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Autore: Stellalontana    17/03/2009    1 recensioni
________Postato l'ultimo capitolo_________ Siamo giunti alla fine.
-Capisco- replicò Briseide. [...]-Allora è meglio se per questa volta sono io ad occuparmi di te- ridacchiò lei, baciandogli la fronte -sei d’accordo?-
-Come potrei non esserlo?- chiese allora Will, cercando di non perdere la presa sulla realtà.
Ma poi, non riuscendoci, la lasciò andare, e scoprì che in quel momento non importava poi così tanto.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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capitolo 11

Capitolo undici




Seth lanciò un sasso contro la parete della stanza. Quello cadde con un piccolo tonfo a terra, e lì rimase, inerme. Dei passi dietro di lui gli fecero tendere le orecchie, anche se sapeva perfettamente chi era.
-Quando vuoi puoi portarle la cena, Seth-
-Grazie-
Il brigante si voltò verso la donna che aveva parlato. Poco più alta della sua bella prigioniera, indossava una veste di lana grezza sotto un grembiule bianco, un po’ macchiato. Era ancora un bella donna, i capelli biondi legati strettamente in una crocchia alla base della testa e il volto pulito, anche se aveva più rughe di quanto si ricordava.
-Che cosa hai intenzione di fare?- chiese. Seth si alzò dalla sedia, sistemandosi la tunica.
-Niente- rispose laconico.
-Seth- la donna gli prese un braccio -So che è difficile per te. So che hai aspettato tanto per questo... ma ti prego... lei non ha colpa-
-Quell’uomo- ringhiò Seth, svincolandosi dalla sua presa -ha ucciso tuo marito!-
-Tanti anni fa, Seth- sospirò lei -Sono passati quindici anni, come puoi non capire? Io non voglio vendetta-
-Ma io sì- replicò Seth. Aggrottò la fronte, irritato. Come poteva non capire? Proprio lei che era stata privata del suo uomo? Dell’unico uomo che avesse mai amato?
-Era mio padre- continuò -era mio padre. Per quindici anni ho aspettato, ho pregato perché potessi avere la mia vendetta- guardò sua madre negli occhi -non posso fermarmi adesso-
-Dove andrai?-
-Lei aspetterà qui, insieme ad alcuni dei miei. Io non posso restare a lungo. Sono ricercato qui come in Aschart. Non fare così- sua madre aveva gli occhi pieni di lacrime.
-Erano cinque anni che non avevo più tue notizie Seth. Da quando anche Marian è morta io sono sola, qui- si sedette al piccolo tavolo rotondo. Seth strinse i denti quando sua madre pronunciò il nome di sua sorella. Aveva fatto fatica a non urlare quando aveva visto la sua tomba al cimitero del paese.
-Cinque anni...- ripeté sua madre.
-Yvana, io...-
-Perché te ne sei andato, Seth? Che cosa c’era che non andava qui?- chiese allora sua madre -Che cosa stavi cercando fuori dalla Solea? Avevi solo sedici anni quando te ne sei andato...-
-Lo so- ribatté seccato Seth -Non sono più un ragazzino, Yvana. Ho venticinque anni. E sono un ricercato- sospirò -non posso rischiare che i soldati ti trovino e ti arrestino. Per questo non posso restare-
Prese il vassoio di legno che sua madre aveva portato e uscì dalla stanza. Lo stufato e il pane nero avrebbero fatto bene alla ragazza. Non stava bene, in quei giorni, e Seth aveva dovuto cambiare i suoi piani per non vedersela morire fra le braccia. Aveva la febbre e l’unico modo per curarla era portarla da un erborista e l’unica persona che Seth conosceva e di cui si fidava era sua madre. Aveva dovuto fare una deviazione verso il villaggio dove viveva, sperando che non avesse deciso di partire anche lei per un altro villaggio. Niente in quella parte di Solea era cambiata, a parte il fatto che anche in quel villaggio non c’erano uomini dai sedici ai trent’anni, soltanto vecchi, donne e bambini. Seth ne era partito quando aveva sedici anni per poi farne ritorno qualche anno dopo. Cinque anni prima se ne era andato con l’intenzione di non mettervi più piede ma le cose erano andate diversamente. Aprì