Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Ecila2000    16/12/2015    2 recensioni
-Allora è vero- esclamò lei continuando a osservare il giovane uomo.
Era alto, slanciato e il suo aspetto era assolutamente affascinante.
Completamente in nero e con un paio di guanti bianchi, Sebastian Michaelis guardava col cipiglio alzato la giovane donna che se ne stava tranquilla a sette metri da terra sul ramo di un albero.
-Non capisco Milady, di cosa parlate?- chiese il mero maggiordomo, senza muoversi di un millimetro e mantenendo un sorriso cordiale.
-Che Ciel Phantomhive ha stretto un patto con lei, signor Michaelis, un demone-corvo- disse malignamente la bionda.
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Quanti di voi hanno visto finire la seconda stagione e hanno sentito l'amaro in bocca per la triste fine che fa Sebastian? Fregato dalla propria preda, che misera fine per un demone-corvo.
Ebbene, questa fanfiction da un po' di svolte in più alla storia che molti amano.
Se vi ho incuriositi, buona lettura!
Genere: Azione, Sovrannaturale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un nuovo nome



Fu un lieve bussare a svegliare la ragazza, ma questa si finse ancora addormentata per usufruire della morbidezza del materasso e per non abbandonare il bellissimo sogno da cui, purtroppo, era stata trascinata via con violenza.
Aveva sognato di volare sopra le nuvole in braccio ad un uomo bellissimo dalle ali nere.
E lei era felice, sembrava così vero…
La porta si aprì e la testa di Sebastian Michaelis fece capolino dentro la stanza, vedendo che la loro giovane ospite era ancora assopita.
O almeno lui credeva così.
Alla giovane veniva facile simulare il sonno, forse una dote naturale, forse no.
Il mero maggiordomo si avvicinò alla figura che scompostamente stava sdraiata sotto le lenzuola blu zaffiro e la scoprì con delicatezza.
Ella indossava una camicia da notte che, durante il suo stato di incoscienza, si era alzata, rivelando la pancia piatta e gli slip di pizzo nero.
Sebastian sentì dentro di sé un qualcosa smuoversi, ma non si scompose, anzi, con maggiore decisione iniziò a srotolare le bende sporche di sangue.
Chissà che sapore aveva il sangue di quella fanciulla…
Ma subito si riprese e continuò il suo lavoro.
Reputò strano che la ragazza non si fosse ancora svegliata, eppure non le sembrava una donna dal sonno pesante.
Volle testare questo suo particolare, tanto che fece scorrere una mano sulla sua guancia per poi iniziare a scendere.
Passò in mezzo ai seni prosperosi di lei, da sopra la stoffa, senza che quest'ultima desse segno di svegliarsi e continuò a scendere con delicatezza, fino ad arrivare al pizzo scuro, ma quando fu sul punto di alzarlo una voce lo bloccò:
«Attento a quel che fai, demone. Ti potresti ritrovare senza una mano» e finalmente aprì i suoi occhioni azzurri.
«Chiedo venia milady» disse l'uomo con un sorriso malizioso sulle labbra sottili.
Allontanò velocemente la mano ritornando sulla ferita e continuando a stringere le bende.
Lei non si lamentò e voltandosi notò che quel giorno il sole spiccava tra le nuvole, rendendo la giornata luminosa e leggera.
«Quanto ho dormito?» chiese la ragazza guardando sempre il cielo.
«Un giorno intero. Per tutto quel tempo non l'abbiamo disturbata, stia tranquilla» affermò il maggiordomo vedendo lo sguardo sorpreso della bionda che si posava su di lui «Il medico ci aveva detto di lasciarla riposare e così abbiamo fatto. La ferita era molto profonda e ha la mano rotta. Direi che per lei è sconsigliabile schiaffeggiarmi» disse allegro il demone.
Si era quasi dimenticata della mano rotta che d'istinto strinse provocandosi stilettate di acuto dolore per tutto il braccio.
Strozzò un gemito in gola prima che il demone potesse accorgersi della scemenza che aveva fatto e, per fortuna, sembrò non notarlo.
Quando finì di curare la ferita della ragazza fece scivolare la leggera camicia da notte lungo il ventre piatto della ragazza e le rimboccò le corperte fino al seno.
