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Autore: Pandora86    14/12/2015    7 recensioni
Spoiler quinta stagione.
Artù e Merlino. Il re e il mago. Due facce della stessa medaglia.
Due anime legate da un filo indissolubile che finisce, inevitabilmente, per spezzarsi in ogni tempo e in ogni luogo.
Ma forse, era finalmente giunto il tempo in cui le due facce della medaglia avrebbero potuto riunirsi, portando a termine il proprio destino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio, Nel futuro
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Ecco il nuovo capitolo.
Come sempre, grazie per le bellissime recensioni.
Grazie anche a chi continua a inserire la storia tra le preferite le seguite e le ricordate.
E, ovviamente, grazie anche a tutti i lettori silenziosi.
Ci vediamo a fine capitolo per le note.
Per adesso, buona lettura.
 
 
 
Capitolo 68. Fiducia
 

“Sarà una serata molto lunga e quello che ci apprestiamo a fare potrebbe sfinirti” esordì Gabriel. “Sicuro di non voler rimandare?” chiese mostrando un’anomala preoccupazione.

“Sicuro!” rispose Perce senza esitazioni.

“Non sto scherzando. Il tuo corpo, seppur molto forte, potrebbe non reggere” lo ammonì Gabriel. “Inoltre, la serata è stata ricca di emozioni e di avvenimenti. Probabilmente, dopo una notte di riposo, riuscirai ad avere maggiore lucidità”.

“So che non stai scherzando e non sto sottovalutando le tue parole” ci tenne a specificare Perce, “ma voglio andare in fondo a questa storia, qualunque esso sia” dichiarò deciso.

Gabriel sorrise e a Perce sembrò di scorgere un alone di tristezza in quel sorriso, senza riuscire però a spiegarsene il motivo.

“Sei così ansioso di liberarti di me, da voler affrontare qualcosa che potrebbe ridurre il tuo corpo allo stremo, anziché aspettare condizioni più favorevoli” disse allora Gabriel con tono duro e sguardo severo.

“Bene!” e si alzò in piedi togliendosi la sciarpa con gesto rabbioso. “Sappi però, che la scelta è tua e tua soltanto”.

Perce lo guardò sorpreso, riuscendo a cogliere, in mezzo a tutti quei giri di parole, una verità che, fino a quel momento, gli era sfuggita.

“Aspetta” disse alzandosi in piedi a sua volta, “era per questo che ti stavi scusando, prima?” chiese con un’urgenza tale nella voce da far credere di avere un bisogno vitale della risposta che ne sarebbe venuta.

E, a conti fatti, era proprio così.

“Ti stavi scusando perché dovevo sopportare la tua presenza o cazzate simili?” disse ancora alzando il tono della voce.

“Sorvolando sul tuo linguaggio del tutto fuori luogo” esordì Gabriel con tono più freddo del ghiaccio, “volevo semplicemente farti una cortesia e mostrare buona educazione per rendere la nostra collaborazione più sopportabile a entrambi” concluse.

Perce sbuffò sentendo, contemporaneamente, la voglia di ridere e piangere.

“Hai fatto un giro di parole immenso, semplicemente per dire sì?” domandò ridendo. “E comunque” continuò non dando modo all’altro di rispondere, “hai frainteso!” e sorrise.

“Non potrei mai non sopportare la tua presenza” aggiunse fissandolo intensamente, “o devo ripeterti quello che ti ho detto qualche minuto fa?” e sorrise ancora.

Gabriel lo guardò dubbioso.

L’argomento non era attinente a quello che si apprestavano a fare eppure sentiva, dentro di sé, di aver bisogno di un chiarimento.

Sentiva, dentro di sé, di dover capire fino in fondo quello che l’uomo dinanzi a sé affermava.
Non voleva equivoci, tra loro.

Per la prima volta, nella sua lunghissima vita, desiderò che non ci fossero muri tra lui e un altro essere vivente.

Quell’uomo, dalla mente così semplice rispetto alla sua, era la sua incognita.

Mi getterei nel fuoco, per te!

Queste erano state le parole di pochi attimi prima. Queste erano state le parole su cui Gabriel aveva preferito non soffermarsi ma che ora ritornavano prepotenti nella sua testa.

Sì, dovevano affrontare il problema del rubino ma, al momento, non gli interessava nulla della pietra.

Stava lentamente abbandonando la visione oggettiva delle cose, per preferire quella soggettiva.

Parlare del rubino era fondamentale per tutti loro. Parlare degli equivoci tra lui e Perce era fondamentale per lui. Tuttavia, voleva andare a fondo della faccenda. Una volta tanto, voleva essere come Kyle che assecondava solo quello che lo faceva stare bene. E, in quel momento, quello che lo faceva stare bene era lo sguardo di Perce posato su di lui. Uno sguardo non carico d’odio, come si era aspettato, ma carico di sentimento.

