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Autore: Eyes of Ice    06/04/2016    1 recensioni
Ditemi che è un brutto sogno, anzi un incubo! Sbatto le ciglia, ma quella immagine permane. E' tutto vero. Gli attimi passano come i minuti ma mi rendo conto che quella visione non cambia. E allora capisco, e vorrei non averlo fatto! Realizzarlo mi devasta più di quanto mi sarei aspettata. E poi succede. Qualcosa si rompe.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Kisshu Ikisatashi/Ghish, Retasu Midorikawa/Lory, Ryo Shirogane/Ryan
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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5.

Qualche settimana dopo

“Ancora! Non è possibile, ci deve essere un errore!” esplosi continuando freneticamente a sfogliare la montagna di dati che mi ritrovavo davanti.
“Capo, la situazione è questa. Io e la mia squadra siamo arrivati al punto di pensare che abbiamo a che fare con un hacker, senò solo qualcuno che conosce tutti i segreti della società avrebbe potuto ingannare tutti i software che abbiamo installato al fine di preservare la situazione finanziaria!” discusse Pie.

“Tutti i segreti della società?” chiesi con la mente oramai annebbiata.
“Tutti i documenti, i vari contratti, le passwords, le varie licenze. Tutta la documentazione dagli albori di questa società, i vari controlli effettuati negli anni, tutti i tipi di sistemi di sicurezza. Glielo dico con franchezza, se non fossi convinto che sia impossibile, penserei che fosse lei il responsabile di ciò.”
“Certo, sicuro adesso io mi metto a derubare la società di cui sono proprietario, della quale ho sudato per guadagnarmela e per farle acquisire il riconoscimento che le spetta! - dissi al limite della sopportazione alzandomi dal divano del mio studio e dirigendomi verso la vetrata illuminata dalla luce del tramonto. Sospirando e portando le mani dietro la schiena conclusi - Pie si è fatto tardi, continueremo domani. Torna a casa.”
“E lei capo? La vedo così sciupato… credo che abbia bisogno di dormire!”
“Come posso chiudere occhio sapendo quello che sta succedendo; sapendo che tutto quello che mi circonda potrebbe svanire; sapendo tutte le decisioni difficili che dovrò prendere al fine di non far affondare questa barca che si sta dirigendo sempre più inesorabilmente verso gli scogli?? - conclusi rassegnato - Vattene, tu che puoi!”

“A domani, Ryan” salutò Pie uscendo.
“Pie! – richiamai – di a Lory di andarsene e di chiudere tutto. Ho bisogno di rimanere solo” dissi.
 
***

“Dannazione il mal di testa non ci voleva” dissi ingurgitando una buona quantità di bourbon e versandomene subito un altro bicchiere.

“Se continui così il mal di testa non scompare” credo di essere ubriaco, perché questa voce non può essere la sua. Mi volto e la vedo.
“Credo di essere ubriaco, non solo ti sogno, adesso ho anche le visioni!” dissi sedendomi sul divano e appoggiando la testa sullo schienale, nella speranza che quel martellare assurdo cessasse una volta per tutte. Chiusi gli occhi. E tutti i pensieri si riaccavallarono nella mia testa, e l’unica soluzione possibile che vidi risaliva a quell’incontro…

“Buon giorno, sono Ryan Shirogane proprietario della SS law firm. Ho saputo che mi avete cercato.”
“Si, salve. Siamo dello studio legale Blues, e abbiamo indetto questa conference perché volevamo farle un’offerta che avvantaggerà entrambe le parti.”
“Che tipo di offerta?”
“Ecco vede la nostra società presenta oramai una cerca solidità economica, ma d’altra parte nel nostro team non abbiamo nessuna superstar del foro. Non mi fraintenda, sia chiaro abbiamo degli ottimi avvocati, ma come lei sa i clienti preferiscono comunque quelli di Serie A, se capisce quello che intendo…”
“Continuo a non capire il perché di questa telefonata.”
“Ci pensi bene, lei ha i migliori avvocati della città, noi abbiamo i finanziamenti.”
“Se non ho capito male la vostra è una proposta di…”
“Le stiamo proponendo una fusione tra le due società al fine di crearne una imbattile!”
“…”
“Le lasciamo il tempo di riflettere. Siamo persone molto pazienti e siamo sicure che alla fine farà la scelta migliore. Arrivederci.”

