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Autore: EdemaRuh    14/01/2016    2 recensioni
Una soffitta, una videocassetta e noi, che non sapevamo farci gli affari nostri. Così è iniziata.
Un manicomio di notte, il cliché perfetto. Così è finita.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’università il giovedì è qualcosa che si avvicina di molto all’inferno. Otto ore in aule lontane una dall’altra, così non solo ti rincoglionisci per le lezioni ma devi anche morire per arrivarci in tempo. Otto ore di monologhi, sospiri annoiati, aule piene, disperati seduti sul pavimento e tante altre cose brutte.
Pur di non ascoltare mi perdo a guardare la giornataccia grigia fuori dalla finestra. La nebbia che segna l’arrivo dell’inverno è lì, che mi guarda minacciosa. Non sai mai cosa nasconde, motivo per cui la trovo terrificante e stupenda allo stesso tempo. Difficile dire se piove, probabilmente anche se da qui non posso esserne certa, goccioline infami, così piccole da non essere viste, cadono bagnando tutto quello che trovano; preferirei che nevicasse.
Nel caso non si fosse capito, non mi piace l’inverno; freddo, pioggia, poca luce. Insomma, esistono davvero persone che lo apprezzano? Anche se in realtà nemmeno le altre stagioni mi piacciono, se fosse per me vivrei in un nulla perenne e basta, quindi forse è un mio problema. Forse sono apatica, forse sono semplicemente poco attaccata alla vita che mi circonda.
Nel frattempo la lezione è finita senza che me ne accorgessi. Con movimenti resi automatici dall’abitudine sistemo le mie cose in borsa,mi alzo, mi infilo la giacca maledicendo il caldo infernale che regna in quest’aula e me ne vado. Saluto qualche conoscente fermo sulla porta a fumare, più per cortesia che per altro, e mi lancio sulle scale con un solo obiettivo: macchinette. Caffè. Tanto.
 
Così, mentre sento la bevanda calda scendere fino al mio stomaco ed entrare in circolo, strappandomi al mio stato catatonico post – due ore di morfologia inglese, scorro le notifiche trovando con grande sorpresa un messaggio di Luca: “chiamami quando puoi”. Come prima cosa lo maledico per aver omesso la maiuscola a inizio frase, poi lo cerco in rubrica e lo chiamo, visto che non mi scrive spesso e se l’ha fatto deve per forza esserci un buon motivo.
«Pronto?»
«Buongiorno principessa. Dimmi tutto.». Butto il bicchiere di plastica ormai vuoto, raccolgo le mie cose e mi avvio verso l’uscita.
«Stavo guardando le cassette. Alcune sono film di vecchia data, quelli che mi interessavano, li ho già copiati su dvd. Poi ho trovato filmati che credo siano della tua famiglia, li ho messi da parte così quando vuoi passi a riprenderli.». Fuori fa freddo, veramente troppo freddo e io non ho la coordinazione necessaria ad allacciarmi la giacca mentre sono al telefono. Facciamola finita in fretta o muoio.
«E mi hai chiamata solo per questo?» gli chiedo, più curiosa che irritata visto che so benissimo che c’è dell’altro.
«C’è un’altra videocassetta. Non come tutte le altre. Penso che dovresti vederla. Non so se sei il tipo di persona che crede nelle cose paranormali ma…dovresti vederla. ». Wow, addirittura paranormale, devo ammettere che mi ha stupita.
«Posso passare da te stasera? Ora ho lezione e anzi sono già in ritardo quindi possiamo vederci per cena?». Affretto il passo per raggiungere l’aula e il caldo, che significa salvezza, pregando tutte le divinità che mi vengono in mente di farmi trovare almeno un posto in fondo.
«Va bene, chiamo anche gli altri.»
Riattacco dopo averlo salutato in fretta, poi entro in aula guadagnandomi l’ennesima occhiataccia dall’insegnante che ormai mi conosce come quella perennemente in ritardo. Ma non è colpa mia se ho troppe cose da fare nella mia vita e credo che anche lui lo sappia. Qualche dio a caso ha esaudito la mia richiesta quindi mi siedo ringraziandolo e mi preparo ad altre due ore di noia e disattenzione.
 
Cosa frequento a fare? Me lo chiedo spesso, più precisamente me lo chiedo tutti i giovedì, quando, se va bene, mi avvio verso casa alle sei e mezza. Perché mi ostino ad andare a lezione se tanto poi non ascolto e mi perdo a pensare a quello che voglio io? Due ore ad immaginare il probabile contenuto di una cassetta quando avrei potuto semplicemente tornare a casa e guardarla (se non fosse che ho detto a Luca che arrivavo per cena).
Paranormale. Fa tanto “The Ring”. Per due ore ho immaginato di vederla e poi sentire il telefono che squilla e quella vocina tenerissima da film horror che dice “morirai tra sette giorni!”. No, col cavolo, non sono la solita barbie stupida da film  horror, non mi lascio uccidere da un video.
Salgo sul primo tram che arriva e mi lascio trasportare in periferia, attraversando questa città bellissima, ma allo stesso tempo sempre fredda e distaccata. Le luci fuori sembrano quasi studiarmi, esattamente come io sto studiando loro; persone sole almeno quanto me fingono di non esserlo parlando animatamente al telefono, rigorosamente munito di auricolari, mentre camminano avanti e indietro sul marciapiede in attesa di qualcosa o qualcuno, senza vedere tutto quello che li circonda.
In questa città ci sono sempre troppe cose da fare e troppa vita da vivere per poter fare e vivere davvero. È sempre la stessa routine, lo stesso tram, lo stesso marciapiede, gli stessi pensieri, lo stesso grigio, le stesse persone e lo stesso nulla; e va bene così, deve continuare ad andarti bene così o impazzisci. Niente videocassette paranormali per chi è come tutti gli altri.
 
