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Autore: Vago    15/03/2016    2 recensioni
Libro Secondo.
Dall'ultimo capitolo:
"È passato qualche anno, e, di nuovo, non so come cominciare se non come un “Che schifo”.
Questa volta non mi sono divertito, per niente. Non mi sono seduto ad ammirare guerre tra draghi e demoni, incantesimi complessi e meraviglie di un mondo nuovo.
No…
Ho visto la morte, la sconfitta, sono stato sconfitto e privato di una parte di me. Ancora, l’unico modo che ho per descrivere questo viaggio è con le parole “Che schifo”.
Te lo avevo detto, l’ultima volta. La magia non sarebbe rimasta per aspettarti e manca poco alla sua completa sparizione.
Gli dei minori hanno finalmente smesso di giocare a fare gli irresponsabili, o forse sono stati costretti. Anche loro si sono scelti dei templi, o meglio, degli araldi, come li chiamano loro.
[...]
L’ultima volta che arrivai qui davanti a raccontarti le mie avventure, mi ricordai solo dopo di essere in forma di fumo e quindi non visibile, beh, per un po’ non avremo questo problema.
[...]
Sai, nostro padre non ci sa fare per niente.
Non ci guarda per degli anni, [...] poi decide che gli servi ancora, quindi ti salva, ma solo per metterti in situazioni peggiori."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Leggende del Fato'
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 Hile si rese conto, tristemente, di non aver così tante cose solo sue.
Aveva preso la coperta di lana, i vestiti cittadini, il mantello impolverato che non aveva mai lasciato quella stanza e il piccolo pezzo di legno che teneva sul mobiletto, quello che gli aveva dato sua nonna e con cui, gli aveva promesso, gli avrebbe fatto un ciondolo come quello della sorella.
Purtroppo la setta era arrivata prima.
Si sistemò meglio i coltelli nelle tasche e uscì dalla stanza. Chiuse la porta per l’ultima volta.

Gli altri dovevano già essere nella sala della preghiera.
Il Lupo si tirò il cappuccio coperto di pelliccia sul capo e uscì dall’edificio.
Nessuno lo fermò.
Fuori dalle mura che per tanto tempo gli avevano impedito ogni contatto, anche solo visivo, con l’esterno, rimase meravigliato. Il sole calante illuminava appena la coltre verde della Grande Vivente, facendola risplendere.
La desolazione di quella Terra, caduta in rovina, non servì a lenire quel senso di allegria che gli ardeva dentro.
Hile si sedette a terra, con la schiena appoggiata contro il muro scuro, ad ammirare il panorama e il cielo, che si stava pian piano riempiendo di stelle.
L’ombra si addensò a fianco del sedicenne.
- Visto che spettacolo? Non mi ricordavo così tante stelle in cielo…-
La figura mosse la testa, in segno di assenso.
I due restarono fermi, immobili, quasi in adorazione di quella visione. Finché l’ombra non si alzò.
- Che succede?- chiese Hile.
L’ombra mosse il dito in direzione del portone, per poi dissolversi dolcemente.
Non passarono tre secondi che uno dei due grandi battenti si schiuse quel tanto che bastava per far uscire una figura sottile, era un’ombra dai capelli lunghi stretti in una treccia, invisibile e silenziosa. Ma non per le orecchie allenate del Lupo.
- C’è già qualcuno?- chiese con voce femminile.
- Ci sono io.- le rispose Hile avvicinandosi.
- Piacere, Mea. Della setta del corvo.-
- Hile, di quella del lupo.-
Hile tese la mano, ma Mea incrociò le braccia e si inchinò.
“ Dannazione, che imbecille che sono. – pensò Hile – Lo sapevo pure che ci hanno istruiti in maniera diversa.”
- Non trovi che ci sia un po’ troppo buio, qui?- chiese Mea per spezzare il silenzio.