Gabriel si sentiva schiacciato da quello che sentiva ma, ancor di più, si sentiva schiacciato dal sentimento che il piccolo uomo dinanzi a lui provava.

Era un sentimento totalizzante e immenso. Era un sentimento devastante perché, se non ricambiato o assecondato, distruggeva senza scampo colui che lo provava.

Anche Gabriel si sentiva così. Si sentiva piccolo. Si sentiva uomo.

“Credevo...” parlò con voce incerta per poi interrompersi subito dopo.

Come organizzare un discorso non programmato? Come parlare di sentimenti?

Come poteva riuscirci lui, soprattutto? Lui che analizzava e schematizzava tutto. Lui, che veniva da un mondo dove l’essere era individuo completo e singolo. Un mondo dove i sentimenti erano freddi e logici.

Cos’erano, invece, i sentimenti per gli esseri umani?

Gabriel aveva sempre deriso questo stato umano, anche dopo la sua trasformazione molecolare.

Lui, che veniva da un mondo dove non c’era dolore fisico, derideva il dolore mentale delle persone.

Come si poteva provare dolore, quando non si era feriti fisicamente? Era sempre stata questa la sua domanda.

Lui, che aveva provato a porre rimedio alle piaghe fisiche dei loro corpi, divenendo un medico.

Lui, che si era preoccupato solo del dolore del corpo, non pensando a null’altro, e che ora si trovava a dover ad affrontare lo stesso dolore che aveva sempre deriso, perché lo trovava illogico e inconcepibile.

“Credevo che, visto il modo in cui è andato uno dei nostri ultimi dialoghi, tu provassi disprezzo nei miei confronti”.

Lo disse, così come lo pensava.

Lo affermò, usando le prime parole che gli venivano in mente, senza programmi o costruzioni.

Perché, forse, quello era l’unico modo per affrontare e capire i sentimenti umani.

Perce sorrise.

“Anche volendo, non riuscirei mai a odiarti” sussurrò, guardando il Guardiano con tenerezza.

Come gli sembrava fragile in quel momento, alle prese con problemi di normale routine per tutti gli esseri umani ma sconosciuti a lui.

Gabriel si sedette, poggiando la fronte sulle mani giunte.  Perce lo raggiunse, sedendosi a terra, accanto a lui.

“So che dobbiamo fare cose importanti, anche se non ci ho capito molto” scherzò, per spezzare la tensione.

“Però” continuò, “vorrei che tra noi non ci fossero incomprensioni”.

Gabriel lo guardò.

“Nemmeno io!” affermò a voce bassissima.

“Il problema è che non so come fare” ammise.

“Mi dispiace averti creato disagio” venne in suo soccorso Perce, “però, una cosa, forse, l’ho capita”.

“Quale?” chiese Gabriel guardandolo attentamente.

“Beh” scrollò le spalle Perce, “se sei così in difficoltà” e si interruppe cercando le parole adatte per non urtare la sottile suscettibilità del Guardiano, “allora le mie parole non ti hanno lasciato indifferente” concluse, non sapendo nemmeno lui da dove stesse prendendo il coraggio per parlare così apertamente con Gabriel.

Tuttavia, sentiva di aver ragione. Il Guardiano era in evidente difficoltà, la stessa difficoltà di
chi si trova a dover affrontare una cosa complicata per la prima volta.

Aveva più di mille anni, e una conoscenza quasi illimitata, ma era totalmente all’oscuro di cosa significava provare dei sentimenti e vivere delle emozioni.

Sentì Gabriel sospirare pesantemente e non aggiunse altro. Non gli sembrò un sospiro infastidito quanto piuttosto un sospiro riflessivo.

Sorrise, notando come stesse, poco a poco, e anche contro il volere del Guardiano stesso, imparando a conoscere gli umori di Gabriel dalle più piccole cose.

“Arrivati a questo punto” parlò Gabriel con alterigia, “suppongo che negare non serva a nulla”.

Perce, a quelle parole, sentì il cuore accelerare pericolosamente i battiti. Tuttavia, si ritrovò a costatare che, anche in occasioni come quelle, Gabriel non perdeva la sua eleganza e la sua fredda compostezza.

Inoltre, sentì il coraggio crescere. Ritornò indietro con la memoria, alla prima volta che lo aveva conosciuto, alla prima volta che aveva posato il suo sguardo su di lui.

Troppo intensa era stata la sensazione, quando aveva incontrato i suoi occhi per la prima volta.

Come se un fiume lo avesse investito in pieno, questo gli era sembrato di provare.

Lo aveva guardato di nascosto, andando al locale in cui lavorava più volte del necessario, sentendo un’attrazione inspiegabile e, a tratti, anche dolorosa.

