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Autore: CinderNella    02/01/2016    4 recensioni
Si sentiva un po’ stalker a guardarlo e ad annotare ogni suo comportamento da dietro un muro delle rovine di Christ Church Greyfriars – se si fosse trovata dietro a un cespuglio avrebbe potuto trovarci dell’ironia nella situazione che stava vivendo da qualche tempo – ma era parte del suo lavoro anche quella. [...] Ma, diversamente dal solito, e non perché fosse venerdì, lui si era separato dal suo gruppo di colleghi per dirigersi all’interno del giardino che portava dritto alle rovine dov’era casualmente lei: si stava proprio dirigendo verso di lei.
Resasene conto, si catapultò alla panchina più vicina per dare l’idea di essere davvero impegnata a fare qualcosa che non fosse spiarlo da lontano, ma dalla sua espressione non doveva esserci riuscita: «Mi scusi, ma lei mi sta spiando?»
Era davvero come a scuola. Stesso portamento arrogante, stesse fattezze e modo di presentarsi elegante e capelli impossibilmente biondi: eppure era completamente diverso.
«Ehm...» non sapeva che scusa formulare.
«È la quarta volta che la vedo in una settimana e in zone diverse della città. Perché mi segue?»
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Daphne Greengrass, Draco Malfoy, Hermione Granger, Theodore Nott | Coppie: Draco/Hermione, Luna/Theodore
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Buon pomeriggio! Sono andate bene le feste? Avete mangiato fino a fare schifo? (Io sì!) Ebbene, nuovo capitolo. Decisamente importante. Spero vi piaccia - la canzone è fondamentale. Buona lettura!









 
Then I heard your heart beating, you were in the darkness too
So I stayed in the darkness with you.

 
Luna adorava le passeggiate che faceva con Theo: erano istruttive – per entrambe le parti: lui conosceva davvero bene Londra, e aveva una notevole conoscenza anche delle creature magiche, ma nonostante questo non superava la sua – piacevoli e rilassanti. Erano arrivati a farne tre a settimana, e nei giorni in cui non erano possibili ne sentiva la mancanza.
Ovviamente non si incontravano solo per passeggiare, bevevano anche tanto tè e succo di zucca: per via delle passeggiate lui aveva anche diminuito la frequenza del jogging che solitamente faceva con regolarità, e questo la compiaceva segretamente, sebbene desse adito anche ad alcuni suoi turbamenti.
«Cosa pensi?»
Lei diceva sempre quello che pensava e non aveva problemi ad ammetterlo sinceramente, ma proprio perché Theo era così simile a lei, aveva un po’ di difficoltà: non ne aveva mai avuta con nessuno. Eppure era facilissimo dirgli tutto, ma aveva qualche riserva a confessare determinate cose: come quello che stava pensando in quel momento.
Così tacque, e Theo si fermò a osservarla: non disse nulla, si limitò a cercare di comprenderla con uno sguardo; erano entrambi in abbigliamento sportivo, e Luna sembrava stesse davvero pensando intensamente a qualcosa. Poi alzò lo sguardo da terra e gli sorrise «Ti devo portare in un posto.»
«Fai strada.» indicò il marciapiede davanti a loro, ma non si aspettava lo scatto fulmineo che aveva appena avuto la ragazza: dovette iniziare a correre per starle al passo.
Non avrebbe chiesto altro, sembrava qualcosa di molto importante per lei: avevano appena passato Wigmore Hall e lei si stava dirigendo verso nord. Eppure avevano visitato Regent’s Park appena due giorni prima...
La seguì nonostante tutto, e arrivarono in pochi minuti all’entrata di Baker Street: lì Luna iniziò a rallentare, continuando a dirigersi verso nord, seguendo il lago. C’erano ancora delle persone, tante, soprattutto considerate le condizioni meteorologiche impietose di quel giorno.
Poi si appiattì dietro un albero, il petto scosso da un respiro agitato «Devi vedere una cosa.» e gli afferrò una mano, mentre con l’altra prendeva la bacchetta.
