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Autore: JiuJiu91    28/03/2009    6 recensioni
Chi combatte contro i mostri deve guardarsi dal non diventare egli stesso un mostro. Quando guardi a lungo nell'abisso, anche l'abisso guarda dentro di te. [Friedrich Nietzsche]
Le gemelle Spencer vivono su binari paralleli: Maggie è esuberante, goffa e maldestra, perennemente intenta a collezionare figuracce, mentre la riservata Therese è una studentessa modello, saggia dispensatrice di consigli e ottima strega. Destinate a non incontrarsi mai, se non si fossero trovate intrappolate, assieme, in un piano molto più grande di loro, divise tra Bene e Male. Sempre che Bene e Male esistano ancora, quando i Buoni sono pronti a tutto pur di vincere la guerra e i Cattivi non sembrano poi così cattivi.
In un Mondo Magico in cui non è più tutto bianco o tutto nero si intrecciano storie d'amore e di guerra, d'amicizia e di fratellanza, di alleanze e di tradimenti. In tutte le sfumature che preferite.
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo, personaggio, Serpeverde, Tom, Riddle/Voldermort
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
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Prima di cominciare a studiare matematica (e scommetto che tutti vorreste passare il sabato pomeriggio a studiare matematica) mi ritaglio cinque minuti per aggiornare, sperando che anche questo capitolo vi piaccia. Buona lettura...

QUANT'È PICCOLO IL MONDO


Ottobre arrivò sospinto da un vento gelido. Petunia Dursley e la signora Prentice lottavano contro le folate più forti trattenendo i sacchetti della spesa. Sperai che una folata più forte le facesse sbattere contro la cancellata nuova di zecca dei Kensington.

Avevano messo in giro la voce che mia zia usciva con un malvivente e trascurava i figli. E così, zia Tracie, un po’ per quieto vivere un po’ per salvare la sua reputazione, era tornata a Privet Drive dopo quasi tre mesi di assenza.

- Tom mi manca così tanto – sospirò lasciando che Davy Peterson le limasse le unghie

- Ma ci sono io, tesoro. Tommy sicuramente non era capace di farti una perfetta manicure – le ricordò Peterson

- Impiegavamo il tempo in altro modo – ammise zia Tracie

- Tesoro! – la rimbeccò Peterson

Mi affacciai dalla cucina dove stavo, non senza difficoltà, dando da mangiare ai Cuccioli.

Non dovevano apprezzare quell’informe pappetta più di tanto, visto che la maggior parte del cibo era spalmata sulle loro facce o, in alternativa, sulla mia.

- Mio Dio, tesoro, sembri uno yeti – commentò Peterson

- Puoi sempre dilettarti usando me come cavia per i tuoi esperimenti di trucco – proposi

- O forse dovrei usare Bernadette. Quella ragazza è sempre così tremendamente trasandata – sospirò Peterson

Proprio in quel momento, la porta si aprì e Bernie entrò in salotto.

All’inizio fu un po’ difficile per me scoprire di chi si trattasse ma le persone che avevano le chiavi della casa di mia zia non erano poi così tante e se, andando per esclusione, il nuovo arrivato non ero io, non era Therese, non era Tom e non era Alice, doveva per forza essere Bernie.

Peccato che non avesse praticamente nulla in comune con mia cugina.

A partire dai tacchi, vertiginosi quasi quanto la minigonna, fino ad arrivare alla giacca di almeno due o tre taglie più piccola rispetto a quella che sarebbe dovuta essere, che le strizzava le tette fino al punto di spararle quasi fuori.

- Tu sei Bernie? – feci io

- Cosa c’è in un nome? Quella che noi chiamiamo rosa con un altro nome avrebbe un profumo meno dolce? – replicò lei sospirando

- Oh, Romeo rinnega il tuo nome, e al posto del tuo nome, che non è alcuna parte di te, prendi tutta me stessa! – soggiunse Davy Peterson

- Quando avete finito questo stupido teatrino dovrò fare un bel discorsetto a mia nipote – dichiarò zia Tracie

Davy Peterson e Bernie mi fissarono interrogativi.

- L’altra mia nipote – precisò la zia

Gli sguardi di tutti si spostarono su Bernie.

- Tesoro, stai d’incanto! – esclamò Davy Peterson

- Certo, se fossimo su un marciapiede – sibilò zia Tracie

- Mi stai forse dicendo che sono vestita da troia? – strillò Bernie offesa

- Nel caso non te ne sia accorta sì, quella gonna è una cintura – rispose zia Tracie

Bernie spalancò la bocca. La zia non abbassò lo sguardo e io e Davy Peterson ci guardammo in attesa.

