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Autore: Jenny Ramone    10/02/2016    3 recensioni
Parigi, maggio 1789.
Irène Fournier è una giovane venditrice di giornali dal passato misterioso e oscuro che vive in miseria a Montmartre con il suo fidanzato, Jean e il loro bambino.
Quando si diffonde la notizia che Louis XVI ha deciso di convocare gli Stati Generali, Irène si rende conto che è giunto il momento di combattere per i diritti del popolo e in particolare delle donne: fa in modo di aiutarle con tutti i mezzi possibili e partecipa attivamente a tutti gli avvenimenti fondamentali della Rivoluzione Francese.
Ma nel frattempo il suo passato è dietro l'angolo, pronto a tornare a perseguitarla...
Londra, 1799.
Dieci anni dopo Irène, fuggita in Inghilterra dopo il 9 Termidoro e la caduta di Robespierre, racconta la propria storia di amore, coraggio, passione, sacrifici, dolore e amicizia a William, un giornalista inglese che sta scrivendo un saggio sulla condizione femminile per un circolo di intellettuali progressisti.
Genere: Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore
Capitoli:
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Mi presentai un po’ titubante al nostro seguente incontro.
Non sapevo come l’avesse presa William, dopo aver avuto il tempo per “incassare il colpo”.
Contrariamente alle mie aspettative, lui sembrava aver dimenticato ciò che gli avevo raccontato.
“Buonasera Irène!
Se proprio bella oggi!”
“Ah William, non esagerare.
Sono i soliti quattro stracci…”.
“Come si dice “Sei molto bella stasera, Irène” in francese?”-domandò lui.
“Senza alcun intento perverso”-precisò, sorridendo.
Arrossii.
Tu est très belle ce soir, Citoyenne Irène”-risposi.
William ripeté : " Tu est très belle ce soir, Citoyenne Irène ".
" Merci, Citoyen William.
Tu est très gentil "-gli sorrisi.
" Jean non è geloso a lasciarti andare in giro così?
Tu già sei bella ma sai cosa ti dona molto?
La collana”.
Mi portai una mano al collo:” E’ la collana di perle di Madame Delacroix.
Ogni tanto la metto, anche se è pericoloso perché in giro c’è gente disposta a tagliarti la gola pur di strappartela.
La indosso nei momenti difficili, mi sembra che Madame attraverso questa collana possa starmi vicina e consigliarmi”-dissi, mentre me la toglievo e gliela porgevo, in modo che potesse esaminare da vicino la collana di cui gli avevo parlato tempo prima.
“Però adesso ricominciamo con la nostra storia-ripresi.
“Armand, come suo solito, per un po’ di tempo si dissolse e mi lasciò in preda al dubbio che potesse ritornare.
Un pomeriggio sul tardi, era già quasi buio, nevicava e faceva un freddo pungente, ero da poco tornata dalla casa della vecchia signora e me ne stavo alla nostra sede poiché quella sera non avevo il turno al Cafè Procope.
Ero occupata ad ascoltare la storia di una ragazza che era stata cacciata di casa dal padre e dal fratello quando aveva scoperto di essere incinta.
Ovviamente il padre del bambino se l’era data a gambe e lei non sapeva più cosa fare.
Per il momento la ospitava una sua conoscente ma aveva bisogno di un lavoro quindi le suggerii di chiedere ad una sarta che conoscevo e sapevo avesse bisogno di un’apprendista: era un lavoro che avrebbe benissimo potuto svolgere.
Mentre parlavo con la ragazza, Philippe e Jaques giocavano con delle spade di legno in un angolo invece Sophie aiutava Marion e Véronique a cucire delle coccarde, dei fiocchi tricolore e altri articoli a sfondo rivoluzionario: ultimamente avevano avuto un’idea che reputavano geniale.
L’idea era di Amèlie, che come avrai capito, particolarmente geniale non è mai stata.
Dopotutto era solo una venditrice ambulante.
Ultimamente però si era riciclata in un tipo di commercio che andava molto.
Julie, la sorella di Edith, come ti avevo già raccontato, aveva avuto qualche miglioramento di salute e aveva iniziato a cucire le coccarde che Amèlie vendeva per strada.
