiunse Lexaeus bonario.
Roxas si avvicinò e la guardò, sorridendo. “Complimenti.”
Lei ricambiò il sorriso. “Grazie! Sono riuscita a vedere la faccia di Kairi, pareva avesse ingoiato un rospo. Sono così felice!”
“Ehi, che cosa sapete voi che noi non sappiamo?” Li abbracciò Demyx. “Roxy, se devi tradire Xion, non farlo in sua presenza!”
“Ma no!” Xion rise. “Si stanno solo complimentando, mica mi ingelosisco!”
Stranamente, Roxas trovò l’affermazione un po’ fuori luogo, come se Xion dovesse un po’ ingelosirsi. Ma il resto si perse nei festeggiamenti.
“Secondo voi quale sarà la prossima gara?”
“Per me sarà scientifica. Ne hanno appena fata una umanistica, no?”
“Sora, è troppo semplice così! Sanno che pensiamo questo!”
“Ma sapessero ciò e le facessero davvero alternate per fregarci?”
“Nah, sanno che sappiamo ciò.”
“Ma forse sanno che noi sappiamo che loro sanno che si sa.”
“Voi due mi fate venire il mal di testa.”
“Per questo non sei in gara, Axel. Qua non c’è da menare le mani, è tutta logica.”
“…sai cosa, Dem? Hai ragione. Perché non ti porto di fuori così mi esprimo nel ‘menare le mani’? Lex, aiutami.”
“Ehi, ehi, fermi! No!”
“Ti aiuto anch’io!”
“Ma, mia cara!”
“Tu fai silenzio, e prepara il tuo trucco del bicchiere! Non mi arrenderò finché non l’avrò capito!”
La serata proseguì su questi toni. Il bello era che sarebbero passati quattro giorni prima di sapere anche solo la materia della prossima sfida, quindi che senso aveva andarci piano? Nessuno dormì quella notte.

Roxas era in balconata a riprendersi dopo che un ubriaco Demyx e una molto ubriaca Larxene avevano deciso tramite linee di pensiero ignote che dovevano farlo passare dalla tazza del gabinetto per rimandarlo al suo pianeta d’origine. Meno male che Lexaeus era astemio e sempre pronto a intervenire. Improvvisamente qualcuno lo abbracciò da dietro. Era Xion, vagamente alticcia.
“Roooxxyyy! Che fai da solo qui? Divertiti!”
“Xion! Mi stavo solo prendendo una pausa, sai. Ora rientro.”
“Eh, pensi sempre al lavoro! Ma divertiti, cavolo, perfino io sto più brilla di te!”
Era sì vagamente ubriaca, ma non troppo da non rendersi conto di cosa diceva. Quindi Roxas si permise di replicare, un po’ stizzito: “Beh, sai com’è, ci sono i Campionati. Mi sono divertito, ho riso e scherzato, ti ho anche perdonato quella scena sulla nave, ora però sarà meglio che mi concentri anche sul dovere, grazie.”
Lei si allontanò sentendo il suo tono gelido, incerta se prendersela o rimanere sul leggero. “Stai dicendo che noi non la prendiamo seriamente? Ma certo che ci preoccupiamo! Solo, sappiamo anche scaricare i nervi.”
“Nervi che non ho mai visto ‘caricati’, però! Sapevi che Naminé aveva un problema, poco prima della prova, ed era a pezzi? L’ho aiutata io, quella sera che tu eri irreperibile!”
“…Naminé? Non lo sapevo, non ne ha mai parlato. Calmati, Roxas. Nessuno qui ti toglie alcun merito. …che vuol dire che mi hai perdonato la scena sulla nave?”
“Quella volta dove mi hai trattato malissimo!”
“Ah, io? Tu ti sei comportato da idiota totale!”
Ormai urlavano tutti e due. Xion era adesso lucida, Roxas lievemente rosso in faccia.
“Sono sempre un idiota quando non faccio quello che vuoi, vero Xion? E dimmi, tu dov’eri quella fatidica sera? Al cellulare non rispondevi.”
“Io… ero impegnata. Sai che spengo il telefono quando mi concentro.”
“Eri, per caso, a concentrarti da Riku? Quanti altri ‘progetti’ avete fatto assieme?”
Lo schiaffo che seguì fu più sonoro di ogni urlo. Xion stava ancora con la mano alzata, gli occhi umidi di lacrime.
“Come… ti permetti… di insinuare simili cose. Dopo tutto quello che ho fatto per te. Ti ho praticamente salvato la reputazione accademica, e mi ripaghi così. Non ho mai nemmeno pensato che tu mi fossi debitore di qualcosa, questo è vero, ma di certo non mi aspettavo un simile trattamento. Sei cambiato, Roxas.”
E scappò via. Roxas rimase lì, come folgorato. Era il primo gesto di violenza che le aveva mai visto compiere, e lui ne era stato il bersaglio.
Già, nessuno avrebbe dormito quella notte.
   
 
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