Melissa
aveva fatto alcune raccomandazioni ad Astolfo e poi
lo aveva fatto allontanare con l’ippogrifo. Dopo di che si era concentrata in
una meditazione energizzante, per riprendere completamente le forze e poter
affrontare Alcina che, sicuramente, si sarebbe presto
svegliata. Pur in quello stato di raccoglimento in sé, la Maga era
sufficientemente sensibile e ricettiva verso il mondo esterno per accorgersi di
eventuali pericoli e potersi subito risvegliare e reagire.
Melissa
rimase assorta per alcune ore e si ridestò quand’era già scesa la sera. Le sembrò
strano l’aver potuto ristorarsi così a lungo, senza interruzioni: Alcina probabilmente si era destata ben prima di lei,
doveva essersi accorta della scomparsa dei cavalieri, doveva aver reagito in un
qualche modo. Non si era guardata attorno? Non aveva fatto alcun incantesimo
per scoprire come fossero andate le cose? Forse sì, ma aveva deciso di non
affrontarla direttamente.
La
Maga decise di dirigersi verso il palazzo di Alcina
per rendersi conto di come fosse la situazione. Si incamminò e si accorse che
il cuore aveva iniziato a batterle piuttosto rapidamente, i suoi nervi erano
tesi, il respiro era a scatti: come se fosse spaventata, eppure non ne aveva
motivo. Non vi erano sinistri rumori, ombre misteriose o qualsiasi altra cosa
che potesse destare paura, tutto era normale e tranquillo, tranne l’animo di
Melissa che si colmava sempre più di terrore. Presto, però, fu certa di una
cosa: quella paura non nasceva in lei, ma era indotta dall’esterno; qualcuno la
stava riempiendo di paura con un qualche incantesimo. Decise di fermarsi per
calmarsi e respingere quell’influsso che la scuoteva completamente e le
impediva di poter agire nel migliore dei modi.
Ferma
in piedi in mezzo a un sentiero quasi di campagna, provò ad allontanare quella
paura imposta; iniziò con respiri profondi per rilassarsi e in quel momento sentì
delle vibrazioni insolite. Spesso quando rimaneva in ascolto, riuscendo ad
ignorare i rumori che la circondavano, la Maga sentiva la magia che
attraversava ogni cosa, sentiva le sue onde e le sue vibrazioni che si
alteravano e increspavano a seconda dell’ambiente, il tempo atmosferico, l’umore
delle persone e molti altri fattori.
Ciò
che sentiva in quel momento sull’isola d’Alcina, però,
non era una vibrazione comune, era qualcosa che non ricordava di aver mai
sentito prima. L’aria era così impregnata di magia che quasi trasudava ed era
molto potente e aggressiva.
Melissa
si stupì nel percepire tutto ciò, ebbe l’impressione di un’immensa entità
avversa che incombeva su di lei.
Si
guardò attorno alla ricerca di indizi ma ciò che la stava circondando, pronto a
ghermirla, non poteva essere visto con gli occhi.
Galahad continuava a
pedinare Orlando da più di una settimana e negli ultimi giorni ripensava spesso
a ciò che suo padre gli aveva detto. Quel progetto gli piaceva molto, vedeva in
esso la speranza per poter finalmente acquietare gli animi umani e non e farli
vivere finalmente in modo armonioso come nella famigerata età dell’oro per i
greci, il Satya yuga degli
indiani, l’Eden degli Ebrei … quel mondo dove lupo e agnello avrebbero
pascolato assieme, descritto dal profeta Isaia. Certo sapeva che era solo una
metafora: gli animali non avrebbero mutato i loro istinti, ma gli uomini e le
creature senzienti … per loro c’era speranza? Sì, lo credeva. Aveva studiato
Platone e la tripartizione delle anime: concupiscibile, irascibile e razionale;
e la metafora del carro. Non erano semplici speculazioni di un singolo filosofo:
in tantissime tradizioni aveva ritrovato questo numero 3 per indicare le parti
dell’anima o le fasi di un percorso spirituale. Ne era convinto: gli esseri
dotati di ragione potevano sperare di elevarsi rispetto allo stato attuale,
smettere di farsi guidare dalle passioni, i desideri, l’ira, l’avidità e il
resto dei vizi, abbracciare una purezza d’animo e vivere finalmente sereni e
felici. Un po’ come ai tempi di Camelot, ma ancora
meglio. Sì, inizialmente ci sarebbe dovuta essere un’elite a governare e a
garantire ordine e giustizia, finché gli animi di tutti non si sarebbero
elevati e allora si sarebbe potuto vivere in tutto il mondo un po’ come a Brocelandia.
