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Autore: Captain Willard    08/02/2016    1 recensioni
E' una serata come tante per gli avventori di un anonimo pub irlandese, ma non per i membri dei Blue Machine, una vecchia band del posto che tra poco si esibirà nel locale, per un emozionante ritorno sulle scene a quasi vent'anni dal loro ultimo concerto.
Per Vinnie, il cantante e il più giovane dei Blue Machine, si rivela tuttavia un'inaspettata occasione per ripercorrere la relazione con Angie, una storia ormai finita ma che continua ad avere un posto unico nel suo cuore. Sulle note di vecchie canzoni, i ricordi si ravvivano e con essi i rimpianti, il dolore, le amarezze... L'amore che resta.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando l'alba accarezza il suo cuscino con pigra luce rosata, Vinnie sospira e si gira dall'altra parte, tirandosi le coperte sopra la testa. Sbadiglia e si raggomitola tra le lenzuola, cercando più calore per il suo corpo nudo.

«Angie, sei sveglia?» sussurra piano. Angie non risponde, dorme ancora. Vinnie fa appello alla sua ancora fiacca forza di volontà per scansarsi le coperte di dosso e mettersi a sedere. Può preparare la colazione e portargliela a letto, sarebbe una bella sorpresa. Un bel modo di ricominciare.

Si volta per guardare Angie, non accarezzarla, non vuole rischiare di svegliarla, ma guardarla sì. Godere in silenzio della benedizione concessagli. Si volta, e sorride. Si volta, e lei non c'è.

 

No. No, calmati vecchio. Sicuramente sarà a farsi la doccia, si dice, ma lo sa che lei non è più in casa. Lo sa, glielo dice la gelida morsa che gli stringe il petto, i polmoni, il cuore, fa male, fa un male terribile.

Ma non può essere vero. Non può, perché queste cose non possono andare a finire così, il lieto fine non se l'è meritato forse? Dov'è che ha sbagliato? Cos'è che non avrebbe dovuto dire? Cos'è che non avrebbe dovuto fare?

 

Si alza, si infila i boxer e gira per la casa: accappatoio umido, specchio appannato, quindi si è fatta la doccia. Nel lavello in cucina una tazza vuota. Ha bevuto un caffè – con quattro zollette di zucchero, una cosa talmente dolce che neanche è degna di chiamarsi caffè, ma a lei è sempre piaciuto così – e poi?

E poi ha preso la borsa, si è passata il rossetto sulle labbra e se n'è andata, no? Di nuovo. Di nuovo.

 

Sferra un pugno contro il muro, sbucciandosi le nocche e screziando la parete di sangue, ma non gli importa. Nulla può essere più doloroso di questo di nuovo, nulla può scalfirlo più di questo strappo nell'anima.

È vero, lei non aveva fatto promesse né aveva detto nulla riguardo al loro domani, ma insomma. Non si può fare così, dare speranza a una persona che ti ha amato per tutta la vita e poi togliergliela così, senza preavvisi, senza... Senza niente.

Non si può, cazzo, non si può, non puoi farmi questo!, mentre continua a colpire il muro fin quasi a rompersi una mano.

Non puoi farmi questo, quando cede e si lascia scivolare a terra, svuotato, abbandonato come una bambola rotta. Non avrebbe dovuto fargli questo, ma l'ha fatto comunque e se n'è andata senza neanche dirgli addio.

Avrebbe dovuto aspettarselo? Non lo sa, e non gli importa davvero. È stanco di darsi sempre metà della colpa, e adesso tutto quel che gli resta è una stanchezza profonda, quasi un disgusto di sé e di quel che è successo – di quel che hanno fatto.

Si rialza, prima di tutto ha bisogno di lavarsi. Lavarsi, sì, restare a lungo sotto il getto caldo della doccia, strofinandosi con forza la pelle nel tentativo di cancellare la sensazione di pelle su pelle, bocca su bocca, cercando di non soffermarsi sul profumo di Angie che così odiosamente sembra persistere, e anche sulle lenzuola, come Vinnie constata quando torna a letto e scivola nel lato di Angie, senza neanche sapere perché lo faccia. È presto, vero, ma se vuole tagliare l'erba del prato deve iniziare subito, altrimenti arriverà in ritardo da Deborah, e non ha davvero bisogno di sentire i suoi rimproveri sibilati a mezza voce, le frecciatine, il disprezzo sussurrato. È stanco di tutta questa rabbia, questi rancori, è stanco del costante retrogusto amaro della sua vita.

Getta un'occhiata alla sveglia sul comodino: le sette, di questo passo arriverà così in ritardo che Deborah si incazzerà come una vipera.

 

Dio. Come se gliene potesse importare qualcosa. Come se gliene potesse importare di nulla dopo quel che è successo.

Si ritrova a odiarsi: perché è così stupido? Perché ha permesso ad Angie di infrangere quello che, seppur precario, era pur sempre il suo equilibrio? Trent'anni di domande senza risposte, non c'era proprio bisogno di aggiungerne altre. Dio, che stupido.

Vinnie sospira e tocca il cuscino spiegazzato, sfiora le coperte. È tutto così freddo, così triste, così... Misero. Dio, perché, perché?

 

È per caso che il suo sguardo, mentre si colma di lacrime brucianti, si sofferma sul comodino e vi scorge un foglio piegato in due.

L'amaro dei suoi pensieri si acquieta d'improvviso, spazzato via dalla sorpresa mentre Vinnie si alza di scatto e afferra il foglio, le mani gli tremano così tanto che ha paura di strappare quella lettera ma non può aspettare più. Non più. La apre senza sapere bene cosa aspettarsi, se una promessa, un addio, una spiegazione. Forse tutto, forse niente.

