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Autore: Crilu_98    15/02/2016    1 recensioni
François Marchand, appartenente ad una famiglia della media nobiltà francese, è alla disperata ricerca di sua sorella Amélie, sparita senza lasciare traccia; ancora non sa di essere diventato il bersaglio di un manipolo di congiurati e che per venire a capo dell'enigma dovrà ricorrere all'aiuto di una giovane ladra, Claire, dal passato misterioso. Amélie, invece, nel tentativo di riconquistare la propria libertà incrocia la strada di James MacMallon, un bandito scozzese in esilio perennemente diviso tra il profitto materiale e la propria coscienza.
Nel frattempo, a Parigi, il Cardinale Richelieu indaga sulle voci che girano a palazzo, avendo tra le mani un unico indizio: il simbolo del Giglio Scarlatto.
Tra briganti onesti, affascinanti contesse, spie, sicari e pedine si dipana la storia di una congiura che potrebbe mettere fine al regno di Francia...
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Epoca moderna (1492/1789)
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James si richiuse la porta della prigione alle spalle, e quel tonfo sordo suonò alle sue orecchie come una campana a morto. Scese le scale lentamente, illuminando ogni scalino che lo avvicinava alla cella di Amélie con la lanterna; la ragazza era in piedi ad aspettarlo e quando la luce colpì il suo viso l'uomo non poté fare a meno di notarne la bellezza. I capelli biondi che le ricadevano sul viso non avevano perso la loro lucentezza nonostante la prigionia, l'incarnato pallido non le dava un'aria smunta ma al contrario la nobilitava e gli occhi di un azzurro chiarissimo scintillavano come l'acqua di una sorgente. James deglutì a fondo e abbozzò un cenno di saluto mentre entrava nella cella e le porgeva la ciotola colma di minestra e la brocca dell'acqua; annusò l'aria, ma non c'era traccia dell'odore del veleno che aveva inserito nel cibo. La ragazza accettò il vassoio con un sorriso e un luccichio nei suoi occhi gli rivelò che doveva avere una fame tremenda: un solo pasto al giorno per una nobile abituata ad averne almeno tre doveva procurarle dei terribili crampi allo stomaco.
Sentì la gola serrarsi in una morsa dolorosa e decise che se proprio doveva ucciderla in questo modo, almeno avrebbe saputo il suo nome:
-Come vi chiamate, miss?-
Lei alzò gli occhi verso l'uomo, stupita e vagamente contenta che si fosse finalmente deciso a farle quella domanda:
-Amélie Marchand, figlia di Philippe Marchand, settimo Signore di Parthenay.-
Completò la sua presentazione con un inchino educato, prima di rivolgere nuovamente la sua attenzione alla cena.
-Perdonate se oggi vi sembro poco loquace, ma ho una fame terribile...-
-Del resto, di cosa vorreste parlare?- chiese James con voce roca.
-Di tutto e di niente, se vi piace: del tempo che fa là fuori, a che punto della stagione siamo, cosa fate quando non siete qui con me... Vi prego solo di pazientare qualche attimo, per favore, non ve ne andate!-
Lo scozzese si irrigidì nell'udire quelle parole: sarebbe dunque stato costretto a rimanerle accanto durante l'agonia. Aveva scelto un veleno dall'effetto rapido, ma nessuno aveva la garanzia che sarebbe stato anche indolore...
Sbatté le palpebre un paio di volte, percependo che mentre tutta la sua morale protestava contro quell'assassinio, anche il suo corpo era percorso da spasmi violenti. La ragazza allontanò per la terza volta il cucchiaio dalle labbra, guardandolo preoccupata:
-Vi sentite bene, Monsieur MacMallon? Vi vedo pallido e teso...-
-E' solo... Una brutta giornata.-
-Come mai?-
"Non ne posso più, questa cosa deve finire adesso!"
-Mangiate e poi vi racconto!-
Si sentì un vigliacco e per la prima volta si vide come un vero e proprio assassino, invece che un soldato mercenario.
"Non puoi davvero lasciarla morire così! E' solo una ragazza, non ha fatto nulla di male..."
Le sue ultime resistenze caddero: Amélie stava portando il rozzo cucchiaio di legno alle labbra...
Un attimo dopo, con un grido di orrore e rabbia che spaventò a morte la ragazza, James aveva lanciato a terra la ciotola della minestra, frantumandola.
 
