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Autore: Songbird97    18/02/2016    1 recensioni
La travagliata storia d'amore tra Cullen e l'Inquisitore durante il tempo di guerra che vede minacciato tutto il Thedas. Vi è attrazione tra i due ma essi desiderano cose diverse e ciò li porterà a conoscersi e ad intraprendere un viaggio di incertezze e insicurezze, oltre che a collaborare per sconfiggere il famigerato Magister Corypehus e il suo scagnozzo Samson. La storia contiene variazioni rispetto al videogioco per scelta personale.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blackwall, Cullen, Inquisitore, Josephine Montilyet, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
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Il cinguettio degli uccelli era l’unico suono che infondeva la stanza, dopo che la porta si era chiusa alle spalle del comandante Cullen. Charleene si trovava ancora sul letto, allibita dall’ennesimo abbandono. Le lacrime minacciavano ancora di percorrerle le guance, stranamente in modo più insistente di prima: lo sguardo che aveva visto negli occhi dorati di Cullen nel momento in cui indietreggiò verso la porta l’aveva ferita più nel profondo. Era la rinnovata prova che nessuno avesse la forza di starle accanto e di condividere con lei quell’enorme peso che l’Inquisizione comportava. Pensava che almeno il comandante non l’avrebbe lasciata da sola perché credeva che avesse un carattere sensibilmente maggiore rispetto al resto dell’entourage dell’Inquisizione, ma, a quanto pare, non era altro che un’illusione. Il sole era ormai alto nel cielo quando, finalmente, Charleene si alzò dal letto, decisa ad affrontare comunque quella nuova e, molto probabilmente, pesante giornata: si sistemò i capelli in una lunga e trasandata treccia nera che, tuttavia, le ricadeva dolcemente lungo la spalla sinistra; si lavò il volto presso la brocca e la bacinella accanto al letto, osservandosi poi allo specchio che aveva fatto portare nelle sue stanze una settimana prima perché raffigurava dei simboli del suo amato popolo dei Dalish; recuperò i propri vestiti lasciati sul letto la sera prima e, una volta indossati, si recò verso la porta, preparandosi a qualsiasi compito, decisione o missione che avrebbe dovuto affrontare quel giorno, presupponendo di incontrare sicuramente uno dei suoi consiglieri non appena avesse messo piede nel salone principale di Skyhold. Ormai sapeva bene che di tempo libero per se stessa non ne era rimasto quasi più e, infatti, non appena aprì la porta, si ritrovò davanti Sorella Leliana con in mano un documento che, dallo sguardo serio, sembrava alquanto importante.

“Buongiorno, Inquisitore, spero che la notte sia trascorsa bene”, frase innocua che comunque colpì nel profondo l’animo dell’elfa, ma il capo-spia come poteva sapere ciò che fosse successo proprio quella notte. “Ho finalmente qui l’invito al ballo ad Halamshiral come accompagnatori del Granduca Gaspard. A quanto pare ora siamo abbastanza influenti da essere degni di parteciparvi. La data è fissata per il prossimo equinozio d’autunno, il che ci lascia ancora diversi mesi per acquisire ancora più influenza e presenza nell’Orlais”, un sorriso di compiacimento apparve sul volto di Leliana, non condiviso tuttavia da Charleene, la quale si limitò ad un mero accenno di approvazione.

“Molto bene, c’è altro?”, ormai era diventato uno scambio di botta e risposta automatico per lei; quasi non badava più all’argomento delle missive o dei messaggi da inviare o ricevere: se vedeva volti soddisfatti, erano buone notizie, perciò bastava che approvasse e lodasse chi di dovere, non si preoccupava di nient’altro.                

Quella mattina, in particolare, le risultava difficile rimanere concentrata: finito il breve colloquio con Sorella Leliana, aveva l’impegno di recarsi all’Accesso Occidentale per chiudere tutti gli squarci là presenti. Per tale missione aveva deciso di coinvolgere Cassandra, Il Toro di Ferro e Dorian: la sua strategia di gruppo, essendo lei un arciere, era suddivisa in due guerrieri che attaccavano in prima linea e due che coprivano le spalle dalla distanza, lei con le frecce e il mago offriva anche barriere e scudi di ogni genere. La riteneva un’ottima strategia, che negli ultimi tempi aveva dimostrato una diminuzione di ferite del gruppo. Nel frattempo si diresse verso la fucina dove l’arcanista Dagna le aveva migliorato l’arco con una runa speciale che causava danni superiori ai demoni degli squarci: perfetta per quella missione. Ritirò l’arma, per poi indossare l’armatura da cacciatrice Dalish e dirigersi verso il cancello di Skyhold, dove l’aspettava il gruppo da lei scelto. Tuttavia, non appena uscì dalla fortezza il suo sguardo si voltò in automatico verso l’ufficio del comandante Cullen: si sentiva ancora ferita dal suo rifiuto, ma allo stesso tempo voleva saperne il motivo. Perché l’aveva fatto? Perché anche lui non aveva avuto il coraggio di intraprendere una relazione che non fosse solamente professionale con lei? Perché? Troppe domande le riempivano la testa alle quali capì che pretendeva una risposta, perciò indicò agli altri di attendere e si diresse dal comandante.                              
Egli, nel frattempo, dopo aver lasciato le stanze dell’Inquisitore quella mattina si era rinchiuso nel suo ufficio, dove, teoricamente, lo aspettavano documenti su documenti riguardanti problemi logistici dell’esercito e dell’intera Inquisizione, oltre che a richieste e favori con vari nobili, affidategli dallo stesso Inquisitore durante le svariate convocazione al tavolo di guerra. Tuttavia, di quella montagna di carte ne aveva risolta ben poca parte, poiché non riusciva a non pensare all’incontro e, soprattutto, al bacio di quella mattina, seguito dalle incertezze che lo avevano portato ad andarsene. Una parte di lui si era pentita di quel gesto, ma l’altra parte sapeva che era stata la cosa giusta da fare, in rispetto dei suoi sentimenti e specialmente in rispetto di Charleene, il cui corpo non voleva profanare a meno che non fosse certo che lei provasse lo stesso. Inoltre, gli era tornato il solito mal di testa dovuto alla mancanza di lyrium che perdurava ormai da mesi: il dolore stava diventando sempre più lancinante ad ogni nuovo mal di testa e la sua resistenza veniva messa a dura prova ogni volta. Forse doveva ricominciare a prenderlo sia per far passare quella sofferenza ormai insopportabile sia perché temeva che ciò avrebbe diminuito la sua efficienza ed impegno per l’Inquisizione. Perso in tutti questi pensieri non si accorse che avevano bussato e che la porta era stata aperta; si voltò per trovarsi davanti quegli occhi turchesi che tanto adorava, ma che in quel momento erano gli ultimi che voleva che lo vedessero in quello stato di sofferenza e insicurezza.