la porta della camera dove stava la ragazza e la trovò a letto, sotto le coperte che dormiva profondamente. Dormiva di lato, un braccio nudo sopra il lenzuolo. Accanto a lei, per terra giaceva un bacile colmo d’acqua, con delle pezze di stoffa intinte nell’olio di semi. Seth si avvicinò, posando a terra il vassoio. Le pose una mano sulla fronte. La febbre era scesa, ma il suo respiro rimaneva alterato. Lei borbottò qualcosa di indecifrabile, ma non si svegliò. Seth si sedette su una sedia, aspettando che si svegliasse. I suoi vestiti erano stati lasciati in fondo al letto, in modo che potesse vestirsi senza scoprirsi troppo. Seth era sicuro che avrebbe protestato perché lui era entrato senza chiedere il permesso, ma non gliene importava. Quella ragazza gli aveva dato già abbastanza filo da torcere. Una settimana prima aveva perfino tentato di scappare. Scappare, da lui! Quella ragazza era una calamità naturale, e pareva essere troppo temeraria oltre che sciocca. Ma la cosa che più lo irritava era che era bella, molto bella. Seth voltò lo sguardo alla finestra. Il tramonto tingeva di rosso la valle. Se non fosse stato quello che era avrebbe pensato che era meraviglioso, ma era un brigante, non era fatto per quel genere di cose.
Sentì Briseide svegliarsi e si alzò. La ragazza si voltò sulla schiena, aprendo lentamente gli occhi.
-Ben svegliata- mormorò Seth, accanto al letto. Briseide spalancò gli occhi ambra e afferrò le lenzuola, stringendosele attorno al corpo.
-Tu... tu...-
-Sì, sì, va bene- la schernì lui, prendendo il vassoio da terra -adesso mangia qualcosa-
-Voglio che tu esca- disse lei, ignorando il suo ordine -immediatamente-
-Non accetto nessun ordine da parte tua- brontolò Seth porgendole con l’altra mano la sottoveste. Briseide lo squadrò con l’ira negli occhi. Seth alzò le mani in segno di resa e si voltò. Dopo qualche minuto Briseide brontolò che poteva voltarsi. Indossava la sottoveste e sembrava piuttosto contrariata.
-Vedo che ti senti meglio- commentò Seth portando la sedia accanto a letto e sedendosi. Briseide affondò il cucchiaio nello stufato.
-Mi gira la testa- rispose. Spezzò il pane, e prese a mangiare piano. Seth la guardava.
-Non siamo a palazzo, Briseide, puoi mangiare con le mani- la schernì.
-Se non lo vedi- la ragazza alzò una mano irritata -è quello che sto facendo. Soltanto perché è stata tua madre a farlo... fosse per me...-
-Fosse per te che cosa?- scattò Seth sporgendosi sul letto -Cosa? Ti fare mangiare a forza anche se ti rifiutassi. Per quanto io odi tuo padre, non voglio che tu muoia. Sei la sola cosa che mi garantisce la sua parola-
Briseide non rispose, e continuò a mangiare, abbassando gli occhi. Seth rimase in silenzio per parecchi minuti, fino a che lei non scostò il piatto. -Ho finito. Va bene, mio signore?- chiese sarcastica. Seth abbozzò un ghigno.
-Non ti azzardare- disse calmo. Prese il vassoio e lo appoggiò a terra. -Come ti senti?-
-Meglio- replicò lei stizzita. Seth alzò un sopracciglio indispettito.
-Non rispondere con quel tono, Briseide. Non sei niente qui-
-Sono il tuo lasciapassare per ciò che vuoi, Seth- lo interruppe lei, incrociando le braccia sul petto con fare autoritario -è per questo che non mi hai ancora uccisa. È per questo che non mi hai punita l’altra notte, quando ho cercato di scappare-
-Ero molto tentato di farlo- replicò Seth a denti stretti. -E avrei dovuto farlo. Forse adesso mi dimostreresti un po’ di rispetto-
-Rispetto?- Briseide ridacchiò -Ma se nemmeno tua madre ti porta rispetto? Mi chiedo che cosa ha fatto di male per meritarsi un figlio come te-
Seth la guardò. Aveva il volto arrossato, non sapeva se per la febbre o la rabbia. Tremava, ma non sembrava accorgersene. Trattenne la rispostaccia che stava per darle e si morse la lingua nel tentativo di trovare qualcosa di carino da dire. -Ora dormi-
-Ho dormito tutto il pomeriggio- ribatté Briseide.