Sapeva
di correre troppo con il pensiero. Il cambiamento avrebbe richiesto dedizione,
impegno e, soprattutto, tanto tempo: avrebbero dovuto lavorare con calma e
pazienza per decenni e non avrebbero dovuto pretendere di arrivare subito al meglio,
ma procedere per gradi, un piccolo cambiamento dopo l’altro fino ad arrivare
all’obbiettivo finale.
In
fondo era ciò che aveva spesso immaginato con Melissa. L’addestrare Leone III e
farlo diventare Pontefice, il sostegno a Carlo Magno, la formazione dei
paladini erano tutte azioni che puntavano a un miglioramento del mondo. Era certo
che la Maga sarebbe stata contenta nello scoprire che qualcun altro condivideva
le loro idee … certo non sarebbe stata entusiasta, inizialmente, di trovare
degli alleati in Viviana e il Lago, tuttavia era sicuro che alla fine avrebbe
scacciato il vecchio astio.
Galahad era parecchio
entusiasta, soprattutto per l’idea di collaborare fianco a fianco col padre che
aveva visto relativamente poco dopo la caduta di Camelot.
Lancillotto era stato sempre in Biblioteca, usciva solo lo stretto
indispensabile per svolgere le varie missioni; Galahad
invece era stato piuttosto distante da quell’ambiente e solo raramente era
stato contattato per dare una mano in qualche impresa, generalmente le più
aspre: fermare una furiosa guerra tra Naga e Garuda in India, sgominare una
setta di stregoni invasati in Siberia, impedire che il dio egizio Seth
conquistasse il mondo … ecco quella era stata probabilmente l’esperienza
peggiore. Se in Siberia era rimasto inorridito dalla follia umana, il confronto
con Seth e il suo regno non gli avevano solo mostrato la crudeltà, ma gliela
avevano fatta vivere sulla sua stessa pelle. In passato era già stato
torturato, ma ciò che patì in quella missione era stato in grado di fargli
rimpiangere l’immortalità, tuttavia anche quella volta non aveva ceduto.
A
distanza di decenni, tuttavia, il dolore delle torture era passato, mentre ciò
che era rimasto maggiormente infisso nella sua memoria e nel suo animo era
proprio la Siberia poiché era convinto che quei folli e le persone cadute sotto
la loro influenza, potessero essere salvate e riportate alla ragione, eppure le
circostanze lo avevano costretto ad ucciderli tutti. Non era stato né fiero, né
contento di aver concluso quella missione, anzi la considerava un fallimento. Certo,
aveva fermato la setta e impedito che quella furia contagiasse altre persone,
però aveva visto quegli uomini, quelle donne e quei bambini non come malvagi,
bensì come vittime stesse di quelle pratiche che non comprendevano appieno, ma
che avevano seguito. Fu in quell’occasione che per la prima volta rimase
inorridito dalla magia e che, forse, l’aveva capita appieno: prima la
considerava una disciplina, un mezzo da utilizzare e che fosse neutrale e
totalmente in mano a chi la praticasse e dunque la bontà o la cattiveria stava
nelle persone; in Siberia, invece, comprese ciò che spesso Melissa aveva
tentato di spiegargli: la magia influisce sullo spirito e sulla mente e i maghi
devono combattere per sottomettere la magia al proprio volere e non esserne
sopraffatti.
Quando
si era trovato davanti ai settari, avrebbe voluto salvarli, ma non sapeva come
fare e non poteva prendersi il tempo di trovare una soluzione, poiché essi non
si arrestavano nella loro follia distruttrice. Era stato dunque costretto ad
ucciderli tutti, per poterli fermare e massacrare quella gente lo aveva fatto
sentire tremendamente in colpa.
Per
qualche giorno era stato in bilico, col rischio di scivolare nella depressione,
ma poi si era riscosso e aveva deciso di approfondire le sue conoscenze circa
la magia, per poter essere maggiormente preparato in futuro: commiserarsi per ciò
che aveva fatto era inutile, poteva solo cercare di migliorare.
Comunque,
padre e figlio si erano visti solamente in quelle sporadiche circostanze in cui
erano ugualmente in buona sintonia però entrambi avvertivano che mancasse
qualcosa.