Dato che “andavano di moda” le coccarde, in quel periodo le due riuscirono a dividersi i guadagni: non era molto però era già qualcosa e permetteva loro di arrotondare.
Stavo parlando tranquillamente quando la porta si era aperta di colpo e sulla soglia era comparsa Edith.
Aveva quasi sbattuto la porta in faccia ad Amèlie che la seguiva.
La prima si fece avanti , senza nemmeno salutarci, gridò, rivolta all’altra :”Allora, inizi tu o inizio io?”.
Questa era troppo impegnata a togliersi la neve dalla gonna e non la guardò nemmeno:
“Inizia pure tu, uccello del malaugurio”.
“Uccello del malaugurio?
Cosa significa?”-domandò William, confuso.
“Significa qualcuno che porta sfortuna… bird of bad luck, maybe?”.
“Ho capito.
Perché le disse così?
Che maleducata deve essere Amèlie.
Da come me la descrivi mi sembra una ragazza troppo piena di se e arrogante.
Perché non te ne sai liberata?
Non mi sembri proprio il tipo di persona adatta ad avere un’amica così, siete l’opposto”.
A quel punto scoppiai a ridere.
“Non crederai mai a quello che ti racconterò.
Il destino ha deciso che non mi sarei liberata di Amèlie, anzi.
Ti ho già raccontato di Antoine, vero?”.
“Antoine…il fidanzato di Edith, vero?
Che era morto in guerra.
Povero ragazzo, e povera Edith”
Scossi la testa.
“Esattamente.
Edith lo amava.
Era stata tanto sfortunata e in Antoine vedeva l’unica luce della sua triste e misera esistenza.
Insieme progettavano un futuro, fantasticavano che si sarebbero sposati e avrebbero cambiato vita, avrebbero lasciato i bassifondi e sarebbero stati felici.
Però purtroppo la vita è crudele e spesso non va come desidereremmo.
Era successo un paio di anni prima rispetto alla nostra storia.
Antoine aveva diciotto anni ed era morto per il re di Francia, da qualche parte, sui campi di battaglia d’Europa: Edith non ha mai nemmeno saputo dove.
Le ci sono voluti anni e anni per riprendersi un pò.
Ha visto i suoi sogni sfumare in un attimo, in una lettera che le ho dovuto leggere io.
E’ stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto.
Ricorderò sempre quell’urlo pieno di strazio mentre io pronunciavo quelle parole.
Ricorderò sempre come Edith mi si è avventata contro, accusandomi di mentire, che il suo Antoine era vivo e sarebbe tornato da lei.
Come le sue mani hanno afferrato quel foglio maledetto cercando di decifrare quelli che per lei erano solo segni di cui non capiva il significato.
Però Antoine non l’aveva abbandonata.
La visitava ancora, nei sogni.
Inizialmente avevamo pensato che fosse solo suggestione poi però, quando Edith aveva iniziato a raccontarci i suoi sogni e ci eravamo accorte che combaciavano sempre con avvenimenti che ci sarebbero successi di lì a poco.
Quelle che ci riferiva Antoine, raramente erano belle notizie.
La bionda Edith si sedette sul tavolo traballante, senza alcun riguardo per la bottiglietta di inchiostro che vi era appoggiata e che si rovesciò sul grembiule di Thérèse.
“Ho sognato Antoine”-incominciò.
Rimanemmo tutte senza fiato, Marion lasciò addirittura cadere l’ago che teneva in mano.
La ragazza con cui stavo parlando, compreso dal nostro atteggiamento preoccupato che c’era qualcosa che non andava, si affrettò a ringraziare e a dileguarsi, mentre noi stavamo in attesa della predizione.
“Mi ha comunicato alcune cose.
Mi ha detto che presto incontrerò un uomo che mi amerà e che poterò vivere felice perché me lo merito.
Che la rivoluzione è qualcosa di giusto e che stiamo agendo in modo corretto: però mi ha avvertito di non lasciarci ingannare e di stare attente.
Mi ha detto che ci dobbiamo aspettare tempi difficili e pericoli ma che dobbiamo impegnarci al massimo per sopravvivere.
Che la Rivoluzione si rivolgerà contro i rivoluzionari stessi e che quei politici a cui noi ora ci affidiamo potrebbero deluderci”.
“Questa volta è stato clemente”-disse Thérèse, tirando un sospiro di sollievo.