Ciò che sentì immediatamente dopo fu una sorta di risucchio che lo allontanava da terra e la terribile sensazione dell’assenza di terreno sotto di lui: si materializzarono qualche secondo dopo in mezzo a una folta coltre di alberi. Udiva il rumore dell’acqua lì vicino, e in lontananza intravedeva un paesaggio conosciuto ma da una prospettiva completamente diversa: erano a Regent’s Park, ma su uno degli isolotti al centro del lago. Quelli fitti di vegetazione sui quali non si arrivava tramite ponticelli, perché non ce n’erano: guardò Luna, stupito.
Lei si stava mordendo il labbro inferiore, visibilmente nervosa: «Quello che sto per mostrarti non l’ha visto nessun altro. Non l’ho ancora nemmeno dichiarato al Ministero.»
Theodore era perplesso, ma lasciò che continuasse «È che l’ho trovato quand’era ferito... e non volevo che lo analizzassero... e lui s’è fidato immediatamente di me... allora ho fatto un Repello Babbanum e altri incantesimi protettivi sull’isoletta...»
Non l’aveva mai vista così in ansia. Non riusciva a capire se ciò dipendesse dall’aver nascosto qualcuno o dalla dichiarazione del misfatto che stava facendo a lui.
«Okay... sii rispettoso. Non si fa avvicinare da nessuno, anche con me ci ha messo un po’.»
La seguì, addentrandosi insieme a lei nella vegetazione e solo poco dopo emise un rantolo sorpreso: un unicorno argentato – non ancora adulto, ma nemmeno un cucciolo – lo osservava con diffidenza, e non aveva intenzione di abbassare lo sguardo.
«Ho piantato qualcosa per lui, l’ho curato e gli ho reso l’isolotto più abitabile... ma prima o poi dovrò fare in modo di lasciarlo libero in un posto che non sia una metropoli affollata.»
Theo le lanciò un’occhiata come per dire che avrebbe potuto avvicinarlo, lui sarebbe rimasto lì senza dare fastidio: era rarissimo vedere un unicorno a quella distanza, soprattutto uno non ancora adulto.
Ma quella scosse impercettibilmente la testa e lo trascinò con sé, raggiungendo lentamente l’animale: il quale si lasciò accarezzare da lei, ma solo dopo qualche secondo.
E Theo aveva capito il significato di quella dichiarazione: qualcun altro avrebbe potuto sostenere che non era nulla, che era solo una creatura magica; ma non era così. Era un unicorno, della cui esistenza era a conoscenza solo Luna: e ora anche lui. Luna l’aveva scelto per rivelargli questo enorme segreto, quindi si fidava abbastanza di lui per farlo.
Questa realizzazione lo colpì in pieno, distogliendolo così tanto dal mondo intorno a sé che si rese conto solo dopo decine di secondi che l’unicorno di fronte a lui stava attendendo qualcosa: gli aveva dato il suo benestare, e ora poteva accarezzarlo.
E lo fece subito dopo, lasciando scorrere leggermente la mano sul muso della bestia, che parve apprezzare: o almeno, diede segno di accettare la presenza di Theo lì.
Quello che accadde successivamente non fu molto chiaro: Luna si stava prendendo cura dell’unicorno – si rivolgeva a lui chiamandolo “Nestor” – gli medicava una zampa, faceva alcuni incantesimi, lo coccolava. Poi gli riferì che sarebbero dovuti andare e che quindi avrebbe potuto salutarlo: e anche Nestor sembrava aspettarsi proprio qualcosa di simile a un saluto.
Theo passò la mano sul collo dell’unicorno, che gli rispose con un cenno compiaciuto e un nitrito: subito dopo percepì la familiare – e che aveva provato una decina di minuti prima – sensazione di risucchio e atterraggio successivo al suolo, e decise di sedersi su una panchina, scombussolato.
Luna lo seguì, titubante: unì le mani sul grembo e lo osservava tormentandosi il labbro inferiore «Allora?»
Iniziò a parlare solo dopo qualche istante: «Non posso davvero rispondere con qualcosa di altrettanto magico... quindi utilizzerò un metodo più babbano.»
