Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Vago    19/12/2015    3 recensioni
Libro Primo.
Dall'ultimo capitolo:
"Che schifo.
Dopo tanto tempo che passi con qualcuno ti ci finisci per affezionare.
Non so chi, tra di loro, mi mancherà di più.
Forse tutti, o forse nessuno. Prima o poi dimenticherò i loro nomi.
In fondo, mi sono divertito a seguirli.
Sai, la mia ironia non ha perso l’occasione di affiorare.
Ho visto cose incredibili. Draghi, fate, esseri fantastici… e poi la magia. Quant’è bella?
Peccato che, se mai uscirai da lì, non potrai vederla con i tuoi occhi…
Nel mio viaggio con quei cinque ragazzi ho visto cose veramente incredibili.
Questo nuovo mondo è pieno di sorprese. Sarebbe bello poterlo esplorare assieme a te… Come ai vecchi tempi…
[...]
Ho visto perfino le armi elementari all’opera ancora una volta.
Non mi è dispiaciuto fino in fondo questo lavoro… O forse sì.
Il finale è stato bello e, nonostante tutto, devo ammetterlo, perfino io mi sono commosso, ogni tanto.
Un ragazzo si è sacrificato per i suoi compagni. Forse c’è ancora qualcuno non corrotto, in fondo.
[...]
Incredibile.
Non ho mai visto cose di questo tipo in tutta la mia vita…
Aspetta un attimo, così potrai vedermi anche tu."
------------
Storia revisionata
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

