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Autore: agatha    25/02/2016    1 recensioni
Maria De Luca non ha avuto una vita facile e deve fare i conti con un fantasma del passato, con dei sensi di colpa che non l'abbandonano mai. Una sera incontra uno sconosciuto in un bar e da quel momento niente sarà più come prima. Sempre un AU ispirata a Roswell.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maria De Luca, Michael Guerin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Appena entrati in casa si creò fra di loro un momento di imbarazzo. Si era spezzata quell’intesa che li aveva portati ad incontrarsi e a giocare questo pericoloso gioco. Maria si sentì fortemente intimidita. Il buon senso le stava suggerendo di fare marcia indietro e andarsene subito, di inventare una scusa qualsiasi per uscire da questa situazione. Le serviva un po’ di tempo per riflettere.
“Ho bisogno del bagno” mormorò con voce flebile evitando di incrociare il suo sguardo.
“Certo. La prima porta a sinistra”
Lui rimase ad osservarla finchè non sparì e ammirò il suo fondoschiena piccolo e rotondo, proprio come piaceva a lui. Quando sentì chiudersi la porta si lasciò scappare un sospiro. Si passò una mano fra i capelli e sedette sul divano. Si mise a riflettere su tutta la situazione. Era talmente inverosimile che quasi stentava lui stesso a crederci. La bella sconosciuta non scherzava, lui aveva dubitato sulle sue intenzioni, sul fatto di arrivare fino in fondo. Invece erano qui, soli, a casa sua. Finora si era limitato a svolgere un ruolo passivo, lasciando a lei l’iniziativa e assecondandola. Ma adesso erano nel suo regno, se lei voleva una notte di fuoco allora lui gliel’avrebbe data.
“Non sia mai che una donna si lamenti di non ricevere le mie attenzioni”
Avrebbe sfoderato le sue doti di seduttore. L’aver deciso di prendere in mano la situazione gli fece scorrere più veloce il sangue nelle vene, si sentiva come un leone che si sta preparando ad attaccare la sua preda.
 
Contemporaneamente, nel bagno, Maria stava facendo delle riflessioni diverse. Si era bagnata le mani ed era rimasta a fissare la propria immagine nello specchio.
"Maria, cosa vuoi fare?"
Purtroppo il riflesso non era in grado di darle una risposta o un qualsiasi tipo di aiuto. Stava solo a lei decidere.
“Finora il mio piano ha funzionato, non ho più pensato a niente”
Sentì un piccolo brivido attraversarle la schiena  mentre fissava le piastrelle lucide del pavimento. Rimase in silenzio per quasi un minuto prima di rialzare la testa e vedere nello specchio i suoi occhi scintillare dopo aver preso una decisione.
Spalancò decisa la porta e quasi si scontrò  con lui finendo dritta tra le sue braccia.
“Scusami. Non volevo…”
“Ero venuto a bussare per chiedere se stavi male o se avevi bisogno di qualcosa” le spiegò  brevemente.
“E’ tutto a posto grazie”
“Torniamo di là”
 
Si sedettero sul divano e lui prese due bicchierini, che aveva sistemato su un tavolino di vetro, porgendogliene uno. Poi prese una bottiglia scura e versò il contenuto in entrambi i bicchieri. Lei guardò il suo.
“Cos’è?”
“Crema di caffè al liquore”
“Sembra buona”
“Te lo assicuro. Un brindisi al nostro incontro”
“Sì”
Fecero tintinnare i bicchieri e Maria bevve quasi d’un fiato. L’effetto del liquore le fece arrossare il viso e cominciare a tossire.
“Ehi”
Lui si avvicinò mettendole una mano sulla schiena e dandole delle pacche per aiutarla. I loro visi si trovavano vicinissimi. Maria riusciva persino a vedere le pagliuzze dorate negli occhi ambrati di lui.
“Passato?”
“Sì. Non so che mi è preso. Non credevo fosse tanto forte”
“Allora è meglio che ti insegni io”
Lei lo guardò interrogativamente e rabbrividì, dato che aveva pronunciato quelle parole sfiorando il suo orecchio con le labbra. Lo vide scostarsi per prendere la bottiglia. Con la coda dell’occhio lui poté notare, soddisfatto, come fosse avvampata di nuovo. Sorrise senza farsi vedere: il suo tocco funzionava alla perfezione.
Le versò di nuovo un dito di liquore.
 
“Lo devi assaggiare con calma”
La sua voce era bassa e calda e Maria si sentiva quasi ipnotizzata mentre lo ascoltava.
“Bevi un piccolo sorso e tienilo in bocca, poi mandalo giù lentamente”
Lei fece quello che aveva detto e sentì il sapore dolce del caffè con una punta di amaro data dal liquore.
“Lo senti scendere caldo giù per la gola?”
Mentre le faceva questa domanda le sue dita le accarezzarono la gola.
Lei annuì sentendo la pelle bruciare.
“Il piacere non deve essere una cosa veloce. Lo devi sentire crescere, lo devi prolungare il più possibile e assaporarlo fino in fondo, fino all’ultima goccia”
Maria colse il doppio senso nelle sue parole e lo fissò incapace di pronunciare qualsiasi parola.
Lui la vide rilassata e decise che era ora di balzare sulla sua preda.
 