E poi la baciò. E per Luna fu così improvviso che si ritrovò a serrare le palpebre mentre schiudeva le labbra, e non riusciva davvero a ritenere quello che stava accadendo meno magico dell’unicorno. Proprio per nulla.
«Non so, a me sembra abbastanza magico.» commentò semplicemente lei; allora Theo rise sotto i baffi e la osservò attentamente dalla posizione privilegiata che aveva in quel momento ottenuto: a pochi millimetri da lei, con la fronte contro la sua.


Draco aveva davvero bisogno di un consiglio maschile: e siccome Theo era quasi irrintracciabile in quei giorni, si sarebbe dovuto accontentare di Blaise. Non che fosse una cima in quanto a relazioni con esseri di sesso femminile, ma stava migliorando, almeno da qualche settimana a quella parte.
Certo, aveva trovato una donna molto simile a lui, specialmente per le cose importanti: entrambi evitavano il discorso in tutti i modi, generalmente usando il sesso, i film o mangiando. E lui e Theo ne erano al corrente perché Blaise se ne lamentava costantemente, perché nonostante le loro distrazioni fossero immensamente piacevoli aveva comunque bisogno di definire qualcosa.
E siccome l’aveva ascoltato a lungo, da bravo amico, quella sera sarebbe stato Blaise ad ascoltarlo: stava correndo in giro per Kensington e decise che prima gliel’avrebbe chiesto, meglio sarebbe stato.
Certo, non si sarebbe aspettato che ad aprire la porta di casa di Zabini fosse la Weasley – nonostante sapesse bene che praticamente quei due vivevano ormai insieme senza ammetterlo: «Ginny, buonasera. Blaise è presentabile?»
«Oh, ma se l’hai visto nudo cosa chiedi a fare?» rispose lei con un gesto nella mano, lasciandolo entrare per poi stringere meglio attorno a sé il maxi-cardigan di lana e fare un nodo per mantenerlo; dopo aver chiuso la porta decise di continuare col rispondere a Malfoy «È in cucina ed è vestito. Più o meno.»
«Perfetto, allora accompagnami perché ho bisogno anche del tuo punto di vista sulla faccenda.» il biondo si diresse con confidenza in cucina, seguito dalla rossa che lo osservava con un sopracciglio alzato «Faccenda?»
«Che faccenda?» chiese Blaise, distogliendo lo sguardo dalla padella di fronte a sé per osservare l’amico che si era appena palesato a casa sua in tuta, interrompendo quello che sarebbe potuto essere quella sera il discorso.
«Beh, ve la faccio breve...»
«Vuoi un tè?» chiese Ginny, iniziando a mettere l’acqua sul fuoco, mentre Draco occupava una poltroncina che era nell’angolo.
«Sì grazie.»
«Io sto facendo french toast per cena.»
«Ma non sono per la colazione?» chiese Draco, perplesso.
«Noi crediamo fermamente che il cibo della colazione sia il miglior cibo e quindi può essere mangiato a tutte le ore.» annuirono entrambi solennemente, quasi come se fossero una vecchia coppia ben oliata. Quando Blaise però rivolse un’occhiata a Draco si ritrovò davanti una faccia molto arrabbiata, con una bocca che mimava una frase molto chiara “Dovete parlarne!”.
E Zabini rispondeva in modo altrettanto silenzioso, ribattendo che era stato proprio lui a interrompere quella che sarebbe potuta essere la discussione.
«Di cosa devi parlarci?» chiese Ginny, voltandosi verso di lui per piazzare tre tazze sul tavolo e per prendere le bustine di tè da una credenza: si muoveva lì come se conoscesse il luogo di ogni singola cosa necessaria.
«Oh, beh... nell’ultima riunione mi hanno detto che a metà marzo, tra circa una settimana e mezzo, dovrei visitare il quartiere generale della Merrill a New York per alcune riunioni...»
«Ed è qualcosa di inusuale per il vostro lavoro?» chiese Ginny con perplessità.
«Per nulla.» le rispose Blaise, voltandosi a guardare l’amico «E quindi, Dra’?»