Ricordava, in quel periodo, di aver provato, in alcune occasioni, un malessere quasi fisico nell’allontanarsi da Gabriel, anche se non conosceva nemmeno il suo nome. Il solo pensiero che riuscisse a farlo stare meglio, in quei momenti, era la prospettiva di ritornare al locale.

Era stato, ed era tuttora, tutto troppo intenso per essere unilaterale. Anche nel loro scontro verbale, anche nella pungente cattiveria di Gabriel, nella sua perfidia immotivata, c’era stata troppa intensità.

Gabriel non voleva semplicemente metterlo a tacere; Gabriel voleva scappare da lui. Voleva che Perce lo odiasse, non riuscendo a spiegarsi quello che sentiva. Per questo ora era così spiazzato; pensava che il suo piano fosse andato a buon fine. Gabriel lo aveva volutamente ferito per proteggere se stesso.

Gabriel si era accanito immotivatamente, cercando di soffocare così quello che provava.

Per questo, Perce era arrivato a quella conclusione. Conclusione che il Guardiano non riusciva a spiegarsi proprio perché non aveva mai vissuto come un essere umano.

Sì, ora Perce lo capiva: anche lui aveva molto da insegnare a Gabriel e stava a lui, adesso, prendere in mano le redini della situazione.

“Hai ragione” disse e Gabriel lo guardò interrogativo.

“Sono troppo stanco per fare qualsiasi cosa dovessimo fare” e Gabriel annuì piano.

“Voglio fare una cosa soltanto” affermò sicuro.

“Cosa?” chiese Gabriel con sospetto.

“Parlare di noi” dichiarò deciso, assecondando il suo istinto e andando a stringere la mano dell’altro in un gesto rassicurante e protettivo.

Gesto al quale Gabriel non si scansò.

“Vuoi una dichiarazione scritta, cavaliere?” sbottò Gabriel non scostando però la mano e Perce rise di gusto, di fronte al tono indignato dell’altro.

“Assolutamente no!” rispose fra le risate. “Voglio semplicemente che tu non fugga più” aggiunse, “da me” sussurrò fissandolo intensamente.

“Voglio che tu ti faccia guidare in un ambito dove io posso darti le risposte” continuò, “Voglio che tu ti fidi di me!”.

“Mi fido” disse semplicemente Gabriel e Perce sorrise.

“Rimani con me, stanotte” disse. “Rimani con me, per tutte le notti e i giorni a venire”.

Gabriel non rispose.

Cosa dire in una situazione così importante? Cosa affermare, dopo una richiesta così intensa?

Fu per questo che non parlò ma fece in modo che i gesti parlassero al suo posto.

Non poteva essere un caso quello che provava. Non poteva essere un caso nemmeno la nascita del rubino, di cui lui conosceva la natura ma della quale Perce ne era ancora totalmente ignaro.

Eppure, nonostante queste pecche, il cavaliere sembrava aver visto più lontano di lui, riuscendo a capire cosa provava, arrivando da solo alla soluzione che il sentimento nato nel suo cuore non potesse essere casuale ma, soprattutto, non potesse essere unilaterale.

A conti fatti, la sua natura di essere umano gli aveva permesso di vedere oltre, mettendo in luce le pecche di una mente sottoposta agli stretti limiti del mondo dei Guardiani.

Quindi, decise di assecondare quello che il fato aveva in serbo per lui. Decise di assecondare questo destino che aveva giocato con tutti, mettendoli dinanzi a risultati inaccettabili eppure indispensabili.

Perché Gabriel aveva compreso la vera natura del rubino. Tuttavia, decise che ci sarebbe stato tempo per le spiegazioni.

Lo stesso Perce aveva affermato di voler rimandare il loro viaggio.

Decise semplicemente di assecondare il suo istinto e intrecciò le sue dita con quelle del cavaliere.

Decise, per la prima volta, di lasciarsi guidare. Decise, per la prima volta, di comportarsi come un essere umano.

Perce allargò il sorriso e poggiò delicatamente le labbra sulla mano che stringeva.

Finalmente, tutto quello che aveva sempre sognato, stava avvenendo. Finalmente, Gabriel era lì, con lui, e non sarebbe più andato da nessuna parte. Fu per questo che decise di non affrettare le cose.

Tutta la disperazione che aveva provato durante la loro lite sembrava svanita. Tanta era stata la disperazione e tanta era la felicità che provava in quel momento. Ancora una volta, i due sentimenti si confrontavano nei loro massimi opposti. Perché, evidentemente, a loro non era concesso provare una cosa a metà. La si provava in tutta la sua intensità, bella o brutta che fosse.

“È stata una giornata stancante per entrambi” disse Perce lentamente. “Andiamo a dormire?” propose, con un sorriso puro e innocente.