Galahad era dunque
contento che il padre lo avesse voluto coinvolgere in quel progetto poiché gli
ricordavano l’affetto e la stima che nutriva per lui, di cui ogni tanto ancora
dubitava, soprattutto ripensando alla propria nascita.
Il
cavaliere non vedeva l’ora di parlare di tutto ciò con Melissa e imbarcarsi con
lei in quel nuovo progetto proposto da Lancillotto.
Era
trascorsa una settimana dall’ultima volta che aveva parlato con lei. Non aveva
più sue notizie da quando lo aveva informato di aver liberato i cavalieri
imprigionati da Alcina. Gli sembrava molto strano non
aver avuto ulteriori aggiornamenti, aveva provato a contattarla con le pietre
di comunicazione, ma lei non aveva mai risposto. Questo lo preoccupava
parecchio: perché non rispondeva da giorni? Forse aveva perso la pietra … ma di
certo avrebbe potuto fabbricarsene un’altra. Da una parte avrebbe voluto
scoprire che cosa fosse successo a Melissa, dall’altra non voleva lasciare
Orlando senza che qualcuno lo sorvegliasse. Alla fine la preoccupazione ebbe la
meglio, per cui ricorse a un rituale magico col quale tracciò un perimetro
oltre il quale Orlando non poteva uscire, né chi era fuori poteva entrare. Galahad non era certo di quanto a lungo quel sigillo
avrebbe funzionato, ma era la cosa migliore da fare.
Galahad si domandò dove
gli convenisse recarsi: cercare l’isola d’Alcina,
oppure andare a Roma, dove lui e la Maga avevano deciso di incontrarsi al
termine delle rispettive ricerche? Forse lei lo aspettava lì e, per un qualche
motivo, non poteva comunicare. Optò per passare da Roma, visto che la città era
sulla strada per raggiungere l’isola. Il suo buon cavallo Brannon
lo portò lì in un paio di giorni, tempo del tutto impossibile per un destriero
normale.
Si
presentò in Vaticano e disse ad un valletto di annunciare al Pontefice che era
giunto Galahad Del Lago e che desiderava incontrarlo.
Il cavaliere fu ricevuto immediatamente, ma non nella sala delle udienze, bensì
negli appartamenti privati del Papa, dove avrebbe dovuto attendere qualche
minuto. Rimase basito quando, entrando, vide che anche Yahuda
ed Elaine si trovavano lì.
“Che
sorpresa è mai questa?!” domandò Galahad “Non avete
mai fatto visita a Leone, prima d’ora!”
“In
realtà volevamo venire da voi, in Brocelandia, ma ci
è stato detto che tu e Melissa eravate partiti, quindi siamo venuti qua,
abbastanza certi che sareste passati o, almeno, che avremmo trovato informazioni.”
spiegò Yahuda, calmo.
Elaine,
invece, seccamente domandò: “Sai che cos’ha fatto tuo padre?”
Galahad pensò: Ecco perché mi hanno cercato: avevano
bisogno che lo sostituissi! Figurarsi se si fanno vivi senza chiedere qualcosa.
Si
limitò a rispondere: “Sì: ha abbandonato la Biblioteca.”
“Abbandonato
…” ripeté Elaine, sempre acida “Sì, possiamo dire che ha abbandonato la
Biblioteca, dopo averla depredata e distrutta.”
“Che
cosa?!” sbalordì Galahad: la versione di Lancillotto
era diversa.
“È
vero.” confermò Yahuda “Da alcuni anni non c’era più
l’armonia dei primi tempi e Lancillotto se ne stava spesso in disparte, ma non
immaginavamo che covasse rabbia o odio nei nostri confronti. Come abbiamo fatto
con te, lo avremmo lasciato libero di andare via se ci avesse detto di non
trovarsi più bene e preferire un’altra vita. Invece, non era semplicemente
questo, c’era qualcosa di più che l’ha portato a desiderare di annientarci.”
“Ha
detto che condivide come sempre l’idea di combattere il male e cercare di
portare la giustizia, ma non gli piace il vostro metodo che consiste nel nascondere
e togliere, anziché insegnare. Lui vuole cambiare il mondo, renderlo
consapevole e non smussare gli spigoli e basta.”
“Lo
hai visto?” chiese Elaine “Gli hai parlato?”