Cosa devo fare? Se accetto, distruggo tutto quello che ho fatto per avere una società autonoma, in cui sono libero di amministrarla a mia immagine e somiglianza, d’altra parte però se rifiuto e non trovo una soluzione alternativa vedrò il mio, il nostro sogno, il sogno di mio padre andare lentamente in frantumi e sgretolarsi tra le mie mani come neve al sole.

Immerso nei miei pensieri più profondi vengo riportato alla realtà da un paio di mani che gentilmente, con delicatezza e maestria, cominciano ad accarezzarmi prima le tempie, poi la testa e alla fine le spalle nel tentativo di sciogliermi e scacciare via lo stress accumulato in questi giorni.

“E così… mi sogni?” aprii gli occhi e mi ritrovai davanti, o meglio dietro di me, il profilo della mia Strawberry, che, adesso con un ghigno dipinto in volto, continuava imperterrita a massaggiarmi, fino a farmi sospirare di piacere.
“Sempre!” risposi incatenando il mio sguardo col suo. La smorfia sul suo viso lentamente lasciò il passo alla serenità.
“Credi che bere sia il modo giusto di affrontare la situazione?”
“E anche se fosse? Te ne importerebbe…” “Assolutamente niente!” “Giusto” sussurrai, ormai rilassatomi, chiudendo nuovamente gli occhi.

Passarono alcuni minuti prima che potei risentire nuovamente la sua voce.

“Dovresti chiedere a Lory di farti qualche massaggio ogni tanto, e non solo nella zona sud!” disse tranquillamente la rossa facendomi riaprire gli occhi e con voce goliardica le proposi.
“Magari potresti insegnarle tu come si fa?”
“Non credo. Non sarei una brava insegnante.”
“Perché?” chiesi accennando un sorrisino impertinente.
“Perché ne sarei terribilmente gelosa! - sussurrò abbassandosi al mio orecchio e guardandomi con la coda dell’occhio con un sorrisino sarcastico – E questo che vorresti sentirti dire?”
“Dannatamente si!” ruggii
“Peccato. Non questa volta!” disse togliendo le mani da me – dio quanto amo quelle mani – e, girandomi attorno, si andò a sedere di fronte a me, dove prima Pie aveva illustrato la situazione. Le feci una radiografia partendo dalla parte inferiore: décolleté nere, jeans a vita bassa stretti che andavano a delineare ogni sua curva, camicetta leggera e morbida a maniche lunghe bianca da cui si intravedeva il reggiseno nero. Salii ancora con gli occhi fino a soffermarmi con lo sguardo prima sul viso, lasciato completamente al naturale, una treccia disordinata le cadeva sul lato sinistro del collo. Giacca e borsa nera erano state lasciate vicino alla mia scrivania, probabilmente mentre ero immerso in me. Riposizionando lo sguardo su di lei non potei non notare lo sguardo impertinente e malizioso che mi lanciò.

“Finito?” chiese.
“Cosa?” domandai ingenuamente.
“… - scosse lievemente la testa da destra a sinistra con gli occhi chiusi per poi fermarsi e riaprirli – posso?” Chiese prendendo il bicchiere di bourbon che avevo precedentemente appoggiato sul tavolino che ci separava, bevendone un sorso.
“Da quanto hai cominciato a bere?” chiesi.
“Da quanto ti conoscono?” controbatte.
“Simpatica.” Risposi tagliente.
“O su dai, non si può scherzare? Comunque è stato bello rivederti. Stai benissimo! Un po’ affaticato ma non male per uno della tua età!”
“Colgo una vena ironica che mal si accorda con la tua persona!” commentai acido, irrigidendomi e alzandomi.
“Cosa vuoi che ti dica, a state con lo zoppo impari a zoppicare” sorrise la rossa.
“Questa te la concedo!” sorrisi anche io abbassando lo sguardo.
“Bene, vedo che sei ancora tutto intero, nonostante tutto. Credo che Mina abbia esagerato per telefono…”
“Cosa c’entra Mina?” la interruppi cominciando a scorgere la verità, una verità che non mi sarebbe piaciuta per niente.
“Sai noi parliamo, ogni tanto. Diciamo che non è una persona che sia in grado di tenere per se i segreti.”
“A quanto pare la bocca cucita la tiene solo quando riguardano i tuoi, di segreti” sbuffai.
“Che cosa vuoi che ti dica, la sorellanza è un legame indistruttibile!” rise lei di gioia prendendo giacca e borsa e avviandosi verso la porta.