«Vorrei portare Hermione a New York. Penso le potrebbe fare bene, con la rottura e tutto.» dichiarò il biondo, notando lo strano luccichio quasi malefico negli occhi di Ginny Weasley e lo shock dell’amico, che rischiò di ustionarsi seriamente toccando direttamente uno dei due toast: «E pensi che questo sia un comportamento molto chiaro e che definisce in modo perfetto la vostra amicizia, eh?»
«Oh, shhh, Blaise.» lo zittì Ginny, strofinando le mani tra loro «Penso proprio che le potrebbe piacere.»
«Beh, a chi non piacerebbe la Grande Mela...» controbatté Blaise con fare derisorio.
«No, intendo proprio un viaggio di questo tipo. Dopotutto tu, Draco, avrai da fare con le riunioni, no?»
«Non sempre, però sì, principalmente. E lei potrà girarsi la città come più preferisce, anche se la accompagnerò quando avrò qualche momento libero...»
«E ha decisamente bisogno di qualcosa del genere, dopo tutto quello che ha passato in questi mesi...» Ginny annuì come per rafforzare la sua tesi.
«Quindi tu pensi che potrebbe accettare?» Draco sembrava davvero confuso e pensieroso a riguardo.
«Oh sì, assolutamente. Magari non subito, ma le farebbe bene, e capirà dopo un po’ che deve assolutamente andare con te a New York.» continuò Ginny, beccandosi un’occhiataccia di Blaise.
«Tu non sei d’accordo, Blaise?»
«Non fraintendermi: sai che tifo per te e la Granger...» iniziò lui, ma Draco fece un gesto strano con la mano destra, come se volesse sminuire l’osservazione appena fatta dall’amico «Ma secondo me è molto confusionario. Insomma, non porti Angharad a New York, e lei è praticamente la tua migliore amica...»
Blaise travasò i french toast nei piatti e lì portò sulla tavola, cedendone uno a Ginny, che gli scoccò un’occhiataccia probabilmente in riferimento alla discussione che stavano affrontando in quel momento.
«Beh, ma Angharad non ne ha bisogno. Se fosse stata mollata ingiustamente e avesse bisogno di cambiare aria non esiterei a portarla a New York...»
Blaise aveva l’aria di qualcuno che avrebbe voluto controbattere a quell’affermazione completamente insensata, ma si stette zitto, poiché non avrebbe ottenuto nulla da un amico innamorato perso che non sapeva nemmeno di esserlo e dalla pseudo-fidanzata che parteggiava tanto quanto lui per l’unione del suddetto amico e della sua amica. Quindi iniziò a tagliare uno dei suoi due toast e si ficcò un pezzo in bocca, esasperato.
«Non pensi che le farebbe bene, Blaise?»
«No, Draco, penso che sarebbe ottimo per lei. E anche per te, visto che vai più a New York per lavoro che per svago, e ti farebbe bene passare qualche bel momento da turista in una delle migliori città del mondo.» quella risposta doveva aver calmato Draco e soddisfatto Ginny, che lo osservava compiaciuta.
«Oh beh, allora se concordate e pensate entrambi che le possa far bene e che potrebbe dire di sì posso anche chiederglielo... insomma, dovrebbe farle piacere, no?»
Di tutta risposta ricevette solo un cenno del capo convinto da parte di Ginny e sconsolato da parte di Blaise, ma lui non sembrò farci molto caso. Poi terminò metà tazza di tè tutto d’un fiato e si alzò dalla poltroncina «Grazie, piccioncini. Ora vi lascio alle vostre discussioni sicuramente importanti.» e sogghignò.
Aveva riacquistato il suo sarcasmo e il suo ghigno sempre presente, e per un millesimo di secondo entrambi si pentirono della scelta delle loro risposte: poi però Ginny ricordò anche il resto e decise di non controbattere. Dall’alto della sua conoscenza – di lui, di Hermione, della faccenda – sorrise e lo salutò «Buona serata, Malfoy!»
«Anche a voi!»
