Libri > Trilogia di Bartimeus
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Autore: Fauna96    03/04/2016    2 recensioni
Kitty spostò nervosamente il peso da un piede all’altro. La semplice casetta di periferia aveva l’aspetto di un patibolo ai suoi occhi, su cui era assolutamente costretta a salire. Vero, avrebbe benissimo potuto chiedere ad Asmira, che le avrebbe volentieri fatto un favore; ma si sarebbe sentita una pessima persona a mandare la propria coinquilina a recuperare armi e bagagli a casa sua. Dopotutto, si trattava di solo dieci minuti.
[ModernAU! Parte della serie 'Altri Luoghi' ma comunque comprensibile anche senza aver letto le altre storie]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Kitty Jones
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Altri Luoghi'
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II


Per quanto le seccasse ammetterlo, parte della sua attuale vita la doveva a Bartimeus. E a Queezle, ma Queezle era una persona decisamente meno irritante di Bart, quindi non le dava fastidio. Era innegabile, però, che fosse stato Bartimeus a offrirle un posto in casa loro quando si era ritrovata indesiderata in casa propria e senza amici, e di nuovo lui a presentarle il signor Button. Ciononostante, era e rimaneva un idiota pomposo.
I rapporti con Bartimeus e Queezle non erano iniziati nel migliore dei modi: a tredici anni, quando faceva parte della gang di teppistelli, avevano l’abitudine di entrare nei locali, ordinare qualcosa, per poi uscirsene alla chetichella senza pagare. All’epoca, ovviamente, la cosa aveva pesato parecchio su Kitty, mentre attualmente la riteneva la bravata di bambini scemi.
In ogni caso, una sera piovosa di metà autunno erano entrati in un piccolo pub (The Other Place) ed erano stati beccati. Forse perché c’era poca gente, forse perché la ragazza bionda che serviva era più attenta dei suoi colleghi; fatto sta che si ritrovarono l’uscita bloccata da lei e da un armadio dalla pelle scura.
- Non avete pagato, tesori – disse la ragazza con un sorriso minaccioso. L’armadio non disse nulla, ma le sue dimensioni erano più che eloquenti.
Kitty lanciò un’occhiata a Fred e Stanley, che ostentavano espressioni poco intelligenti; idioti: non era mai capitato prima d’allora? Siccome l’idea di finire tra le grinfie del buttafuori non la entusiasmava affatto, si affrettò a prendere in mano la situazione. – Stan, scemo che sei! Avevi detto che andavi tu a pagare! -
Grazie al cielo, Stanley si riscosse dalla trance. – Oh vero! Ma... sono andato al bagno e mi è passato di mente. In più... – si frugò nelle tasche con espressione desolata – credo proprio di aver dimenticato il portafoglio – Bastardo. Peccato che la manovra non potesse funzionare, dato che lei stessa non aveva più di tre sterline.
- Quella scusa era già vecchia ai tempi di mio nonno – commentò la ragazza bionda con un sopracciglio alzato. – O pagate o restate qui tutta la sera a pulire – lanciò un’occhiata all’armadio accanto a lei. – Non c’è bisogno di dire che non scherzo -.
- Cadono proprio a fagiolo – fece una voce allegra, e Kitty vide avvicinarsi il barista, un ragazzo snello dai folti riccioli scuri. – Qualcuno ha intasato il cesso. Stavo per mandare Jabor – rivolse un sorriso abbagliante ai colleghi – ma visto che abbiamo tre giovani volontari... –
Kitty aveva rimosso i particolari della serata: era stata lunga e agonizzante, soprattutto a causa dell’inesauribile parlantina del barista; era spaventoso quante chiacchiere riuscisse a rifilarle ogni volta che la incrociava.
L’episodio venne in fretta archiviato dalla mente di Kitty sotto “cose estremamente sgradevoli” e il barista diventò una delle persone più fastidiose, piene di sé e rompiscatole che avesse mai incontrato. Ma la faccenda finì lì.
Solo che non era finita lì, non davvero, dato che un paio d’anni dopo si era ritrovata nello stesso pub, servita dallo stesso tipo irritante.
- Ma ci conosciamo? –
Kitty alzò gli occhi svogliata dalla ciotola di patatine stra unte per incontrare quelli chiari e affilati del barista. Lo fissò un attimo, indecisa se stesse cercando di rimorchiarla o fosse sincero, poi lui le fece un gran sorriso. – Ma certo! Sei la ragazzina che voleva uscire senza pagare! Sola stavolta? –
In un baleno, Kitty ritornò alla sua vecchia vita, ricordando effettivamente il locale, la ragazza bionda che al momento serviva al bancone e lui, il tipo chiacchierone e irritante.
- Oh – mormorò – Sì. Mi dispiace per quella volta, ero solo una ragazzina stupida -.
- Nessun problema, tesoro. Alla fine, dopotutto, avete pagato – le fece l’occhiolino – Bartimeus, a proposito. Mi chiamo Bartimeus -.
Kitty non l’avrebbe mai ammesso, ma, essenzialmente, era sola. Jakob se n’era andato, i suoi vecchi amici non aveva intenzione di contattarli... e Bartimeus e Queezle erano arrivati come una boccata d’aria fresca. Queezle, soprattutto, perché lei non aveva mai avuto una vera amica femmina; lei era sempre stata un maschiaccio col le ginocchia sbucciate e sporche di terra che faceva la lotta con i ragazzi. Queezle, invece, coi capelli biondi e il viso delicato, dava proprio l’idea di bambolina. Cosa che, ovviamente, non era affatto: era sveglia, sfacciata e allegra e, soprattutto, la persona più sboccata che avesse mai conosciuto. Lei e Bartimeus sembravano conoscersi da una vita e dividevano un bilocale poco lontano dal pub, in cui Kitty aveva dormito per qualche tempo.
Era rimasta davvero toccata dalla loro generosità: in quell’appartamento si stava stretti quasi in due, lei non aveva uno straccio di soldo manco per contribuire alla spesa, ma l’avevano accolta a braccia aperte. Certo, i loro orari erano impossibili, Bartimeus non conosceva il significato della parola “riordinare”, ma tutto era meglio del gelo che regnava in casa sua.
Attualmente, invece, la sua coinquilina era ordinata e metodica, forse addirittura troppo rispetto a Kitty, che era sì molto più calma e seria di qualche anno prima ma aveva ancora qualche difficoltà a fare il bucato o roba del genere.
Probabilmente Asmira era così anche perché faceva parte del suo lavoro: era la segretaria personale di un importante uomo d’affari, nonché proprietario dei locali dell’Other Place. Asmira pagava gran parte del loro affitto, cosa che Kitty detestava, nonostante le rassicurazioni dell’amica di guadagnare molto più di quanto le servisse: era una questione di principio, Kitty Jones detestava dipendere da chiunque. Ma se c’era una cosa che aveva imparato negli ultimi anni era proprio smetterla di vergognarsi di aver bisogno d’aiuto.
Mentre saliva le scale, sentì vibrare il cellulare contro la coscia.
 