  La mattina seguente, il ragazzo si sedette su una panchina a lato della piazza principale del paese.
A quell’ora non c’era molta gente, ma presto si sarebbe riempita di persone indaffarate, come sempre.
In quello stesso luogo sorgeva, mesi addietro, il prato in cui il Cambiamento lo aveva investito; erano però state apportate delle modifiche, ora quasi totalità del manto erboso era scomparso per rendere meno alti i costi di manutenzione, fatta eccezione per alcuni ciuffi sparsi che ancora resistevano tra le radici della quercia secolare che svettava nel mezzo della piazza attorniata da una selva di case ammassate le une alle altre.
Appena vide due uomini avvicinarsi, appoggiò la testa al muro della casa alle sue spalle e chiuse gli occhi, godendosi il tepore del sole sul viso.
Ascoltò distrattamente cosa stavano dicendo.
- Comunque, ti dicevo, in questa nuova stalla dovrebbero riuscire a starci otto mucche in più. Appena il tizio di Sein, il villaggio a Est da qui, quello che sta a mezza giornata di viaggio a piedi, non so se hai presente… vabbè, quando quell'uomo, a cui ho venduto gli ultimi due maiali tra l'altro, torna per il mangime, gli chiederò se conosce qualcuno da cui poterle comprare. Quello mi ha dato l’impressione di conoscere parecchia gente qui, nella pianura, sai, dal modo in cui mi parlava e si comportava…-  
- Io devo ancora aggiustare il granaio nuovo. Mio figlio ieri, mentre giocava, si è accorto di un buco grosso quanto il mio pugno nella parte bassa dell'edificio. Che gli Dei siano lodati, perché se non ce ne fossimo accorti in tempo rischiavo di perdere tutto il raccolto. Sai quanti topi ci sono che girano per questi campi?-  
Ardof si domandò come avesse fatto quella nuova religione nata dal nulla a prendere tanto piede. Da quello che aveva capito c’erano cinque Dei importanti e sette minori, i primi dotati addirittura di armi meravigliose, secondo i nuovi predicatori che giravano di villaggio in villaggio.
Il ragazzo non aveva indagato molto sull'argomento, non era mai stato un credente e di certo non lo sarebbe diventato ad opera di un Santone che dalle cime dei monti predicava religioni quasi fossero ricette di cucina.
“Che fine avrà fatto l’andazzo cittadino che c’era prima? – si chiese riaprendo le palpebre per una attimo – "Davvero sono bastati cinque mesi di lavoro contadino per far scordare a un uomo la vita che faceva prima? Posso scommettere qualunque cosa che quei due erano impiegati, prima, ne sono sicuro.” alzò le spalle e continuò ad ascoltare i due uomini che avevano abbassato il tono di voce per non essere sentiti. Probabilmente non avevano nemmeno notato la presenza di Ardof, o, se l'avevano fatto, probabilmente avevano anche pensato che stesse dormendo.
- Quella… quella lettera di cui avevamo parlato l’altra sera… avete già fatto tutto?-  
- Tranquillo, scritta e consegnata… quel caprone di Deric non sa neanche più leggere, è andato da Fein. Si, insomma, per farsela leggere… quel povero mugnaio non ha potuto dirgli di no… Sai che se Deric ti chiede qualcosa vuole averla… Per poco non scoppiava a ridere mentre gli leggeva le nostre righe, oltretutto lui non era con noi quando l’abbiamo scritta. Ho visto Deric uscire da casa sua con la coda fra le gambe… Vedrai come caleranno i prezzi!-
I due uomini si allontanarono troppo perché Ardof riuscisse ancora a seguire la loro conversazione, in compenso, un gruppo di comari vocianti si avvicinò al punto in cui stava il ragazzo.
Dalla direzione da cui provenivano le voci, il ragazzo poté presumere che le donne si stessero dirigendo al fiume...dopotutto, dove altro potevano andare, quelle, quella mattina?
Stavano parlando delle solite cose: i ferri per lavorare a maglia, di quanto i loro mariti sporcassero i vestiti e di quanto a lungo stavano fuori la sera.
Ardof sorrise ripensando alla conversazione dei due uomini prima.
Ecco cosa facevano la sera, i poeti.
Una di loro lo sorprese, interrompendo la ripetitività dei discorsi con un’osservazione su Deric. - Sapete, quel povero fabbro deve avere dei grossi problemi… l’ho visto oggi nella sua fucina, era teso e continuava a guardarsi intorno come un lupo in trappola. Neanche avesse visto un fantasma.-
Il povero – beh, povero mica tanto – fabbro sarebbe stato sulla bocca di tutto il paese per giorni, si disse il ragazzo.
