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Autore: ChiaraSerafin22    11/12/2015    1 recensioni
Una stazione deserta. Una ragazza bellissima nascosta nel buio, come un animale ferito. Uno sconosciuto che, vedendola, rimane stregato dalla sua solitudine.
L'incontro di una storia fatta di attese, di desideri, di sogni che solo il destino può realizzare.
Anche se Amanda, al destino, non ci crede. Ma quando si è disperati si può credere a qualunque cosa.
> Racconto semifinalista Campiello Giovani 2010
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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I binari della stazione baluginarono. Stava arrivando un treno.
Amanda si mosse, staccandosi dal pilastro che l’aveva sostenuta fino a quel momento e diventando non più un pezzo della stazione, ma la sua protagonista assoluta: c’era solo lei, adesso, giovane ragazza pronta ad affrontare la vita, con tutte le difficoltà e i pianti che avrebbe comportato.
Si avvicinò ai binari, sostando appena dietro la linea gialla.
“Grazie di avermi fatto compagnia, Alex” vociò, cercando di farsi sentire sopra allo stridore dei freni del treno. “Non ti ho nemmeno chiesto qual è il tuo, di problema” disse poi, leggermente colpevole.
Lui scosse la testa: “Non è importante. Vai”.
Amanda annuì. In quel mentre, le porte di un vagone si aprirono davanti a lei e i suoi piedi si mossero da soli, uno davanti all’altro, finché la sua figura non scomparve del tutto.
La rossa testa della ragazza riapparve da un finestrino. Una delle sue mani salutò l’unico spettatore della stazione e gli mandò un bacio con la punta delle dita. Alex rispose al saluto e poi il treno si mosse, scalpitante. La fiamma dei capelli fu visibile ancora per parecchi metri, ma poi il buio inghiottì anche quella.
A far compagnia al ragazzo rimase unicamente la solitudine. Un altro treno della sua vita gli scorreva via davanti agli occhi. Ma Amanda non sarebbe stata solo un altro passeggero visto da un finestrino, un ricordo sfuggente che si sarebbe perso nel corso del tempo: lei era stata tangibile, bella come un tramonto estivo, e allo stesso modo lo aveva fatto riflettere su tutte quelle cose effimere che, però, lasciano una cicatrice indelebile sul cuore.
Alex si sentiva meno solo, ora che aveva aiutato un’altra persona a non esserlo più. Guardò a propria volta la città che aveva attirato l’attenzione della ragazza tormentata, pensando a quanta gente lì avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la rassicurasse, che le dicesse come sarebbe andata a finire la sua avventura personale. Considerò che era arrivato il momento di smettere di pensare alle esistenze degli altri e che doveva iniziare a vivere lui stesso. Per davvero.
Alzò gli occhi al cielo: pochi minuti e sarebbero scoppiati i fuochi artificiali. Attese con impazienza quel miracolo di colori, pronto ad accogliere i botti nel petto. Un nuovo anno: le cose sarebbero cambiate. Non doveva aver paura.

Il treno ci mise poco tempo ad arrivare. Quando venne annunciata la stazione dalla voce metallica, Amanda sentì nettamente il rintocco del destino che gravava su di lei, e ne fu rincuorata.
Scese dal vagone e si trascinò fino alla strada. Lì alzò gli occhi: l’ospedale svettava proprio a un centinaio di metri da lei, tanto alto e possente che lei pensò che stesse sostenendo il cielo.
Senza nemmeno pensarci troppo, prese a corrergli incontro, non curandosi di essere in mezzo alla strada. Il mondo intero stava trattenendo il respiro e facendo il conto alla rovescia.
Le porte automatiche si aprirono quando le raggiunse, e Amanda non ebbe difficoltà a ricordare i corridoi che l’avrebbero condotta da Andrea. Gli infermieri di turno non la videro e, se anche la videro, non la fermarono: non aveva l’aria di qualcuna che poteva essere trattenuta. I tacchi degli stivaletti provocavano un rumore secco e discontinuo sul pavimento lucido, quasi come il rintocco di un orologio. Finché il ticchettio si interruppe. Era arrivata.
Il suo mondo ordinato e, dopotutto, sicuro, si stagliava contro ciò che rappresentava quella stanza. “Ti aspetterò sempre” aveva detto Andrea. Poteva essere vero? Non lo sapeva, ma doveva avere qualcosa in cui credere.
Si morse le labbra e si guardò intorno: il corridoio era deserto.
Spinse l’anta della porta e affrontò il suo futuro.
Amanda prese una sedia e si accostò al letto. Non aveva ancora osservato il ragazzo disteso: lo fece ora, sfidando il suo sguardo privo di emozioni e chiedendosi cosa stesse cercando di dimostrare a se stessa.
Dondolandosi sulla sedia, indecisa, alla fine allungò la mano per afferrare quella di Andrea, abbandonata lungo il suo fianco. La strinse, con le lacrime agli occhi, quasi incapace di parlare: “Mi dispiace” mormorò, scoppiando in singhiozzi, sfogando tutta la sua anima, “Quando mi dispiace, Andy”.
Deglutì, ingoiando la propria afflizione: “É così difficile avere cura di ciò a cui teniamo”.
Scosse il capo, ricercando le parole giuste con le quali esprimere quello che provava. “Sono solo una stupida” disse infine, “Non avevo mai capito quello che valevi per me, che eri tu tutto quello che importava. Sono sempre stata una ragazza fragile, incapace di affrontare gli ostacoli, e per questo sono caduta tante volte, ho pianto per sciocchezze e ogni volta volevo morire, volevo scappare e lasciarmi alle spalle tutto quel dolore”.
Scese dalla sedia e si mise in ginocchio, continuando a stringere quella mano calda che più di una volta aveva rappresentato la sua unica ancora di salvezza: “Poi sei arrivato tu. Andy, sei arrivato tu. Hai voluto conoscermi, mi hai capita, mi sei stato accanto. Da quel momento ci sei sempre stato. Nessuno aveva mai creduto in me come ci hai creduto tu, nessuno mi aveva mai dato la forza per andare a prendermi quello che volevo.
“I miei sogni, è vero, non si sono realizzati, ma mi sono risollevata dopo le cadute perché c’eri tu, che mi aspettavi per aiutarmi a scoprire ancora una volta quanto la vita potesse essere bella.
“Ti prego, Andrea, ti prego apri gli occhi. Rispondimi. So che mi senti, da qualche parte, dietro a questo velo che ci separa. Sei tu che mi stai facendo parlare, è la tua forza questa che sento dentro. Hai detto che mi avresti aspettato: sono qui. Posso cambiare, per te, ma rimarrò comunque la stessa persona a cui hai voluto bene. Andy…”.
Lo scoppio dei fuochi d’artificio la colse impreparata. Amanda sussultò e si ritrovò a guardare fuori dalla finestra, dove le stelle brillavano insieme agli scoppi del nuovo anno. Chiuse gli occhi, nei quali restò impresso lo splendore di quei bagliori.
“Andy, continuerò a invocare il tuo nome, continuerò finché non avrò una risposta. Sono sicura che, al di là del cielo, mi stai già rispondendo”.
D’un tratto, mentre ancora fuochi colorati stendevano un prato di fiori nel firmamento e incendiavano la notte, la ragazza sentì la propria mano fremere. Sussultò e si destò dalla sua preghiera.
Girò il viso verso il letto e provò la sensazione che quelle centinaia di esplosioni si fossero riversate nel suo petto.
Perché Andrea la stava guardando, e nei suoi occhi splendeva un amore che Amanda non aveva mai nemmeno osato sognare.
   
 
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