- E non permetterò che tu esca conciata in quel modo – aggiunse la zia

- Che cosa? – Bernie trattenne il fiato e gettò la sua borsa sulla poltrona – Torni qui dopo tre mesi passati a trombare con uno stronzo che ha anche una ragazza e ti permetti di sparare sentenze sul mio abbigliamento –

- Io sono tua zia, nel caso tu in questi tre mesi l’abbia dimenticato – replicò zia Tracie e non sembrava decisa a giungere a compromessi

- Non te ne è mai importato nulla di me – urlò Bernie – Non mi hai mai neanche guardata in faccia e ora mi noti per la prima volta solo perché finalmente posso essere notata –

- E ti noteranno anche gli stupratori – convenni

- Non accetto critiche da una che a tredici anni leggeva manuali su come fare i pompini – tagliò corto Bernie e si rivolse di nuovo a zia Tracie – Cosa c’è, improvvisamente ti ricordi di avere anche un’altra nipote? –

- Ho sempre saputo di avere anche un’altra nipote – ribattè zia Tracie

- Ah, sì? Anche quando sono tornata dall’Islanda e camera mia era diventata una nursery? Anche quando sono tornata dall’Argentina e camera mia era diventata un ricovero per malati terminali e c’era il tuo adorabile fidanzatino appena uscito dal coma? – gridò Bernie

- Ti ricordo che in quel periodo io dormivo sul divano – sibilò zia Tracie

- La buona samaritana – mugolò Bernie – E loro? – indicò me ed un’ipotetica Therese – Loro che dormono a casa due mesi all’anno sono state le uniche ad avere una camera degna di questo nome –

Zia Tracie non seppe cosa rispondere a questa provocazione.

- Ma certo, vogliamo detronizzare la piccola cara Maggie? Bernadette vince una gara di spelling e dov’è la zia? A riprendere Maggie che si è fatta sbattere in prigione. Bernadette ottiene un riconoscimento dal WWF, ma vuoi mettere con le due dolci gemelline che sono due streghe! Maggie fa sesso a quattordici anni ma, beh, l’ha fatto per amore! Maggie è amica di un serial killer, bene, invitiamolo al pranzo di Natale! Il padre dei tuoi figli ti lascia perché Maggie è in un’organizzazione criminale e tu cosa fai? La ringrazi perché sì, in effetti Lupin era uno stronzo. E adesso fai lo zerbino di quel pazzo! – esclamò Bernie

Dovevo ammettere che, vista da una prospettiva esterna, il discorso di Bernie non faceva una piega. Io, però, non mi ero mai sentita la prediletta di zia Tracie.

- Non offendere Maggie! – si impuntò mia zia

Se non qualche volta.

- Non sto offendendo Maggie, sto offendendo te – le due si fronteggiavano, gli occhi verdi di Bernie fissi in quelli azzurri di zia Tracie

Qualche mese prima zia Tracie avrebbe abbassato lo sguardo e avrebbe chiesto scusa. Non era mai stata un tipo battagliero.

Aveva sempre avuto una forza immane, per sopportare tutto quello che aveva dovuto subire, aveva lottato contro le situazioni avverse, ma mai contro le persone.

Da che ricordassi, zia Tracie aveva sempre avuto un metodo tutto suo con la gente. Si lasciava scorrere addosso qualsiasi insulto e qualsiasi provocazione. Diceva sempre che era già abbastanza snervante combattere contro il destino e che l’ultima cosa di cui aveva bisogno era inimicarsi anche le persone.

Ma, da quando aveva risposto a tono a Lupin, qualcosa era scoppiato in lei. come la voglia di rifarsi dopo anni di silenzi. Stufa di rimanere zitta davanti ai soprusi della gente, si stava vendicando a distanza.

- Se non approvi il mio modo di gestire questa casa, o di trattarti, perché non te ne vai? – sussurrò zia Tracie, con una sorta di solenne calma

- Me ne vado, infatti – annuì Bernie – Al più presto – soggiunse, ed uscì sbattendo la porta

- Zia – mormorai

Davy Peterson ed io la fissammo senza parole.

- Tracie, forse hai un tantino esagerato – commentò Peterson

- Sono stufa di essere giudicata – sbottò lei, in risposta, aprendo la credenza e versandosi un bicchiere di whisky – stufa di sentirmi dire cosa devo o non devo fare da persone che credono di avere il diritto di dire la loro sul mio modo di vivere –

Cercai di allontanarle il bicchiere da davanti, ma zia Tracie mi spostò la mano e buttò giù il whisky tutto d’un fiato.

- Dicono che mi faccio usare e che per Tom sono solo una troia quando non sanno niente di noi – la zia tirò su col naso e cercò di trattenere le lacrime – Perché le persone non lasciano mai che tu sia felice? -

- Sono solo invidiosi – risposi – vivono vite di merda e vogliono che la viva anche tu perché, beh, mal comune mezzo gaudio –

Zia Tracie sembrò crederci, ma fu solo una frazione di secondo.