François spostò lo sguardo dalle fiamme guizzanti al resto della disordinata stanza: quella era la terza notte che Claire usciva per incontrarsi con il messo di Carlo d'Angouleme, e lui si sentiva nervoso come le sere precedenti. Percorse a grandi passi la piccola casupola e nel frattempo rifletteva su come uscire dalla sua situazione: se le ricerche del Duca non avessero portato ad una qualche conclusione, sarebbe stato costretto ad inventarsi un altro modo per rintracciare Amélie.
Inspirò a fondo, lasciando che l'odore della ragazza, che impregnava ogni cosa, gli invadesse le narici. Il giovane sapeva che quella era lo stesso profumo che avrebbe trovato sulla pelle e tra i capelli di Claire, un aroma fresco e non penetrante che cozzava nel suo immaginario con quello di Madie, ricercato ed invadente.
L'arrivo della ladra lo colse di sorpresa, appoggiato con i palmi aperti sul tavolo di legno e con lo sguardo perso sui libri sparsi lì sopra. Su Parigi pioveva e Claire aveva il mantello zuppo e i capelli umidi, che formavano onde nette e decise attorno al suo viso. La ragazza aveva una luce febbrile negli occhi:
-Il Duca ha scoperto qualcosa!-
François si raddrizzò e si avvicinò a lei, fissandola intensamente negli occhi, aspettando che continuasse; la ladra osservò distrattamente i lineamenti del giovane che alla luce del fuoco sembravano ancora più duri e spigolosi.
-La Contessa non ha seguito suo marito quando egli ha deciso di ritirarsi a Nord, e ha preferito rimanere a Parigi...-
Il moschettiere fece un cenno d'assenso con la testa, turbato: ricordava bene come era solita impiegare il suo tempo Madie, quando il marito era assente. Del resto, la presenza del coniuge non la dissuadeva dal tradirlo sistematicamente, le bastava essere un po' più accorta; il Conte di Clairmont non sospettava nulla delle ramificate corna che la moglie gli aveva regalato nel corso degli anni.
-... E ieri mattina è arrivato un messo con una lettera; gli informatori del Duca sono riusciti a scoprire che veniva da Blois, vicino Tours e che la missiva era la risposta ad una lettera precedentemente inviata dalla Contessa; inoltre il messaggero, dietro lauto compenso, ha anche rivelato che Madie Lefevre in persona era venuta a trovare il nobile per cui egli lavora in un castello nei pressi di Blois.-
-Chi è quest'uomo per cui lavora?-
-Non si sa; gli uomini del Duca hanno avuto l'impressione che neanche lui sapesse il nome del suo padrone... Comunque ciò che interessa a noi è quello che ha detto una volta che si era ubriacato: che quel castello, da anni in disuso, era stato adibito in fretta e furia a prigione per un unico prigioniero, una ragazza tenuta segregata nelle celle dei sotterranei...-
-Amélie...!- balbettò François, barcollando e portandosi una mano alla fronte.
Cadde a sedere, improvvisamente stanco, tremando al pensiero di ciò che sua sorella stava passando ad opera della sua ex-amante. Era invaso ad ondate da sentimenti contrastanti: l'ira verso Madie, la pena per sua sorella, l'immenso sollievo di saperla ancora viva, la gratitudine nei confronti del Duca...
Claire si era inginocchiata accanto a lui e lo guardava preoccupato:
-Monsieur, vi sentite bene?-
La voce gli arrivò distorta e piena di eco; François guardò la ragazza stralunato e con un gesto improvviso e convulso la strinse a sé, soffocando contro la sua spalla una risata isterica.
-Amélie è viva!- mormorò con il respiro affannato. Claire interruppe bruscamente l'abbraccio e lo fissò negli occhi con uno sguardo indecifrabile:
-Sì, è viva, e noi la ritroveremo... E saremo più vicini di un passo alla verità.-
 
