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Autore: DirceMichelaRivetti    25/01/2016    1 recensioni
Storia che vuole esplorare il passato di Jenkins, dalla sua gioventù fino al momento in cui la magia venne tolta dal mondo; i suoi rapporti con la Biblioteca e la sua relazione col padre.
Mi sono ispirata in parte al ciclo bretone, in parte a tutte le frasi (spesso lasciate in sospeso) pronunciate da Jenkins circa il proprio passato.
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Dulaque, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Melissa aveva fatto alcune raccomandazioni ad Astolfo e poi lo aveva fatto allontanare con l’ippogrifo. Dopo di che si era concentrata in una meditazione energizzante, per riprendere completamente le forze e poter affrontare Alcina che, sicuramente, si sarebbe presto svegliata. Pur in quello stato di raccoglimento in sé, la Maga era sufficientemente sensibile e ricettiva verso il mondo esterno per accorgersi di eventuali pericoli e potersi subito risvegliare e reagire.

Melissa rimase assorta per alcune ore e si ridestò quand’era già scesa la sera. Le sembrò strano l’aver potuto ristorarsi così a lungo, senza interruzioni: Alcina probabilmente si era destata ben prima di lei, doveva essersi accorta della scomparsa dei cavalieri, doveva aver reagito in un qualche modo. Non si era guardata attorno? Non aveva fatto alcun incantesimo per scoprire come fossero andate le cose? Forse sì, ma aveva deciso di non affrontarla direttamente.

La Maga decise di dirigersi verso il palazzo di Alcina per rendersi conto di come fosse la situazione. Si incamminò e si accorse che il cuore aveva iniziato a batterle piuttosto rapidamente, i suoi nervi erano tesi, il respiro era a scatti: come se fosse spaventata, eppure non ne aveva motivo. Non vi erano sinistri rumori, ombre misteriose o qualsiasi altra cosa che potesse destare paura, tutto era normale e tranquillo, tranne l’animo di Melissa che si colmava sempre più di terrore. Presto, però, fu certa di una cosa: quella paura non nasceva in lei, ma era indotta dall’esterno; qualcuno la stava riempiendo di paura con un qualche incantesimo. Decise di fermarsi per calmarsi e respingere quell’influsso che la scuoteva completamente e le impediva di poter agire nel migliore dei modi.

Ferma in piedi in mezzo a un sentiero quasi di campagna, provò ad allontanare quella paura imposta; iniziò con respiri profondi per rilassarsi e in quel momento sentì delle vibrazioni insolite. Spesso quando rimaneva in ascolto, riuscendo ad ignorare i rumori che la circondavano, la Maga sentiva la magia che attraversava ogni cosa, sentiva le sue onde e le sue vibrazioni che si alteravano e increspavano a seconda dell’ambiente, il tempo atmosferico, l’umore delle persone e molti altri fattori.

Ciò che sentiva in quel momento sull’isola d’Alcina, però, non era una vibrazione comune, era qualcosa che non ricordava di aver mai sentito prima. L’aria era così impregnata di magia che quasi trasudava ed era molto potente e aggressiva.

Melissa si stupì nel percepire tutto ciò, ebbe l’impressione di un’immensa entità avversa che incombeva su di lei.

Si guardò attorno alla ricerca di indizi ma ciò che la stava circondando, pronto a ghermirla, non poteva essere visto con gli occhi.

 

Galahad continuava a pedinare Orlando da più di una settimana e negli ultimi giorni ripensava spesso a ciò che suo padre gli aveva detto. Quel progetto gli piaceva molto, vedeva in esso la speranza per poter finalmente acquietare gli animi umani e non e farli vivere finalmente in modo armonioso come nella famigerata età dell’oro per i greci, il Satya yuga degli indiani, l’Eden degli Ebrei … quel mondo dove lupo e agnello avrebbero pascolato assieme, descritto dal profeta Isaia. Certo sapeva che era solo una metafora: gli animali non avrebbero mutato i loro istinti, ma gli uomini e le creature senzienti … per loro c’era speranza? Sì, lo credeva. Aveva studiato Platone e la tripartizione delle anime: concupiscibile, irascibile e razionale; e la metafora del carro. Non erano semplici speculazioni di un singolo filosofo: in tantissime tradizioni aveva ritrovato questo numero 3 per indicare le parti dell’anima o le fasi di un percorso spirituale. Ne era convinto: gli esseri dotati di ragione potevano sperare di elevarsi rispetto allo stato attuale, smettere di farsi guidare dalle passioni, i desideri, l’ira, l’avidità e il resto dei vizi, abbracciare una purezza d’animo e vivere finalmente sereni e felici. Un po’ come ai tempi di Camelot, ma ancora meglio. Sì, inizialmente ci sarebbe dovuta essere un’elite a governare e a garantire ordine e giustizia, finché gli animi di tutti non si sarebbero elevati e allora si sarebbe potuto vivere in tutto il mondo un po’ come a Brocelandia.