- Si… ma dopotutto non mi dispiace. Guarda quante stelle… te ne ricordavi così tante? Poi comunque non ho visto lampade qui intorno da accendere.-
- Non mi servono lampade.- La ragazza si chinò per terra, tracciando velocemente un simbolo tra la polvere e poi colpendolo con il palmo della mano.
- Cosa stai facendo esattamente?- Hile fece un salto indietro quando un globo lattescente gli comparve davanti agli occhi.
- Ecco qui la tua lampada.-
Il Lupo impiegò qualche secondo ad abituare gli occhi.
- Magia?-
- Si. È questa la mia arma.-
- Aspetta… Ma è questa luce o tu hai i capelli blu?-
- No, non è la luce. Se guardi bene ho anche gli occhi viola.-
- Hai ragione… ma com’è possibile? I capelli sono tinti? E per gli occhi come hai fatto? Anche quello con la magia?-
- Qui la magia c’entra ben poco. Io vengo dalla Grande Vivente, lì oramai sono anni che elfi e umani convivono…-
- Si, lo so. Io ero di Gerala… o almeno credo. Mi ricordo che il mio vicino era un elfo.-
- Comunque da questa convivenza si sono create delle coppie miste. I figli di queste coppie sono proprio una specie a parte. Riesci a distinguerli facilmente per il colore dei capelli e degli occhi.-
- Ah… e avete un nome? Come razza, intendo. Tipo umano, elfo, nano…-
- Lo stato ci classifica come Mezzelfi.-
- Uhm… solo un’ultima cosa… anzi due: si sa perché avete occhi e capelli di un colore così strano?-
- No. Non ancora, per lo meno. I genetisti della Terra del Vento sono al lavoro per capire a cosa siano dovuti… non che a me interessi particolarmente. E la seconda cosa?-
- Che sono quelle sul tuo mantello? Piume?-
- Si. Per la precisione piume di corvo sintetiche. Preparate con l’alchimia, come credo sia stata creata la pelliccia che hai addosso.-
- Ok. Non ho altro da chiederti.-
- Ora allora tocca a me fare le domande. Ma che diavolo di arma usate voi Lupi? Ne ho già incrociato qualcuno, ma non vi ho mai visto qualcosa addosso. Non penso usiate anche voi la magia. Dico bene?-
- No. Noi abbiamo questi.- Hile tirò fuori dalla casacca due coltelli.
- E come li usate?-
- Allora, ci sono due modi. Intanto vanno messi nell’incavo tra le dita, poi si possono usare nel corpo a corpo, effettivamente come gli artigli di un predatore, oppure lanciarli. Così.-
Il braccio del ragazzo si mosse fulmineo, lanciando le due lame in rapida successione verso il portone delle mura.
Un lampo, poi il rumore di ferro contro ferro.
Un elfo entrò nel cono di luce. I vestiti erano quasi identici a quelli di Hile, se non fosse stato per la pelliccia corta e nera che li ricopriva.
- Chi devo ringraziare per questo benvenuto?-
- Ti chiedo scusa. Sono Hile.-
- Un Lupo, immagino. Beh, sappi che se ci riprovi Nirghe sarà l’ultimo nome che sentirai.-
- Tu invece devi essere un Gatto, ovviamente.-
Il nuovo arrivato stava per rispondere qualcosa, ma si accorse della maga. - E la splendida ragazza dagli occhi viola?-
- Sono Mea.- disse un po’ imbarazzata il Corvo, spostando i capelli blu dietro le orecchie a punta.
- Una mezzelfa, dico bene? E se non sbaglio della setta del corvo.- continuò, spostando leggermente i due foderi che gli pendevano dalla vita.
- Indovinato entrambe le volte.-
Hile sbuffò.
Aveva ragione a detestare i Gatti.
Nirghe non disse molto di più. Si sedette, meditando in silenzio. Mea e Hile, invece, ripresero a farsi domande, questa volta però sulle sette a cui appartenevano, sulle abitudini e su tutto quello che gli veniva in mente. Dovevano solo far passare il tempo, dopotutto.