“ Io sono l’ultima arrivata.
Non so molto di voi e delle vostre frequentazioni, non so chi sia Antoine, cara Edith… ma secondo me si è sbagliato!
Il popolo riuscirà a combattere la monarchia, vedrai.
Se non ci riuscirà il popolo, ci riusciranno i suoi rappresentanti, io ho fiducia”-intervenne Vèronique, alzando la testa dal lavoro di cucito.
Domandai ad Edith se ci avesse detto tutto o ci stesse nascondendo qualcosa: non mi piaceva per niente la sua espressione poco sincera.
Lei iniziò a disfarsi la treccia, nervosamente.
“E’ tutto”.
“Edith…”-la incoraggiò Marion”non provare ad ingannarci.
Forse Véronique è nuova ma noi quattro ti conosciamo da anni, ci accorgiamo quando stai mentendo.
Forza, parla”.
“Mi ha detto anche un’altra cosa, d’accordo?
Mi ha detto che in particolare per due persone tra noi ci sarà un periodo difficile,pieno di dolore e sofferenza.
Un periodo in cui non vedranno che oscurità.
In cui perderanno totalmente la fiducia, in cui invocheranno la morte perché venga a prenderle e portarle via.
Ha detto che queste persone però sono amate e che chi sarà al loro fianco le aiuterà.
Purtroppo non mi ha specificato di chi si tratterà”.
Ci spaventammo ma nessuna lo diede a vedere.
Marion rispose, spavalda:” Beh cara Edith, questa volta mi sa che Antoine ti ha riferito un messaggio destinato a qualcun altro.
Non ci accadrà nulla, staremo attente.
Cosa potrà mai capitare?
Al massimo lasceremo la testa sulla ghigliottina.
“Una leggera sensazione di fresco sul collo e via, adieu.
C’est fini.
Cosa volete che sia”-commentò sarcastica.
William era stupito.
Si alzò, attizzò il fuoco nel camino e prese dell'altro inchiostro.
“Però, che coraggio, Marion a fare umorismo sulla ghigliottina…di solito chi ride del pericolo è il primo ad esserne colpito.
La predizione si è avverata?
Chi ne è rimasto vittima?”-chiese, incuriosito.
Dalla mia espressione affranta si deve essere accorto che sarebbe stato meglio non porre quella domanda.
"Non voglio parlarne adesso.
Quando Edith ebbe finito, Amèlie si fece avanti, emettendo stridule grida e saltellando, tutta contenta".
“Un attimo di attenzione!”-squittì.
“Oggi ho incontrato un uomo…”.
Mi misi a ridere e applaudii:”E dov’è la novità?
Ne incontri anche troppi di uomini.
Chissà perché, poi tutti scappano…”.
La ragazza non badò alla mia espressione stizzita e continuò il suo discorso:”Non sta certo a te giudicarmi.
Ti trovi nel letto l’uomo più bello di tutta Montmartre, tutte te lo invidiano.
Beh, cara mia, non puoi farmene una colpa se non sono stata fortunata come te e non ho trovato l’uomo della mia vita.
Sono tutti sfruttatori, che si approfittano dei sentimenti delle ragazze per bene”-sospirò, sconsolata.
“E’ diverso.
Tu sei diversa da noi.
Noi ci siamo trovate un uomo e ce lo siamo tenute, tu passi da un amante all’altro e non riesci a tenertene uno per più di qualche mese.
Come si chiamava l’ultimo?
Aspetta, ce l’ho sulla punta della lingua…Ecco ci sono!
Sebastian!
Mi ricordo bene?
Quell’austriaco che era a Parigi per studiare arte!
Eccome se me lo ricordo!
Hai vissuto anche relativamente bene per qualche mese.
Sei un disastro.
Il problema è che hai aspettative troppo alte.
Amèlie, tu povera sei e povera rimani.
E’ inutile che ti accompagni a ricchi rampolli borghesi, loro ti inganneranno sempre per qualche mese e poi, quando si stancheranno, ti lasceranno.
E ricominceremo da capo con le lamentele…”-le consigliò Marion, sbuffando.
Thérèse però la fece zittire.
“Voglio ridere.
Forza Amèlie, raccontaci dell’ultimo idiota che hai trovato.
Voglio proprio vedere quanto durerà”-la incoraggiò.
“Non questa volta.
Non è un idiota!
Stavo venendo qui quando sono stata avvicinata da un uomo.
Sembrava ricco ma era trasandato, doveva aver conosciuto tempi migliori.
Aveva una camicia di quelle di stoffa costosa ma ormai era logora e sporca, una giacca ben rifinita ma un po’ strappata e addirittura gli stivali!.