«Le ho anche portato la colazione Milady, stamattina abbiamo salmone in camicia e insalata alla menta.
Per accompagnarli, abbiamo toast, focacce o pain de campagne, cosa preferisce?»
«Mi spiace molto Sebastian, ma non ho molto appetito, mi basta solo una tazza di tè» ammise dispiaciuta la ragazza, per aver fatto lavorare inutilmente il cuoco.
«Milady, sarà certamente debole e ha bisogno di zuccheri.
Inoltre, il medico ci ha imposto di darle da mangiare regolarmente e di mantenerla a riposo» rispose il demone sorridendo.
«Ah… D'accordo, allora una focaccia» disse infine la bionda cercando di appoggiarsi alla spalliera del letto.
«Ciel è in casa?» chiese poi la ragazza prendendo un sorso di thè dalla tazzina offertale dal mero maggiordomo.
«In questo momento sta riposando, ieri è stata una giornata non molto piacevole per tutti e una pausa non fa male a nessuno, siete d'accordo Milady?»
«Si, ovviamente. Vedere i suoi genitori in quello stato dev'essere stato un duro colpo per lui» assentì lei pensierosa.
Sebastian sussultò sommensamente, per poi continuare il suo lavoro come se niente fosse.
«Se posso chiedere, vi è già arrivata la lettera da parte della regina su quei casi di sparizione di bambini?» domandò tranquillamente la giovane, assaporando un altro sorso della bevanda dolce e dal colore dorato contenuto nella tazzina bianca.
Per il demone fu un altro colpo basso e si sorprese di sentirsi preso in contropiede, seppur per poco, da un essere umano.
«Si, milady, la lettera è già arrivata e presto il mio signorino partirà per risolvere questo caso» affermò lui non riuscendo più a mentire.
«Molto bene. Le chiederei la cortesia di venirmi a chiamare appena il suo signorino sarà disposto a ricevermi. Fino ad allora non ho bisogno di nient'altro, se non di una cameriera che mi aiuti nel cambio d'abito, le spiacerebbe andarla a chiamare? Non sono sicura di riuscire a vestirmi senza un aiuto» concluse lei con un sorriso e guardando nella direzione del maggiordomo.
Anche lui sorrise e inchinandosi disse: «Yes, my lady» per poi uscire dalla stanza e andare a chiamare Mey Rin.
La trovò impegnata a tentare di lucidare l'argenteria strofinandoli con uno straccio unto e sporco, cosa che lo fece sospirare contrariato.
«Mey, potresti cortesemente andare ad assistere la nostra ospite? Si dovrebbe cambiare, trovale un abito comodo in mezzo a quelli nell'armadio della sua stanza e un paio di calzature comode»
«D'accordo!» esclamò la cameriera per poi avviarsi verso la porta scontrando un carrellino con dei bicchieri di cristallo che, senza l'intervento Sebastian, si sarebbero infranti contro il pavimento di pietra.
La ragazza arrossì davanti alla propria goffaggine e poi scomparve oltre la porta di legno.
Intanto la giovane bionda si era faticosamente alzata dal letto e si era avvicinata alla finestra.
Non ricordava di aver visto il sole, certo, sapeva che quello che vedeva era una finestra, il parco di una magione, un albero eccetera, ma non ricordava di averne mai visti.
Associava le immagini a qualcosa a cui la sua mente aveva tolto la raffigurazione, come quando si mette una targa con il nome di un quadro davanti ad esso e poi viene tolta l'opera lasciando solo la piastra di ottone.
Era qualcosa che la faceva imbestialire.
L'unica cosa che ricordava era la storia della vita di Ciel Phantomhive e come unico indizio della sua era uno strano marchio stampato a fuoco che aveva sul seno sinistro di una sottospecie di spirale contornata da un cerchio.
Non ricordava neppure il suo nome.
Neanche sforzandosi le veniva in mente qualcosa, neppure una lettera di quello che poteva essere il punto di partenza per la ricerca del suo passato.
Sbuffò esasperata e poi si appoggiò la mano lesa in grembo, osservando come il gonfiore che all'inizio le aveva dato molto fastidio in quel momento fosse quasi del tutto sparito.
Appoggiò il viso al vetro della finestra e chiuse gli occhi.