“Aspetta! - lei si fermò, voltando appena la testa e facendo incrociare i nostri sguardi. Subito ritornò seria. Sapeva quello che stavo per fare e lo sapevo anche io, ma le parole non volevano uscire – Io, io… - E la Strawberry manipolatrice, brillante avvocato ritornò tra noi. Aspettò e non fece nessun gesto per rendermi le cose più facile, anzi cominciai a percepire il muro che stava innalzando, e tutto il dialogo… amichevole avuto qualche minuto prima era come se non fosse mai esistito, tanto da farmi chiedere se  non lo avessi immaginato.
Respirai. Profondamente.
E poi, le parole uscirono.

“Ho bisogno di te”

***

“Ho bisogno di te”

Sorrisi, stupita del coraggio, e della forza che dimostrò in quel momento. Dovetti abbassare lo sguardo dal suo, troppo penetrante e magnetico.
“Ho bisogno di te” ripeté il biondo avvicinandosi di qualche passo a me.
Stavo cedendo. Spostai il mio sguardo alle sue spalle, dove una magnifica vista di Manhattan, pronta ad accogliere la vita notturna, illuminava parte dello studio rimasto in penombra. Il mio sguardo vagò fino a che non vidi l’ultima cosa che avrei voluto vedere: delle mutandine abbandonate per terra mi riportarono alla realtà, sembrava che mi stessero deridendo, che si stessero facendo burla di me e allora, tornando con lo sguardo su Ryan dissi:
“Non posso.” e lo lasciai lì, con una mano sollevata nel vano tentativo di fermarmi.

Scappai il più in fretta possibile da quello studio divenuto una gabbia per me, con le lacrime agli occhi e con un macigno sul cuore al ricordo di un altro momento della mia vita, in cui le parti erano invertite…

“No, ti prego Ryan non farlo! Non capisci è solo un momento passerà!”
“Menti! E da mesi ormai che va avanti questa storia, io non c’è la faccio più!”
“Ti prego Ryan, io… io non posso. Non ci riesco, ho bisogno di te, non puoi andartene.” Il biondo mi fisso a lungo negli occhi, io piegata su me stessa versavo lacrime a non finire.
“Non posso” mormorò uscendo dalla camera.
 