“Sì,
è venuto lui da me. Ha detto di essersene andato dalla Biblioteca e mi ha
spiegato le sue ragioni e i progetti per il futuro … però ha omesso la parte in
cui ha distrutto tutto.”
Yahuda commentò: “Sa
di aver fatto un’azione sbagliata e non ha voluto dirtela affinché tu vedessi
solo il buono in lui.”
Elaine
tornò aspra: “Ha mandato in fumo ottocento anni di lavoro! Un giorno han fanno
irruzione un manipolo di guerrieri e cominciano a devastare tutto. Nel cercare
di difendere la Biblioteca ci siamo battuti anche io e Yahuda,
come facevamo ai vecchi tempi. Ci domandavamo dove fosse Lancillotto, perché
non fosse lì con noi e poi lo abbiamo visto che guidava i nostri nemici. Siamo stati
costretti a fuggire. Si è impadronito di tantissimi manufatti e testi. Compresi
il melo delle Esperidi e lo scrigno di Freya, per
continuare a garantirsi l’immortalità.”
“Avete
perso tutto?!” domandò il cavaliere.
“Quasi.
Siamo riusciti a portare in salvo alcuni rotoli e pergamene, la Lancia di Longino, il Graal, Excalibur e poco altro, è tutto qui per
il momento.”
“L’Arca
dell’Alleanza?” si preoccupò Galahad “Quella è una
delle poche cose che credo anch’io debbano essere nascoste.”
“Non
è con noi, ma se la magia che la protegge ha funzionato a dovere, è stata
teletrasportata nei sotterranei del tempio di Gerusalemme, per cui al momento
non c’è da preoccuparsi.” Yahuda rispose.
Elaine
commentò: “Mi chiedo dove li abbia portati e che cosa abbia intenzione di
farne.”
Galahad pensò
immediatamente che dietro tutta quella faccenda ci potesse essere Viviana:
Lancillotto aveva detto apertamente di aver avuto molti e lunghi dialoghi con
la madre, prima di prendere quella decisione, che lei gli aveva fornito i
guerrieri di supporto e che lui voleva essere il braccio armato del Lago.
Viviana
aveva escogitato tutto ciò: stimolare l’insoddisfazione di Lancillotto, indurlo
a rivoltarsi contro la Biblioteca, rubare gli artefatti probabilmente per
consegnarli a lei. Era però un male? Il progetto di cui gli aveva parlato il
padre era positivo e per metterlo in atto senza dubbio sarebbero state utili le
risorse della Biblioteca. Prenderle in quel modo, però, non era stato corretto.
C’era da ammettere, tuttavia, che Yahuda non le
avrebbe certo cedute spontaneamente. Quante volte lui, Galahad,
aveva provato a esporre le proprie idee a Yahuda,
aveva cercato di convincerlo ad agire diversamente, ma si era sentito
rispondere di no, senza nemmeno una vera discussione?
Il
cavaliere non era certo di che opinione nutrire su quella faccenda, per cui
decise di non dire nulla riguardo a Viviana per il momento.
Prima
che la conversazione potesse continuare, finalmente entrò nella stanza Leone
III che subito andò a salutare con grande rispetto il cavaliere e, dopo i
convenevoli, gli domandò che cosa lo avesse portato lì. Galahad
raccontò delle preoccupazioni circa Carlo Magno e Agramante,
di come lui e Melissa si erano separati per guadagnare tempo e di come non
avesse più notizie da parte sua.
“Qua
non si è fatta vedere e nemmeno io l’ho sentita.” disse il Papa, pensieroso “Non
capisco cosa possa esserle successo … mi vengono in mente solo due ipotesi: o
sta celebrando un qualche rituale potentissimo e difficilissimo che richiede
giorni e giorni per portarlo a termine, oppure è stata presa prigioniera,
peggio non voglio pensare … ma non so chi può avere abbastanza potere per avere
la meglio su di lei.”
Galahad, invece, pensò
immediatamente al Lago: Viviana e forse anche alcune delle sue allieve avevano
di sicuro le capacità per tener testa a Melissa. Il Lago, tuttavia, non era
coinvolto in quella faccenda. Vi era però qualcun altro il cui nome era già
comparso.