Un leggero rumore metallico. Un tintinnio appena udibile.
Nirghe aprì gli occhi e, estratta una delle due spade, indicò un punto nel buio. - Veniva per di la.-
Hile estrasse quattro pugnali, Mea, lasciata la sfera fluttuare da sola, intrecciò le dita di fronte a sé.
- State tranquilli. – disse una voce femminile – Se avessi voluto uccidervi lo avrei fatto da parecchio tempo.- Una ragazza, un’umana dai capelli castani e gli occhi verdi, entrò nel cerchio di luce. La corazza, composta di tante piccole squame di metallo così come il cappuccio, risplense alla luce lattescente. A tracolla riposavano, oltre a una borsa, un lungo arco e una faretra carica di frecce dall’impennaggio bianco.
- Da quanto tempo eri là?- gli chiese Nirghe, riponendo la spada nel fodero.
- Da prima di Hile. Lui era troppo occupato a guardare il sole tramontare e parlare da solo per accorgersi di me. E pensare che c’era ancora parecchia luce.-
- Quindi noi possiamo saltare le presentazioni… tu invece sei…- chiese Hile parecchio seccato per essersela lasciata scappare.
- Keria, un Drago.-
- Benvenuta nella compagnia.- le disse Mea.
“ Meno un’altra. Ne restano due.” Si disse Hile.
- Beh… meno componenti di questo sfortunato gruppo mancano, più mi convinco che saremo simili ai Sei… secondo me saremo solo umani, elfi o un miscuglio dei due… - Mea fulmino Nirghe con lo sguardo, ma lo spadaccino non sembrò farci caso. – Secondo me non ci saranno altre razze, oltre alle nostre.-
- Genio di un Gatto, le razze da cui pescare prescelti non sono poi così tante. Se poi aggiungi che non ci sono né nani né Bereng nella setta per via della loro impacciataggine e non ci sono folletti e fate viste le loro dimensioni… Non rimangono molte razze all’appello. Se vuoi te le dico pure: umani, elfi in generale, mezzelfi e… cos’altro? I draghi non ci sono neanche più sulle terre e i cosi, li… maledizione… gli uomini pesce della Terra dell’Acqua non si possono allontanare dall’Oasi. Se trovi qualcun altro che possa uscire da quella porta, bene, allora fammelo sapere.- rispose seccato Hile.
- Ma perché vi interessa di che razza sia un vostro compagno? Gli dei avranno pure una buona ragione per scegliere i loro prescelti in una razza invece che nell’altra, o no? In fondo anche io non sceglierei il mio campione tra i nani, se dovrà viaggiare per mezzo modo, viste le gambe per Natura corte.- disse Mea.
- Sono maschi. Hanno bisogno di un motivo per litigare. Se poi conti che c’è un’eterna faida tra Lupi e Gatti…  a proposito di questo, qualcuno di voi due sa dirmi perché è iniziata questa faida?-
- Semplicemente perché i Gatti sono degli avventati, si buttano senza ragionare. Noi abbiamo perso dei compagni grazie a questi geni.- rispose pronto Hile.
- Disse quello che arriva da una stirpe di smidollati. Riflettici, visto che voi Lupi sapete fare solo questo, magari i tuoi compagni sarebbero vivi se avessero agito di più e pensato di meno.- ribatté Nirghe.
- Ora non scannatevi a vicenda. Dovrete, dovremo, convivere per parecchio tempo, quindi non fatevi il sangue cattivo già da ora. – disse Mea. – Se proprio volete mettere in chiaro quale delle vostre due sette sia la migliore, scontratevi. Fatevi un duello o che vi pare. Basta che non vi uccidiate a vicenda. Servite entrambi… credo.-
Con sorpresa, ma neanche troppa a pensarci bene, della maga i due si posizionarono uno di fronte all’altro. Nirghe con le due spade sguainate in mano, Hile, che si era infilato frettolosamente un paio di guanti in pelle, con i sei coltelli ben stretti tra le dita, tre per mano.