*** 
 
“Dannazione dove l’ho messo!” sbuffai tirando fuori dalla borsa l’impensabile.
“Cosa stai cercando Berry?” mi chiese Mina sorseggiando il suo Cosmopolitan.
“Il mio cellulare, non lo trovo. Eppure sono sicura di averlo messo in borsa!” esclamai, rovesciando il contenuto della suddetta sul tavolo del pub in cui Mina e Pam mi avevano costretta a venire.
“Prova a ricordare l’ultima volta che l’hai usato dove ti trovavi” provò a dire Pam.
“… - pensai – Damn it!” proruppi.
“Credo che tu abbia finalmente capito dove lo hai mollato…” concluse Pam guardandomi con sguardo complice.
“ L’ho lasciato in studio…”
“Ad Atlanta?? E per fortuna che dici sempre che senza il tuo IPhone non vai da nessuna parte!” commentò la blu.
“Non quello studio…” lasciai la frase sospesa in maniera inequivocabile.
“Oh-Ho, ho l’impressione che qui qualcuno stia nascondendo qualcosa!” Sorrise complice con Pam.
“Non c’è niente di misterioso. Sono andata a verificare se quello che mi avevi detto per telefono fosse vero…”
“SEI ANDATA DA RYAN?” urlarono contemporaneamente le due.
“Scusate, potreste ripeterlo, ad Atlanta non sono riusciti a sentirvi” commentai acida, incrociando le braccia al petto.
“Scusa è che, insomma… ci hai prese in contro-piede, non credevamo che saresti andata da lui…” disse Mina veramente stupita.
“Non è mica satana!”
“E adesso lo difendi pure… Che cosa è successo esattamente?”
“Niente che le vostre teste perverse possano pensare, abbiamo… parlato” dissi abbassando lo sguardo.
“Parlato, solo questo?? Avanti ragazza ammettilo, cos’è che non vuoi dirci?”
“Ma niente…” tentai inutilmente.
“Sputa il rospo!” Proruppe Pam, chiudendo la questione.
“Diciamo che non ci siamo, ecco… salutati nel migliore dei modi…” dissi abbassando gradualmente la voce e cominciando a giocherellare con le mani.
“Dicci, dicci!!” mi invitò la blu.
“Ragazze, basta! Non mi va di parlarne!”
“Sarà... Secondo me qui gatta ci cova!” concluse Mina.
“Non credo, a giudicare dal modo in cui Berry si sta contorcendo sulla sedia credo che sia più che altro attanagliata dai rimorsi…” commentò Pam.
“…” un lungo e significativo silenzio si dipanò tra noi.

***

Qualche ora più tardi

“A proposito Mina, come vanno i preparativi per la festa?” chiese Pam.
“Non potrebbero andare meglio, mi manca giusto da sistemare gli ultimi dettagli, e l’Evento dell’anno sarà un successo garantito” disse orgogliosa Mina.
“Ragazze io vado, si sono fatte le 11:30. Ho bisogno di dormire. Il viaggio mi ha completamente distrutta!” dissi alzandomi e prendendo le mie robe.
“Ricordati che sei invitata anche tu alla festa!” dichiarò la blu con voce ferma, fissandomi.
“Vedrò quello che potrò fare…” conclusi lasciando i soldi sul bancone ed avviandomi verso l’uscita con ancora la voce di Mina che mi penetrava nelle orecchie.
“Come vedrai?? Tu ci sarai! Hai capito STRAWBERRYYYY!” urlò una scandalizzata Mina. Mi voltai verso di loro e, dopo aver fatto un sorrisino eloquente, girai i tacchi e me ne andai. Sarà il caso di passare a prendere il cellulare , non vorrei che  mi avesse cercato qualcuno…

***

Intanto al pub

“Mmh, è buonissimo questo cocktail, non riesco a capire come faccia Strawberry a bere certi liquori…”
“Non esagerare Mina! - disse una molto più pacata Pam – Comunque non ti è sembrato strano il comportamento di Berry questa sera??”
“Perché? Quando mai lei ha atteggiamenti normali?” chiese ironica la blu.
“…”
“Ad ogni modo, sono convinta che non tutti i mali vengano per nuocere!”
“E questo cosa c’entra?”
“Ascolta: da quando le cose si sono cominciate a mettere male per la società ecco che la nostra amica torna, non è forse un segno?”
“Già, l’unica cosa che bisogna capire è se sia un buono o cattivo presagio… - commentò saggiamente Pam – A proposito, cosa ne pensi della situazione generale??”
“Credo che Ryan e Strawberry avrebbero bisogno di una gran scopata e…”
“Mina, io mi riferivo ai problemi della SS… - la bloccò Pam – Certo che a te l’alcool da proprio alla testa!”
“Nha, credo invece che mi renda più disinibita ahahah – rise Mina – Comunque non ho proprio idea di chi possa essere così diabolico da voler mandare alla rovina il nostro studio, derubandolo di ogni quattrino.”
“… Io in verità nutro qualche sospetto già da un po’ di tempo…” mormorò a bassa voce Pam.
“Eh, cosa hai detto?”
“Non ti sembra strano che solo nell’ultimo periodo siano cominciati i problemi?? Voglio dire è strano che questo fantomatico hacker non abbia iniziato il suo piano già tempo addietro”
“Magari è uno dei nuovi… Stai dicendo che è una delle matricole?” disse innervosendosi  Mina.
“No, non credo. Quei ragazzini appena uscita da Harvard non sanno neanche come pulirsi il naso… No, secondo me il responsabile è da ricercare tra quelli che conoscono meglio lo studio. Credo infatti che nell’ultimo periodo deve essere successo qualcosa che potrebbe rischiare di mandare in fumo il suo piano e quindi ha pensato di agire immediatamente!”
“Se è come dici tu, è una persona astuta che magari stava aspettando il momento migliore ma visto che sono sorti delle complicanze, ha preferito uscire allo scoperto e depredare tanto in poco tempo, abbandonando la sua idea iniziale… ovvero sia poco nel lungo periodo!”
“Già!” esclamò la viola.
“Sei geniale Pam, hai già parlato della tua supposizione a Ryan?”
“No, ti ricordo che in mano non ho ancora nessuna prova, sono solo congetture! E’ meglio per il momento agire nell’ombra. Ti ricordo che non sappiamo chi sia l’hacker, potrebbe anche essere la signora delle pulizie per quanto ne sappiamo!” concluse Pam osservando l’interno del pub.