Era alto, capelli mori, diciamo del tuo colore, Irène, barba lunga.
Mi ha chiesto informazioni, ha detto che veniva da molto lontano e si era perso.
Doveva attraversare tutta la città.
Aveva un accento strano...l’ho già sentito ma non riesco a ricordare dove.
E’ stato gentile, mi ha ringraziata e se ne è andato... lo voglio rivedere.
Però poverino, tremava come una foglia e aveva gli occhi lucidi: secondo me aveva la febbre, con questo freddo!
In mano teneva una lettera però non sono riuscita a leggerne in contenuto perché era piegata.
Mi è parso preoccupato…”-concluse Amèlie.
“Non lo dimenticherò!”-aggiunse, lasciandosi cadere sul divanetto sfondato, con aria sognante.
Noi eravamo scandalizzate.
Le ridemmo in faccia.
“Questa volta hai toccato il fondo.
Adesso ti abbordano direttamente per strada, ti scambiano per una putain.
Sei passata dagli alti borghesi ai nobili decaduti e costretti a fare gli accattoni!
Un salto un pò azzardato, non trovi Amèlie?”-le domandai, sbellicandomi dalle risate.
“Tanto quell’uomo a quest’ora si è già bevuto il dispiacere di non aver approfondito la conoscenza con te.
Peccato, se fosse stato ancora ricco come doveva essere tempo fa e meno tramortito avresti potuto chiedergli del denaro per i tuoi “favori” o,al massimo, fingerti una signora e godertelo per un’oretta, magari a letto si orientava meglio che per strada”-aggiunse maliziosamente Edith.
Véronique rincarò la dose:”Cosa dici Edith, menomale che non gli ha concesso i suoi “favori”.
Rischiava di prendersi anche la sifilide e poi si che sarebbe stata nei guai.
Quel genere di uomini lì sono più appestati che altro, ce li ho presente.
Mi ricorda il mio ex fidanzato, Serge… non che lui fosse appestato però era un ubriacone come ben sapete e frequentava gente molto simile all’uomo che descriveva Amèlie, lui si fingeva ricco per farsi offrire loro da bere senza pagare.
Adesso aspettiamo solo che tu vada a scaldare il letto di Louis XVI: dicono che non abbia un amante e che anche con l’Autrichienne le cose non vadano molto bene…
Se ci vai tu può darsi che riesci a risvegliare i suoi istinti animali più reconditi”.
“Secondo c’è ben poco da risvegliare.
Mica per niente questo Paese sta andando allo sbaraglio!
Con un “re” così non me ne stupisco.
Un uomo se non ha una valvola di sfogo dopo un po’ da di matto ed è quello che sta accadendo a quel maiale, capisci?.
E’ frustrato ma finchè trascorrerà il tempo a fingersi un artigiano e non si dedicherà alla putain, la putain continuerà a esserlo sempre di più con Fersen e questo Paese continuerà a scendere sempre di più nell’abisso”.
Mi accorsi che Amèlie c‘era rimasta male.
Se ne stava in un angolo con un’espressione seria e se avesse potuto ci avrebbe fulminate con gli occhi.
Putains sarete voi!
Questa volta è diverso.
Ho come una sensazione.
Vorrei tanto poterlo rivedere!
Voi non capite, non capite niente e mi prendete in giro paragonandomi all’Autrichienne.
Non dovrei nemmeno sprecare il tempo con voi”.
“Tanto che altro hai da fare nella tua miserabile esistenza, Amèlie?
Sei sola al mondo, hai solo noi, non hai nemmeno la scusa che qualcuno ti aspetta a casa”-intervenne Marion, accendendosi la pipa di Etienne.
“Oh scusa Marion, è vero, non avrei dovuto sopravvivere al colera che si è portato via tutta la mia famiglia, così voi non sareste state costrette a sopportarmi.
Dovrei sentirmi in colpa?
Tolgo il disturbo, che è meglio”.
L’atmosfera stava diventando sempre più tesa quando all’improvviso sentimmo delle voci che si avvicinavano.
Una voce da uomo e una voce acuta, da bambino.
Intonavano un canto della Guardia Nazionale che era stato diffuso per la prima volta poco dopo la presa della Bastiglia e tra una strofa e l’altra discutevano a voce abbastanza alta che noi li sentimmo.
Uscimmo e li vedemmo procedere verso di noi nel vicolo.