- Lupetto, questo è un corpo a corpo. Non provare a rifarmi lo scherzo di prima.-
- Tranquillo Gattino. Non ho bisogno di lanciarti i miei coltelli per vincere.-
Il duello cominciò alla luce del globo magico.
Ogni fendente di spada finiva incastrato tra le lame dei coltelli o schivato dai movimenti veloci. Ogni affondo dei pugnali terminava sul freddo acciaio o nell’aria, dove poco prima si trovava il corpo dell’avversario.
Il Gatto era sicuramente più forte e veloce, ma il Lupo aveva dalla sua i l’agilità e la possibilità di movimenti inaspettati e precisi.
Era un duello perfettamente alla pari. Nessuno dei due riusciva ad avere la meglio sull’avversario.
Nonostante la loro concentrazione fosse interamente impiegata nella sfida, però, avvertirono subito lo spostamento d’aria causato dall’apertura del portone. Si fermarono assieme, riponendo le armi.
- Non sei così male… come Lupo.-
- E tu sei un buon Gatto. Devo ammetterlo…-
- Visto? Basta rischiare di uccidersi per andare d’accordo. Non c’è voluto nemmeno molto.- disse a bassa voce Mea a Keria, entrambe erano rimaste a guardare lo scontro a distanza di sicurezza. Onde evitare di essere colpite per sbaglio da un coltello o una spada scappati di mano.
- Avevi ragione. Per fortuna.-
Il gruppo, già più compatto, si girò verso la porta. Dove una sagoma indefinita li guardava, indecisa sul da farsi.
- Benvenuto tra noi matti.- disse Nirghe, stanco ma comunque uscito rinvigorito dallo scontro.
- Benvenuta. Sono una ragazza.- gli rispose la sagoma avvicinandosi, accompagnata da un leggero rumore di vetri che cozzano.
La ragazza, appesantita da una borsa strapiena di vetreria tintinnante e da un bastone, entrò nel cono di luce. I capelli biondi, tagliati corti, sembravano bianchi là dove le orecchie a punta sbucavano come due lampi neri.
- Piacere di conoscerti…  potremmo non averti fatto una buonissima impressione, prima, ma non siamo delle teste calde. Tranquilla. Il mio nome è Nirghe e questi sono…-
- Nirghe, – lo interruppe Keria – sappiamo anche presentarci da soli. Non abbiamo ancora bisogno di qualcuno che ci ricordi come ci chiamiamo. Piacere, io sono Keria. Sono della setta del drago.-
Mea ridacchiò sommessamente.
- Io sono Hile.-
- Ed io Mea.-
- Piacere… il mio nome è Seila. Sono un Serpente…-
- Benvenuta tra noi.- concluse fredda, forse per via della stanchezza, Mea.
Seila non fu di molte parole, si sedette da parte, svuotando il contenuto della borsa, disponendo boccette piene e vuote, mazzi di erbe essiccate, pestelli e ciotole in fila ordinatamente. Cominciò quindi ad avvolger tutto i degli spessi panni, per far si che nulla potesse rompersi o far rumore.
Hile tentò di iniziare un discorso, a disagio tra tutti quegli estranei. Simpatici o almeno sopportabili si, ma avrebbe preferito ci fosse stato un viso conosciuto. - A cosa ti servono tutti quei contenitori in vetro?-
- Sono stata addestrata all’uso delle erbe, medicinali ma per lo più velenose. Vedi questi? – L’elfa alzò un contenitore pieno di spilli. – vanno intinti nella miscela velenosa, in modo che il serbatoio al loro interno si riempia. Poi grazie a questa cerbottana, - continuò indicando il lungo bastone. – posso colpire obbiettivi anche molto distanti, iniettando nel loro corpo i più disparati veleni.-
L’elfa si rinchiuse nuovamente in sé stessa, tornando a concentrarsi sul suo lavoro.