 

 

 

*****

 

 

 

Caro Vinnie,

non ti chiederò di perdonarmi. Ho perso questo privilegio il giorno che ti ho lasciato, quindi non te lo chiederò. Non è ciò che voglio, tantomeno ciò di cui ho bisogno, perché quel che ho fatto, l'ho fatto in modo consapevole: tornare è stata una scelta, lo stesso andarsene. Una scelta egoista, penserai e non avresti torto, ma io sono sempre stata questa, nessuno lo sa meglio di te. Mi sei stato accanto come un fantasma in tutti questi anni, sempre al mio fianco, sempre a ricordarmi che anche se per me era finita, per te non lo era e la colpa era mia. Ecco, non ti chiederò di perdonarmi, ma ti chiederò di lasciarmi andare.

 

Abbiamo avuto due anni meravigliosi, i migliori che avrei mai potuto chiedere, quelli che nessun altro è stato in grado di darmi. Ho avuto altri amori e con essi altri bellissimi anni, ma la mia felicità è stata una tua esclusiva. Sono tornata perché volevo vederti e perché volevo dirti grazie, ma ho poi ceduto alla nostalgia che, lo sai, è così insidiosa: ci fa fare cose che ben sapremmo di non dover fare e soprattutto ci fa credere di poter provare ancora sentimenti ormai svaniti.

Ora sono le cinque e mezza, sono pronta ad andare via e sai che è giusto così, per me ma soprattutto per te. Non puoi continuare a vivere di quel che è stato, di un passato ormai andato. Non puoi nutrirti d'illusioni basate su un amore finito perché sì, io non ti amo più.

 

Sembrano parole crudeli mentre le metto su carta e forse lo sono davvero, ma dire addio non è mai facile e nessuno lo sa meglio di me e te. Quando ti sveglierai, io non ci sarò. Non tornerò mai più, è una promessa e sai che ho sempre tenuto fede ai miei giuramenti. Ti ricordi quante volte tu mi hai detto che non mi avresti mai lasciato? Io invece non ho mai contraccambiato i tuoi ̔per sempre̓ perché sapevo che non ha senso fare promesse quando si è felici, la felicità è così illusoria e ingannatrice, cela sempre i dubbi e le incertezze e quando finalmente li svela di nuovo, fanno molto più male.

Tu eri felice e pensavi di poter volare fin sulla Luna, volevi cogliere le stelle per me ma io sapevo che nulla è mai eterno, sapevo che il nostro amore sarebbe giunto alla fine prima o poi, ed è stata questa consapevolezza a permettermi di godere appieno di ogni giorno insieme, di amarti profondamente, così come mi ha permesso di andarmene senza rimorsi.

 

Siamo stati molto più di quel che è concesso a tanti, siamo stati felici.

Ma lo sai, non puoi continuare a lasciarti passare la vita davanti, non puoi più lasciare spazio per me. La notte che abbiamo avuto è stata l'inaspettato lascito di quel che eravamo, ed è finita.

L'alba ne sta cancellando le vestigia mentre scrivo, e ti osservo cercando di imprimere nella memoria questo momento, quest'ultimo frammento d'infinito. Sii grato di quel che abbiamo avuto, sii grato di quel che ci è stato concesso ancora ma vai avanti, smettila di cercarmi, smettila di volermi. Ho fatto del mio meglio per rendere questo addio meno doloroso, e non posso più restare.

 

Grazie di essere stato il mio Hallelujah.

 

Angie

 

 

*****

 

 

 

Non sa per quanto tempo rimanga lì, sfiorando i segni d'inchiostro, soffermandosi sulle parole più dolci. Le mani non gli tremano più quando finalmente piega il foglio con cura e si alza. Va in soggiorno, scorre gli LP vicino al giradischi e quando trova Grace fa scivolare la lettera accanto al vinile. Lì dentro sarà al sicuro, non c'è custode migliore a cui affidare le parole di Angie.

 

Torna in camera e osserva le coperte sfatte, decide che rifarà il letto dopo. Ancora non vuole lasciare andare del tutto la notte, ancora non vuole cancellarne le ultime ombre. Quel che fa invece è prendere la chitarra acustica posata in un angolo, insieme a qualche foglio pulito e una penna. Scivola di nuovo tra le lenzuola, controlla l'accordatura della chitarra e prova un paio di arpeggi. Ha già una melodia in mente, è dolce e sa di malinconia come la sirena di cui cantava Tim Buckley. Prende il foglio, vi posa sopra la penna e trae un profondo respiro.
Più tardi rifarà il letto, taglierà l'erba. Più tardi, c'è tempo.
Va tutto bene.

Le lacrime iniziano a scorrere e Vinnie sorride. Ora, le parole.

 

 

In my Blue Jay Way life

Red satin girl, red blood of mine

I dared to make a promise

Now I am fine

You left me a one-track mind

In a glass of Sapphire

I guess it will always be my colour...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autore

 

Eccoci qui. La fine del mio blues.

Spero di non avervi deluso, magari qualcuno si sarebbe aspettato un altro finale, e anche a me sarebbe piaciuto far finire la storia in un altro modo più “felice”, se così si può dire. Ma in fondo penso che questo sia il finale più giusto.

Vorrei ringraziare mia moglie Loren, che ha composto i versi dell'ultima canzone in tipo dieci minuti e io non avrei mai potuto chiedere né fare di meglio. Tesoro, ti amo.

 

A voi che avete letto e seguito la mia storia: grazie, di cuore.

 

Captain Willard

 

 

 

 

  
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