Sono tutti riuniti a casa di Luca quando arrivo io. Ben presto scopro però che nessuno è stato informato di quello che stiamo per vedere tranne me. Forse perché sono la cosa più vicina ad un proprietario che la cassetta paranormale abbia mai avuto e questo a quanto pare porta con sé anche privilegi, come il sapere le cose prima degli altri. Per un attimo mi rattrista il pensiero che qualcosa abbia passato così tanti anni (chissà quanti) solo tra ragni e polvere. Poi mi ricordo che è solo una cassetta, non può essere così paranormale da provare addirittura dei sentimenti.
«Ragazzi, devo farvi vedere una cosa che ho trovato.» esordisce Luca. Poco melodrammatico, avevo pensato a qualcosa più sullo stile “siamo tutti qui riuniti oggi” eccetera. Maledizione a me che non riesco a concentrarmi. Credo di essermi persa la parte dei film e dei filmati di famiglia quindi forse è finalmente arrivato il tanto atteso momento di vedere di cosa si tratta.
Accendiamo la tv in camera di Luca e il filmato è già lì pronto in pausa che ci aspetta. Il che toglie tutta la suspense del momento catartico in cui la cassetta viene inserita nel lettore, magari al rallentatore (leggermente ma non troppo, ovvio), poi bisogna riavvolgere il nastro, eccetera. Peccato. Dove Luca abbia trovato un lettore in grado di convertire videocassette in dvd poi, non lo voglio nemmeno sapere. Ai posteri l’ardua sentenza.
 
Ad ogni modo, è tutto nero quando il video inizia. Nell’angolo in basso a destra compare la scritta “CR68-507.1”, cosa che nessuno dovrebbe sottovalutare quando guarda una videocassetta paranormale ma che ovviamente passa inosservata a tutti tranne che a me. In basso a sinistra, invece, una data: 13 luglio. Geniale, sì, ma l’anno? Comunque sia, non dico nulla e appunto in silenzio su un foglio.
Quando il video vero e proprio inizia, lasciandomi a malapena il tempo di finire di scrivere, mi sembra di capire che sia stato girato in una specie di ospedale o manicomio (di nuovo sapere l’anno mi farebbe molto piacere). Scrivo anche questo, aggiungendo “cassetta = vecchia?”. Evidentemente il mio lato da Sherlock Holmes sta prendendo il sopravvento. La stanza è completamente bianca, non ci sono segni particolari che possano aiutare chi guarda a distinguerla, ma si capisce chiaramente che è giorno grazie alla luce palesemente naturale che entra da quella che suppongo sia una finestra sulla destra, che però non si vede.
Al centro, su una sedia di metallo, è seduto il soggetto del video, un uomo di circa quarant’anni a occhio, vestito proprio come ci sia aspetta che sia vestita una persona in manicomio, con tanto di camicia di forza. Eppure sembra una persona del tutto normale, capelli corti, barba fatta da qualche giorno, sguardo perso come se non dovesse affatto trovarsi lì.
Torno al blocco appunti.
Domanda numero uno: chi diavolo è questo tizio?
Domanda numero due: come diavolo c’è finita questa cosa nella mia soffitta?
Sto per scrivere anche la domanda numero tre, ovvero “perché tizio è in un manicomio?” quando la risposta arriva proprio dal video. Tizio (come dovrei chiamare uno sconosciuto di cui non so niente?), che fino a qualche istante prima sembrava volersene stare pacificamente per i fatti suoi a sussurrare tra sé cose incomprensibili, si volta verso la videocamera lasciandomi vedere per la prima volta due occhi di ghiaccio e comincia a ripetere sempre la stessa frase: “Change sides”. Change sides, change sides, change sides. Se questo fosse un film sarebbe un cliché tremendo ma c’è qualcosa che mi dice che tutto questo è reale. E va bene Tizio, appunto anche change sides. E, domanda numero tre (stavolta davvero): cosa ha fatto impazzire Tizio?
Riporto la mia attenzione sul video giusto in tempo per vedere un infermiere iniettare qualcosa (sono sicura al 99% che si tratti di un sedativo) nel collo di Tizio mentre una voce fredda, fuori campo, probabilmente di un medico, annuncia: «Il paziente 507 è arrivato ieri nella nostra struttura, accompagnato da un lontano parente e in evidente stato di shock. A quanto pare, prima di arrivare qui, lui stesso ha richiesto più volte di essere filmato periodicamente durante il suo soggiorno da noi, quindi lo accontenteremo una volta in settimana. Probabilmente si tratta soltanto di una sua ossessione. Sarà il primario ad occuparsi di lui, cercando di riportarlo alla ragione, nella speranza che lui stesso possa fornirci spiegazioni.».
Niente di particolarmente degno di attenzione, a parte il fatto che forse ci sono altre videocassette paranormali che vagano nella mia soffitta, sempre se questa non c’è arrivata per caso. Scrivo anche questo, assieme all’accento del medico e a 507, il numero che identifica Tizio (un nome decisamente migliore).
Poi, giusto un attimo prima che il video finisca, Tizio allunga una mano verso la telecamera, forse nel disperato tentativo di prenderla che ovviamente fallisce. «Change sides, se non vuoi morire.» sussurra con l’ultimo filo di voce prima di accasciarsi sulla sedia. Era decisamente un sedativo.
Nero.
 