- L’ultimo è in ritardo.- disse seccata Mea.
- Chi ti ha detto che non è una prescelta?- chiese Nirghe, annoiato dalla tranquillità che era calata sulla strana compagnia, così diversa dal ritmo forsennato che regnava in ogni attività dentro la setta del Gatto.
- Era così per dire. Certo che non posso sapere se è un maschio o una femmina. Non sono una chiaroveggente.-
- Non bisogna essere un veggente, per poter scommettere. – continuò Nirghe spostandosi leggermente – Per me è un umano, mi ci gioco una porzione di formaggio. Chi mi segue? Chi vuole perdere?-
- Saremmo scompensati se è un umano. Secondo me è un elfo. Dalla pelle scura, per essere precisi.- disse Hile placidamente, godendosi la freschezza della notte sul viso.
- Partecipo anch’io! -  disse Keria sorprendendo la compagnia – Siete sfortunati, tutti e due, ve lo leggo in faccia. Quindi io scommetto sull’elfo normale. Senza offesa, ovviamente.-
- Nessun offesa. Tranquilla.- rispose Seila. Ascoltando a malapena ciò che si stava dicendo.
- Siete infantili. Terribilmente infantili.- commentò Mea.
- Potremmo sembrarti infantili, ma ci sono tre porzioni di formaggio sul piatto!- rise Keria togliendosi l’arco da tracolla.
“ Bene. – pensò Hile sorridendo senza aprire gli occhi – Almeno qualcuno di simpatico c’è in questo gruppo di matti. Magari riusciremo a sopportarci a vicenda…”
Era incredibile come, nonostante anni di reclusione e lavaggi del cervello, qualcuno era ancora in grado di scherzare. Oltretutto scherzare con persone appena conosciute, perfetti estranei fino a un’ora prima.
Hile, nonostante ancora facesse fatica a credere a quel che stava accadendo, cominciò a convincersi che forse il Fato non gli era completamente contro. Non era mai stato troppo socievole, neanche nella sua vita “di prima”, ma in quel gruppo disomogeneo si sentiva a suo agio. Magari, davvero il grande Vago Tocsin aveva visto giusto su di loro. Magari.
- Dobbiamo dormire. – disse serio e composto Nirghe – Non possiamo passare la notte in bianco, o domani non riusciremo a fare più di un chilometro.-
- Decidiamo solo i turni, per chi deve stare sveglio a controllare se il nostro sesto compagno arriva. Io posso fare tranquillamente il primo.- si offrì Hile.
- Non ce ne sarà bisogno. – gli rispose Mea – Posso mettere insieme un incantesimo che ci svegli quando il portone si apre. Non è poi così difficile. Datemi solo un momento.-
- Prendi tutto il tempo che ti serve.- Keria si sdraiò per terra, facendo tintinnare le placche dell’armatura.
La maga estrasse un foglio di carta, una piuma di corvo e un calamaio pieno dalla propria tracolla, cominciò poi a tracciare diversi glifi sul quadrato bianco. Terminato il lavoro chiuse gli occhi e appoggiò due dita sulla sui simboli. Spense quindi il globo lattescente che fluttuava silenzioso e si sdraiò, accompagnata dal fruscio delle piume nere.
Silenzio. Buio. La tranquillità più assoluta. Hile chiuse di nuovo gli occhi, sistemandosi la tracolla sotto la guancia per stare più comodo. Rallentò il respiro, godendosi la freschezza di quella notte, lassù, in montagna.
Si addormentò quasi immediatamente. Non perse però mai completamente la percezione del mondo, le orecchie erano sempre vigili, pronte a carpire ogni più piccolo rumore.
Un’infinità di campane cominciarono a suonare all’unisono, vicinissime.