"Frères, courons aux armes !
L'empire est en danger.
Dans ces moments d'alarmes,
Courons le dégager :
Tous bouillants d'énergie,
Tous fiers de nos succès,
Prouvons à la patrie
Que nous sommes Français".


“ Mi piace questa canzone Adrien.
Non vedo l’ora di diventare abbastanza grande per poter difendere anche io la Francia.
E per sparare!
Alle armi!
Mi insegni a sparare come un vero soldato?
Bang bang!”-diceva il bambino”sai, i miei amici, gli altri ragazzini del quartiere, non mi credono quando dico che entrerò nella Garde Nationale ma io so che sono solo gelosi perché io sono più furbo di loro.
Ieri siamo andati al mercato di Place Maubert per una prova di coraggio: dovevamo cercare di rubare della frutta e io ci sono riuscito senza farmi vedere mentre due di loro sono stati beccati.
Perfortuna maman non mi ha visto, altrimenti mi avrebbe punito.
E’ tutta invidia che li consuma!
Sono troppo stupidi!
E pensa che vivono qui da sempre!
Cosa vuoi fare, si vede che i provinciali come me non sono poi così ingenui come si crede in città”.

“Lancés dans la carrière,
De nos chefs belliqueux,
D'une noble poussière
Couvrons-nous à leurs yeux.
L'amant de la victoire,
De courage enflammé,
Pour voler à la gloire,
Naît soldat tout armé".