Il
cavaliere disse: “In giro per l’Europa tutti sostengono che Morgana fosse in
combutta con Alcina ai danni di una terza maga di
nome Logistilla. Confermate? Bene. Se Alcina è stata apprendista di Morgana, allora potrebbe
essere abbastanza abile per fare del male a Melissa. In ogni caso, Melissa
aveva espresso la volontà di indagare più a fondo, quindi forse si è recata lei
stessa da Morgana per avere spiegazioni e poi chissà cosa le può essere
successo. Credo che la cosa migliore da fare per scoprire qualcosa sia che io
vada da Morgana a parlare o contrattare, vedremo che cosa la situazione
richiederà.”
“Sei
sicuro di voler andare da solo da Morgana?” chiese Elaine “Lo sai quanto è
pericolosa.”
“Solo
se la si irrita.” precisò Leone.
“Non
ho paura ad andare, l’unica cosa è che mi dispiace lasciare in sospeso la
faccenda di Carlo Magno. Non so esattamente come stiano le cose per lui,
adesso. A parte Orlando e Astolfo, gli altri paladini
sono tornati? Si hanno notizie di Rinaldo? Invece Agramante
che cosa sta facendo?”
Il
Papa gli rispose: “I due eserciti si stanno riformando. Molti cavalieri erano
finiti di nuovo prigionieri del secondo castello di Atlante, pur essendo stati
liberati già una volta da Bradamante; questa volta ci
ha pensato Astolfo e Atlante non dovrebbe più dare
problemi. Mancano ancora numerosi cavalieri, ma Carlo e Agramante
paiono determinati ad affrontarsi di nuovo. Non ti preoccupare, tu vai pure, ci
penserò io a tenere sott’occhio la situazione e ad aiutare il re dei Franchi,
ormai ha piena fiducia in me, siamo buoni amici.”
Yahuda, con gran
stupore di tutti, disse: “Anch’io darò il mio contributo contro Agramante.”
“Davvero?”
“È
una minaccia per tutti, in fin dei conti. Inoltre, voglio provare a conoscere
questo Carlo che tutti voi apprezzate tanto, sono curioso di vedere cos’abbia
di speciale.”
Galahad, molto grato
per quell’aiuto insperato, si disse pronto a ripartire subito. Leone III allora
lo trattenne, dicendogli che avrebbe usato un incantesimo per aprire un varco
in diretto collegamento con Avalon, in questo modo il
viaggio sarebbe stato istantaneo e non lungo settimane, inoltre lui si sarebbe
potuto riposare qualche ora e rifocillare. Così avvenne.
Quando
fu giunto ad Avalon, Galahad
cavalcò tranquillamente verso il castello di Morgana che era stato costruito
intagliando, scolpendo e scavando un unico e immenso blocco di smeraldo, era
poi decorato con gemme preziose e piante rampicanti e cariche di fiori. Arrivato
a un paio di chilometri dal castello, il cavaliere notò cadaveri di guerrieri sparsi
a terra e ne trovò ancora fin sotto le mura, parevano essere lì da un paio di
giorni. Di guardia al castello trovò dei centauri che lo interrogarono circa
chi fosse, da dove venisse, che cosa volesse e così via. Lo lasciarono fuori
dal portone in attesa di avere l’autorizzazione a farlo entrare, poi gli
imposero di lasciare le armi e il cavallo a loro. Un satiro lo scortò fin da
Morgana. Galahad era stupito di vedere il palazzo
deserto e no pieno di vita, ninfe, musici, creature varie intente
in feste e divertimenti. Domandò al satiro spiegazioni al riguardo di ciò e dei
morti che aveva visto per strada e scoprì che il castello era stato assalito
tre giorni prima. Finalmente il cavaliere si trovò solo dinnanzi a Morgana.
La
Fata aveva un’espressione severa e glaciale che la mostrava terribile, non
aveva la solita finta infantilità dipinta in volto. Pareva irritata dalla
presenza di Galahad e gli domandò: “Come mai sei qui
da solo? Hai abbandonato mia nipote per seguire anche tu Logistilla?”
“Bene,
essere diretto è quello che volevo anch’io. No, non ho lasciato Melissa, non lo
farei mai. Se sono qui da solo è proprio perché speravo di trovarla qua. Come mai
hai nominato Logistilla?”
“Calmo.
Prima tu mi spieghi perché sei qua e risponderai ad eventuali mie domande, dopo
deciderò che cosa è il caso di dirti.”