Hile si sedette, gli occhi spalancati e le mani premute contro le orecchie nel vano tentativo di proteggerle da quel frastuono che lo circondava, senza lasciargli via di scampo.
“ Da dove viene questo rumore?”
Anche gli altri si alzarono boccheggianti, svegliati dal frastuono etereo che riempiva la notte. Mea strappò il foglio a metà, dicendo qualcosa che però si perse tra i rintocchi.
Tutto tacque.
Il Lupo si lasciò cadere, con le orecchie in fiamme.
- Scusate. – disse Mea con un filo di voce – Devo aver dimenticato qualcosa nell’incantesimo… Comunque il portone è stato aperto.-
- Ma ora è nuovamente chiuso.- aggiunse Seila.
Nel buio ci fu un movimento. Poteva essere l’ultimo membro del gruppo. O poteva non esserlo, dopotutto erano in montagna.
Hile si fece scivolare due coltelli nelle mani, per sicurezza.
Nirghe liberò di qualche pollice la lama di una spada dalla morsa del fodero.
La corda dell’arco si tese, accompagnata da un leggero scricchiolio del legno.
Mea e Seila rimase immobili, non si alzarono nemmeno. La prima perché le sue armi non avevano bisogno di una particolare preparazione, la seconda… forse non sapeva cosa fare.
Un rumore di passi, questa volta distinto. Erano tonfi attutiti da una scarpa.
- C’è qualcuno?- chiese qualcuno.
- Dipende.- disse Keria, schiacciata contro il muro di cinta.
- Sono della setta dell’Aquila.-
- Ok. Allora c’è qualcuno.- rispose Mea alzandosi e riaccendendo il globo lattescente.
Un elfo dalla pelle avorio comparve davanti al gruppo. I capelli candidi e gli occhi rosei rilucevano alla luce magica.
- Ho vinto io. È un elfo normale.- sussurrò Keria riavvicinandosi ai compagni.
- Benvenuto. Il mio nome è Mea. Sono un Corvo.-
- Ciao… io sono Jasno.-
- Io mi chiamo Seila.-
- Il mio è Keria.-
- Io sono Hile.-
- E io Nirghe.-
- Piacere di conoscervi… ma tu, Mea vero? Hai davvero gli occhi viola?-
- Dai, ragazzi. Date il primo premio per l’attenzione al nostro amico dagli occhi rossi.- ribatté seccata la mezzelfa.
- No, no. Scusami… è che… non sono abituato a queste cose. Non me l’aspettavo…- farfugliò il Serpente.
- Sono una mezzelfa.-
- Questo… mezzelfismo? Si dice così? È una malattia come la mia? Cioè, i sintomi sono il colore di occhi e capelli?-
- E? Una malattia? No! I mezzelfi sono una razza a parte, dovuta all’incrocio di umani e elfi. Comunque tu mi sembri un elfo normale. Si, eccetto gli occhi.-
- No… gli occhi non sono l’unico sintomo della mia malattia. La mia pelle, per esempio, dovrebbe essere nera. Io sono… dovrei essere un elfo scuro.-
- Mi dispiace interrompere i tuoi festeggiamenti.- sussurrò Hile.
- Vedi, io sono un albino. I capelli, la pelle, gli occhi… sono solo i sintomi visibili di questa malattia. Sono molto sensibile alla luce solare. Talmente sensibile che se mi esponessi al sole mi brucerei.-
- È una malattia… interessante. Strana, orribile ma interessante.- commentò Seila affascinata.
- Si, si. Belle le malattie. Io ho ancora sonno. Quindi rimettiamoci a dormire. Domattina ripartiamo e voi potrete parlare di tutto quello che volete.- disse Nirghe tornando a sdraiarsi.
Jasno si coprì per bene con il mantello prima di mettersi a dormire con i suoi nuovi compagni di viaggio.