Amélie, con ancora in mano il cucchiaio con cui aveva assaporato l'insipida brodaglia che le passavano, fissava stupefatta e spaventata l'uomo di fronte a lei, che calpestava con violenza inaudita i cocci della ciotola che aveva scaraventato a terra.
Poi si voltò verso di lei, pallido e serio in volto e senza proferire parola le strappò il cucchiaio di mano, gettandolo lontano; restarono a fissarsi per un tempo indefinito, fino a quando James regolarizzò il respiro e le si avvicinò. Amélie iniziò a tremare di paura nel vedere quegli occhi grigi così tempestosi e in tumulto e rimase sconvolta quando l'uomo le prese il volto tra le mani e la baciò; fu un bacio rude e disperato, poco accorto ma pieno di una passione infinita. La ragazza si risvegliò quasi subito dall'incanto in cui le labbra e la lingua dello scozzese l'avevano gettata e, scostatasi, gli rifilò uno schiaffo in pieno volto.
-Cosa stai facendo?- gridò, così allibita da non curarsi neanche dell'essere appena passata dal voi al tu. James sputò a terra, poi fu scosso da un tremito momentaneo e si piegò sulle ginocchia, riprendendo fiato; si passò la lingua sulle labbra, inumidendole, e la fissò dal basso in alto.
-Perdonatemi...- balbettò -Perdonatemi...-
Barcollò fino alla panca e si accasciò su di essa, buttando indietro la testa e chiudendo gli occhi. Amélie, che ancora avvertiva un forte bruciore alle labbra e sentiva il rossore salirle alle guance, si mantenne a debita distanza.
-Il cibo era avvelenato.- mormorò lo scozzese, a voce così bassa che la ragazza lo udì a malapena.
-Avvelenato? Voi mi avete dato del cibo avvelenato!?-
Amélie lo guardò con odio e James si sentì incredibilmente vile per quello che aveva progettato di fare: ogni istante che passava era sempre più convinto di aver fatto la cosa giusta a salvarla.
Stava riacquistando lucidità e comprese che dovevano andarsene. Subito.
Si alzò in piedi, ignorando il giramento di testa che lo colse: non sapeva se era per il veleno che aveva succhiato via dalla bocca di Amélie o per la tensione emotiva che lo aveva logorato, non gli importava poi molto.
-Ascoltatemi bene!- ordinò perentorio -I piani sono cambiati, voi adesso dovete morire. Mi avevano ordinato di uccidervi, ma non ce l'ho fatta, quindi adesso sono immischiato anche io in questa storia. E nel caso ve lo stiate chiedendo, vi ho baciata per eliminare ogni traccia di veleno prima che la ingeriste.-
La ragazza spalancò la bocca davanti a quell'affermazione; osservò il volto dell'uomo che le stava davanti, teso e stanco.
-Dobbiamo andarcene da qui!- bisbigliò, stringendosi il vestito leggero attorno alle spalle -Possiamo passare dal cortile?-
James scosse la testa:
-Impossibile, ci vedrebbero tutti!-
Amélie prese la torcia e uscì dalla cella: illuminò il corridoio buio che scendeva in profondità, nelle viscere del castello.
-Possiamo provare di qua!-
-Siete impazzita? Non porta da nessuna parte!-
-E' l'unica strada!-
-E se finisse in un vicolo cieco?-
-Allora saremo condannati.- mormorò lei con tono solenne, prima di iniziare velocemente a procedere nell'oscurità.
 
 
Angolo Autrice:
Scusate ma questo fine settimana, tra san Valentino e annessi, mi sono dimenticata di aggiornare xD spero il capitolo vi piaccia nonostante sia corto, finalmente Amélie e James passano alla fase successiva del loro rapporto!
 
Crilu
   
 
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