Sapeva di correre troppo con il pensiero. Il cambiamento avrebbe richiesto dedizione, impegno e, soprattutto, tanto tempo: avrebbero dovuto lavorare con calma e pazienza per decenni e non avrebbero dovuto pretendere di arrivare subito al meglio, ma procedere per gradi, un piccolo cambiamento dopo l’altro fino ad arrivare all’obbiettivo finale.

In fondo era ciò che aveva spesso immaginato con Melissa. L’addestrare Leone III e farlo diventare Pontefice, il sostegno a Carlo Magno, la formazione dei paladini erano tutte azioni che puntavano a un miglioramento del mondo. Era certo che la Maga sarebbe stata contenta nello scoprire che qualcun altro condivideva le loro idee … certo non sarebbe stata entusiasta, inizialmente, di trovare degli alleati in Viviana e il Lago, tuttavia era sicuro che alla fine avrebbe scacciato il vecchio astio.

Galahad era parecchio entusiasta, soprattutto per l’idea di collaborare fianco a fianco col padre che aveva visto relativamente poco dopo la caduta di Camelot. Lancillotto era stato sempre in Biblioteca, usciva solo lo stretto indispensabile per svolgere le varie missioni; Galahad invece era stato piuttosto distante da quell’ambiente e solo raramente era stato contattato per dare una mano in qualche impresa, generalmente le più aspre: fermare una furiosa guerra tra Naga e Garuda in India, sgominare una setta di stregoni invasati in Siberia, impedire che il dio egizio Seth conquistasse il mondo … ecco quella era stata probabilmente l’esperienza peggiore. Se in Siberia era rimasto inorridito dalla follia umana, il confronto con Seth e il suo regno non gli avevano solo mostrato la crudeltà, ma gliela avevano fatta vivere sulla sua stessa pelle. In passato era già stato torturato, ma ciò che patì in quella missione era stato in grado di fargli rimpiangere l’immortalità, tuttavia anche quella volta non aveva ceduto.

A distanza di decenni, tuttavia, il dolore delle torture era passato, mentre ciò che era rimasto maggiormente infisso nella sua memoria e nel suo animo era proprio la Siberia poiché era convinto che quei folli e le persone cadute sotto la loro influenza, potessero essere salvate e riportate alla ragione, eppure le circostanze lo avevano costretto ad ucciderli tutti. Non era stato né fiero, né contento di aver concluso quella missione, anzi la considerava un fallimento. Certo, aveva fermato la setta e impedito che quella furia contagiasse altre persone, però aveva visto quegli uomini, quelle donne e quei bambini non come malvagi, bensì come vittime stesse di quelle pratiche che non comprendevano appieno, ma che avevano seguito. Fu in quell’occasione che per la prima volta rimase inorridito dalla magia e che, forse, l’aveva capita appieno: prima la considerava una disciplina, un mezzo da utilizzare e che fosse neutrale e totalmente in mano a chi la praticasse e dunque la bontà o la cattiveria stava nelle persone; in Siberia, invece, comprese ciò che spesso Melissa aveva tentato di spiegargli: la magia influisce sullo spirito e sulla mente e i maghi devono combattere per sottomettere la magia al proprio volere e non esserne sopraffatti.

Quando si era trovato davanti ai settari, avrebbe voluto salvarli, ma non sapeva come fare e non poteva prendersi il tempo di trovare una soluzione, poiché essi non si arrestavano nella loro follia distruttrice. Era stato dunque costretto ad ucciderli tutti, per poterli fermare e massacrare quella gente lo aveva fatto sentire tremendamente in colpa.