I tre rintocchi delle campane del Palazzo della Mezzanotte svegliarono i prescelti. Hile per poco pensò di aver sognato tutto. Era pronto ad uscire dalla sua stanza e far passare un’altra giornata, ma la luce accecante del sole lo fece tornare alla realtà.
Dovevano prepararsi e partire. Non potevano permettersi di perdere altro tempo. Mangiò una delle porzioni di formaggio vinte quella notte e si risistemò l’abito, controllando il filo di tutti i dodici coltelli, riponendoli accuratamente nelle tasche.
In meno di una decina di minuti erano pronti per partire.
Grazie al sole, Hile poté finalmente vedere bene Jasno.
Indossava un lungo cappotto marrone con il cappuccio che gettava un ombra totale sul volto del ragazzo, le piume di cui era coperto erano simili a quella di Mea, fatta eccezion per il colore. Un paio di guanti in pelle gli coprivano le mani e buona parte degli avanbracci.
Si misero in cammino lungo il sentiero che scendeva verso le pendici del Flentu Gar, Nirghe si era conquistato il posto in testa al gruppo e la mappa di Hile, ostentando la sua superiore preparazione sulla geografia delle Terre.
Per raggiungere la Terra del Vento, e da lì Sarnasj, sarebbero stati costretti ad attraversa buona parte dei Monti Muraglia, che accerchiavano il monte dalla cima mozzata come un muro di cinta.
Secondo il Gatto i passi e valichi erano poco accessibili, quindi avrebbero dovuto ripiegare sui tunnel nanici, scavati in grande quantità in vista della Guerra degli Elementi. L’unica incognita era la loro condizione. Non venivano perlustrati e riparati da almeno trent’anni, quindi potevano essersi verificati cedimenti e crolli che tutt’ora ostruivano il passaggio.
Il gruppo cominciò la discesa dalla montagna.
Impiegarono tre giorni per raggiungere una piccola conca alle pendici del re dei monti, vi scorreva un fiumiciattolo che, probabilmente, si sarebbe poi buttato nel Vrag.
Lo sforzo, nonostante non fosse stato mai eccessivo, li aveva stremati. Avevano tutti i muscoli indolenziti e contratti, ogni passo era una sofferenza. Nonostante gli allenamenti continui a cui si erano, o meglio non li avevano, sottoposti non erano preparati per sforzi del genere, anche visto il poco spazio che la setta gli metteva a disposizione.
Mentre Mea si prodigava a creare un riparo, Hile e Nirghe andarono a riempire le borracce, oramai completamente vuote, al ruscello gorgogliante.
- Sei sicuro che le tue gallerie non siano molto distanti?- chiese dubbioso Hile, piegandosi per raggiungere l’acqua fredda.
- Si. So esattamente dove siamo. Fidati di me. Questa sera vi mostrerò sulla tua mappa la nostra posizione, se ti fa stare più tranquillo.-
- Volevo solo essere sicuro. Il tratto in montagna è stato stroncante per le gambe. Non so te, ma io non riuscirò ancora per molto a tenere il vostro passo ed aiutare Keria ad andare avanti… Non ho tutta quella resistenza.-
- Si, certo… ma adesso dobbiamo solo seguire il ruscello. È tutto in piano questo tratto e dovremmo riuscire a riprenderci.-
- Tratti in piano o in discesa, comunque non dobbiamo fare tappe troppo lunghe. Prendi Keria, nella sua setta l’hanno addestrata ad appostamenti di ore, magari accovacciati sui rami, non alle marce.-
- Se è per questo neanche da noi ti fanno marciare.-
- Si, ma ogni setta ha un programma di allenamento ideato per potenziare determinate parti del corpo, tralasciandone poi altre. Tu sei uno spadaccino, no? Quindi avrai braccia e torso allenati per reggere e muovere le spade e le gambe abituate a muoversi, anche rapidamente. Lo stesso vale per me, dopotutto. Ma, essendo un arciere, Keria avrà sviluppato solo braccia e tronco, che sono in fondo i suoi punti di forza.-
- Andiamo… Mea avrà già finito di costruire qualcosa per dormire e il sole sta per lasciarci completamente. Non voglio rimanere allo scoperto con il buio.-
Mea, in quel poco tempo che le era stato concesso, era riuscita a creare, congelando l’umidità che permeava l’aria, due cupole di ghiaccio opaco, con una piccola apertura ciascuna per consentire l’accesso.