-Beh, e allora fa quello che vuoi- sbottò Seth -Ascoltami bene- si chinò su di lei e afferrò lo scollo della sua sottoveste -perché non mi ripeterò ancora. Stai bene attenta a ciò che dici, e a ciò che fai. Non ti ho mai fatto del male- sogghignò -male fisico, Briseide. Non ti ho mai messo le mani addosso, non ho mai dato libero sfogo ai miei briganti, ma se tenti ancora di scappare, se mi insulti ancora, se non farai ciò che ti dico...- allentò leggermente la presa sulla sottoveste e strappò con forza il nodo. Briseide gemette a denti stretti e si strinse le mani sul petto. Ma non fiatò. -Vedo che hai capito che cosa ti accadrà- Seth si avvicinò al suo orecchio -e io scommetto che non vuoi che ciò accada, vero?-
La ragazza scosse con forza la testa. -Scusa?- chiese Seth strattonando ancora la sottoveste verso il basso -Non credo di aver sentito bene. Vuoi che questo accada?-
-No- gemette Briseide. La sua voce era molto vicina al pianto. Seth si disse che poteva essere compiaciuto. Briseide lo temeva, ma non abbastanza. Doveva trovare il modo di ricordarle quanto potesse essere pericoloso e quanto lei dovesse temerlo.


*


Will camminava a grandi passi, misurando il giardino del palazzo, pietra dopo pietra, cespuglio dopo cespuglio, albero dopo albero. Irritato dalla presenza di Sirio e di un paggetto che si ostinava a non dargli tregua, si sedette all’ombra di un melo. Il sole intiepidiva quelle giornate di inizio autunno e ancora gli alberi non avevano perduto le loro foglie. Will alzò gli occhi verso le fronde. Un fringuello cantava su di un ramo.
Fortunato, pensò Will. Abbassò lo sguardo sui due che non lo perdevano di vista un momento. Il paggetto, che avrà avuto si e no tredici anni era stato mandato dalla cucina per cercare di convincerlo a fare colazione. Will non aveva nessuna intenzione di mangiare quella mattina, lo stomaco chiuso strettamente in una morsa. Era passata una settimana da quando era arrivato al palazzo di Desra e aveva avuto poche occasioni per visitare la città o il palazzo stesso. La cosa che più lo irritava era il fatto di dover girare per i corridoi assieme ad un soldato. Odiava quel genere di protezioni, e si sapeva benissimo proteggere da solo. Ma suo zio temeva Ashat e non lo lasciava solo nemmeno per un momento.
Astro era rimasta contrariata della sua permanenza forzata all’interno della fortezza, ma non si era opposta. Will la vide arrivare dall’altra parte del giardino. Quando gli fu più vicina vide che indossava un lungo abito blu. Il suo volto era la maschera della rabbia.
Si sedete sbuffando accanto a Will, sollevandosi la gonna fino alle ginocchia per poter incrociare le gambe. -Odio questi abiti!- ringhiò.
-E allora perché li metti?- chiese Will stupito. Astro si voltò verso di lui.
-Perché nella mia cassapanca non c’è altro- spiegò -Oriana pretende che mi vesta “come una ragazza della mia età merita”... non ci trovo nulla da ridere!-
Will ridacchiava. -Scusami- disse, quando l’accatto di ilarità fu passato -è la tua espressione che mi fa ridere-
-Meno male- borbottò lei. -Volevo andare a fare un giro in città- commentò Astro cambiando argomento -ma Lyone dice che è meglio se restiamo ancora chiusi qui dentro-
-Non posso dargli torto- la interruppe Will, sfiorando con le dita una foglia, caduta sul proprio grembo -è preoccupato che Ashat possa farmi del male- sbuffò -e finché sono qui dentro non può farmi nulla-
-Potrebbe ucciderti nel sonno- obiettò Astro, portandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.