Per qualche giorno era stato in bilico, col rischio di scivolare nella depressione, ma poi si era riscosso e aveva deciso di approfondire le sue conoscenze circa la magia, per poter essere maggiormente preparato in futuro: commiserarsi per ciò che aveva fatto era inutile, poteva solo cercare di migliorare.

Comunque, padre e figlio si erano visti solamente in quelle sporadiche circostanze in cui erano ugualmente in buona sintonia però entrambi avvertivano che mancasse qualcosa.

Galahad era dunque contento che il padre lo avesse voluto coinvolgere in quel progetto poiché gli ricordavano l’affetto e la stima che nutriva per lui, di cui ogni tanto ancora dubitava, soprattutto ripensando alla propria nascita.

Il cavaliere non vedeva l’ora di parlare di tutto ciò con Melissa e imbarcarsi con lei in quel nuovo progetto proposto da Lancillotto.

Era trascorsa una settimana dall’ultima volta che aveva parlato con lei. Non aveva più sue notizie da quando lo aveva informato di aver liberato i cavalieri imprigionati da Alcina. Gli sembrava molto strano non aver avuto ulteriori aggiornamenti, aveva provato a contattarla con le pietre di comunicazione, ma lei non aveva mai risposto. Questo lo preoccupava parecchio: perché non rispondeva da giorni? Forse aveva perso la pietra … ma di certo avrebbe potuto fabbricarsene un’altra. Da una parte avrebbe voluto scoprire che cosa fosse successo a Melissa, dall’altra non voleva lasciare Orlando senza che qualcuno lo sorvegliasse. Alla fine la preoccupazione ebbe la meglio, per cui ricorse a un rituale magico col quale tracciò un perimetro oltre il quale Orlando non poteva uscire, né chi era fuori poteva entrare. Galahad non era certo di quanto a lungo quel sigillo avrebbe funzionato, ma era la cosa migliore da fare.

Galahad si domandò dove gli convenisse recarsi: cercare l’isola d’Alcina, oppure andare a Roma, dove lui e la Maga avevano deciso di incontrarsi al termine delle rispettive ricerche? Forse lei lo aspettava lì e, per un qualche motivo, non poteva comunicare. Optò per passare da Roma, visto che la città era sulla strada per raggiungere l’isola. Il suo buon cavallo Brannon lo portò lì in un paio di giorni, tempo del tutto impossibile per un destriero normale.

Si presentò in Vaticano e disse ad un valletto di annunciare al Pontefice che era giunto Galahad Del Lago e che desiderava incontrarlo. Il cavaliere fu ricevuto immediatamente, ma non nella sala delle udienze, bensì negli appartamenti privati del Papa, dove avrebbe dovuto attendere qualche minuto. Rimase basito quando, entrando, vide che anche Yahuda ed Elaine si trovavano lì.

“Che sorpresa è mai questa?!” domandò Galahad “Non avete mai fatto visita a Leone, prima d’ora!”

“In realtà volevamo venire da voi, in Brocelandia, ma ci è stato detto che tu e Melissa eravate partiti, quindi siamo venuti qua, abbastanza certi che sareste passati o, almeno, che avremmo trovato informazioni.” spiegò Yahuda, calmo.

Elaine, invece, seccamente domandò: “Sai che cos’ha fatto tuo padre?”

Galahad pensò: Ecco perché mi hanno cercato: avevano bisogno che lo sostituissi! Figurarsi se si fanno vivi senza chiedere qualcosa.

Si limitò a rispondere: “Sì: ha abbandonato la Biblioteca.”

“Abbandonato …” ripeté Elaine, sempre acida “Sì, possiamo dire che ha abbandonato la Biblioteca, dopo averla depredata e distrutta.”

“Che cosa?!” sbalordì Galahad: la versione di Lancillotto era diversa.

“È vero.” confermò Yahuda “Da alcuni anni non c’era più l’armonia dei primi tempi e Lancillotto se ne stava spesso in disparte, ma non immaginavamo che covasse rabbia o odio nei nostri confronti. Come abbiamo fatto con te, lo avremmo lasciato libero di andare via se ci avesse detto di non trovarsi più bene e preferire un’altra vita. Invece, non era semplicemente questo, c’era qualcosa di più che l’ha portato a desiderare di annientarci.”