- Cara Elva, – disse un’altra – povero fabbro per niente, proprio per niente. Non hai visto come tratta tutti gli altri uomini? E poi era teso perché… – e qui abbassò la voce – perché deve aver ricevuto delle minacce.-  
La notizia fu accolta con dei bisbigli che Ardof non riuscì a cogliere, che continuarono finché una non riprese le redini della conversazione.
- Si, Luisa ha ragione. La moglie del nostro mugnaio Fein, una mia cara amica, mi ha raccontato che ha sentito Deric chiedere a suo marito di leggergli una lettera. Il succo del discorso, in pratica, era che o abbassava i prezzi o si sarebbe ritrovato la fucina piena di letame per il resto della sua vita. Mi ha anche detto che non appena Deric ha lasciato casa loro, suo marito non ha smesso di ridere per tutta la mattina.-  
- Secondo voi, - disse una quarta donna, che Ardof non riuscì ad identificare – quel mugnaio centra qualcosa?-  
Le rispose Elva, la prima ad aver parlato, con un tono brusco. - Certo che c’entra qualcosa, cara Mina. Quel Fein deve sempre mettere il naso nelle cose che non lo riguardano. È in cerca di grane, ve lo dico io.-
- Comunque… – disse la terza donna ad aver parlato – chiunque sia stato deve essere benedetto. Deric se lo meritava. Stava cominciando ad alzare un po’ troppo la cresta, per i miei gusti.-
- Si... – convenne Luisa, la seconda ad aver parlato – in ogni caso è meglio se questa sera vada a fare una chiacchierata con mio marito appena torna da quella sua “bella stalla nuova” come la chiama lui. Non tratterebbe nessuno come tratta quella stalla, neanche suo figlio.-
Le altre quattro comari convennero con lei.
Ardof le sentì andar via.
Un uomo arrivò nella piazza correndo e urlando - Nerra! Nerra!-  
Una delle cinque donne di prima lo salutò. - Patrick, ciao. Tutto bene? Qualcosa non va?-  
- Per quanto bene possa andare oggi, sì. Deric mi ha pure abbassato il prezzo per le tronchesi…-
- Non parlarmi di Deric, per favore. In ogni luogo in cui vado sento parlare di lui e di quella lettera che ha ricevuto. Non è che tu, per caso, c'entri qualcosa in tutta questa storia?-  
- Io?! Ma no, figurati! Sai che non mi piace immischiarmi in certe faccende! Anche se…qualche volta potrei aver chiuso gli occhi per un po’, così da non vedere chi si era riunito a parlare nel mulino...-
Ardof si immaginò l’uomo biondo sorridere alla moglie.
- Ah, siete dei pazzi, voi! Comunque, ci sono novità?-  
- Sì, per questo ti volevo parlare. Ultimamente sono dovuto andare a portare del vino ad un mio amico, l'oste di Venear, il paese che sta a nord rispetto a noi...sai, quello dove è andata a vivere tua cugina. E, niente...ho incontrato Kesher, il girovago, abbiamo parlato un po' e lui mi ha detto che questa sera verrà da noi. Mi ha anticipato che ci sono grandi notizie in arrivo. Spargi un po’ la voce, per favore.-  
- Tranquillo, fidati di me. Ti ho mai deluso?-  
- No, e spero non lo farai ora.-  
- Vado a lavare queste e poi spiffererò la cosa ai quattro venti.-  
- Grazie e, mi raccomando, non dire a Deric di me, intesi?-  
- Intesi.-
Ardof sentì i due lasciare la piazza. Ne aveva abbastanza di ascoltare i pettegolezzi del paese, per giunta tutti uguali, riaprì gli occhi, si alzò in piedi e prese la via di casa. Dopotutto si stava avvicinando mezzogiorno ed il suo stomaco iniziava a reclamare il suo pasto.
Entrato nella fattoria trovò suo padre già intento a impastare una pagnotta.
- Ciao, tutto bene? Non pensavo di trovarti qui…-
- Si… ho fatto in fretta. Finalmente Deric si è deciso ad abbassare il prezzo. Te l’avevo detto che prima o poi succedeva qualcosa.-  gli rispose senza neanche alzare lo sguardo dall’impasto.
- Chissà perché me lo aspettavo… - borbottò a bassa voce, poi alzando il tono riprese – sai che si dice giù in paese?-  
- Che la moglie del calzolaio ha i ferri per fare la maglia più belli di Zadrow?-  
- Sì…ma a parte le solite cose, questa sera arriverà Kesher, hai presente quel saltimbanco che arriva tipo una volta al mese portando le notizie che raccoglie in giro? Ho sentito uno dire che ha delle novità importanti.-  
- Bene, allora questa sera usciremo un po’. Se tua madre non sta troppo male portiamo anche lei, che ne dici?-
- Certo, le farebbe bene svagarsi un po'.-

