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Autore: Steno    21/01/2016    2 recensioni
A proposito di dei recalcitranti, principi falliti, stupidi sexy demoni, palle di fuoco e una laurea in arti magiche.
P.S. c'è anche un drago!
°°°
Dal capitolo 15:
Era circondato da persone che si preoccupavano per lui, era ora di dimenticare il ragazzino solo ed impaurito che era un anno prima “Vedi Ylva, se c’è una cosa che ho imparato è che attaccare in svantaggio numerico non è mai una buona idea”
°°°
Nota dell'autrice:
Non penso che anche usando tutte le duecento parole a mia disposizione riuscirei a descrivere l'enorme bagaglio di idiozia che i miei protagonisti si portano dietro.
Non voglio mandare messaggi particolari con questa storia: ho solo due personaggi stupidi che mi divertirò a mettere in tutte le situazioni più assurde e imbarazzanti a cui riesco a pensare.
Genere: Comico, Demenziale, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Principi e Dei'
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1.

“Aggie…”

-Ignoralo! –

“AAAAAAggie!”

-Non deconcentrarti! Pensa solo a ricordarti l’elenco degli incantesimi base-

“AAAAAAAAAAggieeeeeeeeeee!”

“COSA C’È?” urlò, voltandosi.

Ylva perse l’equilibrio, cadendo dai talloni dove si stava dondolando e rotolò sul pavimento.

Si trovavano nello spazio comune della loro stanza dove Ageh (Aggie) Corion sperava inutilmente di poter studiare in pace.

Inizialmente era andato tutto bene: seduto in terra davanti al tavolino e circondato dalle diverse pile di libri che aveva preso in prestito dalla biblioteca, era riuscito a schematizzare in modo semplice e intuitivo le prime lezioni di magia.

Poi si era svegliato il suo compagno di stanza.

Era raro vederlo in piedi prima dell’ora di pranzo, soprattutto nel loro giorno libero. Sembrava incapace di combinare qualunque cosa se non dormiva almeno dieci ore.

Con il tempo aveva stilato una lista di cose che non sopportava: al primo posto c’era la sua brutta abitudine di girare in pigiama. Per lo meno poteva metterselo un pigiama. Invece sembrava sempre che il sonno lo avesse colto all’improvviso mentre si toglieva i vestiti.
Problema a cui ovviamente non si sognava di rimediare prima di uscire da camera sua.

Quando si alzava, rigorosamente mezzo svestito, iniziava il suo inferno personale.

A partire dai dolci.

Ageh non aveva idea di come se li procurasse, ma ogni giorno usciva dalla sua stanza con un dolce e cercava di convincerlo ad assaggiarlo. Quel giorno gli aveva appoggiato davanti una pila di ‘cosi’ (non avrebbe saputo come definirli altrimenti) dalla forma ovale grossi quanto un pugno e del tutto viola.
Secondo Ylva erano un dolce tipico di Powa il regno delle feste e degli eccessi.

Erano sorprendentemente buoni, ma Ageh non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura.

“Aggie!” esclamò l’altro ragazzo rimettendosi a sedere come se nulla fosse “Mi hai risposto, ora mi devi ascoltare!”

La seconda cosa che detestava, ma prima in ordine d’importanza, era quel ridicolo soprannome!

“Ylva” cercò di mantenere la calma con un notevole sforzo “Te l’ho già detto, il mio nome è Ageh Corion. Ageh, la g è dura e soprattutto non chiamarmi Aggie!”

“Certo, certo” disse agitando in aria una mano, come per accantonare fisicamente l’argomento “Senti ieri ho trovato un cucciolo, posso tenerlo?”

Ageh che già stava per rincarare la dose si fermò con un dito alzato:
“Come?”

“Un cucciolo! Ho pensato che un musone come te ha bisogno di tutto l’affetto possibile e cosa meglio di un cucciolo? Aspetta vado a prendertelo!”

“Asp…” rimase bloccato con una mano protesa nella direzione in cui era sparito.

Questa era la terza cosa che davvero lo irritava: molte volte gli sembrava di parlare da solo. Elencava le sue ragioni, spiegava le cose secondo una logica inoppugnabile e Ylva lo ascoltava. Per poi ignorarlo e continuare secondo il suo personale copione.