“Lo sai come mi piace berlo?”
“No. Come?”
Per tutta risposta lui intinse un dito nel bicchiere e lo passò sulle labbra di lei bagnandole. Poi si avvicinò e si mise a leccarle. Non la baciò però, si limitò a quella piccola tortura. Si allontanò e questa volta aspettò che fosse lei a prendere l’iniziativa. A lui piaceva giocare ma voleva essere sicuro che anche lei fosse d’accordo. Maria capì che stava aspettando una sua reazione.
Tutta la situazione era molto eccitante e lei voleva continuare.
“Posso provare anch’io?”
Lui sorrise.
“Come no”
Intinse le dita nel bicchiere e si sporse avvicinandosi a lui. Toccò le sue labbra morbide lasciando cadere delle gocce.
Aveva perfettamente e totalmente ragione.
Questo fu l’ultimo pensiero coerente di Maria mentre leccava le labbra. Poi lui l’avvolse tra le sue forti braccia, catturandola in un coinvolgente bacio, a cui rispose ben volentieri. Lo lasciò invadere la sua bocca, cercare la sua lingua per incatenarla alla propria.
 
Non si accorse che lui l’aveva spogliata se non quando sentì le sue mani calde sulla pelle. Erano grandi, leggermente ruvide, e sapevano perfettamente come muoversi sul suo corpo.
Chiuse gli occhi lasciandosi sopraffare dall’eccitazione.
Anche lui aveva gli occhi chiusi mentre le baciava avidamente il collo. La sua pelle era vellutata, il suo corpo morbido e ben modellato. Un dolore al braccio gli ricordò quanto fosse scomodo il divano a volte. Si sollevò prendendola in braccio per portarla in camera sul letto. Maria non disse una parola ma gli cinse il collo incrociando le mani dietro la sua nuca e appoggiando la testa sulla sua spalla. Il tragitto sembrò troppo lungo ma finalmente le sue forti braccia la distesero sul letto. Lui finì di spogliarla, togliendosi i vestiti a sua volta.
Lei cercò di tirarlo sopra di sé alzando i fianchi contro i suoi ma lui si ritrasse.
“Cosa ti ho detto prima? Il piacere va gustato lentamente”
 
Michael cominciò a baciarla dalla punta dei piedi risalendo lentamente sulle caviglie, depose dei piccoli baci sul polpaccio e prese a leccarle l’incavo del ginocchio provocandole una risatina.
“Così mi fai il solletico”
“Shhh, aspetta e vedrai”
Come aveva predetto Maria smise di ridere e venne pervasa da una nuova sensazione di calore. Aveva ragione lui, quello era un punto molto sensibile.
Lui si stava dimostrando un’amante davvero eccezionale. Le stava spiegando dettagliatamente quanto fosse vera la sua teoria sul piacere lungo e prolungato.
Quando si sdraiò sopra, lei gli allacciò le braccia intorno alle spalle per attirarlo a sé, vicino al suo viso e alla sua bocca.
“Credo di aver capito, sei stato un bravo insegnante”
“Non è ancora finita, adesso arriva la parte migliore”
“Non vedo l’ora”
Non ci furono altre parole lui le chiuse la bocca con un bacio soffocando il gemito di lei mentre la faceva sua.
 
Si svegliò qualche ora dopo.
Lui stava dormendo a pancia in su e lei si era rannicchiata contro il suo fianco mentre lui le teneva un braccio intorno alle spalle per tenerla vicino. Aveva la testa appoggiata sul suo petto e chiuse gli occhi ascoltando il battito ritmico del suo cuore. Era un suono così rassicurante, si sentiva felice ed appagata come non mai. Quel contatto con lui le stava dando stranamente sicurezza. In quel momento si sentiva troppo stanca per cercare di capire come mai si sentisse così. Il ricordo di quello successo prima la fece sorridere come un gatto soddisfatto e si avvicinò ancora di più contro il suo corpo.
Sapeva di doversene andare, di non poter affrontare delle domande da parte sua. L’orologio la informò che erano solo le 3.00 del mattino.
 
Poteva permettersi di dormire ancora per un po’ prima di scappare via.
Poteva godere ancora del calore che lui emanava.
Poteva sentire ancora i suoi muscoli tesi e forti sfiorare le sue gambe e la schiena mentre, nel sonno, la teneva vicino a sé.
 
Sì, poteva chiudere gli occhi e prolungare quella stupenda notte fuori dal mondo che stava vivendo.
  
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