- A volte mi chiedo se ci sarà mai un giorno in cui smetterò di sbagliare – sussurrò e se ne andò nella sua camera al piano di sopra, lasciando Davy Peterson con la limetta in mano e lo smalto sulle gambe

- Colpa dell’amore – mugugnò Davy Peterson con tono tecnico

- Cosa? – volli sapere io

- Tutto – rispose lui con un’alzata di braccia – Se tua zia ha perso il senno per quel Tom, se Bernie all’improvviso si veste come una pornodiva. È colpa dell’amore –

- Ah – mormorai io, non del tutto convinta

- L’amore è una delle più potenti droghe. Se vuoi fare davvero male a qualcuno, è il caso che prima lo faccia innamorare – disse lui, con una risata amara – A volte penso di essere l’unico a non saper giocare con i sentimenti –

- Siamo in due – gli strinsi la mano – Ancora Lewis? – volli sapere

- Leggi – mi allungò un cartoncino rosa

- Cos’è? – domandai, leggendo le prime due righe, versi di Emily Dickinson

- La partecipazione alle nozze di mia moglie con il mio amato – sospirò lui

- Vacci – proposi a bruciapelo – Vacci con un altro –

- Ci penserò – fece lui infilandosi il cartoncino in tasca

- Ti prego, devi assolutamente andarci con un altro e vedere la loro faccia. Loro hanno giocato con i tuoi sentimenti, è il momento di punirli. Tutti e due. insieme – precisai

- Ma chi ci porto? – mugolò lui

- Hai ancora più di sette mesi per trovare qualcuno: è a giugno! – gli feci notare – E, se proprio non hai alternative, puoi sempre pagare un prostituto a ore perché venga a fare la parte del tuo amante –

Davy Peterson scoppiò a ridere e riprese in mano la limetta.

- Unghie – ordinò

Il giorno dopo Bernie non tornò a casa.

Né lo fece il giorno dopo ancora.

O dopo tre giorni.

- Forse dovremmo telefonare alla polizia – decretò Therese

- Ci odierebbe – osservai

- Cosa vuoi fare, stare qui con le mani in mano ad aspettare che quella sconsiderata torni da chissà dove, magari incinta e con l’AIDS? – sbottò mia sorella

- Non credo stesse andando a battere o chissà cosa. Peterson suppone che sia innamorata – replicai

- Innamorata? Di chissà quale stronzo fissato col sesso sadomaso – precisò Therese

Sollevai le spalle e mi lasciai cadere sul divano.

- Dovremmo parlarle – notai – Presumibilmente lei ci odia, ma dobbiamo assolutamente mettere in chiaro alcune faccende – mi fermai un secondo, osservandomi le unghie fresche di manicure – Tipo che il manuale del pompino era di JJ -

- Non ci credo – sibilò Therese – Il tuo unico problema è quello che lei pensa di te. non è possibile che tu sia così maledettamente egocentrica –

- Beh, in fondo siamo sorelle, qualcosa in comune lo dovevamo pur avere – le ricordai

Therese ignorò la mia affermazione e consultò i post-it appesi sul frigo.

Dovemmo spostarne una quindicina su cui zia Tracie aveva appuntato il codice PIN del suo cellulare, ma alla fine trovammo quello che stavamo cercando.

- Quattro ottobre, ore sei e venticinque: conferenza sui diritti degli animali. È nella chiesa in fondo alla strada – lesse Therese e si girò verso di me con aria trionfante – Lì l’acchiapperemo di sicuro -

- A meno che nel frattempo non si sia comprata una pelliccia e stia scopando con il suo ragazzo – bofonchiai tra i denti

Alle sei eravamo già fuori dalla chiesa del quartiere.

Avevo come la tremenda sensazione che tutti stessero fissando noi e mi sarebbe piaciuto poter credere che fosse solo una sensazione.

- Perché ci guardano tutti? – mi chiese Therese all’orecchio

- Credo sia per via della zia – risposi in un sussurro

In quel momento dal gruppetto di befane si staccarono stoicamente Petunia Dursley e la sua irriducibile socia, la signora Prentice, e vennero verso di noi con aria indagatrice.

- Aiuto, arrivano le allegre comari di Windsor – sibilò Therese

- Ragazze! – cinguettò Petunia, abbracciandoci amorevolmente come se fossimo amiche di lunga data – Abbiamo saputo che vostra zia è tornata a casa! Non le sarà successo qualcosa di brutto con il suo fidanzato? –

Mi chiesi a quale fidanzato si riferisse. Se sapesse della brusca rottura con Lupin, e di Tom, e cosa si fossero raccontate quelle arpie nei loro the delle cinque.

- Eravamo così felici per lei! – esclamò la signora Prentice – Dopo quella brutta storia con il suo ex, subito così felice con un altro! -

Sapevano di Tom.

- Ehm, è tutto a posto – dissi precipitosamente e feci per andarmene, ma Therese mi trattenne per un braccio

- Oh, sì, brutta storia con l’ex – commentò – Ma il suo nuovo ragazzo è innamoratissimo di lei. talmente innamorato che sta cercando una casa dove andare a vivere insieme. Sa, abita in un monolocale e con i bambini… -

- Una casa? – Petunia e la signora Prentice si fecero ancora più attente

- Una casa in centro. Lui non ama la periferia – soggiunse Therese

- Oh, sì – si morsero le labbra, invidiose, probabilmente pensando ai loro mariti grassi che avevano lasciato a casa ad abbuffarsi davanti al televisore

- Per una volta non penseranno che nostra zia è una pazza degenere – borbottò Therese

Mentre Petunia e la sua amica andavano a riferire alle altre quello che avevano appena appreso, una macchina grigia accostò al marciapiede e Bernie scese, leggermente malferma sui tacchi a spillo.

Ci lanciò un profondo sguardo d’odio, prima di entrare in chiesa.