La sera si sedettero sulla stessa panchina che aveva ospitato Ardof quella mattina.
Il ragazzo si accomodò alla destra di suo padre, con sua madre che si sporgeva da un piccolo cestino appoggiato sulle sue gambe. Era pallida, ma cercava di non dare a vedere la sua debolezza tentando di stare in piedi, curva sotto il peso delle ali azzurre che si aprivano alle sue spalle.
In poco più di dieci minuti la piazza era già colma di gente accalcata intorno a un carro scoperto.
Quando fece buio, due uomini passarono con una torcia ad accendere le decine di lanterne che pendevano dai muri delle case.
Non appena l’ultima candela fu accesa, un uomo con un abito pieno di toppe colorate e con un mantello scuro sulle spalle saltò rumorosamente sul carro, attirando l’attenzione dei paesani.
Ardof lo riconobbe subito, era Kesher. Non era cambiato di una virgola dal mese prima. Il volto incerato e sudato rifletteva la luce soffusa, facendolo scintillare.
- Oh, un altro mese è passato e io sono di nuovo qui! Ma quanti siete questa sera! Non pensavo che questo paese ospitasse così tante persone! Comunque, immagino che non siate venuti qui così numerosi per sentire da me le solite cose… O mi sbaglio?-  chiese con un largo sorriso.
Un “No” si levò dai bambini più piccoli seduti in prima fila.
- Oh… ma che peccato! – disse fingendosi dispiaciuto. Di Kesher si potevano dire molte cose, ma non che fosse un cattivo commediante o intrattenitore. Era l’idolo dei bambini. – Non stavo più nella pelle pensando che vi avrei potuto raccontare di quanto le strade di questa parte del paese siano piene dei ricordini delle mucche… No, ovviamente scherzo. Allora prima le cose serie, poi i miei soliti giochetti: Chi di voi è andato dalle parti di Sens nell’ultimo mese? Forza, dai, coraggio! Alzate quelle mani!-
Un po’ di braccia si alzarono dalla folla.
- Vediamo, vediamo. Uno, due, tre, quattro, sette… ah! Non sono mai stato bravo in matematica! Comunque, vi sarete accorti che sulla strada maestra che passa da Sens ci sono dei solchi profondi una spanna, spero. Altrimenti siete più cechi di mia nonna! E beh, vi starete chiedendo chi li ha fatti, quei solchi, vero? Vi rispondo subito: muratori, architetti, sia umani che elfici. Non ne avevo mai visti così tanti come quelli che mi sfilarono davanti quel giorno! Li hanno fatti portando dei blocchi di un marmo più bianco della luna a est di qui, precisamente in un isolotto di terra situato in mezzo ai due bracci meridionali del delta del nostro bel fiume Vrag. Vi stare chiedendo perché, immagino… dopotutto con il marmo non ci si costruiscono le stalle… perché vogliono costruire un castello, un palazzo, un maniero, una rocca! Per chi? Per il nostro re, che domande!-  Kesher smise un attimo di parlare, chiuse la bocca giusto il tempo che l’idea colpisse con tutta la sua potenza i paesani allibiti.
- Ebbene sì, tra due settimane o giù di lì avremo l'onore di ospitare il re, al quale dovremo lucidare le scarpette con la lingua, non siete contenti? Chi ha deciso tutto questo? Ma è logico! I “grandi capi” umani ed elfi! Ma come, non li conoscete? Hanno pensato bene che noi poveracci non potevamo governarci da soli, quindi hanno voluto eleggerci un re! Preparate dunque le armi, che tra due settimane si va a fare la guerra ai nani! Occhio ai colpi bassi!-  
La piazza si riempì di voci, Kesher aspettò con le mani alzate in segno di resa che il brusio finisse prima di continuare il suo monologo.
- Dicevo, avremo un Re! Ovviamente, le geniali menti che ce lo hanno affibbiato non potevano permettersi che in cinque minuti di follia il nostro stimatissimo ed illuminatissimo Sire ci facesse trucidare benevolmente tutti quanti! Hanno quindi creato un ordine, una combriccola, una compagnia, una confraternita, un circolo, chiamatelo come volete, per controllare ogni mossa del nostro amatissimo, stimatissimo e nobilissimo sovrano. E da chi sarà composta questa bella combriccola, vi chiederete… beh da Cavalieri e Domatori. Ma, Cavalieri e Domatori di cosa? Di cavalli e lupi giganti? No, ritentate. Ma come, non ci arrivate da soli? Ovviamente cavalieri e domatori di draghi!- Kesher dicendo quest’ultima parola prese gli angoli più bassi del mantello con le mani e aprì le braccia. Alla luce arancione delle torce sembrò trasformarsi in un enorme pipistrello variopinto.
- Ebbene, secondo voi, dove li scoveranno mai questi Cavalieri, o Domatori che dir si voglia? Perché dovete sapere che sono così pignoli da dover differenziare per nome se si tratta di un Cavaliere umano o di un Domatore elfico. Ma bando alle ciance, dicevo, secondo voi come verranno arruolati i membri di questo mirabolante Ordine? È presto detto! Ad ogni ragazzo che stia per compiere sedici anni giungono un cavallo ed una lettera, attraverso la quale viene invitato a sottoporsi ad una prova. Avete sentito? Pensate, persino i vostri figli potrebbero entrare a far parte dei loro ranghi! Eppure, nonostante i miei pellegrinaggi in lungo e in largo, non ho ancora sentito di un ragazzo partito e mai più tornato. Mi spiego: i ragazzi partono, perdono due o tre giorni di lavoro e poi tornano a casa come se nulla fosse stato. Ed ho sostato in diciassette paesi e tre grandi città! Seriamente, non ho mai incontrato nessuno, povero o ricco che fosse, che sia riuscito a far entrare il proprio figlio in questo contingente. E di gente ne conosco! Ho incontrato un mercante, una volta, che diede cinquecento Laire d’oro a suo figlio prima di farlo partire. Si avete capito bene, cinquecento Laire d’oro, cinquantamila Laire di rame! Ma quello tornò comunque a casa, con tutti i soldi per giunta!-