Galahad avrebbe voluto
controbattere: non gli piacevano affatto i metodi della Fata e il suo modo di
trattarlo, tuttavia non voleva perdere tempo o trattenersi lì più del dovuto,
per cui rispiegò brevemente tutta la faccenda.
Gli
occhi di Morgana furono accessi dall’ira ed esclamò: “E così vanno in giro a
dire che io sarei in combutta con questa Alcina? Ma
per favore! Non so nemmeno chi sia e di certo non ho interesse a imprigionare
cavalieri.”
“Già,
preferisci ucciderli, per quel che ho visto.”
“Voleva
assaltare il mio castello, mi sono semplicemente difesa, nulla di strano o di
crudele.”
“Avresti
potuto liberarti di loro senza ammazzarli.”
“Sarebbero
tornati a infastidirmi: meglio eliminare definitivamente i problemi. Inoltre,
non vedo perché dovrei avere pietà per chi per me non aveva intenzione di
averne. Comunque, hai detto che Melissa è scomparsa poco dopo aver liberato i
cavalieri che questa Alcina teneva prigionieri,
giusto?”
“Sì.
Se ho capito bene, avevano più o meno tutti intenzione di raggiungere Logistilla, perché la ritenevano perseguitata da te ed Alcina.”
“Ridicolo!
Io non ho idea di chi siano queste due! ...” toccò una pianta di glicine che
incorniciava una delle finestre e la fece seccare in pochi istanti, poi ebbe un’intuizione
e, calmatasi, disse: “Forse ho capito: sono Alcina e Logistilla in combutta contro di me. La prima ha attirato i
cavalieri, li ha fatti soffrire e ha fatto in modo che essi, nelle loro menti,
la associassero a me e dunque mi detestassero, inoltre li ha indotti ad avere
compassione per Logistilla, in questo modo, quando
sono stati liberati, sono andati da quest’ultima che li ha aizzati contro di
me. Ecco perché mentre tentavano l’assedio gridavano vendetta per Logistilla … beh, è stata una pessima scelta la loro e la
loro stupidità conferma che ucciderli è stato un favore per il mondo.”
“Qualcosa,
però, devi aver fatto a queste due maghe, se ce l’hanno tanto con te.”
“Non
necessariamente.” Morgana ragionò un poco, poi sbuffò e aggiunse: “Non avrei
voluto raccontartelo, ma penso possa aiutare a far luce sulla faccenda,
discolpare me dai tuoi assurdi pregiudizi e, spero, aiutarci a ritrovare
Melissa.”
“Cosa?”
“Credo
che l’assalto al castello fosse un diversivo per permettere a un altro
cavaliere di tentare di rubare la corona di Artù.”
“Tu
hai la corona di Artù?”
“Sì,
voi vi siete accaparrati Excalibur, ma almeno la corona è con lui, nel letto di
fiori in cui riposerà finché la profezia di Merlino non si compirà … Melissa me
l’ha riferita. Comunque sono riuscita ad impedire che quel manigoldo violasse
il luogo dove riposa mio fratello e l’ho rinchiuso in una cella, perché voglio
capire esattamente chi sia, da chi sia stato mandato qui esattamente … forse
riuscirò a scoprire chi sia davvero questa Logistilla.”
“Come
hai fatto ad occuparti di lui, se stavi uccidendo tutti gli altri?”
“Trappole
e allarmi magici. Artù è circondato da protezioni. Conosco la mania che ha Pelleas di collezionare oggetti magici nella sua
Biblioteca, quindi già da tempo ho ideato un sistema di sicurezza capace di
fermare persino tuo padre.”
“Oh,
da lui hai poco da temere, ormai: ha distrutto la Biblioteca.”
“Per
una volta ha fatto qualcosa di giusto.”
“Hai
ottenuto qualche informazione dal tuo prigioniero?”
“Al
momento nulla di utile, se non che si chiami Ruggiero.”
“Ruggiero?
Ti hanno mandato uno dei migliori cavalieri in circolazione, è il campione di Agramante, non credo che riuscirai ad ottenere alcunché da
lui.”
“Mi
sottovaluti.”
“Ho
un’idea migliore. Consegnami la corona e fammi liberare il prigioniero. Crederà
ch’io sia stato inviato da Logistilla per completare
la missione e salvarlo. Mi condurrà da lei e così avrò l’opportunità di
indagare dall’interno e, spero, ritrovare Melissa. Se le è successo qualcosa
sull’isola di Alcina, lo scoprirò sicuramente e potrò
salvarla.