-Ma falla finita!- sbottò Will -Sai che il mio sonno è leggero- la guardò e Astro arrossì.
-Sì, lo so- rispose. Rimasero in silenzio per qualche minuto finché un dei paggetti non li chiamò a gran voce. Will si alzò, mentre Astro rimase a sedere, mentre Will faceva il suo dovere di principe.
-Signore- il paggetto s’inchinò, riprendendo fiato -C’è un... c’è un uomo che desidera vedervi-
-Dov’è?- chiese Will.
-In fondo al giardino- rispose il paggetto, gettando uno sguardo oltre la propria spalla.
-D’accordo, fallo venire qui- guardò il ragazzino correre di nuovo verso il fondo del giardino e poi tornare, scortando quello che, dalla distanza sembrava un monaco. Will avanzò di qualche passo, poi si fermò. Il monaco aveva un’aria familiare, un sorriso che Will aveva già visto da qualche parte. Anche i suoi capelli ricci gli erano familiari. Deglutì.
-Oh, mio dio- sussurrò mentre questo lasciava cadere il bastone. Lo abbracciò talmente stretto che Will si sentì soffocare.
-William- Fedric lo staccò dall’abbraccio -quanto tempo-
-Troppo amico mio- rispose istupidito Will. -Troppo tempo, davvero-
-Ho sentito che sei diventato principe- lo schernì Fedric -davvero un bel passo avanti!-
-Fedric...-
Il monaco guardò oltre la spalla di Will e il suo viso mutò improvvisamente espressione. Will si voltò. Astro si era alzata e teneva una mano premuta contro la bocca. I suoi occhi erano colmi di lacrime.
-Andrea- sussurrò Fedric, andandole in contro -che cosa ci fai qui?- chiese. Lei non rispose ma gli gettò le braccia al collo, singhiozzando. Will si ritrasse di qualche passo, ma quando Fedric se ne accorse gli fece segno di tornare indietro. Quando Astro si fu calmata i tre si sedettero di nuovo.
-Andrea- Fedric le accarezzò piano i capelli -cosa ti ha portato in Solea?-
-Io- rispose Will, leggermente in imbarazzo -ci siamo incontrati a Chiaravalle e...- prese a raccontare in breve che cosa ci facevano lassù. Il volto di Fedric s’incupì, mentre Will raccontava.
-Capisco- si voltò verso Astro. -Stai bene?-
-Pensavo tu fossi morto- disse lei ignorando la domanda. -Pensavo che non ti avrei mai più rivisto- i suoi occhi continuavano ad essere lucidi, ma non piangeva più.
-Sono stato sul punto di morire- rispose Fedric -ma sono qui adesso-
-Oh, Fedric- Astro lo abbracciò di nuovo -perdonami-
-No- Fedric la staccò da sé -non c’è niente che io debba perdonarti. Io... ero venuto qui soltanto per vedere Will, poi sarei tornato a Teti, ma...-
-Ma...?- chiese Astro, e nella sua voce Will riconobbe una nota di speranza. Vide Fedric mordersi un labbro prima di sospirare.
-Credo che la cosa migliore da fare per me sia rimanere qui- posò le mani sulle spalle della ragazza, con un sorriso -Credo che tu abbia molte cosa da raccontarmi-  
Astro abbassò lo sguardo, triste. Un fastidioso senso di disagio prese Will allo stomaco. Non sapeva che cosa dire in quel frangente, né che cosa fare. Si alzò, spolverandosi i pantaloni.
-Dove vai?- chiese Fedric.
-Io... devo andare- rispose Will -Devo... sai, il palazzo, gli ordini... insomma, ho molto da fare- alzò una mano in segno di saluto e si avviò verso l’ingresso secondario che lo avrebbe portato dritto nella sala del trono. Si allentò il bavero della camicia, rimpiangendo i suoi vecchi abiti. Spalancò la porta delle cucine, mentre due o tre ragazzine correvano via dalla porta ridendo. Will si sedette ad una tavola rotonda, dopo aver spillato un boccale di birra dalla botte. Si appoggiò alla sedia, sospirando. Le cose stavano cambiando. Ma troppo velocemente, pensò, mentre beveva un sorso della birra. Troppo...