Improvvisamente sentì un bussare alla porta, esclamò “Avanti” alzandosi subito dopo e avviandosi verso la porta, guidata dall'istinto.
Mey Rin inciampò sui propri piedi e finì tra le braccia della bionda che prontamente la raccolse.
«State bene?» chiese la ragazza alla cameriera che dopo poco si rialzò.
Allora toccò all'inserviente raccogliere l'altra perché ebbe un capogiro e per poco non finì per sbattere la testa contro il pavimento.
«Devo dire che tra noi due non so chi è messa meglio» affermò l'ospite a Mey, che arrossì e trattenne più che potè le risate che le stavano salendo in gola.
Doveva mantere un certo contegno, era lì per lavorare non per divertirsi.
Ma l'altra le sorrise, le disse:
«Ridi tranquillamente, non sono né una pomposa nobile né un'ospite snob, te lo garantisco» e subito entrambe scoppiarono in una grossa risata.
«Milady, io sono Mey Rin e sono la cameriera incaricata a servirla» disse infine la giovane quattrocchi quando entrambe furono in piedi e ebbero ripreso un certo contegno.
«Molto piacere Mey Rin, io sono… Beh, non lo so» affermò alla fine la bionda sorridendole affabilmente.
«Non si ricorda il suo nome, milady?» domandò sopresa l'altra, che intanto le passo un braccio intorno al busto e l'aiutò ad avvicinarsi al paravento.
«No, non ricordo nulla di me, ma spero di riuscire a ricordare presto qualcosa sul mio passato» ammise lei e si sedette su un grosso baule.
Mey si avvicinò all'armadio e iniziò a guardare vari vestiti, cercandone uno che, dal suo punto di vista, potesse essere adatto e comodo alla donna che l'aveva tanto colpita per modi e cortesia.
«Quale colore preferisce, milady?» chiese dopo averli guardati per un po'.
«Mi piacciono molto i colori scuri, come il blu notte e il nero, ma anche il rosso non mi dispiace»disse infine lei dopo averci pensato.
Con questo nuovo criterio la cameriera continuò la sua ricerca fino a trovarne un paio che potevano essere indossati senza corsetto e che non avevano la gonna troppo lunga: il primo era scarlatto, con una serie di fiocchi sul davanti e dalla gonna che arrivava a mezza gamba, mentre il secondo era nero, la gonna lunga come il primo, ma senza fronzoli vari e con un cappuccio di tessuto ricamato di pizzo.
«Preferisco quello nero, grazie» decise infine l'ospite e poi entrambe si ritirarono dietro il paravento.
Faticosamente misero le calze, visto che lei non si riusciva a tenersi in piedi per i capogiri, e ci volle un un po', ma alla fine, dopo una mezz'ora di tentativi e risatine da entrambe le parti la bionda si ritrovò scalza, ma vestita, seduta ancora sul baule.
Per le scarpe la cameriera scelse subito un paio di stivaletti stringati neri che le arrivavano sotto il ginocchio e quelli si premurò di allacciaglierli senza troppe cerimonie. Non sarebbero servite a nessuna delle due.
Mentre stringeva i lacci della seconda scarpa, Mey Rin prese coraggio e disse:
«Se pensa che non sia un gesto troppo irrispettoso da parte mia, le potrei dare io un nome» e subito abbassò di più lo sguardo, non avendo il coraggio di vedere la reazione della giovane.
Si aspettava qualcosa come un ceffone o degli insulti, invece le arrivò una dolce carezza su una guancia e un sorriso, accompagnato dalla dolce voce della ragazza che le diceva:
«Sarei molto felice se fossi tu a darmi un nome».
A quel punto calò il silenzio, interrotto solo dal rintoccare dell'orologio a pendolo vicino alle due.
Mey non sapeva davvero che nome scegliere: ne sapeva tanti, ma ne voleva uno regale e davvero particolare, un nome che fosse degno della donna che lo portava.
Le vennero in mente milioni di diverse opzioni, ma nessuna le sembrava abbastanza appropriata, e poi l'illuminazione, finalmente le venne in mente quello giusto e guardando la bionda le prese entrambe le mani e disse:
«Diana, il suo nome sarà Diana».

  
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