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Autore: AndThenWeKiss    08/03/2016    1 recensioni
Dawn è una sedicenne che si è trasferita in una delle scuola più prestigiose del Canada. Arrivata a scuola, fa conoscenza con Mike e Zoey, con cui stringe un rapporto d'amicizia, mentre proverà ad avvicinarsi ad un ragazzo di nome Scott.
La ragazza inizierà ad essere vittima di strani fenomeni-non paranormali- che metteranno a rischio la sua vita, e alla fine scoprirà il vero responsabile, che trama vendetta contro la sua famiglia da parecchi anni, servendosi di persone vicine a Dawn per i suoi scopi malvagi.
Note Autore: Hola! Intanto ci tenevo a precisare che il primo capitolo è principalmente di introduzione, le cose inizieranno a movimentarsi dal secondo.
La storia la scrissi tempo fa(2012, all'incirca) su una mia pagina ed è scritta in modo pessimo, quindi ho deciso di riprenderla, modificare la trama e di riscriverla in modo più corretto.
Spero vi piaccia, baci.
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
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Capitolo 3

 

La foglia più piccola rappresentava Scott, la media sua madre e quella grande suo padre. Erano accartocciate perché la foglia più grande sovrastava le due più piccole, insomma, per farvela breve, Scott subiva violenze in famiglia da parte del padre. Più o meno ora capivo il motivo del suo dolore, dovevo aiutarlo a farlo tornare il bambino allegro e spensierato che sicuramente era una stato una volta.
Come potevo fare però a farmi raccontare da lui stesso ciò che aveva subito? Magari essendo una persona sola, senza amici, gli sarebbe bastato poco per aprirsi; o forse per via del rapporto con suo padre trovava difficile fidarsi di una persona perché poi avrebbe potuto tradirlo, per la prima volta mi trovavo in difficoltà. Forse perché era la prima volta che affrontavo un problema simile.
Non potevo mica andare da lui a dirgli “Ehi Scott, ho letto le foglie del tè e mi hanno rivelato che subisci violenze da parte di tuo padre.”
Mi prenderebbe per pazza, non si aprirebbe con me e soprattutto questo potrebbe contiribuire a ferire la sua personalità.
Sbuffai e guardai le boccette pieno di glitter colorato, il viso poggiato sui palmi della mano e i gomiti sulla scrivania.
D'un tratto un venticello sollevò la foglia media e quella grande, facendone uscire altre due piccole dal barattolo: le foglie si accartocciarono e si adagiarono anche all'altra.
-Una rappresenta Scott.
Sussurrai guardando le foglie.
-Forse ha dei fratelli...
Dissi tenendo un tono di voce basso.
Se aveva dei fratelli, allora la cosa ssumeva senso, ma il mio istinto mi diceva che quelle foglioline non rappresentavano i suoi parenti, ma qualcun'altro, magari degli amici.
Oh aspetta, non ne aveva. E allora chi poteva rappresentare?
Mi rimisi di nuovo in posizione da yoga, le mie narici annusarono un buon odore di pesca piuttosto che quello di incenso misto a vaniglia, mentre nella mia mente ricorreva il mio maglione verde acqua.
-Pesca e verde acqua?
Mi domandai, poi sgranai gli occhi.
-Zoey e Mike!
Dal barattolo uscirono altre due foglie, stavolta di grandezza media, si posizionarono sopra quelle piccole.
-Tina e il suo ragazzo. O forse Tina e Charlotte?
Senza indugiare oltre, aprii la finestra per far cambiare l'aria e spensi incenso e candele.
Presi di nuovo la mia borsa a tracolla e uscii di casa, attraversai il parco, interrompendo di nuovo quei bambini-che stavolta mi lanciarono qualche parolaccia, che maleducati- e arrivai al vicolo dove poco prima ero stata. Salii le scale antincendio, la mia mano scivolava sulla ringhiera e il mio passo era accelerato, portavano davanti ad una finestra aperta, entrai nella stanza.