Un mese e mezzo prima stava seguendo la strada per il porto di Lea, e subito dopo si era ritrovato invischiato con la figlia del Governatore dell’Aschart, e il giorno dopo in viaggio con una ragazzina, e il giorno dopo ancora re.
Re... io un re?, rise fra sé, chi l’avrebbe mai detto... pensò. Forse un giorno aveva sognato di essere ricco, potersi permettere una bella casa per i suoi genitori, un medico serio per la gamba di suo padre e tante altre cose, ma adesso che c’era dentro fino al collo, la cosa non lo entusiasmava come prima. A complicare le cose c’era la guerra. Avrebbe voluto poter schioccare le dita e dichiarare finita la guerra, ma le cose non erano così semplici. Aveva scritto una lettera Governatore di Salazard, nonché padre di Briseide in cui chiedeva un incontro, se non a Desra almeno a metà strada, in una città neutrale, e in cui chiedeva inoltre la mano della ragazza.
Will appoggiò con un tonfo sordo il bicchiere sul tavolo. La birra debordò. Un matrimonio. Era davvero quello l’unico modo per far finire la guerra? Non erano valse a nulla le scuse, le umiliazioni, le preghiere di suo zio. Non erano valse a niente le spedizioni di pace che aveva inviato a Salazard. sarebbe bastata la richiesta di un principe, un ex-soldato disertore? Will scosse la testa. Suo zio aveva insistito perché lasciasse crescere i capelli neri. Si scostò un ciuffo dagli occhi. Non avrebbe dovuto dargli ascolto. Si appoggiò con i gomiti sul tavolo, poi scivolò con la testa sopra il legno, e chiuse gli occhi. Matrimonio... quella parola pesava su di lui come un macigno. Avrebbe dovuto far sfoggio di buon gusto, eleganza, padronanza di se stesso. Avrebbe dovuto mandare un messaggio ai suoi genitori, avrebbero dovuto aspettare che arrivassero, ma il viaggio era lungo da Erden fino in Solea, e come potevano arrivare? Per mare magari sarebbero incappati in qualche tempesta vista la stagione. E il Mare dei Gorghi era famoso per la sua imprevedibilità. Dio, che vita... pensò Will, tamburellando le dita sul tavolo. Guardò il boccale ancora mezzo pieno. Non aveva bevuto tutta la birra, perché aveva un sapore strano, qualcosa di rancido. Quella mattina non aveva mangiato. Il suo stomaco brontolò, ma non per la fame. La birra di prima mattina non gli faceva bene. Ma c’era qualcos’altro. Si alzò dalla sedia e uscì di nuovo fuori. In un angolo del giardino, dove nessuno poteva vederlo si ficcò due dita in gola e vomitò la birra. Dopo qualche minuto, ripresosi dai conati, si sentì meglio. Dio...
Alzò la testa, verso il fondo del giardino. Una figura scura si allungava come un serpente di fumo al di là dell’ombra di un pesco. Forse quando si accorse che Will lo stava guardando si affrettò ad andarsene.
Will si precipitò da suo zio. Era insieme ad Elias e lo faceva giocare con delle formine di legno.
-Zio- lo chiamò -devo parlarti-
Lyone si alzò e lo seguì in cucina dove Will gli fece assaggiare la birra. Lyone fece una smorfia.
-Quanta ne hai bevuta?- chiese.