“Perdonatemi, non vi ho sentito bussare.. Ehm… Sono alquanto impegnato al momento, Inquisitore. C’è qualcosa di urgente di cui devo essere informato?”
Charleene notò che Cullen non era tranquillo, ma che qualcosa lo turbava e molto probabilmente il motivo le era chiaro. Forse era troppo presto per parlargli dopo ciò che era successo, ma ormai non poteva, né voleva, rinunciarvi.

“No, non credo che quello che sto per chiederti sia da considerare urgente, ma sicuramente per me è molto importante”, gli andò incontro, avvicinandosi alla scrivania, come se volesse rendere la conversazione più privata, anche se erano soli nella stanza, ma fu un gesto inconscio, “Voglio chiedertelo chiaramente: perché te ne sei andato? O meglio: perché mi hai baciata, illudendomi, e poi mi hai lasciato come un’ebete lì sul letto?”

Cullen aveva sospettato che fosse venuta a chiedergli proprio quello, d’altronde era naturale che se lo chiedesse, ma ciononostante aveva paura a rivelarle il motivo. Chi gli assicurava che, dopo che le avesse raccontato tutto, lei sarebbe stata della stessa opinione? Si sentiva in difficoltà perché non sapeva un modo gentile per deviare la domanda, perciò non gli restò altro che provare a rispondere vagamente, non rivelando completamente le sue insicurezze. Proprio nel momento in cui stava per rispondere, gli venne in mente, tuttavia, che la colpa della sua indecisione non era solamente sua, ma anche l’elfa aveva contribuito in un certo senso perché aveva rivelato il suo interesse per lui dopo che il Custode Blackwall l’aveva lasciata. Aveva la sensazione che quell’interesse, in realtà, fosse soltanto una voglia di conforto e di svago, priva di sentimenti seri verso di lui, perciò decise di affrontare la faccenda con lei, dato che ormai era lì in quel momento.

“Inquisitore, non voglio essere un mero svago per voi. Il bacio è stata una tentazione a cui non ho saputo resistere, ma il mio interesse per voi va oltre la sola attrazione fisica e, se invece per voi non è lo stesso, come presumo, non voglio portare avanti una relazione del genere.”  

Charleene si sentì spiazzata da quelle parole: pensava che Cullen non fosse sicuro dei suoi sentimenti per lei, ma in realtà li rispettava talmente tanto che, a meno che lei non provasse lo stesso, preferiva rinunciare ora piuttosto che pentirsene dopo. Charleene riconobbe che ciò gli faceva onore: la rispettava e allo stesso tempo voleva evitare che uno dei due, o entrambi, rimanesse deluso e con il cuore spezzato in futuro. Le sue parole la fecero pensare: lei provava altro oltre all’attrazione sessuale? Il comandante era un uomo stupendo, dal corpo muscoloso e prestante, e l’elfa non aveva di certo non accennato lo sguardo alla notevole presenza che quella mattina si era rivelata nei suoi pantaloni. Il solo ricordo di quella visione le infuse un calore in tutto il corpo, eccitandola parecchio, persino in un momento così poco opportuno come quello. Tuttavia, le interessava anche come persona? Non avevano avuto modo di conoscersi o parlare di altro oltre che a faccende di lavoro per l’Inquisizione, questo era vero, ma era anche vero che non le era dispiaciuto quel carattere a tratti timido e impacciato e a tratti deciso e sicuro. Tuttavia, ciò che le aveva detto la fece tentennare sul continuare quella conversazione in quel preciso momento, dato che era la prima volta che voleva seriamente capire ciò che provava. Non riuscì, così, a trovare parole per rispondergli perciò si limitò ad un semplice:

“Capisco. Ne riparleremo quando sarò tornata dalla missione,” e uscì, raggiungendo gli altri e lasciando Cullen senza rivolgergli neanche uno sguardo.

La porta si chiuse alle sue spalle e il comandante cadde vittima del dolore, accasciandosi a terra per il grave mal di testa che lo attanagliava. Si sentì mancare e perse i sensi.   
   
 
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