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Autore: MuchLoveNoah    15/12/2015    1 recensioni
Noah Regan si trasferisce all'estero per portare avanti i suoi studi. Incontrerà quattro ragazzi un pò strani, ma tutto sommato simpatici, durante il suo soggiorno. Non può immaginare a cosa la porterà questo incontro.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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#Capitolo 13

 
Sentivo le urla, i pianti, la disperazione; ero ancora in quel corridoio di quel maledetto ospedale.
Mi mancava il respiro, sudavo e ansimavo sempre di più. Era terribile, non ero più in grado di ragionare e la vista mi si offuscava.
E poi finì tutto.
Era stato solo l’ennesimo incubo. Il medesimo, tremendo incubo che mi perseguitava da ormai quattro mesi.
Pensavo che andare via da Boston mi avrebbe aiutato,  che mi avrebbe resa più leggera: ma evidentemente non era così. Prendere il primo volo per andarmene dall’America, trovare un nuovo posto in cui stare, altro continente; nuova città, scuola e vita: pensavo funzionasse, e invece il mio piano si era rivelato un grande buco nell’acqua.
Quella fredda sera di inizio anno la ricordavo ancora come molto strana e frammentaria, avevo fatto le cose senza pensarci troppo, andando a naso, e questo non era da me. Avevo deciso che dovevo andarmene, perché era la cosa migliore. Londra era la migliore alternativa in cui potessi continuare gli studi, così mi preoccupai di prendere il primo volo per raggiungerla e trovare una scuola che potessi frequentare senza perdere l’anno. Contro ogni aspettativa, ce l’avevo fatta. La mia nuova scuola aveva tutto ciò di cui c’era bisogno, vivevo in un piccolo appartamento.
Avevo lasciato i ragazzi con un biglietto scritto di fretta, mi scusavo e spiegavo come la mia assenza fosse la cose migliore per tutti. Li pregavo di non cercarmi, da nessuna parte, e dovevo dire che avevano rispettato le mie scelte. Certo, trovarmi era davvero difficile: avevo disattivato facebook, instagram e i vari social; avevo cambiato numero e in giro mi facevo chiamare con il mio secondo nome “Leigh”.
Ai miei avevo detto che volevo solo cambiare aria, e che desideravo tornare in Europa per portare avanti gli studi ma essere comunque più vicina a loro. Non pensavo se la fossero bevuta, ma non mi avevano mai fatto domande dunque andava bene così.
Mi alzai dal letto, andai davanti alla finestra appena socchiusa che mi permetteva di vedere la città illuminata da un sole pallido, sentivo l’aria ancora fresca sulla pelle. Stavo bene, era tutto passato.
E invece non era così, non stavo bene e non ricordavo di essere stata mai tanto afflitta dal mio passato.
Avevo cercato di evitare il nome di Brad in ogni maniera, evitare di scoprire come stesse. Ma ora non potevo più.
Dovevo cercare la sua famiglia, che viveva a Londra, e scoprire qualcosa di più. Certo, non sapevo come. Mi misi al computer per cercare ogni recapito, ogni cosa che potesse portare a loro, e dopo un’ora di ricerca trovai il nome della via, nella periferia di Londra.
Mi vestii velocemente; indossai un cardigan nero, una canotta bianca e dei jeans strappati e presi distrattamente le chiavi della macchina. Non sapevo cosa avrei fatto, come avrei spiegato la mia sola presenza, ma sapevo che dovevo andare. Cominciavo a stupirmi di quanto impulsiva fossi diventata.
Dopo qualche minuto di viaggio, giunsi finalmente davanti alla casa di Brad. Era piccolina ed in tipico stile londinese. Dopo aver squadrato l’abitazione mi fiondai davanti alla porta d’ingresso, e suonai il campanello senza troppi indugi.
Una donna sulla quarantina, dai capelli biondi ma dagli stessi occhi marroni di Brad, mi aprì la porta.
-“Buongiorno”- disse lei
-“Salve”- risposi in tono incerto. Ci fu del silenzio.
-“Con chi ho il piacere di parlare?”- disse la donna perplessa
-“Sono Leigh”- dissi, tendendole la mano che con il suo tremore non mi aiutò a mascherare il nervosismo. Nel panico non seppi dire altro, riportando il tutto ad un tremendo silenzio.
-“E cosa posso fare per lei, Leigh?”- chiese lei dubbiosa. Sentii uno strano calore nel mio corpo, lo stesso che sale quando si è ad un vicolo cieco, senza via di scampo, mentre la mia mente viaggiava velocemente senza permettermi di distinguere i pensieri.
-“Sono venuta per un’intervista”- mi lasciai scivolare, non so nemmeno come –“per suo figlio Brad, membro dei ‘The Vamps’… è lei sua madre?”- continuai. La donna mi squadrò da capo a piedi, forse pensando che una giornalista non avrebbe indossato mai dei jeans strappati, o forse che Leigh era un nome strano, o forse che ero l’ennesima disturbatrice a cui sbattere la porta in faccia.