Galahad oltre a ciò che
aveva detto, aveva il secondo fine di togliere un oggetto tanto potente come la
corona di Artù dalle mani di Morgana. Non era certo di ciò che ne avrebbe
fatto: avrebbe potuto offrirla a Carlo Magno, oppure conservarla per il progetto
prospettatogli dal padre. Avrebbe deciso in futuro.
Morgana,
che non era sciocca e ben sapeva che, se avesse ceduto la corona, non l’avrebbe
vista mai più, finse di acconsentire alla richiesta del cavaliere, ma aveva l’intenzione
di dargli non la vera corona, bensì una copia perfetta: lui non era un mago e
dunque non si sarebbe accorto dell’inganno.
“Hai
ancora il cavallo che prendesti da me?”
“Brannon! Sì, certo, è il mio fedele compagno.”
“Niente
smancerie. Posso potenziarlo con la capacità di volare? Così non sarà un problema
abbandonare l’isola e poi sarai più rapido per andare dove si nasconde quell’infida
Logistilla.”
“Puoi
davvero dargli le ali?”
“Ovviamente.”
Morgana
operò un incantesimo rituale per potenziare il cavallo che aveva creato secoli
prima, poi diede la falsa corona a Galahad che non si
accorse dell’inganno. La Fata tentò di divinare Melissa, per scoprire dove si
trovasse e in quali condizioni fosse, ma purtroppo non riuscì: c’erano
interferenze che nemmeno lei riusciva a superare e ciò la faceva infuriare.
Il
cavaliere aspettò la notte per far evadere Ruggiero e fuggire in groppa a Brannon. Ruggiero fu diffidente solo per qualche momento,
ma presto accettò quel soccorso e si convinse che il suo liberatore era stato
inviato dalla buona Logistilla, anche perché gli
aveva parlato della donna che aveva dissolto l’inganno di Alcina.
Quando
si furono allontanati da Avalon e stavano sorvolando
il continente, Galahad convinse Ruggiero a tornare
presso il suo re e cercare l’amata Bradamante. In questo
modo giunse da solo presso Logistilla, l’ubicazione
della cui abitazione gli era stata rivelata dall’altro cavaliere.
Logistilla non abitava in
un castello e nemmeno in un palazzo, bensì in una semplice casetta, un po’ più
carina e confortevole di quelle della gente comune, ma non paragonabile a una
dimora nobiliare. Galahad pensò che l’aspetto di
quella casa facesse parte della strategia per commuovere i cavalieri e legarli
a Logistilla.
Non
era certo di cosa dovesse aspettarsi, ma si fece coraggio e bussò.
Sentì
dei passi e una voce dolce chiedere: “Chi è?”
“Galahad Del Lago.”
La
porta si aprì e si mostrò una ragazza giovanissima, con riccioli d’oro, grandi
occhi cangianti, un’espressione timida. Lo scrutò, poi sorrise e disse: “Siete voi
davvero.”
“Mi
conoscete?” si stupì il cavaliere.
“Mi
hanno parlato molto di voi. Venite, entrate.”
Galahad entrò, un poco
sospettoso: capiva perfettamente come Logistilla
avesse potuto spronare centinaia di cavalieri ad assalire Avalon,
la sua giovinezza e il suo candore avrebbero intenerito e conquistato chiunque.
Per fortuna lui era stato avvertito e non si sarebbe lasciato ingannare.
Tirò
fuori dalla bisaccia la corona di Artù, la mostrò e disse: “Mi risulta voi
stiate cercando questa.”
Logistilla fu realmente
sorpresa nel vederla, strabuzzò gli occhi e chiese: “Chi ve lo ha detto?”
Galahad si aspettava
una domanda del genere e aveva pensato a differenti opzioni per rispondere, ma
non aveva ancora deciso quale utilizzare. Al momento, gli venne da dire: “Se
sapete chi sono, non dovreste stupirvi, non credete?”
Il
volto di Logistilla cambiò espressione: non più
candore fanciullesco, ma un misto di orgoglio e cinismo. Replicò: “Non sapevo
foste già entrato nel progetto. Da quando ho iniziato a recitare la parte della
povera esule, non ho più avuto contatti, onde evitare di destare sospetti. Finalmente
abbiamo la corona e posso mettere fine a questa messinscena. Venite, ho una via
diretta.”