“Ha detto che condivide come sempre l’idea di combattere il male e cercare di portare la giustizia, ma non gli piace il vostro metodo che consiste nel nascondere e togliere, anziché insegnare. Lui vuole cambiare il mondo, renderlo consapevole e non smussare gli spigoli e basta.”

“Lo hai visto?” chiese Elaine “Gli hai parlato?”

“Sì, è venuto lui da me. Ha detto di essersene andato dalla Biblioteca e mi ha spiegato le sue ragioni e i progetti per il futuro … però ha omesso la parte in cui ha distrutto tutto.”

Yahuda commentò: “Sa di aver fatto un’azione sbagliata e non ha voluto dirtela affinché tu vedessi solo il buono in lui.”

Elaine tornò aspra: “Ha mandato in fumo ottocento anni di lavoro! Un giorno han fanno irruzione un manipolo di guerrieri e cominciano a devastare tutto. Nel cercare di difendere la Biblioteca ci siamo battuti anche io e Yahuda, come facevamo ai vecchi tempi. Ci domandavamo dove fosse Lancillotto, perché non fosse lì con noi e poi lo abbiamo visto che guidava i nostri nemici. Siamo stati costretti a fuggire. Si è impadronito di tantissimi manufatti e testi. Compresi il melo delle Esperidi e lo scrigno di Freya, per continuare a garantirsi l’immortalità.”

“Avete perso tutto?!” domandò il cavaliere.

“Quasi. Siamo riusciti a portare in salvo alcuni rotoli e pergamene, la Lancia di Longino, il Graal, Excalibur e poco altro, è tutto qui per il momento.”

“L’Arca dell’Alleanza?” si preoccupò Galahad “Quella è una delle poche cose che credo anch’io debbano essere nascoste.”

“Non è con noi, ma se la magia che la protegge ha funzionato a dovere, è stata teletrasportata nei sotterranei del tempio di Gerusalemme, per cui al momento non c’è da preoccuparsi.” Yahuda rispose.

Elaine commentò: “Mi chiedo dove li abbia portati e che cosa abbia intenzione di farne.”

Galahad pensò immediatamente che dietro tutta quella faccenda ci potesse essere Viviana: Lancillotto aveva detto apertamente di aver avuto molti e lunghi dialoghi con la madre, prima di prendere quella decisione, che lei gli aveva fornito i guerrieri di supporto e che lui voleva essere il braccio armato del Lago.

Viviana aveva escogitato tutto ciò: stimolare l’insoddisfazione di Lancillotto, indurlo a rivoltarsi contro la Biblioteca, rubare gli artefatti probabilmente per consegnarli a lei. Era però un male? Il progetto di cui gli aveva parlato il padre era positivo e per metterlo in atto senza dubbio sarebbero state utili le risorse della Biblioteca. Prenderle in quel modo, però, non era stato corretto. C’era da ammettere, tuttavia, che Yahuda non le avrebbe certo cedute spontaneamente. Quante volte lui, Galahad, aveva provato a esporre le proprie idee a Yahuda, aveva cercato di convincerlo ad agire diversamente, ma si era sentito rispondere di no, senza nemmeno una vera discussione?

Il cavaliere non era certo di che opinione nutrire su quella faccenda, per cui decise di non dire nulla riguardo a Viviana per il momento.

Prima che la conversazione potesse continuare, finalmente entrò nella stanza Leone III che subito andò a salutare con grande rispetto il cavaliere e, dopo i convenevoli, gli domandò che cosa lo avesse portato lì. Galahad raccontò delle preoccupazioni circa Carlo Magno e Agramante, di come lui e Melissa si erano separati per guadagnare tempo e di come non avesse più notizie da parte sua.

“Qua non si è fatta vedere e nemmeno io l’ho sentita.” disse il Papa, pensieroso “Non capisco cosa possa esserle successo … mi vengono in mente solo due ipotesi: o sta celebrando un qualche rituale potentissimo e difficilissimo che richiede giorni e giorni per portarlo a termine, oppure è stata presa prigioniera, peggio non voglio pensare … ma non so chi può avere abbastanza potere per avere la meglio su di lei.”

Galahad, invece, pensò immediatamente al Lago: Viviana e forse anche alcune delle sue allieve avevano di sicuro le capacità per tener testa a Melissa. Il Lago, tuttavia, non era coinvolto in quella faccenda. Vi era però qualcun altro il cui nome era già comparso.