Be' che dire? Era una stanza piccola e decorata in modo orientale, c'era anche qui un odore di incenso, a terra un tappeto persiano, cuscini sparsi qua e là e tavolini spogli. Mike, Zoey e Scott erano adagiati su quei cuscini, chiusi gli occhi. A parte loro, ero sola, in stanza.
Nella casa si aggiravano ben tre auree.
-Ragazzi, ragazzi.
Sussurrai smuovendo prima Mike e Zoey e poi Scott. I tre aprirono gli occhi e mi guardarono, poi si rialzarono.
-Usciamo.
Andai verso la finestra, loro mi seguivano. Uscimmo dalla piccola dimora orientale e tornammo al parco.
 

-Vorrei un gelato alla vaniglia.
Dissi porgendo il mio dollaro al gelataio, che mi passò un cono alla vaniglia. Prendevo il gelato alla vaniglia da quando ero piccola, non so perché, ma è sempre stato il mio gusto preferito.
Diedi una leccata al gelato, non era buono come quello che ero abituata a mangiare, ma non lo dissi.
Mi misi a sedere su una panchina, io ero accanto a Scott, accanto a lui c'era Zoey e poi Mike, tenevo le gambe incrociate.
-Avevi ragione a non mandarmi lì.
Disse Scott senza guardarmi, stava guardando la panchina di fronte che era deserta. Sorrisii compiaciuta e lo guardai.
-Che cosa è successo?
Domandai poi con tono serio, rivolta anche a Mike e Zoey.
-Quell'arpia di Tina ci ha colpiti con una mazza da baseball.
Disse Mike massaggiandosi la testa.
-Ed era sola, non c'era nessuno.
Continuò Zoey guardando in basso.
-E Charlotte lo sapeva.
Concluse Scott continuando a guardare la panchina.
-Ma perché?
Domandai rivolta a Zoey, che fece spallucce.
-Domani mi sentono quelle due sgualdrine!
Esclamò Mike ad alta voce facendo voltare una ragazza dai capelli viola raccolti in una treccia, accanto a lei c'era un ragazzo con i capelli marroni, si tenevano la mano.
Zoey salutò la ragazza timidamente, lei ricambiò.
-Chi è?
Domandò Mike quando la ragazza dai capelli viola si fu allontanata.
-Una ragazza di scuola.
Rispose lei sorridendo.
Dunque, era tutto organizzato da quelle due gemelline, e anche quella che sembrava la più dolce era coinvolta, ingannata di nuovo dagli stereotipi.
Ora c'era da capire chi fossero, che cosa volessero, perché si trovavano nella nostra scuola?
Tutte queste domande non avrei potuto farle di certo ai tre rapiti: ne sapevano quasi quanto me, dopotutto erano stati messi ko.
-Noi andiamo.
Disse Zoey rompendo il silenzio imbarazzante che si era creato sulla panchina. Lei e Mike si alzarono e ci salutarono con un cenno della mano-che io ricambiai- poi si allontanarono. Restavamo io e Scott da soli, dovevo trovare un modo per parlargli.
-Scott...
Lui si voltò e mi guardò.
-Vuoi venire a cena da me?
Domandai. Che domanda stupida. Ok, dovevamo fare amicizia, solo così avrei potuto aiutarlo, ma invitarlo a cena? Dannata me e la mia boccaccia.
-Che ci stai provando?
Domandò lui ridacchiando, lo guardai male.
-Dai scherzo, certo che vengo. Mi farà bene stare lontano da casa.
Bene, queste parole potevano già essere un buon inizio.
-Andiamo allora.
Mi alzai, lui fece lo stesso. Iniziammo ad avviarci verso casa, entrambi guardavamo il cielo tinto di arancione per via del tramonto, potevo sentire la sua aura più forte che mai: era nera, ma era in qualche modo più calma rispetto a prima quando era sul letto di cuscini o di stamane a scuola. La rabbia faceva ancora parte di lui, ma in questo momento sembrava aver lasciato ad una piccola sfumatura di rosso, e non rosso rabbia, ma rosso...amore? No, sto sicuramente impazzendo. Devo essere ancora stanca per il trasferimento, era meglio non andare a scuola oggi.