Dopo un momento di silenzio Mina commentò: “… Certo che è strano però…”
“Cosa?” disse la viola tornando a fissare la blu.
“Hai detto che qualcosa che avrebbe potuto rovinare i piani dell’hacker è accaduto, così facendo preso dalla paura e dall’ansia avrebbe preferito agire subito…”
“Quindi?”
“Mi domandavo che cosa possa essere accaduto… tanto da preoccupare un delinquente…” ragionò Mina ponendosi una mano sotto al mento.
Ad un certo punto, le due si fissarono negli occhi e contemporaneamente ebbero la stessa idea: “Strawberry!”

***

“Accidenti!” ah-ahn ecco dove eravate finite, pensai tirando fuori dalla borsa le chiavi della SS e aprendo il portone principale, avendo cura di richiuderlo a chiave… non si sa mai chi gira per le strade a mezzanotte. Mi diressi di gran carriera verso l’ufficio del capo. Tutto era silenzioso, non una luce era accesa. Entrai e mi diressi verso la lampada vicino alla scrivania. La accesi, presi il cellulare pronta per andarmene quando una mano mi si appoggiò sulla spalla. Cominciai a tremare.

“Cosa ci fai qui?” chiese un Ryan palesemente alticcio e con la voce impastata dal sonno.
“Scusa, non pensavo che fossi ancora qui… ero venuta a prendere il mio telefono. Adesso vado.” Dissi cercando di oltrepassarlo, cosa che mi risultò difficile quando lui mi strinse con forza il polso sinistro con la sua mano.
“Ahia Ryan, mi fai male. Lasciami” dissi cominciando a dimenarmi.
“Fa male questo, vero? Quasi quanto quello che ho provato io” ruggì tirandomi a se.
“No, Ryan ascolta. Sei ubriaco. Ti prego lasciami.” Vano era il tentativo di sottrarmi alle sue mani che adesso stringevano con forza i miei fianchi.
“Tu sei mia. Non dimenticarlo Strawberry! Posso fare di te ciò che voglio! Ed è quello che ho intenzione di fare…” disse ghignando e spingendomi fino a farmi sentire con le gambe la superficie della scrivania.
“No, ti prego Ryan…” cominciai a piangere disperata, tirando pugni sul suo petto, sperando di poterlo scalfire… vano fu il tentativo.
“Basta!” lo schiaffo che ricevetti non lo vidi arrivare, ma cominciai a sentire un forte dolore sulla guancia, il mio volto, dal colpo subito, girò verso destra fino a che con la guancia non contusa potei sentire il fresco del vetro. Da quel momento non ricordo esattamente cosa successe, il mio cervello smise di connettere adeguatamente… Sentii il peso dell’uomo sopra di me, entrambi eravamo sdraiati sopra la sua scrivania; una presa ferrea mi stringeva le mani sopra la testa; ricordo di  aver sentito uno strappo, credo che fosse la mia camicia, ridotta ormai in brandelli. Ricordo il suo viso premuto su di me, mi annusava cose se fosse un predatore pronto a mordere la sua preda, continuando a sussurare parole che non compresi. Intanto lacrime silenziose scendevano lungo i miei occhi e sperai che quel momento finisse velocemente. Buio.