Il cavaliere disse: “In giro per l’Europa tutti sostengono che Morgana fosse in combutta con Alcina ai danni di una terza maga di nome Logistilla. Confermate? Bene. Se Alcina è stata apprendista di Morgana, allora potrebbe essere abbastanza abile per fare del male a Melissa. In ogni caso, Melissa aveva espresso la volontà di indagare più a fondo, quindi forse si è recata lei stessa da Morgana per avere spiegazioni e poi chissà cosa le può essere successo. Credo che la cosa migliore da fare per scoprire qualcosa sia che io vada da Morgana a parlare o contrattare, vedremo che cosa la situazione richiederà.”

“Sei sicuro di voler andare da solo da Morgana?” chiese Elaine “Lo sai quanto è pericolosa.”

“Solo se la si irrita.” precisò Leone.

“Non ho paura ad andare, l’unica cosa è che mi dispiace lasciare in sospeso la faccenda di Carlo Magno. Non so esattamente come stiano le cose per lui, adesso. A parte Orlando e Astolfo, gli altri paladini sono tornati? Si hanno notizie di Rinaldo? Invece Agramante che cosa sta facendo?”

Il Papa gli rispose: “I due eserciti si stanno riformando. Molti cavalieri erano finiti di nuovo prigionieri del secondo castello di Atlante, pur essendo stati liberati già una volta da Bradamante; questa volta ci ha pensato Astolfo e Atlante non dovrebbe più dare problemi. Mancano ancora numerosi cavalieri, ma Carlo e Agramante paiono determinati ad affrontarsi di nuovo. Non ti preoccupare, tu vai pure, ci penserò io a tenere sott’occhio la situazione e ad aiutare il re dei Franchi, ormai ha piena fiducia in me, siamo buoni amici.”

Yahuda, con gran stupore di tutti, disse: “Anch’io darò il mio contributo contro Agramante.”

“Davvero?”

“È una minaccia per tutti, in fin dei conti. Inoltre, voglio provare a conoscere questo Carlo che tutti voi apprezzate tanto, sono curioso di vedere cos’abbia di speciale.”

Galahad, molto grato per quell’aiuto insperato, si disse pronto a ripartire subito. Leone III allora lo trattenne, dicendogli che avrebbe usato un incantesimo per aprire un varco in diretto collegamento con Avalon, in questo modo il viaggio sarebbe stato istantaneo e non lungo settimane, inoltre lui si sarebbe potuto riposare qualche ora e rifocillare. Così avvenne.

Quando fu giunto ad Avalon, Galahad cavalcò tranquillamente verso il castello di Morgana che era stato costruito intagliando, scolpendo e scavando un unico e immenso blocco di smeraldo, era poi decorato con gemme preziose e piante rampicanti e cariche di fiori. Arrivato a un paio di chilometri dal castello, il cavaliere notò cadaveri di guerrieri sparsi a terra e ne trovò ancora fin sotto le mura, parevano essere lì da un paio di giorni. Di guardia al castello trovò dei centauri che lo interrogarono circa chi fosse, da dove venisse, che cosa volesse e così via. Lo lasciarono fuori dal portone in attesa di avere l’autorizzazione a farlo entrare, poi gli imposero di lasciare le armi e il cavallo a loro. Un satiro lo scortò fin da Morgana. Galahad era stupito di vedere il palazzo deserto e no pieno di vita, ninfe, musici, creature varie intente in feste e divertimenti. Domandò al satiro spiegazioni al riguardo di ciò e dei morti che aveva visto per strada e scoprì che il castello era stato assalito tre giorni prima. Finalmente il cavaliere si trovò solo dinnanzi a Morgana.

La Fata aveva un’espressione severa e glaciale che la mostrava terribile, non aveva la solita finta infantilità dipinta in volto. Pareva irritata dalla presenza di Galahad e gli domandò: “Come mai sei qui da solo? Hai abbandonato mia nipote per seguire anche tu Logistilla?”

“Bene, essere diretto è quello che volevo anch’io. No, non ho lasciato Melissa, non lo farei mai. Se sono qui da solo è proprio perché speravo di trovarla qua. Come mai hai nominato Logistilla?”

“Calmo. Prima tu mi spieghi perché sei qua e risponderai ad eventuali mie domande, dopo deciderò che cosa è il caso di dirti.”