Ehi, è facile criticare il lavoro degli altri. Provaci tu in meno di un mese a creare una repubblica con il suffragio universale. Piazzare un re è un’ottima soluzione in caso di emergenza.


La serata andò avanti ancora per molto, con Kesher che intratteneva i bambino con giochi e indovinelli o con dimostrazioni delle sue abilità da giocoliere e mangiatore di fuoco.
Ardof e la sua famiglia furono tra i primi a lasciare la piazza. Poco prima di immettersi sulla strada di casa il ragazzo vide dietro di sé una vampata di fuoco talmente alta da sovrastare i tetti delle case, che illuminò per un attimo il cielo notturno, subito seguita dalle acclamazioni degli spettatori.

Il girovago, critiche a parte, è davvero un artista. C’è poco da dire.
Devo ammettere che nonostante il mio correre da un paese all’altro per controllare i sospetti cerco sempre di esserci quando da prova delle sue capacità.
Che volete farci? Gli artisti di strada mi hanno sempre affascinato…


Le notizie che aveva portato Kesher non avevano minimamente toccato il ragazzo, aveva già capito da un bel pezzo come stavano le cose, sia nel vecchio che nel nuovo mondo.
O hai i soldi, e ne devi avere tanti, o non vai da nessuna parte. E in questo caso nemmeno i soldi potevano aiutare.
Vide ancora due volte Kesher al villaggio, ma in nessun caso si soffermò sull’argomento del re per più di un paio di battute, ben conscio di poter finire sulla forca per essersi spinto troppo oltre.
Più sovente, invece, veniva a far visita un simpatico grasso signore accompagnato da sei, altrettanto simpatici, soldati, pronti a riscuotere, simpaticamente e con il sorriso sulle labbra, le tasse.

Una mattina di ottobre, Ardof uscì dalla porta di casa e si trovò faccia a faccia con una cavalla bianca sellata. Dentro l’unica bisaccia che pendeva dalla sella, trovò ben riposta una busta sigillata con della ceralacca rossa.
“Quindi è vero. – pensò. – Mandano davvero un cavallo.”
Portò la busta in casa e l’aprì sotto lo sguardo vigile di suo padre. Fuori dalla porta accostata, la cavalla non dava segno di voler scappare, nonostante non ci fosse nulla a trattenerla davanti all’abitazione.
Appena le dita di Ardof si appoggiarono sul sigillo rosso, questo si sciolse in un grumo di cera sul tavolo.
- Impressionante… Bel trucco, non credi?-  disse suo padre.
Ardof aprì la busta con dita tremanti. Aveva sentito parlare spesso di quelle buste, ma averne una tra le mani era tutta un’altra cosa.
All’interno c’era un foglio finemente scritto con lunghi caratteri sinuosi che si rincorrevano per tutta la lunghezza della pagina.
Ardof la lesse ad alta voce:


Gentile signor Neghyj Ardof, la informiamo che per il suo sedicesimo compleanno e, di conseguenza, per il suo ingresso nell’età adulta, è suo obbligo presentarsi al cospetto dei rappresentanti dell’Ordine dei Cavalieri e dei Domatori, altrimenti detto Ordine D. e C., presso il Palazzo del Mezzogiorno, situato sotto i primi alberi della Grande Vivente, recando appresso la presente missiva. Le è fatto obbligo di partire il giorno stesso in cui leggerà queste righe. Nel caso lei si rifiutasse di obbedire a questo ordine, lei e la sua famiglia diverrete perseguibili penalmente e i vostri beni verranno confiscati dalle autorità competenti.
Le auguriamo quindi un viaggio sereno e tranquillo.
Fiduciosi di vederla.
L’Ordine D. e C.


- Direi proprio che non mi lasciano altra scelta se non quella di partire…-  disse dopo aver compreso fino in fondo la minaccia, neanche troppo velata, contenuta nella lettera.
- Sì. – gli rispose suo padre dubbioso – Ma, figliolo, devi farmi una promessa. Promettimi che spronerai quella bestia là fuori come se avessi un branco di lupi che ti inseguono. Ho bisogno di te qui, io e Grant non bastiamo per finire il raccolto in tempo. Le colline ai piedi dei Muraglia cominciano ad imbiancarsi, tra poco la neve cadrà anche sulle nostre teste…-  
- Te lo prometto, Pà - rispose Ardof, guardandolo negli occhi.
- Bene. Bravo il mio ragazzo.-  
Ardof prese una sacca e ci mise dentro una coperta, un mantello pesante con il cappuccio e qualche pagnotta fresca per il viaggio.
Doveva proprio nascere ad ottobre? Dover viaggiare in un mese un po’ più caldo non gli sarebbe dispiaciuto poi così tanto. Magari a maggio o giugno, quando era più probabile incontrare un cavallo che balla piuttosto che la pioggia.
Salì sulla cavalla e si accorse che, inciso sulla sella, c’era il nome Zefira.
Si rese quindi anche conto, forse con un briciolo di ritardo, di non essere assolutamente in grado di cavalcare un cavallo.

Meglio tardi che mai. Questo è proprio uno dei peggiori sospetti che sto seguendo.
La sua ignoranza a volte mi stupisce.
Perché il suo nome è finito sulla mia lista? Dovevano allungarla? Volevano tenermi occupato per più tempo del necessario?
Io non li capirò mai.


Certo, Ardof sapeva stare su una sella e tenere le briglie, memore dei pochi giri fatti sul mulo del mugnaio, ma non era in grado di dirigere un cavallo e, me che meno, di spronarlo al galoppo.
Inoltre, non aveva nessuna idea dell'esatta ubicazione del fantomatico "Palazzo del Mezzogiorno", sicuramente qualche indicazione in più sulla strada da seguire non gli avrebbe fatto male.
Fortunatamente, non appena colpì i fianchi della cavalla con i talloni, questa partì al galoppo, come se avesse capito quali fossero le intenzioni del suo inesperto cavaliere, probabilmente, poi, ne sapeva addirittura più di lui, per quanto riguardava la strada da seguire.
Appena uscì dal paese, spronò Zefira a dare il massimo, facendola fermare solo un paio di volte per lasciarla abbeverarsi a un qualche ruscello o per sgranchirsi le gambe irrigidite dall'inattività forzata.
Nonostante mangiasse e dormisse in sella, e per dormire si intende chiudere gli occhi per poco più di dieci minuti, anche incitando la sua giumenta al galoppo più sfrenato, impiegò due giorni per arrivare alla linea di confine che separava le pianure dalla Grande Vivente.
Appena vide il muro verde che gli correva incontro, la sera del secondo giorno, dovette concentrarsi al massimo per non cadere di sella.
Non aveva mai visto niente del genere, né in quello, né nell’altro mondo.
Rimase sconcertato dalle dimensioni dei primi alberi che incontrò, poi si ricordò che quelli erano solo i più giovani e ne rimase ancora più affascinato.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Vago