Stavo cercando di capire chi ci fosse alla guida dell’auto grigia, quando mia sorella mi trascinò in chiesa.

- Bernie! – strillò lungo la navata principale

Nostra cugina si voltò, fulminandoci con uno sguardo.

- Cosa ci fate qui? – volle sapere

- Siamo venute per… - cominciò Therese decisa

- …farci quattro risate – la interruppi – Una conferenza sui diritti degli animali. Vogliamo proprio vedere chi è la testa di cazzo che farà una conferenza del genere –

- Sono io, quella testa di cazzo – sibilò Bernie

Therese mi lanciò un’occhiata rassegnata e la inseguimmo fino nella sacrestia.

- Forse zia Tracie ha esagerato – ammise Therese, chiudendo la porta e appoggiandovisi – Ma tu sei stata troppo dura con lei -

- Puoi rimproverarla di un sacco di cose, ma non puoi dire che non ti abbia voluta bene – le feci notare

- Ha fatto tantissimi sacrifici per noi, quando avrebbe potuto metterci in un orfanotrofio e fregarsene – soggiunse Therese

- Voi siete due povere illuse – sussurrò Bernie – Continuate a parlare di lei come se fosse un’eroina ma in realtà zia Tracie non ha fatto nulla per assicurarci un futuro. Ha speso soldi che non aveva e poi non potevamo permetterci neanche la cena di Natale – scosse la testa e sospirò affranta – Siamo cresciute da sole, e non dimenticherò mai quella volta che abbiamo rubato al supermercato per avere una cena e tutto questo perché? Perché la cara zia, quella che ci ha amate così tante da non lasciarci in mezzo ad una strada, usava i soldi con cui avrebbe dovuto assicurarci una vita agiata per comprare le sue stupide dosi –

- Lavorava in un bordello per darci un futuro – le ricordò Therese

- Lo faceva per pagarsi l’ectasy – tagliò corto Bernie – Avrei voluto andare all’università. Avrei voluto fare biologia marina e poi andare a studiare le foche e invece sono qui, a parlare dei diritti degli animali con una massa di ignoranti in una chiesa di periferia –

- Lo sai che la zia non ha i soldi per mandarti all’università. E ora ci sono i Cuccioli, e presto nascerà un altro bambino, e… - le feci notare

- La zia è sommersa di debiti – sibilò Bernie – Mi odia perché io continuo a ricordarglielo. Mi odia perché lei continua a fare la bambina irresponsabile e ad innamorarsi come un’adolescente di un telefilm e io cerco di far quadrare conti che non quadreranno mai –

- Noi non abbiamo debiti – commentò Therese, poco convinta

- Questo è quello che vuole farvi credere – sogghignò Bernie, lasciando il cappotto su una panchina - Non ve l’ha raccontato, vero, degli ometti che sono venuti a vedere la casa in attesa di pignorarcela? –

Io e Therese ci lanciammo uno sguardo terrorizzato.

- Non voglio esserci quando ci sbatteranno sul marciapiede, ed è per questo che mi sono trasferita dal mio ragazzo – Bernie fece schioccare le labbra divertita – E, se zia Tracie mi farà arrabbiare di nuovo, potrei sempre raccontare a Petunia Dursley e alle sue amiche che sta per essere sfrattata per colpa dei debiti -

- Non faresti una carognata simile, vero? – e mi voltai verso Therese, in cerca di appoggio

- Hai detto “il tuo ragazzo”? – disse invece mia sorella

- Sì, il mio ragazzo – ripetè Bernie

- E non ci dici niente? – la rimbeccò Therese

- Avrei dovuto dirvelo tra un insulto e l’altro? – Bernie arricciò il naso – Siete libere domani sera? –

Therese mi lanciò un’occhiata interrogativa.

Non sono solita passare i sabati sera a casa delle cugine vegetariane.

Cercai di trasmetterle con lo sguardo. Therese sorrise a mezza bocca e poi mosse impercettibilmente il naso, come a dire “neanche io”.

- Niente di irrinunciabile in programma, vero Maggie? – Therese cercò conferma

- Solo qualche discoteca piena di pervertiti – convenni

- Allora venite a cena da me. Anche Oliver non vede l’ora di conoscere la mia famiglia – la Bernie allegra e scoppiettante che ci stava di fronte non sembrava la stessa che solo qualche secondo prima aveva minacciato di sputtanare pubblicamente zia Tracie parlando dei suoi problemi economici con le arpie di Privet Drive

In realtà, non sembrava neanche la Bernie depressa che si ingozzava di patatine fritte sul divano, l’inverno prima, sedotta e abbandonata da Stefan Redastaire.

Decisamente, Oliver le aveva fatto bene.

- Oliver? – ripetè Therese lentamente, reprimendo una smorfia di disgusto

- Sì, perché? – volle sapere Bernie

- Sono stata con un pezzo di merda che si chiamava Oliver, tempo fa – spiegò mia sorella

- Il mio è dolcissimo – decretò Bernie – Vegetariano e ama gli animali quasi più di me –

- Il mio era un animale – sibilò Therese

Bernie stava per aggiungere qualche altra estatica osservazione quando il prete si affacciò alla porta della sacrestia per ricordarle che la conferenza doveva essere incominciata da più di cinque minuti.