-“E’ strano, di solito non vengono mai da me per delle interviste su mio figlio”- disse perplessa, aprendomi la porta e facendomi cenno di seguirla nella sua casa. Mi fece accomodare su un divano di pelle, e si sedé davanti a me –“Non è così famoso”- disse poi con un sorriso, che mi fece sentire meglio.
-“In realtà sono venuta principalmente per aggiornarmi sulle sue condizioni di salute dopo l’incidente”- lei mi guardò con un’espressione vuota, e questo mi preoccupò –“ci sembrava invadente intervistare Brad in una situazione così delicata”- dissi, ora con un tono più incerto.
Silenzio.
Poi la donna sospirò.
-“Brad è in riabilitazione”- ringraziavo Dio di non saper dimostrare le mie emozioni.
-“Oh…”- dissi, presa in contropiede.
-“Sta facendo della fisioterapia, ma i risultati sono buoni”- disse con tono tranquillo.
-“Rischiava delle gravi complicazioni, mi sbaglio?”- chiesi, ancora su di giri.
-“Sì, i medici sono rimasti a bocca aperta nel vederlo risvegliarsi in piena consapevolezza”
-“E come è stato possibile?”- chiesi d’impulso. La donna tacque ed io temei di essere apparsa troppo invadente, e poco “professionale”.
-“Non saprei, penso che qualcuno lo abbia protetto”- disse, voltandosi  leggermente verso un tavolino dietro alle sue spalle, su cui era stata poggiata una foto di Brad, sulle spalle di suo fratello Alex.
Quell’immagine mi commosse particolarmente, immaginavo a stento il dolore che quella donna aveva provato, e provai un estremo senso di colpa nel pensare che in parte ne ero stata io la causa.
-“Se sapesse chi è stato la causa dell’incidente di suo figlio, chi o cosa lo ha distratto, lei… lei come reagirebbe?”- dissi con voce tremante. La donna mantenne il suo sguardo nel vuoto, e scosse leggermente il capo.
-“Io… io ho solo capito che certe cose succedono e basta. A volte le situazioni sono bloccate, e in qualche modo serve un aiuto per smuoverle, a volte più violento altre meno”- sembrava immersa nei suoi pensieri- “Quando Alex è morto ho capito che se fosse rimasto in vita io e mio marito probabilmente ci saremmo separati e Brad avrebbe avuto un’altra vita. Seppur nel male, io e mio marito ci siamo riconciliati per farci forza e darne a Brad. Era così che doveva andare forse”- parlava a ruota libera, senza pensare che teoricamente non sapevo chi fosse Alex, senza pensare che stava raccontando a me, una completa sconosciuta, dei fatti estremamente personali.
La nostra conversazione si concluse poco dopo, mi lasciò addosso una sensazione che a stento sapevo descrivere, dolce-amaro. Brad stava bene, in ripresa. Era un bene, no? Era quello che avevo desiderato. Eppure mi sentivo così terribilmente in sospeso, nel pensare che dopo quattro mesi ero lì, impotente di fronte alla mia situazione, pensando che se Brad non fosse più stato parte della mia vita forse sarei stata meglio, che avrei smesso di sentirmi sempre così. E subito dopo mi vergognai di quei pensieri, pensando a quanto egoista riuscissi ad essere, a volte.
Tornai nel mio appartamento, con la testa pesante. Cucinai distrattamente un piatto di pollo e riso, e mi sedei al tavolo pronta a mangiare. Improvvisamente squillò il mio cellulare, non riconobbi il numero ma decisi di rispondere ugualmente.
-“Pronto?”-
-“Ciao Noah” – il mio respiro si bloccò –“sono Tris”- disse
-“Ciao”- tentai di mantenere un tono quanto più normale possibile
-“… come va?”- chiese dopo una breve pausa
-“ bene”- dissi in tono vago- “ e come va…lì?”-
-“… bene”- disse Tris dopo un sospiro, e con tono triste -“so che non volevi essere contattata, ma avevo bisogno di sapere che stai bene”- disse.
Quelle sue parole mi spezzarono il cuore, ma trattenni le lacrime.
-“Sì… sì, sto bene”- dissi con voce tremante. Ci fu una pausa di silenzio, sentivo l’affanno di Tris.
-“Ti prego, torna a casa”-
 
 


-Solito angolo-
 
Holaa
Mi spiace di avervi fatto aspettare più di un mese per questo capitolo, spero la vostra attesa sia stata ben ripagata. Sono stata impegnata con molte cose, e anche se non sono ancora del tutto libera comincio a vedere un po’ di luce aka à si avvicinano le vacanze di Natale. Penso e spero il prossimo capitolo arriverà a breve, tenterò il possibile, perché le novità non sono del tutto finite e (come qualcuna aspettava),
Noah ritorna dai ragazzi c:
Fatemi sapere cosa pensate del capitolo, il prossimo verrà caricato al più presto come al solito
quando e se ci saranno recensioni. Per ora credo sia tutto
A presto!

  
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