 
 Bartimeus
 Ehi Kitty :) Una di queste sere partitina D&D? Ho anche trovato un altro giocatore :D
18:09
 
 
 
Oh no! A parte che quello a cui giocavano non era Dungeons & Dragons, ma una versione completamente inventata da Bartimeus, che faceva quello che voleva con regole e giocatori... sì, ok, era divertente perché faceva le voci e le smorfie, ma era l’essere più spietato e stronzo che avesse mai fatto il Dungeon Master o quale che fosse la Bart-variante.
 
Chi hai ricattato?
18:12
 
Ehi! L’ho gentilmente invitato e lui ha accettato. E’ un ragazzino che qualche sera fa ho salvato dal venire rapito. Si chiama Tolomeo e penso che ti piacerà.
18:14
Basta che non lo bullizzi o roba del genere. Sai, è un topo di biblioteca e visto il tuo passato non vorrei ritornassi al vecchio ‘dammi la tua merendina, secchione’
18:15
 
Fanculo Bart
18:18
        18:19
 







Non sono morta! Vi chiedo scusa per l’interminabile attesa, ma, accidenti, trovo più difficile scrivere dal punto di vista di Kitty che da quello di uno spirito millenario... Ah che bella cosa la logica. Sappiate in ogni caso che sto intraprendendo la mia annuale rilettura di Bart, dunque aspettatevi un bel po’ di roba nel prossimo futuro... anzi, tra poco pubblicherò un altro progettino ;)
Grazie a Alsha, L_A_B_SH e Mayo Samurai che hanno recensito il precedente capitolo... e a presto :*
 
PS: come avrete notato, ho finalmente dato un nome al pub... Avete capito tutti chi è il proprietario nonché capo di Asmira, vero??
  
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