Io e Therese, all’unanimità, decidemmo di eclissarci.

La sera successiva arrivammo all’indirizzo che ci aveva scribacchiato Bernie su un tovagliolino in perfetto orario. Avevamo deciso di portare un vassoio di pasticcini, per non presentarci a mani vuote, e Therese vi aveva accompagnato una bottiglia di vino frizzantino, per brindare alla nuova fiamma di Bernie.

- Ragazze! – esclamò nostra cugina, aprendo la porta e facendoci entrare nell’appartamentino – Siete così in orario, accidenti! Oliver è andato a fare scorta di alcool al supermercato qui sotto. Sarà qui tra un attimo, venite pure in cucina -

Bernie sembrava un’ottima padrona di casa e l’appartamentino, caldo, accogliente, sui toni del rosso e dell’arancione, era il perfetto nido d’amore per due ragazzi giovani e non troppo abbienti.

Un salottino con attigua cucina e una piccola ma raffinata camera da letto. L’essenziale.

- Bella casa – commentò Therese, prendendo in mano una cornice di legno che conteneva una foto di Bernie in riva al mare con un pinguino – Il tuo ragazzo non è geloso delle bestie di cui ti occupi? -

- Oh, no – ridacchiò Bernie – Anche lui è iscritto a Greenpeace. E, pensa, ha voluto a tutti i costi conoscere Marie Claire –

- L’orso? – mi informai

- L’orsa, sì – annuì Bernie

Ci riempì i bicchieri di uno strano liquido verde acido che non avrei bevuto se non avesse avuto un odore di alcool così marcato. Decisi che mi sarei riempita la pancia di alcoolici visto che non potevo contare sul cibo che avrei mangiato di solito.

Mi chiesi se fosse scortese tirare fuori dalla borsa i cookies che portavo sempre con me. E mi chiesi anche se i vegetariani potessero mangiare i cookies. Non si sa mai…

Sentii la maniglia della porta abbassarsi e poi, all’improvviso, il silenzio.

Era come essere precipitati in una dimensione parallela in cui l’appartamentino caldo e accogliente erano stati sostituiti da una grotta di ghiaccio fredda e inospitale.

Per qualche secondo brancolai nel buio. Poi, affacciandomi dalla cucina, capii cos’aveva lasciato senza parole mia sorella.

Sulla soglia della casa di mia cugina c’era Oliver Baston con in mano una busta della spesa e nell’altra mano le chiavi di casa.

Particolari inutili.

Dettagli trascurabili.

C’era Oliver Baston.

Questo non era assolutamente da trascurare.

L’ultima volta che l’avevo visto, due estati prima, alla Coppa del Mondo di Quidditch, aveva tentato in tutti i modi di violentarmi ed ero stata miracolosamente salvata dalla comparsa in cielo del Marchio Nero.

Non riuscii a non arrossire. Ma le attenzioni di Baston, fortunatamente, erano tutte per mia sorella.

Quella Therese che con i capelli lisci, una provocante minigonna e un pacchetto di Lucky Strike in mano, sembrava meno Therese che mai.

- Tu qui? – Oliver fu il primo a rompere il silenzio

- Tu qui – ripetè Therese senza rispondere alla domanda

- Vi, ehm, conoscete? – chiese Bernie, probabilmente captando un’aura negativa

- Hehe – Oliver rise nervosamente, stringendo Therese in un abbraccio falsamente caloroso – Siamo stati insieme quasi un anno, no Therese? –

- Diciassette mesi – precisò lei con il tono severo della Therese che era scomparsa quel settembre 2004

- Però, non credevo così tanto – ammise lui imbarazzato – Sono volati, eh? –

- Perché non dici a Bernie che ci siamo anche rivisti? – propose Therese con aria volutamente disfattista

- Questo è stato molto prima che io e lei ci mettessimo insieme – tagliò corto Oliver

- Ciao, Oliver – sperai che il mio intervento distogliesse i due dallo spinoso argomento, e invece Baston piombò nella disperazione più cupa

- Maggie – sussurrò

- Io rievocherei le curiose circostanze in cui vi siete salutati due anni fa – sorrise Therese con un pizzico di sadismo

Le feci cenno di fermarsi, ma non sembrava disposta a patteggiare.

- È stato su una tenda, in un campeggio, con la tua lingua nella sua bocca o sbaglio? – continuò amara

Bernie, gli occhi sgranati, seguiva la conversazione alle mie spalle, sulla porta della cucina.

- Conoscevi anche Maggie? – mia cugina non si preoccupò di nascondere la sorpresa

- Noi eravamo… - iniziò Oliver

- Compagni di scuola? – propose Bernie

Evidentemente doveva averla messa al corrente della scuola di Magia. Segretamente mi dispiacque che non le avesse mentito, sarebbe rientrato nei motivi per cui lasciarlo, eventualmente.

- Esatto – Oliver mise in frigo le bottiglie di alcoolici

- Direi di metterci a tavola – propose Bernie e la seguimmo obbedienti

Mangiammo in silenzio tutto l’antipasto, tartine a base di salse strane e verdure, e metà del primo, pasta con zucchine e panna, poi Bernie appoggiò la forchetta e ruppe il silenzio.