-Non molta, per mia fortuna- indicò la botte -Ieri non c’era lì- ricordò, accarezzando il mento con le dita -E non è una coincidenza. È stato Erin a dirmi che qualcuno l’aveva riempita- sorrise, ingenuamente -tutti sanno che mi piace. Anche perché voi, tutti voi, compresa Oriana bevete vino. Sono l’unico a bere la birra-
-Lo so, Will- rispose Lyone -sono stato io a dire a Erin di andare al mercato per comprarla- rivelò colpevole -ma sicuramente è andata a male-
-No- lo interruppe Will -so riconoscere una birra andata a male. Mio padre mi ha insegnato come distillarla dal malto d’orzo. Vivevamo di quello che producevamo, non potevamo farla andare a male- Will aggirò la tavola e versò dell’altra birra dentro il boccale. -È fresca. Vuol dire che la botte è buona. Il legno non mi sembra danneggiato. E la birra è chiara, non è torbida e- agitò il boccale -non si vede nessuna fondata- scosse la testa -non è andata a male. Qualcuno c’ha messo qualcosa dentro- bevve un sorso della birra, ma la sputò subito -Questa- fece -è ancora peggio-
-La botte era mezza piena- gli disse Lyone -avevo ordinato che fosse riempita a metà, l’altra metà la tenevo per qualche nostra cena... sai, tra zio e nipote-
-Bella idea- rispose Will -portami l’altra... voglio assaggiarla-
Quando Will assaggiò l’altra birra sorrise. -Questa è buona- disse -Assaggia- la fece bere anche a Lyone che alzò le spalle.
-Mi sembra buona-
-Lo è, infatti. Ed è anche di ottima qualità- indicò le due botti, una, quella della cucina, più piccola dell’altra -ma se non è la botte e non è andata a male allora c’è qualcosa dentro- fece segno a suo zio di aiutarlo. Portarono fuori la botte dalla cucina e la svuotarono, poi Will la ruppe, scivolare via le doghe della parte che non era stata a contatto con la birra. Sul fondo vi era rimasta attaccata della poltiglia.
-Questa- osservò Lyone -non sembra nemmeno fondata-
-No, hai ragione- Will la prese con le dita e se la portò al naso -Ho già sentito quest’odore. Al campo usavamo questa pianta come unguento per le ferite. Era un odore che odiavo. Non so come si chiami- aggiunse prima che Lyone potesse chiederglielo -ma so che è velenosa se ingerita. Forse non mi avrebbe ucciso, ma mi avrebbe tenuto a letto per molte settimane-
-Ma chi?- chiese Lyone guardando prima Will poi la botte -Soltanto io ed Erin sapevamo della botte... e poi chiunque poteva entrare in cucina-
Will lo guardò di sottecchi. Lyone sospirò.
-Ashat-
Will annuì, distratto. -Che cosa facciamo?- chiese.
-Non lo so- replicò sospirando Lyone. -Non lo so. Non ho prove contro di lui-
Will rimase per un momento in silenzio. Se Ashat avesse confessato non ci sarebbero stati altri Ministri corrotti, ma non era quello che voleva. Poteva volgere la corruzione di Ashat in suo favore, se solo avesse aspettato qualche altro giorno e un momento più favorevole. D’altronde doveva attendere la risposta di Pericle di Salazard. Aveva tutto il tempo per escogitare qualcosa.
-Non voglio che tu lo cacci- disse allora Will -Ho un’idea migliore-
Lyone lo guardò. Will sorrise, ironico. Lyone sapeva bene che cosa voleva dire quel sorrisetto sulla bocca del nipote, ormai.
-Le tue idee mi fanno paura- scherzò.




SPAZIO AUTRICE

Araluna: Ciao cara. Aggiorno un po' in ritardo perchè in questi giorni non sono praticamente mai a casa......
Comunque, Seth si sta evolvendo è un personaggio che doveva rimanere marginale ma che poi ha praticamente usurpato il posto di altri personaggi che non ho aggiunto.... Eh, cosa vuoi fare, le creazioni a volte sono ribelli..... A parte gli scherzi, in questo capitolo entra in scena un altro personaggio: la mamma di Seth. Non ti dico altro, perchè voglio tenerti sulle spine, ma non preoccuparti tutto si risolverà...
Bacioni!

ps: quasi dimenticavo, ho aggiunto un capitolo, così adesso sono 15. Avevo lasciato un paio di cose in sospeso, perciò ho deciso di rimediare aggiungendo un cap prima della vera e propria fine. Contenta?????

baci baci baci baci Stella*





   
 
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