" Ahah mi ricordi quando avevo la tua età!
Io, Jean, Etienne e Antoine passavamo le giornate a vagabondare e immaginarci grandi combattimenti.
Vedi di goderti questi anni perché se farai come noi, a quindici anni andrai a lavorare in fabbrica e sarà finita.
Se ti andrà bene a diciotto entrerai nella Garde Nationale ma c’è ancora tempo.
Quanti anni hai di preciso?”.
“Ne compio nove il mese prossimo.
Tu quanti anni hai Cittadino Adrien?”-domandò, incuriosito, squadrando l’uomo da capo a piedi nel tentativo di indovinarne l’età.
“Io ne ho ventisei, Gérard.
Sono in più vecchio del gruppo.
Tra un paio di anni sarai pronto per unirti a noi, te lo prometto.
Ti insegnerò a sparare, non preoccuparti.
So che sei coraggioso e ti farai valere!
Devi solo avere pazienza e arriverà il tuo momento, piccolo.
Poi cosa ne sai?
Magari diventerà obbligatorio arruolarsi, tempo che sarai maggiorenne!”.

"Qu'un même amour nous lie,
Qu'il confonde nos coeurs.
De la honteuse envie,
Etouffons les fureurs.
Le franc-guerrier qu'on aime,
Le vrai soldat héros,
Doit être noble, même
Jusque dans ses défauts."


Vèronique uscì sulla strada : “Cittadino Adrien!
Gérard!
Cosa ci fate qui?
Presto, entrate.
Non urlate, vi poterebbero sentire".
“Chi vuoi che ci senta, non c’è nessuno a quest’ora, maman!
Abbiamo controllato, siamo stati prudenti”-rise il ragazzino.

“Si la Ligue infernale
Que nous allons punir,
Par sa lâche cabale
Pouvait nous désunir,
Nos meilleurs patriotes,
Dans cet affreux revers,
N'auraient plus aux despotes
Qu'à mendier des fers !"


“Adrien, hai qualche novità?
Non sarai mica ubriaco?”-domandò Thérèse andando incontro a suo marito e avvicinandosi per sentirgli il fiato.
“Non mettere strane idee in testa a Gérard.
Sta imparando solo adesso la “Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino” a memoria, prima che possa far parte della Gard Nationale ci vorrà del tempo.
Sei sempre il solito avventato”-continuò accarezzandogli i ricci corvini e baciandolo, mentre Gérard aveva raggiunto sua sorella e commentava disgustato:”Bleah, che orribile scena sdolcinata”, in contrasto con i “Come sono romantici”  e “Da grande voglio sposare un soldato coraggioso e bello come il cittadino Adrien o come Etienne o Jean e avere tanti bambini”-di Sophie.

" Contre une absurde crainte,
Que vous me rassurez !
Tous, vous portez l'empreinte
Des sentiments sacrés
Que fait briller le Sage,
Le soldat exalté,
Fier enfant du courage,
Et de la liberté ".