- E così, tu e Therese avete avuto una relazione – commentò

- Relazione! – Oliver scoppiò a ridere e guardò Therese con uno sguardo indecifrabile – è stata una storiella di bambini –

Mia sorella corrugò la fronte e fece per dire qualcosa, ma io fui più veloce.

- E, giochi ancora a Quidditch? – buttai lì velocemente

- Sì, nel tempo libero – rispose lui – In realtà, ora mi sto particolarmente dedicando ad un rifugio per cani abbandonati. Tu non puoi neanche immaginare quanti cani abbandonati ci siano in una città come Londra –

- Finchè ad essere abbandonati sono i cani… – sibilò Therese

- Buonissima questa pasta! – esclamai – Ed è morbida –

- Morbida? – si informò Bernie perplessa

- Nel senso, la panna. La panna è morbida – mandai giù un boccone promulgandomi in versi di approvazione e Bernie sorrise soddisfatta

- Come mai all’improvviso questa passione per gli animali? – Therese colse il momento in cui avevo la bocca piena per continuare ad infierire

- Io ho sempre amato gli animali. Forse tu non lo sai perché, beh, non abbiamo avuto molte occasioni per parlarne, in passato – mormorò Oliver cacciandosi in bocca una forchettata di pasta

- Anche quella volta che mi raccontasti di aver trovato lavoro in una fabbrica di hamburger di carne di canguro? – indagò Therese

Oliver rischiò di strozzarsi e sputò la pasta nel piatto.

- Non ho mai detto una cosa del genere! – protestò Oliver

- No? Ma se mi hai anche consigliato di mangiare hamburger di canguro perché è più magro rispetto a quelli che si vendono al supermercato – sorrise Therese

- Ah, mi era mancata la tua velata ironia! Il tuo ilare sarcasmo! Sempre simpatica – Oliver fece una risata forzata e si sporse verso mia cugina – Non crederai che io giustificassi o peggio alimentassi questa barbarie, vero? –

- No, pucci pucci. So che tu mangi hamburger solo di soia – e gli diede un bacio sul naso

- E, se qualche volta ho peccato, so di avere espiato le mie colpe dedicandomi anima e corpo a quei cagnolini bisognosi d’amore – si interruppe – Vuoi un cane, Maggie? –

- No – risposi precipitosamente – Voglio dire, non credo che sarei in grado di dedicarmi anima e corpo ad una cosa pelosa –

- A meno che, ovviamente, non sia un cazzo – puntualizzò Therese

Sperai invano, per il resto della serata, che Therese diventasse meno acida e che le cose si mettessero meglio. Ma le circostanze non fecero che peggiorare.

Ancor prima di mezzanotte, una serie di bottiglie vuote di Jack Daniels erano allineate vicino alla finestra della cucina e io, Bernie e Oliver eravamo piuttosto alticci. Therese ci guardava con le sopracciglia alzate, giocherellando mollemente con il suo portachiavi di caucciù.

- E…e…e mi ricordo quella volta in cui Therese mi organizzò un incontro con l’allenatore dei Chudley Channons, per cercare di infilarmi nella squadra – esclamò Oliver, faticando a trattenere le lacrime

Io e Bernie prorompemmo in una risata ancora più fragorosa della precedente, già abbastanza sguaiata.

- Non vedo cosa ci sia da ridere – ammise mia sorella

In effetti, l’affermazione in sé non era affatto divertente. Ma forse era proprio per quel pessimo senso dell’umorismo che ridevo senza sosta.

- Therese – biascicò Bernie, brandendo una bottiglia e buttando giù un goccio a canna – Tu non hai un minimo di humour! -

- Lascia stare – la bloccò Oliver, puntando un dito malfermo contro mia sorella – Lei è sempre stata una maledetta stronza –

- No – cominciai io, con l’intenzione di difenderla – No –

- Mi ha lasciato per un motivo così stupido – continuò Oliver e poi puntò i suoi occhi vacui e arrossati su Therese – a proposito, perché mi hai lasciato? –

- Perché tu scopavi con un’altra – sibilò Therese

- Scopavi! – ridacchiai io

- Con un’altra – piagnucolò Bernie

- Dovresti smettere di camminare guardando tutti dall’alto in basso come se avessi un bastone infilato in quel tuo culo d’oro – bofonchiò Oliver, versando con difficoltà altro Jack Daniel nel suo bicchiere

- Sì, sei snob – mormorò Bernie, impastando le parole

- Vi racconto una barzelletta – decretò Baston – sono in macchina con quattro amici –

- Che amici? – chiese Bernie

- Che macchina? – domandai io

Ci piegammo in due dalle risate. L’ottava bottiglia di Jack Daniel si unì alla fila di compagne.

- Ci fermiamo vicino a un palo dove c’è Therese – Baston fece una pausa ad effetto – E io le chiedo “Quanto fai a botta?” -

Therese grugnì, ma Oliver non sembrò preoccuparsene.