Ci conoscevamo da un giorno, molto probabilmente il rosso sta anche un'altra cosa oltre che per amore e rabbia.

 

Mia madre mise i piatti di coccio davanti a noi due, il profumo di tortino vegetariano mi arrivò fino alle narici, e contenta lo assaporai. Versai del tè nel mio bicchiere, poi lo offrii a Scott che denegò.
-Spero ti piaccia il cibo vegetariano. Qui non mangiamo carne.
Gli dissi notando il suo sguardo stupito davanti al tornino che conteneva nemmeno una salsiccia.
-Tranquilla.
Rispose iniziando a mangiare, ma lo bloccai.
-Dobbiamo aspettare che ci siano tutti a tavola.
Gli spiegai, indicando il posto vuoto riservato a mio padre, che entrò in casa poco dopo, la valigetta sottobraccio.
Quando vide Scott iniziò a fargli delle domande, domande del tipo “da dove vieni?”, “chi sono i tuoi genitori?”, “perché mangi con le mani?” ecc. Sì, mio padre sapeva come mettere a disagio una persona e riusciva anche a farla sbottare, come nel caso di Scott.
-Sei davvero rozzo.
Aveva detto mio padre, notando che Scott non utilizzava praticamente mai il tovagliolo e non si faceva problemi ad emettere rumori fastidiosi durante i pasti.
Questa cosa contrariava anche la mia rigidissima madre, che però si limitò ad aprire la finestra.
Ero imbarazzata più che mai, sia da Scott sia dal comportamento dei miei, a volte sospettavo che lui lo facesse apposta ad avere atteggiamenti rozzi, così, per divertirsi e per far indispettire mio padre.
Tra le urla dei due mi venne in mente un'idea: avrei potuto provare a fare un rito per scoprire il vero passato di Scott, anche se non mi sembrava giusto. I due avevano alzato la voce, mio padre batteva i pugni sul tavolo. Perché ogni cosa che cerco di fare in buona fede deve essere sempre rovinata?
Mi sembrò di udire un rumore, simile ad uno sparo, non dissi nulla: sicuramente lo stavo immaginando per il nervoso.
Odiavo più che mai mio padre e Scott, e per farmi odiare una persona ce ne vuole.
Non si sarebbe mai confidato con me, specie dopo ciò che gli aveva detto mio padre.
All'ennesima provocazione di Scott, all'ennesimo insulto di papà e all'ennesima chiusura e apertura di finestre da parte di mamma, mi alzai in piedi ed uscii dalla cucina, salii le scale e mi chiusi a chiave in camera.
Mi guardai intorno e notai di aver lasciato la miniatura del sistema solare accesa, mi guardai intorno: tutto era come prima, tranne per una leggera brezza che mi fece tremare, mi avvicinai alla finestra e notai un foro nel vetro, per terra c'era un proiettile. Lo presi in mano, era tiepido.
Mi scappò un urlo, ma mi trattenni.
Ok, qualcuno aveva sparato per davvero e proprio in camera mia, magari era uno scherzo di pessimo gusto, magari un brutto tiro di Charlotte e Tina.
-Dawn!
Ruggì mia madre, scesi al piano di sotto con il proiettile in mano, decisa a mostrarlo ai miei.
-Si può sapere che gentaccia porti a casa?
Domandò mio padre con tono nervoso, mi morsi il labbro e cercai di focalizzarmi su Scott, ma non era lì, fortunatamente.
-Volevo solo farlo stare con noi, non viene da una bella realtà.
Risposi con il mio solito tono calmo, il proiettile stretto in mano.
-Abbiamo notato.
Commentò mia madre leggermente adirata.
-Se i suoi genitori sono stati troppo impegnati...