Vèronique prese Adrien da parte ma io sentii il loro discorso: " Cittadino Adrien, grazie per quello che fai per lui.
Gérard ti vuole bene.
Io faccio il possibile per i miei figli ma capisco che soprattutto Gérard abbia bisogno di una figura paterna al suo fianco e Serge non lo è mai stato.
Lo maltrattava di continuo.
Io vi guardo e vedo che gli sei affezionato, che lo tratti davvero come un padre tratterebbe un figlio.
Thérèse mi ha detto di quello che vi è successo con il bambino: mi dispiace moltissimo”
“Figurati Véronique.
Thérèse ti avrà anche detto che sono una persona difficile, che abbiamo avuto un periodo di crisi… ma da quando c’è Gérard sto meglio, davvero.
Dovrei ringraziare io lui.
Cercherò di fare ciò che è in mio potere per farlo entrare nella Garde Nationale quando sarà grande e per insegnargli ad usare le armi, non stavo scherzando quando gliel’ho promesso.
Sempre che tu sia d’accordo”.
“Certamente.
Ne riparleremo tra un paio di anni ma sono d’accordo con tutto quello che hai detto, mi fido di te e di Gérard e so che tu non gli faresti correre rischi e lui non si metterebbe nei guai inutilmente perché è un ragazzino un po’ irruento forse, ma responsabile e intelligente”.
“Oh, le campane battono le sei!
Com’è tardi!
Cittadine, io me ne devo andare prima di finire nei guai, se ci sono novità troverò il modo per farvelo sapere.
Ciao Thérèse!”-concluse Adrein e uscì silenziosamente, dileguandosi nel buio.
Anche io tornai a casa: contai il denaro che avevo racimolato quel giorno e calcolai che, aggiunto alla paga di Jean, sarebbe bastato a pagare l’affitto e, forse, avremmo avanzato qualche moneta per comprare la cena.
Mentre mi perdevo nei miei ragionamenti, quasi senza accorgermene ero arrivata a Montmartre.
Il cielo era cupo e buio, la neve scendeva in grandi fiocchi e si depositava sulla ripida salita che conduceva al centro del quartiere.
Bambini vestiti di stracci lanciavano sassi nei rigagnoli sporchi e ghiacciati che scorrevano ai margini delle strade per cercare di spaccare lo strato di ghiaccio.
Salii i sei piani di scale che portavano alla soffitta e, quando stavo per intraprendere l’ultimo, udii la voce di Jean, che parlava animatamente, seguita da forti colpi di tosse.
Non distinguevo le parole però non riuscivo ad udire nessuno che gli rispondesse: non sentivo Etienne, potevo escludere tutti gli altri perché li avevo appena visti e ovviamente potevo escludere René, da come Jean parlava concitatamente non stava certo interloquendo con un bambino di un anno e mezzo!
Temetti per un attimo che si fosse preso una polmonite stando nella gelida soffitta e stesse delirando, quando lui mi corse incontro sulle scale.
“Irène, Irène!
Vieni, c’è una sorpresa per te!
Avevo ragione“-mi disse, prendendomi per mano e trascinandomi in casa.
“Jean, parli da solo?
Ti senti bene?”-domandai, passandogli una mano sulla fronte per vedere se aveva la febbre.
Entrai nella stanza e, nella penombra creata dalla candela mezza sciolta infilata in una bottiglia vuota sul tavolo, scorsi una figura seduta su un vecchio divano sfondato.
La fioca luce gli illuminò il viso e io rimasi impietrita: una voce maschile, bassa,incerta,tremante e rotta da colpi di tosse mi parlò.

Irène!
 Mi avevano detto che eri morta.
Mi sei mancata tantissimo
”.

ANGOLO AUTRICE: Ciao! :)
Ecco qua.
Questo capitolo non mi convince molto…
Vi anticipo che dopo questo la pubblicazione poterebbe rimanere ferma per un po’ di tempo, forse qualche settimana causa esami e, soprattutto, per raccogliere le idee.
Non è che  non so cosa scrivere, anzi, so fin troppo cosa scrivere.
Il problema è che ho troppi dati e troppe idee per cui dovrei farmi degli schemi, ho raccolto informazioni sul femminismo durante la rivoluzione, canzoni, luoghi,  ecc… e devo metterli a posto prima di scrivere capitoli poco precisi dato che so bene di poter dare di più.
Solo che non ho tempo e richiederebbe un lavoro immane che con gli impegni ci impiego secoli a fare ma ci proverò.
Di chi starà parlando il fantasma di Antoine?
Voi dite che succederò davvero qualcosa di così brutto?
E c’è un’altra ombra nella soffitta che aspetta Irène…
Chissà chi sarà…
Scusate se non sono molto precisa con il fatto della Garde Nationale ma questo 1790 mi sta dando dei problemi perché non è successo molto e per me è un po’ un casino.
Non so molto della Garde Nazionale nel senso che non so molto di come vivevano,com’era organizzata… quindi devo ammettere che da quel lato vado un po’ poco precisa.
La canzone che cantano Adrien e Gérard è “Frères, courons aux armes!”, una canzone intonata, come dice Irène, dalla Garde Nationale subito dopo la Prise de la Bastille, quando è stata formata, il 15 luglio 1789.
Alla prossima allora!
Cercherò di aggiornare il prima possibile ma ci potrebbe volere un po’ di tempo come vi ho detto.
Grazie,
Jenny.

  
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