Un sorriso che non nascondeva null’altro se non il desiderio di non volersi separare più dal Guardiano. Perché Perce aveva bisogno di Gabriel e della sua presenza; aveva bisogno di respirare la sua stessa aria e di condividere la sua stessa stanza per stare bene.

Aveva bisogno di Gabriel e di tutte le sfaccettature che risiedevano in questo stesso bisogno.

Anche Gabriel sorrise e Perce costatò che non che non esisteva niente di più bello delle labbra sorridenti del Guardiano incorniciate nel suo volto perfetto.

“Andiamo!” disse semplicemente e Perce annuì.

Il tragitto verso la camera da letto fu lento e silenzioso. Le mani ancora intrecciate, come a sigillare un’unione che non si sarebbe più sciolta. Una promessa che non sarebbe mai stata infranta.

Un’eternità che li avrebbe visti insieme, nonostante uno di loro ancora non lo sapesse.

Un’eternità che avrebbe visto unione anziché separazione.

Il rubino accantonato in un angolo della mente di entrambi eppure, al contempo, più vitale e forte che mai.

Una nuova essenza che si riuniva dopo secoli di attesa.

Perce non riuscì a fare a meno di contemplare Gabriel a torso nudo che, regale come non mai, si stendeva al suo fianco. Tuttavia, nonostante l’alterigia insita nei modi di fare del Guardiano, niente nello sguardo e nei gesti di Gabriel richiamava alla freddezza.

Lo sguardo del Guardiano era intenso e carico di passione per il momento di intimità che stava vivendo, così banale per gli altri ma così speciale per lui.

Perché Perce fu certo, in quel momento, che Gabriel non aveva mai permesso a nessuno di dormire accanto a lui.

Non aveva mai permesso a nessuno di accarezzare la sua schiena e di farsi contemplare in tutta la sua bellezza.

In quel momento, Perce capì uno dei tanti significati della pietra che Gabriel indossava: passione.

Passione sfrenata che il Guardiano metteva nei compiti in cui si impegnava. Passione sfrenata e ambizione cieca che gli faceva assaporare ogni momento che viveva.

Perché per Gabriel, questa, era una cosa nuova. E lo era anche per Perce, in effetti.

Quella sera, Perce non sentì il bisogno di spingersi oltre; quello che aveva, gli bastava, forse per una vita intera.

Vide Gabriel chiudere gli occhi, probabilmente rilassato dal tocco della sua mano sulla schiena e sorrise.

Si perse un lungo istante a contemplare quella pelle pallida, prima di posare un bacio leggero sulle scapole e poggiare la testa accanto a quella dell’altro.

Poteva sentire l’odore dello shampoo di Gabriel e questo profumo ebbe il potere di rilassarlo.

Cinse con possessività la vita dell’altro poggiando la mano sul suo fianco, dopo aver coperto entrambi.

Gabriel era molto freddoloso ma, per fortuna, ci avrebbe pensato lui a riscaldare entrambi.

Sentì il respiro di Gabriel farsi più pesante e gioì dentro di sé, avendo la certezza che Gabriel, dopo tanto tempo, riposava sereno.

Una delle menti più brillanti, uno dei Guardiani più potenti, riposava sereno fra le sue braccia e
Perce promise a se stesso che lo avrebbe protetto.

Forse, per questo era ritornato.

Forse, era per questo che era diventato un cavaliere.

Il suo compito era proteggere, sempre e comunque.

E lui avrebbe protetto Gabriel e tutto quello che rappresentava.

Ci sarebbe stato tempo per le domande. Ci sarebbe stato tempo per i perché.

Quello che contava, in quel momento, erano le anime che, per uno strano gioco del destino, non avevano mai potuto incontrarsi.

Le energie complementari che, per un crudele scherzo del fato, erano nate in mondi completamente opposti e paralleli fra loro.

Energie che avevano sfidato il tempo e anime che, alla fine, erano riuscite a ricongiungersi.

Dimenticato sul tavolino del salotto, il rubino rosso brillò di luce propria ritornando, finalmente, al suo nucleo originario.

Il rubino rosso a forma di cuore unì il suo potere a quello del suo padrone: il rubino rosso che risiedeva al dito di Gabriel.

A chilometri di distanza, in un oggetto più antico del mondo, un’altra crepa si rinsaldò.
 

Continua…
 
Note:

Non ho molto da dire; in questo capitolo il rapporto fra Perce e Gabriel ha una svolta decisiva.

Affronto i pensieri di Gabriel in maniera analitica mentre tratto quelli di Perce in maniera più grossolana, proprio per evidenziare la differenza di pensiero tra umani e guardiani.

Spero di aver fatto un buon lavoro e che anche questo capitolo vi sia piaciuto.

Nel prossimo, andremo a villa Badelt!

Come sempre, attendo ansiosa i vostri commenti!

Nel frattempo, ringrazio chi è giunto fin qui.

Alla prossima,

Pandora86.
 
  
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