Lo anticipai, sapevo cosa stava per dire: quando mio padre perde le staffe dice anche cose orribili, cose che pensa, ma che però non direbbe mai. Inoltre perde le staffe per poche cose, tra cui le mancanze di rispetto-ed è ovvio-. Ricordo ancora che una volta litigò con una vecchietta che ci aveva superati mentre eravamo in fila al supermercato: dovetterlo cacciarlo.
-Non mettere bocca dove non sai.
Fu ciò che dissi, strinsi entrambi i pugni.
-Non parlarmi così.
Rispose lui, stava per sbottare di nuovo.
-E tu non parlare così di lui. Ok, è una persona rozza, ma dimentichi il principio fondamentale su cui si basa la nostra famiglia? “Nessuno è Perfetto”. Ho portato Scott qui non per fargli vedere come bisogna comportarsi, semplicemente per farlo evadere dalla pessima realtà familiare che deve vedere ogni giorno.
Mio padre alzò un dito, ma continuai.
-Se non riesci a capirlo, be', mi dispiace, ma hai perso tutta la mia stima.
Salii di nuovo le scale, lo sentivo sbraitare e chiamare il mio nome, non mi importava. Mi chiusi a chiave in camera e misi il proiettile sulla scrivania, poi chiamai Zoey al telefono.
 

-Ma è terribile.
Commentò Zoey una volta che finii di raccontarle ciò che era accaduto questa sera a tavola, ero seduta in giardino e guardavo un piccolo ragnetto che saliva sulla mia mano, il telefono poggiato all'orecchio.
Alzai lo sguardo verso la Luna e sorrisi pensando a quanto potesse essere bello ma allo stesso tempo misterioso quel satellite. Sono sempre stata convinta che le persone siano come la Luna: hanno tutte un lato oscuro che non mostrano a nessuno.
Forse nel caso di Scott era il contrario: il suo lato oscuro era sempre esposto alla gente, ma sono convinta che anche lui avesse un lato dolce che teneva nascosto per qualche recondita ragione. Forse per non sembrare un debole, chi lo sa.
Continuai a parlare con Zoey, sempre della cena, poi le dissi la mia teoria.
-Secondo me subisce violenze in casa.
Continuai a guardare la Luna, poi udii un fruscio provenire dai cesougli vicino la parete di casa.
Li ignorai, erano solo gatti, o almeno credevo.
-Da cosa puoi dirlo?
Domandò Zoey.
Pensai alle foglie del tè accartocciate, ma evitai di dirlo.
-Intuito...
Mentii, se ne accorse.
-Dawn non sono nata ieri. Sei una ragazza misteriosa, e in qualche modo avevi ragione quando hai detto quelle cose su Tina.
Stavolta il suo tono sembrava volermi rimproverare.
La conoscevo solo da un giorno, non potevo dirle queste cose: mi avrebbe giudicata e se ne sarebbe andata pensando che io fossi una pazza scatenata che va in giro a leggere foglie.
Mi schiarii la gola e usai il tono più convincente che ero in grado di fare.
-Ci sono arrivata semplicemente guardandola, guardando i suoi occhi. “Gli occhi sono lo specchio dell'anima”, ti dice niente questa frase? Questo vale anche per Scott.
In qualche modo non avevo mentito neanche tanto: non è raro che per confermare una mia teoria io guardi negli occhi una persona, stava iniziando a passarmi per la mente di prendere il ramo di psicologia alla fine di quest'anno.
Lei non rispose subito e quando lo fece disse solo un “Mmh”, quindi cambiai argomento e le parlai del proiettile e del fatto che ero sicura che fosse stata Tina a spararlo.
Mentre lei mi rispondeva, presi il ragnetto che si stata arrampicando sulla mia camicia da notte e lo poggiai di nuovo sulla mia mano, costringendolo a fare di nuovo il percorso daccapo.
-Io ora ti saluto, devo cenare.
Mi disse Zoey, poi la sentii rimproverare qualcuno e ridacchiai.
-Buona cena, Zoey.
Lei mi ringraziò e riattaccò. Presi il ragnetto e lo poggiai a terra, proprio mentre era arrivato sul pizzo presente sulla manica, quindi mi voltai di nuovo verso i cespugli da cui avevo udito il rumore e lo guardai, vidi qualcosa, qualcosa di rosso, e non era un fiore o una mela.