Galahad avrebbe voluto controbattere: non gli piacevano affatto i metodi della Fata e il suo modo di trattarlo, tuttavia non voleva perdere tempo o trattenersi lì più del dovuto, per cui rispiegò brevemente tutta la faccenda.

Gli occhi di Morgana furono accessi dall’ira ed esclamò: “E così vanno in giro a dire che io sarei in combutta con questa Alcina? Ma per favore! Non so nemmeno chi sia e di certo non ho interesse a imprigionare cavalieri.”

“Già, preferisci ucciderli, per quel che ho visto.”

“Voleva assaltare il mio castello, mi sono semplicemente difesa, nulla di strano o di crudele.”

“Avresti potuto liberarti di loro senza ammazzarli.”

“Sarebbero tornati a infastidirmi: meglio eliminare definitivamente i problemi. Inoltre, non vedo perché dovrei avere pietà per chi per me non aveva intenzione di averne. Comunque, hai detto che Melissa è scomparsa poco dopo aver liberato i cavalieri che questa Alcina teneva prigionieri, giusto?”

“Sì. Se ho capito bene, avevano più o meno tutti intenzione di raggiungere Logistilla, perché la ritenevano perseguitata da te ed Alcina.”

“Ridicolo! Io non ho idea di chi siano queste due! ...” toccò una pianta di glicine che incorniciava una delle finestre e la fece seccare in pochi istanti, poi ebbe un’intuizione e, calmatasi, disse: “Forse ho capito: sono Alcina e Logistilla in combutta contro di me. La prima ha attirato i cavalieri, li ha fatti soffrire e ha fatto in modo che essi, nelle loro menti, la associassero a me e dunque mi detestassero, inoltre li ha indotti ad avere compassione per Logistilla, in questo modo, quando sono stati liberati, sono andati da quest’ultima che li ha aizzati contro di me. Ecco perché mentre tentavano l’assedio gridavano vendetta per Logistilla … beh, è stata una pessima scelta la loro e la loro stupidità conferma che ucciderli è stato un favore per il mondo.”

“Qualcosa, però, devi aver fatto a queste due maghe, se ce l’hanno tanto con te.”

“Non necessariamente.” Morgana ragionò un poco, poi sbuffò e aggiunse: “Non avrei voluto raccontartelo, ma penso possa aiutare a far luce sulla faccenda, discolpare me dai tuoi assurdi pregiudizi e, spero, aiutarci a ritrovare Melissa.”

“Cosa?”

“Credo che l’assalto al castello fosse un diversivo per permettere a un altro cavaliere di tentare di rubare la corona di Artù.”

“Tu hai la corona di Artù?”

“Sì, voi vi siete accaparrati Excalibur, ma almeno la corona è con lui, nel letto di fiori in cui riposerà finché la profezia di Merlino non si compirà … Melissa me l’ha riferita. Comunque sono riuscita ad impedire che quel manigoldo violasse il luogo dove riposa mio fratello e l’ho rinchiuso in una cella, perché voglio capire esattamente chi sia, da chi sia stato mandato qui esattamente … forse riuscirò a scoprire chi sia davvero questa Logistilla.”

“Come hai fatto ad occuparti di lui, se stavi uccidendo tutti gli altri?”

“Trappole e allarmi magici. Artù è circondato da protezioni. Conosco la mania che ha Pelleas di collezionare oggetti magici nella sua Biblioteca, quindi già da tempo ho ideato un sistema di sicurezza capace di fermare persino tuo padre.”

“Oh, da lui hai poco da temere, ormai: ha distrutto la Biblioteca.”

“Per una volta ha fatto qualcosa di giusto.”

“Hai ottenuto qualche informazione dal tuo prigioniero?”

“Al momento nulla di utile, se non che si chiami Ruggiero.”

“Ruggiero? Ti hanno mandato uno dei migliori cavalieri in circolazione, è il campione di Agramante, non credo che riuscirai ad ottenere alcunché da lui.”

“Mi sottovaluti.”

“Ho un’idea migliore. Consegnami la corona e fammi liberare il prigioniero. Crederà ch’io sia stato inviato da Logistilla per completare la missione e salvarlo. Mi condurrà da lei e così avrò l’opportunità di indagare dall’interno e, spero, ritrovare Melissa. Se le è successo qualcosa sull’isola di Alcina, lo scoprirò sicuramente e potrò salvarla.