Come osava ignorarlo?

Era ancora per metà in ginocchio a riflettere sul suo orgoglio ferito quando Ylva ricomparve.

Preso dalle sue elucubrazioni non alzò subito gli occhi.

Grosso errore.

Una fiammata gli arrivò a pochi centimetri dal naso facendolo cadere all’indietro contro uno dei divani.

Con il cuore in gola e il respiro affannato, l’urlo successivo non gli riuscì virile quanto suonava nella sua testa:
“Cosa è quello?” anche Ylva sembrò sorpreso dell’acuto e per un attimo lo fissò senza parole, poi si morse con violenza il labbro per non ridere.

Fortunatamente l’affarino che teneva in braccio impedì un omicidio iniziando a dimenarsi finché Ylva non lo posò sul pavimento.
Il corpo in se era piccolo, ma fra il collo allungato e la coda, lunga quasi quanto tutto il resto messo insieme, arrivava circa ad un metro e mezzo. Ma a colpire Ageh furono soprattutto le ali.

“Un drago? Ci vuoi fare espellere? Dove lo hai preso? Anzi, no non dirmelo, riportacelo e basta”

Ylva gli sventolò un dito sotto il naso con un sorriso furbo, mentre l’esserino esplorava la stanza, inciampando a volte sulle ali che si trascinava dietro come un mantello.

“Sapevo che lo avresti detto! Così ho già pensato a tutto, ecco l’autorizzazione”

Ageh gli strappò il foglio di mano leggendo in fretta.

“Approfondimento pratico al livello sperimentale? E che vorrebbe dire?”

“E che ne so? Ma sembra che i paroloni piacciano ai professori e quello di Speciologia non ha esitato a firmare quando gliel’ho proposto”

“Si chiama Studio delle Caratteristiche Evolutive delle Diverse Specie”

“Troppo lungo! Perché non ti piace Speciologia? Suona!”

“L’unico suonato qui sei tu! Cosa sta facendo ora?” il piccolo drago aveva incontrato un grosso cuscino sulla sua strada e dopo un paio di tentativi falliti era riuscito a salirci sopra. Ora tastava dubbioso la superficie cedevole.

“Non ne ho la minima idea” rispose candidamente lo svitato in carica.

“Vai a prendermi il libro di Speciologia, corri!”

“L’hai detto! L’hai detto!” canticchiò felice saltellando fino alla sua camera per tornare con un grosso tomo.

Ageh glielo prese con rabbia dalle mani, indeciso se aveva il tempo per strangolarlo, ma rimandò ad un momento più tranquillo.

Appoggiò il libro a mezz’aria dove la sua magia lo bloccò comodamente aperto come se si trovasse su un leggio.
“Draghi!” ordinò alle pagine con voce perentoria e quelle si spalancarono sul capitolo richiesto.

Con Ylva appollaiato su una spalla scorse in fretta le righe osservando il cucciolo più volte: ora girava su se stesso annusando saltuariamente il cuscino.

“Credo stia facendo il nido”

Le dita del altro ragazzo gli si aggrapparono ad un braccio.

“Ma quello è il mio cuscino preferito!”

Con un po’ di vergogna Ageh si rese conto che era meschino provare soddisfazione per una sciocchezza simile, eppure non riuscì a trattenersi.
“Hai voluto tu un approfondimento pratico al livello sperimentale, no?”

“Ma a me quel cuscino piace taaaanto”

La quarta cosa che non sopportava del carattere di Ylva era il contatto fisico superfluo, quell’idiota sembrava non poter fare a meno di punzecchiarlo mentre studiava o mentre erano a lezione.

In quel momento stava strattonando il suo braccio destro avanti e indietro mentre si lamentava.

Si riappropriò del suo arto strappandolo alle grinfie di quell’uragano che il fato gli aveva rifilato:
“Va bene! Ora smettila! Cambierò un altro cuscino con la magia, per farlo uguale a quello, contento?”

Gli occhi di Ylva brillarono:
“Davvero? Posso averlo blu, anzi no verde! Con un drago sopra, adesso che ne abbiamo uno potremmo decorare la stanza a tema…”
Sopraffatto da quel fiume di parole si passò una mano sugli occhi.

Quel giorno sarebbe stato impossibile studiare ulteriormente.
   
 
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