-Scott?
Domandai, nonostante ne avevo avuto la conferma grazie al mio potere, lui sbuffò e si rivelò, lo sguardo truce.
Si avvicinò a me e mi puntò l'indice contro, eravamo troppo vicini e il suo dito toccava il mio petto, iniziai ad innervosirmi ma non lo diedi a vedere.
-Tu.
Mi disse, lo interruppi.
-Mi stavi spiando?
Lui sgranò gli occhi.
-Volevo scusarmi per ciò che è successo a tavola.
Mi strinsi nelle spalle e non dissi nulla, il suo sguardo era cambiato, ma si divenne truce un attimo dopo.
-Come fai a sapere determinate cose?
Domandò, mi strinsi di nuovo le spalle.
-Non fare la finta tonta.
Mi rimproverò.
-Ho sentito che ne parlavi con Zoey, non sono né sordo né stupido.
Mi morsi il labbro, ma inventai subito una scusa.
-Come ho già detto, intuito.
Lui continuò a guardarmi male.
-Non ci credo. Stamattina, a scuola, hai detto qualcosa sulla mia aura. Cosa significa?
Non potei negarglielo, dopotutto mi avrebbe presa per pazza solo lui: non avendo amici non lo avrebbe potuto dire a nessuno.
-Ho letto le foglie del tè e mi hanno rivelato che tu e tua madre subite violenze in casa.
Lui sgranò gli occhi, era sorpreso. Pensava sicuramente che fossi una pazza scellerata, ma comunque sia c'avevo preso alla stragrande e non poteva negarselo. Abbassò lo sguardo e gli presi la mano, provai ad infondergli la mia energia positiva: in futuro le cose sarebbero cambiate, doveva solo tenere duro e intanto avere degli amici con cui aprirsi e sfogarsi.
-Vuoi parlarne?
Sussurrai, lui denegò.
-Sai che potrai sempre contare su di me? Se mai ti sentirai sul punto di piangere, sappi che puoi chiamarmi. Non ti prometto che ti farò ridere, ma piangerò con te e ti aiuterò a farti passare tutto.
Se in quel momento provavo pena per Scott, essa svanì subito così come i miei buoni propositi.
O almeno questo fu ciò che feci credere a me stessa nel preciso momento in cui Scott mi scoppiò a ridere in faccia, come aveva fatto questa mattina a scuola.
-Bene.
Risposi con calma.
-Sbellicati pure dalle risate, io ho provato a farti fare un'amica, tu decidi di ridermi in faccia e ora resti da solo.
Odiavo aver pronunciato quelle parole, non lo pensavo: sapevo che se lui mi avesse richiamata per scusarsi o per parlarne io lo avrei perdonato senza dirgli nulla, mi dispiaceva troppo per lui e volevo aiutarlo a scappare da quella situazione ma doveva essere il primo a collaborare.
-Pensi che io venga a dire le mie cose ad una hippy che legge foglie del tè che conosco da un giorno?
Domandò lui, inarcando un sopracciglio.
-Un hippy che legge foglie del tè e che conosci da un giorno che ha provato a fare amicizia, che ti sta dicendo di aprirti e confidarti e che soprattutto non ti giudica per il tuo carattere perché si mette nei tuoi panni.
Lo corressi chiudendo gli occhi e agitando l'indice come fa una professoressa o una mamma che rimprovera un bambino.
Lui sbuffò, non sapeva cosa dirmi. Si girò e si avvicinò al cancello, poi si voltò.
-Buonanotte.
Risposi con un cenno della mano e lo guardai allontanarsi; l'aura che lo circondava era calma come le onde del mare ed era stranamente rossa.
Esteriormente poteva dimostrarsi come ciò che non era e nascondere che provava, ma dimenticava che io potevo leggere la sua aura interiore.
Gli sorrisi, era voltato di spalle, quindi rientrai dentro casa.

   
 
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