Galahad oltre a ciò che aveva detto, aveva il secondo fine di togliere un oggetto tanto potente come la corona di Artù dalle mani di Morgana. Non era certo di ciò che ne avrebbe fatto: avrebbe potuto offrirla a Carlo Magno, oppure conservarla per il progetto prospettatogli dal padre. Avrebbe deciso in futuro.

Morgana, che non era sciocca e ben sapeva che, se avesse ceduto la corona, non l’avrebbe vista mai più, finse di acconsentire alla richiesta del cavaliere, ma aveva l’intenzione di dargli non la vera corona, bensì una copia perfetta: lui non era un mago e dunque non si sarebbe accorto dell’inganno.

“Hai ancora il cavallo che prendesti da me?”

Brannon! Sì, certo, è il mio fedele compagno.”

“Niente smancerie. Posso potenziarlo con la capacità di volare? Così non sarà un problema abbandonare l’isola e poi sarai più rapido per andare dove si nasconde quell’infida Logistilla.”

“Puoi davvero dargli le ali?”

“Ovviamente.”

Morgana operò un incantesimo rituale per potenziare il cavallo che aveva creato secoli prima, poi diede la falsa corona a Galahad che non si accorse dell’inganno. La Fata tentò di divinare Melissa, per scoprire dove si trovasse e in quali condizioni fosse, ma purtroppo non riuscì: c’erano interferenze che nemmeno lei riusciva a superare e ciò la faceva infuriare.

Il cavaliere aspettò la notte per far evadere Ruggiero e fuggire in groppa a Brannon. Ruggiero fu diffidente solo per qualche momento, ma presto accettò quel soccorso e si convinse che il suo liberatore era stato inviato dalla buona Logistilla, anche perché gli aveva parlato della donna che aveva dissolto l’inganno di Alcina.

Quando si furono allontanati da Avalon e stavano sorvolando il continente, Galahad convinse Ruggiero a tornare presso il suo re e cercare l’amata Bradamante. In questo modo giunse da solo presso Logistilla, l’ubicazione della cui abitazione gli era stata rivelata dall’altro cavaliere.

Logistilla non abitava in un castello e nemmeno in un palazzo, bensì in una semplice casetta, un po’ più carina e confortevole di quelle della gente comune, ma non paragonabile a una dimora nobiliare. Galahad pensò che l’aspetto di quella casa facesse parte della strategia per commuovere i cavalieri e legarli a Logistilla.

Non era certo di cosa dovesse aspettarsi, ma si fece coraggio e bussò.

Sentì dei passi e una voce dolce chiedere: “Chi è?”

Galahad Del Lago.”

La porta si aprì e si mostrò una ragazza giovanissima, con riccioli d’oro, grandi occhi cangianti, un’espressione timida. Lo scrutò, poi sorrise e disse: “Siete voi davvero.”

“Mi conoscete?” si stupì il cavaliere.

“Mi hanno parlato molto di voi. Venite, entrate.”

Galahad entrò, un poco sospettoso: capiva perfettamente come Logistilla avesse potuto spronare centinaia di cavalieri ad assalire Avalon, la sua giovinezza e il suo candore avrebbero intenerito e conquistato chiunque. Per fortuna lui era stato avvertito e non si sarebbe lasciato ingannare.

Tirò fuori dalla bisaccia la corona di Artù, la mostrò e disse: “Mi risulta voi stiate cercando questa.”

Logistilla fu realmente sorpresa nel vederla, strabuzzò gli occhi e chiese: “Chi ve lo ha detto?”

Galahad si aspettava una domanda del genere e aveva pensato a differenti opzioni per rispondere, ma non aveva ancora deciso quale utilizzare. Al momento, gli venne da dire: “Se sapete chi sono, non dovreste stupirvi, non credete?”

Il volto di Logistilla cambiò espressione: non più candore fanciullesco, ma un misto di orgoglio e cinismo. Replicò: “Non sapevo foste già entrato nel progetto. Da quando ho iniziato a recitare la parte della povera esule, non ho più avuto contatti, onde evitare di destare sospetti. Finalmente abbiamo la corona e posso mettere fine a questa messinscena. Venite, ho una via diretta.”

   
 
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