Blaise si alzò per accompagnarlo alla porta e dopo qualche secondo Ginny udì la porta aprirsi e  successivamente richiudersi. Il padrone di casa ricomparse sulla soglia della cucina poco dopo e la guardava torvamente: «Li incoraggi troppo spudoratamente.»
«Ne hanno bisogno.» si limitò a ribattere lei, facendo spallucce e iniziando a tagliuzzare la seconda metà dell’ultimo toast.
«E dovremmo davvero parlare.» dichiarò dopo qualche minuto il moro, guardando dritto nel piatto. Non ottenendo risposta, si decise ad alzare lo sguardo sulla ragazza, che aveva finito i suoi toast e ora lo osservava immobile sull’altra sedia. E nuda, con un ghigno stampato in volto: sapeva che l’altro sarebbe capitolato anche quella volta.
«Ti odio.» Blaise resistette solo per qualche secondo, poi la raggiunse immediatamente e la afferrò per la vita, mordendole giocosamente la spalla.
«Non abbastanza da farti rimanere al tuo posto però.»
«No, decisamente no.» la tirò su facilmente con un braccio, per poi passare l’altro sotto le ginocchia di Ginny e strapparle una risatina per via del solletico: aveva lasciato gli ultimi pezzi del toast e il tè a raffreddarsi in cucina.
Però il letto sembrava molto più comodo in quel momento. Sicuramente più morbido e piacevole, ma non tanto quanto il collo, il seno, il ventre, le cosce e la pelle lattea della ragazza che in quel momento era sotto di lui, bramandolo nello stesso modo in cui lui stesso la desiderava.

Voleva proporglielo subito: certo, una doccia dopo tutti quei chilometri era d’obbligo, ma subito dopo avrebbe portato delle offerte di pace – non aveva ancora deciso se passare dal cinese, dal thailandese o dall’italiano a prendere cibo d’asporto – a casa sua e gliel’avrebbe chiesto.
Draco camminava verso la stazione metro di Fulham Broadway, meditando principalmente su due cose: come proporle quella cosa di New York e che cibo prendere. Sarebbe sceso ad Aldgate East e sinceramente non ricordava che ristoranti d’asporto ci fossero tra quella stazione e casa sua.
Oh, ci avrebbe pensato appena sceso dalla metro: il come proporle New York era un argomento molto più spinoso.
Passò la Oyster Card sul lettore di uno dei tornelli e la rimise nella tasca del giubbotto, facendo ben attenzione che non fosse la stessa in cui c’erano portafogli e chiavi: poi infilò le mani nelle tasche e ricominciò a pensare, estraniandosi dal resto del mondo – che, effettivamente, in quel vagone era ben presente.
Anche lo stop dovuto alla stazione di Earl’s Court per cambiare treno gli aveva dato modo di riflettere, ma non abbastanza a lungo, perché quando udì la solita, inconfondibile voce che chiamava la fermata successiva – nonché la sua – si rese conto del tempo che era passato e del piano che non aveva ancora formulato.
Aveva camminato già per dieci minuti prima di rendersi conto che la soluzione migliore sarebbe stata la verità: le avrebbe detto chiaramente tutto, di come gli fosse venuta in mente quell’idea e il perché. Hermione era sicuramente una stakanovista, e aveva bisogno di una pausa, quindi le avrebbe fatto bene. Poi la sua attenzione venne rapita dal Wagamama di Spitalfields e anche la seconda questione era stata risolta.
Dopo venti minuti e pieno di sushi si diresse a Marlow House, ad Arnold Circus. E quando citofonò alla Granger era certo che lei non si sarebbe aspettata niente.
«Chi è?»
«Malfoy, e porto offerte di pace nella forma di cibo giapponese. Posso salire?»
Non udì risposta per qualche secondo, per poi percepire un risolino sommesso «Sali. Il sushi è sempre il benvenuto qui.»
E allora Draco spinse il portone e salì le scale, pronto a occupare l’ascensore e a spiegare molto semplicemente alla ragazza perché la scelta migliore sarebbe stata quella di seguirlo a New York per una settimana.



L'amore di Blaise e Ginny per il cibo della colazione è ovviamente stato ispirato da How I Met Your Mother xD
  
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