All’interno la temperatura era mite, incredibilmente.
Si divisero tra maschi e femmine.
Hile si sdraiò sulla coperta, in modo da distanziarsi leggermente dal terreno umido, e spostò lo sguardo sulla cupola che lo sovrastava.
Gli ultimi raggi del sole la fecero scintillare come una gemma preziosa.
Jasno già dormiva. Il suo respiro pesante riempiva la calma della sera.
Poi un ticchettio, lento, indistinto, che si fece sempre più veloce e insistente.
- Appena in tempo. Non credi?- chiese Nirghe.
- Si. Che gran fortuna avere una maga con noi.-
- Già, decisamente una fortuna… domani dovremo ringraziarla…-
- Ascolta. sembra uno strumento musicale la cupola sotto la pioggia. E ora non uscire con un “Siete troppo sentimentali voi Lupi” o cos’altro. Questa è la prima pioggia che mi sento battere sulla testa.-
- Hai una percezione troppo negativa dei Gatti. Ricorda che è stata una carta a far di noi quello che siamo.-
- Bah… io spero solo che il Fato mi abbia fatto prendere quella carta per un motivo. Nient’altro.-
- Comunque, visto com’è andata finora, io sono ottimista.-
- Sono passati tre giorni. Come fai a dirlo? Non siamo ancora nemmeno riusciti a lasciare i Muraglia.-
- Pensaci. Il nostro gruppo è stranamente unito. Ci conosciamo appena, l’hai appena detto, ma abbiamo legato. Io e te siamo riusciti a passare sopra una faida che perseguita le nostre sette da anni… e poi contaci.-
- Siamo in sei. Cosa vuoi che ci sia da contare? Come i Sei, questo è vero. Ma non credo che un semplice numero possa portarci fortuna.-
- Fortuna forse no. Però i Sei erano quattro maschi e due femmine. Si formarono due coppie, questo è risaputo, e i restanti divennero uno il governatore della terra degli eroi e l’altro un dio… con tutto il rispetto per il grande Codero, io non ho intenzione di diventare un dio, è troppo, e allo stesso modo non mi voglio immischiare nella politica.-
- Quindi tu sei convinto che, essendo tre e tre, formeremo tre coppie tra di noi e questo ci preserverà dal morire?-
- Più o meno…-
- Non ne sono così convinto. Ammettilo, ti sei preso una cotta per una di loro ed ora stai cercando in tutti i modi di convincerti che siete destinati a stare insieme per le eternità tipo fiaba per bambini. Dai, oramai ti ho scoperto. Almeno dimmi chi è la sfortunata?-
- Uno: non sarebbe sfortunata. Due: per ora non mi sono ancora innamorato, ma se ho ragione….-
- Si, vabbè, aspetta e spera.-
- Parli così perché non ti sei mai innamorato.-
- Questo non è vero. Si chiamava Renèz.-
- Allora lei ti ha scaricato.-
- No. È morta. Di malattia. La cosa comica è che fu grazie al suo sangue che trovarono la cura. Peccato che non poté essere salvata. Vedi questo coltello? – aggiunse tirando fuori una lama dalla tasca sulla gamba destra. – Ce li scambiammo poco prima che le diagnosticassero la malattia. È l’unico ricordo che ho di lei.-
- Mi dispiace… non lo sapevo.-
- Non potevi saperlo.-
Nella cupola calò il silenzio, riempito dal ticchettio insistente delle gocce d’acqua sul ghiaccio. 

   
 
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