- E lei…e lei – travolto da una nuova ondata di risate, Oliver dovette aggrapparsi al tavolo per non cadere dalla sedia

- E lei? – chiedemmo in coro io e Bernie

- E lei risponde “cinquanta davanti e cento dietro” – riuscì a bofonchiare tra le risate, incespicandosi sulla parola “cinquanta” – e i miei amici da dietro “ehi, perché a noi di più?” –

La patetica conclusione della barzelletta ci fece sghignazzare più forte di prima, e Bernie fece cadere un bicchiere dopo aver battuto forte con il pugno sul tavolo. La scena, seppure sbiadita e sfuocata, mi ricordava una vecchia osteria medievale, piena di ubriaconi e fuorilegge.

Therese si alzò in piedi e cominciò a raccogliere le sue cose con estrema lentezza, misurando ogni movimento.

- Immagino che farete benissimo a meno di me – dichiarò lei, avvicinandosi alla porta

- Sei la solita intrattabile bacchettona – la rimbeccò Oliver

- Dai non andare via – mi alzai e, faticando a restare salda sui miei piedi, la inseguii prendendola per un braccio – Dai, dai, rimani qui a ridere con noi –

Therese si scrollò il mio braccio di dosso come se fossi un appestato e se ne andò senza aggiungere una parola.

Rimasi frastornata per una decina di secondi poi barcollai verso il tavolo della cucina dove Oliver mi aspettava con il bicchiere sollevato.

- Brindiamo alla libertà, finalmente – ci invitò

Con la mente obnubilata dai fumi dell’alcool, borbottai qualcosa e mi unii alle risate dei due piccioncini. A sorpresa, con persone con cui non l’avrei mai creduto possibile, passai una delle notti più divertenti della mia adolescenza.

Quando aprii gli occhi per la prima volta, la mattina seguende, la mia camera da letto era una spirale di colori che giravano vorticosamente intorno a me. Chiusi gli occhi e dormii altre due o tre ore. La seconda volta che aprii gli occhi, la camera girava più piano tanto da permettermi di capire quale fosse il soffitto e quale il pavimento. Lo considerai un ottimo segno, ma decisi di approfittare del giorno di festa per dormire ancora.

La terza, e definitiva, volta che aprii gli occhi la camera aveva smesso di girare.

Zia Tracie stava lavando i piatti in cucina.

- Ah, benvenuta – mi salutò con un entusiasmo talmente vivo da sembrarmi falso

- Che ore sono? – sbadigliai

- Le due – rispose zia Tracie

Improvvisamente ricordai l’enorme mole di compiti che avevo lasciato che si accumulassero durante tutta la settimana ripromettendomi di farli tutti nel week-end. Week-end che era quasi finito senza che avessi concluso nulla.

Considerai la vista di Therese che studiava sul divano come una specie di segno del destino. Se il Fato non avesse voluto suggerirmi di copiare i compiti da mia sorella, a che pro farmi cadere lo sguardo proprio su di lei?

- Ciao sorellina – sorrisi melensa – Mi vuoi bene? -

- Te ne vorrei – rispose – Se non avessi passato tutta la notte a ridere di me con il mio ex ragazzo –

- Non stavamo ridendo di te! – dissi precipitosamente

- Avete brindato alla libertà che non avevo ancora chiuso la porta – sibilò Therese nascondendo malamente l’espressione astiosa

- Ma poi non abbiamo più parlato di te – mentii

Oliver si era profuso in lunghe descrizioni arricchite di particolari, di quanto fosse incurabilmente sfigata Therese al secondo anno.

- Non ho nemmeno bisogno della Legilimanzia per sapere che menti – sbottò Therese e chiuse il libro di Incantesimi con un sospiro annoiato – Non voglio importi di non essere carina e gentile con il nuovo ragazzo di nostra cugina, ma non obbligarmi a passarti i compiti -

Siccome i miei tentativi di ammorbidirla si dimostrarono tutti ugualmente vani, obbligai Tom a passare tutta la sera della domenica e una discreta parte della notte di lunedì a fare i compiti di Trasfigurazione, Incantesimi e Storia della Magia.

Il martedì mattina presi la mia prima E in Pozioni e, quel che è più strano, Therese accanto a me si ritrovò una desolante D.

- Non è possibile – mormorò Therese senza fiato – Professor Lumacorno, ci dev’essere un errore -

Io, nel frattempo, non avevo ancora spostato gli occhi da quella E disegnata con tanta cura.

- La sua pozione non è stata in grado di sciogliere il pezzetto di ferro, signorina Spencer. Se c’è stato un errore, non è stato sicuramente da parte mia – decretò Lumacorno

Therese lo fulminò con un’occhiata malevola e non desistette.

- Ho finito di preparare la pozione un quarto d’ora prima della consegna. Ho avuto tempo di sciogliervi una decina di quadratini di ferro. La mia pozione sarebbe stata in grado di sciogliere le sbarre di Azkaban – strillò

- Vuole provare? – Lumacorno frugò nella sua borsa ed estrasse la boccetta che recava la scritta “Spencer T.” – La versi anche tutta su quest’asticella di ferro. Sarà come versare un po’ d’acqua colorata –

Therese gli strappò la boccetta dalle mani e la rovesciò sul pezzo di ferro datole da Lumacorno. La classe trattenne il respiro nell’assoluta certezza di vedere il pezzo di ferro disintegrarsi al primo contatto con la pozione.

