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Autore: PathosPie    23/01/2016    0 recensioni
Un uomo con una passione smisurata a dir poco per le opere teatrali trova un libro di un'opera sconosciuta, mai sentita prima d'ora. Questo copione, tuttavia, è del tutto avvolto nel mistero più fitto, un mistero che forse era meglio non rivelare...
Genere: Generale, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ritorno affaticato e sfinito dal terribile evento, destinato a farmi perdere il lavoro. Ho ancora fame e sete, non ho toccato cibo o bevande. Decido di curiosare nel tomo, almeno per capire quale sarà il mio prossimo obiettivo: voltando le pagine, scritte con il sangue rosso rubino, scopro che la mia prossima tappa è all'altro capo del mondo, un villaggio sconosciuto di cui non viene riportato il nome. Per incontrare qualcuno che, secondo la storia, mi sta davvero a cuore. 

Ho già mia "moglie" che mi tradisce col primo uomo che gli capita a tiro, non ho intenzione di certo di farmi sposare da un libro. Oramai conosco come va a finire: vado a preparare la mia borsa di viaggio-sempre per volontà dell'opera-, mettendo pochi vestiti e qualche capo di biancheria intima. M'incammino per il porto della mia città, un posto davvero malfamato, se non il più malfamato della mia città. Sento il cuore battere all'impazzata, ma il mio corpo non tradisce le mie emozioni, sotto l'effetto di quel malefico trance. Avvisto una nave davvero grande e gradevole alla vista, molte di quelle persone si dirigono lì, alcune titubanti, altre in preda alla paura di essere derubate. 

Faccio per dirigermi verso la nave, ma ovviamente, me misero, le mie gambe mi riportano nella strada sbagliata, verso una catapecchia sul punto di affondare. A fare la fila vi erano persone dal viso meschino, con qualche spicciolo sporco e unto di chissà quale liquido.

I tipi non ispiravano fiducia alcuna, facevano paura: uno guardava la fila, spazientito e desideroso da un momento all'altro di sfogare la sua rabbia repressa.

Arrivato alla cassa, un vecchietto sgorbio, e molto sporco, senza fare parola, fa il gesto di chi chiede soldi maleducatamente per conferire il proprio servizio, spesso di scarsa qualità, scrutando solamente il mio abbigliamento e la mia postura. Io prendo i soldi dal mio portafogli e glieli porgo. Mi dirigo verso la barca, sempre se barca si può chiamare.

"Ok, passeggeri, sappiate che se volete stare in questa barca, dovrete fare i bravi e non rompermi le scatole. Se volete sgranocchiare qualcosa, sotto c'è qualcosa da mangiare. Stessa cosa per le cose da bere. Per i letti, dormite in ponte, o, se siete fortunati, trovate qualche stanza. Buon viaggio"

Non sarebbe stato affatto un buon viaggio: c'erano dei tipacci muscolosi che mi scrutavano minacciosamente, osservando i miei vestiti e le mie tasche. Certo, in confronto a loro sono un riccone, ma ciò non mi rassicura affatto.

"Ehi, piccoletto" si avvicina minacciosamente il più grosso di tutti "sgancia la grana e siamo apposto, ok?" la freddezza e la semplicità con cui lo dice mi raggela il cuore. Ed ecco che mi rimetto a cantare.

"PAGLIACCIOOOOO. VIGLIACCOOOOOOO. RUBAMAZZETTEEEEEEEE. TROVATI UN LAVOR, TROVATI UN LAVOR, LAVOR, LAVOOOOOOOOOR" sentitosi preso in giro, il grosso mi riempie di botte fino a farmi sanguinare di molto, aiutato anche da qualche altro tipaccio. La gente che mi osserva e se ne sta in disparte è troppo debole per poter intervenire. Vigliacchi.




Dopo un po', smettono, stanchi di massacrarmi di botte; chissà quanto continuerà questo inferno...

Chissà...
   
 
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