«Quel tizio mischia inglese e italiano peggio di me.» è il primo commento che mi viene in mente.
«Sì ma chi è? Ha qualcosa a che vedere con la tua famiglia? Perché è impazzito?». Questa è Erika, la migliore amica che una come me potesse trovare. Senso pratico a livello mille, deve avere sempre tutto programmato e ricorda ogni cosa. Sono solo alcuni dei motivi per cui, essendo io l’esatto opposto, ho bisogno di averla al mio fianco per sopravvivere. Altro appunto: domande numero uno, due e tre rese del tutto inutili dalla sua mente geniale.
«Non ne ho idea, non l’ho mai sentito nominare e penso che lo saprei se fosse mio nonno o uno dei miei familiari.». E non ho nessuna intensione di indagare tramite i piani bassi, sia ben chiaro. Non andrò dalla cugina di mia madre o da mi cugino di milionesimo grado  a fare domande idiote su un presunto parente che è diventato pazzo e che ci ha lasciato come unica eredità una videocassetta paranormale.
Oh, a tale proposito. «Luca ma per quale motivo dovrebbe essere una cosa paranormale?», chiedo, prima di essere interrotta da ulteriori ipotesi o commenti scontati.
«All’interno del video ci sono un sacco di frame neri sparsi, impossibili da vedere mentre il video scorre ma esistono. Passano così velocemente che non l’hai nemmeno notato, ma quando prima l’ho guardato da solo ho messo in pausa e mi sono ritrovato davanti una specie di volto umano su sfondo nero. Per questo vi ho chiamati.». Fantastico. Ringrazio l’amante del cinema per avermi ricordato quanto sono ignorante in materia e per avermi quasi spaventata. E ora che si fa?
«Dovremmo scoprire che cosa significa quella scritta che era nell’angolo all’inizio. CR68-507.1. Per lo meno, la prima parte. 507 è il numero del paziente, l’uno sarà riferito al fatto che è la prima volta che lo registrano, o la prima giornata che passa in quel posto. Resta solo CR68, vi dice qualcosa?». Ok lo ammetto, ora mi sento davvero Sherlock Holmes visto che nemmeno Erika aveva notato quel piccolo dettaglio.
«A giudicare dalla qualità e dal tipo di filmato, 68 potrebbe essere l’anno in cui è stato girato.» suggerisce Luca. Bravo amante del cinema.
Così, giusto per fare qualcosa, proviamo a cercare informazioni su internet, senza purtroppo ottenere nessun risultato, il che fa miseramente crollare la mia idea di “google conosce la risposta a tutto”. Discutiamo ancora sul da farsi mentre ceniamo assieme, così per quando è ora di tornare a casa abbiamo elaborato una strategia vincente. Io tornerò in soffitta da sola e cercherò ulteriori eventuali indizi; Luca guarderà il video fino allo sfinimento, trascurando l’università e la sua vita sociale al solo scopo di esaminare ogni singolo frame; Erika controllerà qualche archivio in giro per le biblioteche, visto che le piacciono tanto, magari riuscirà a trovare qualche articolo sui giornali del 1968, se sono stati conservati. Riccardo e Alessio chiederanno in giro, giusto per sentirsi utili alla causa.
Constatato che siamo davvero un team formidabile, che farebbe invidia alla CIA, mi avvio verso casa.




Spazio autrice.

Nonostante il mio computer si stai di nuovo rifiutando di lavorare come deve (mille grazie Windows 10), stavolta sono riuscita ad aggiornare il giovedì. Dal momento che probabilmente lo manderò in assistenza non so se promettervi che ci vediamo regolarmente giovedì prossimo. Io ovviamente ci provo ma a questo punto mi aspetto di tutto ormai: sembra destino che io non possa aggiornare il giovedì.
Nel frattempo ringrazio chi ha letto, recensito, inserito tra i preferiti, votato o messo in biblioteca insomma, chiunque. 
A spero presto.
EdemaRuh.
   
 
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