Nessuno, tranne forse Hermione Granger, era mai stato più bravo di Therese in Pozioni e nessuno, tranne forse Hermione Granger, dubitava del fatto che sarebbe riuscita a far sciogliere il pezzo di ferro.

Passò qualche secondo prima che si sentirono i primi flebili respiri. Respiri che si trasformarono presto in concitati bisbiglii e poi in un confuso scambio di opinioni che Lumacorno faticò a riportare alla consueta calma.

- Ora è soddisfatta, signorina Spencer? – borbotò Lumacorno e mentre riponeva la boccetta nella sua borsa, notai con orrore che il nome di mia sorella, o quantomeno il cognome, era stato scritto con una bic blu. Ed io ero l’unica che non usava pennino ed inchiostro ad Hogwarts

- Era tua! – sbraitò Therese, seguendomi mentre mi avviavo verso la biblioteca

Il bello del sesto anno era che chi non stava ripetendo i corsi in cui era stato bocciato ai GUFO poteva disporre di un sacco di ore buche. Quel martedì mattina, ad esempio, mi toccavano solo due ore di Pozioni e nel pomeriggio nei avrei avuta una di Storia della Magia. Una vera pacchia.

- Cosa? – finsi indifferenza

In realtà sapevo benissimo cosa: la pozione. C’era stato uno scambio di boccette e Lumacorno aveva aggiunto una “T” alla mia boccetta e una “M” a quella di mia sorella, valutando la mia posto della sua e viceversa.

- Sai benissimo cosa: la pozione! – ribattè infatti mia sorella

- Capita a tutti di sbagliare – commentai con un mezzo sorriso sadico

- Anche a Lumacorno – annuì Therese – Ma si sistemerà tutto. Basta andare da lui e spiegargli il malinteso –

- Cosa ti fa credere che io voglia rinunciare al mio Eccezionale? – le domandai stringendomi al petto il libro di Pozioni come se temessi che, lasciandomelo sfuggire, anche il voto sarebbe miracolosamente sparito così com’era miracolosamente arrivato

- Quell’Eccezionale non è tuo – protestò mia sorella – è mio, come la pozione. Mi spetta di diritto –

- Non finchè qualcuno non lo andrà a dire a Lumacorno – osservai io, sollevando le spalle, ed entrai tranquillamente in biblioteca

Therese mi seguì inferocita. Schivò una Corvonero che mi stava allungando un foglio in cerca di autografi e mi si piantò davanti, le mani sui fianchi e lo sguardo torvo.

- Si chiama appropriazione indebita - sibilò

- E questa – indicai la sua posizione che, di fatto, bloccava il mio passaggio – Si chiama intimidazione mafiosa –

- Non credevo che tu potessi giocare così sporco – urlò, ignorando bellamente gli altri studenti della biblioteca e Madama Pince che già sollevava lo sguardo verso di noi, piuttosto irritata

- Volevi avere l’esclusiva anche su quello, vero? – mormorai

Eppure secondo l’oroscopo di MTV il sagittario quel giorno sarebbe dovuto essere “comprensivo e aperto alle nuove esperienze”. Mi chiesi da cosa provenisse tutto quel rancore nelle mie parole, ma dovetti ammettere che anche il sagittario che mi stava di fronte, con aria per niente aperta e comprensiva, sembrava piuttosto rancoroso.

- Avanti – cercai di mitigare la nostra litigata – Hai un sacco di E…facciamo finta che tu me l’abbia regalata… -

- Anche tu hai un sacco di D – replicò mia sorella – Una in più non ti avrebbe fatto alcuna differenza –

Madama Pince si avvicinò a passo di marcia verso di noi.

- Lo so – la precedette Therese – Tolgo il disturbo – e se ne andò non senza lanciarmi un’ultima, perforante, occhiata carica di sdegno

*****

DarkViolet92: lo penso anch'io. Beh, tra tante famiglie assurde loro non potevano essere gli unici normali, sarebbero risultati strani (che ragionamento contorto).

Schumi95: in che senso cos'è successo a Maggie? Perchè è meno 'diavoletto'? Beh, si cresce, si cambia, ci si rende conto degli errori del passato. Stessa cosa che è successa a Therese, no?

The phantomatic Enemy: la Rosweth riceverà belle sorprese dal numero di Gossipschool di Halloween, stanne certo. Intanto, come dimostrato da questo capitolo, posso confermarti che sì, in questa fanfiction tutti conoscono tutti. Il mondo è piccolo..

Charls_: sono contenta di rappresentare una piacevole alternativa allo studio. Sinceramente, credo che piuttosto che studiare (oggi matematica) leggerei anche un poema del Marino, ma complimenti per la costanza (leggere 87 capitoli è faticoso, ammettiamolo) e grazie per la recensione!

la_tata: i prossimi saranno (sono. erano?) Bernie e Baston. Si vede che Bernie ha un particolare gusto per i maghi, li troverà eccitanti. Per quanto riguarda il giorno del ringraziamento, no, in Inghilterra non ringraziano.


  
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