Non so quanto tempo passò prima che ripresi completamente coscienza di me, appena aprii gli occhi la prima cosa che notai era che Ryan non era più sopra di me; mentre mi massaggiavo i polsi ancora doloranti, scesi dalla scrivania con le gambe tremanti. Mi resi conto un secondo dopo che avevo ancora i jeans addosso e che solo la camicia era irriconoscibile. Presi in fretta e in furia le mie cose e mi voltai pronta per andarmene quando vidi, in un angolo, seduto per terra con le mani tra i capelli, un piangente Ryan.

“Che cosa ho fatto? Cosa ho fatto?” continuava a sussurrare interrotto qua e là da piccoli singhiozzi.
Mi avvicinai gradualmente, con tutti i sensi in allerta, fino a ritrovarmi davanti a lui.

***

Sono un mostro, come ho potuto?! Ho davvero rischiato di… no, non posso credere che sia vero. Non posso aver distrutto la cosa più bella che mi sia mai capitata tra le mani. Dio papà, perché mi hai fatto così coglione!
Una mano gentile, se pur tremante, mi accarezzò i capelli e io alzai immediatamente lo sguardo verso di lei.

“Vattene! - gli ruggii contro – Vattene finché puoi!” nonostante i miei avvertimenti lei continuò ad accarezzarmi i capelli.
“Andiamo a casa” disse solo, aiutandomi a tirarmi su. Io la guardai sconvolto per poi poggiare il mio capo sulla sua spalla e ricominciare a piangere come un bambino.
“Shhh, è passato” cercò di consolarmi lei. Che ironia!
“Come puoi essere ancora qui, nonostante tutto?”
“Mi sono sempre piaciute le sfide, non ricordi? – disse abbozzando un sorriso timido – forza andiamo!” concluse sistemandosi la giacca. Intravidi i segni di quello che stavo per compiere se solo non mi fossi fermato e con una mano andai a toccarle un pezzo di quello che rimaneva della camicia. Lei si tese immediatamente.
“Come poi essere qui nonostante quello che ti ho fatto?” dissi chiudendole la giaccia in modo da coprire quello che prima avevo scoperto.
“Non hai fatto niente, Ryan.” dichiarò guardandomi negli occhi.
“Come no, ti ho quasi…”
“Shh, non dirlo. Non è successo.” Mi fermò con gli occhi lucidi.
“Ma io ti ho quasi violentata, come puoi passare sopra una cosa del genere?” chiesi mentre lei si interruppe dall’aiutarmi a mettere la giaccia.
“L’hai detto tu stesso, mi hai quasi violentata, ma non è successo. Sei riuscito a fermati. Prima era l’alcool, no tu - Concluse rimanendo rigida accanto a me – Allora dove sono le chiavi della macchina?”

***

“Fai piano! Altrimenti svegli tuo padre! - mi sussurrò mentre mi accompagnava in camera mia – Ce la fai a spogliarti da solo” mi chiese una volta chiusa la porta.
“Vuoi aiutarmi tu? - chiesi malizioso. Subito la vidi irrigidirsi, quindi tentai di stemperare la tensione – Non ti preoccupare, non ho bisogno della badante!” esclamai ridendo subito susseguito da un colpo di tosse.

Mentre mi svestivo, vedevo che Strawberry si era avvicinata alla mia scrivania e stava sbirciando dei fogli: “ Non te lo ha mai detto nessuno che curiosare è segno di maleducazione?” dissi sdraiandomi sul letto, continuando a fissarla.
“Scusa. Adesso è meglio che vada.”
“Come pensi di ritornare a casa?”
“Con la tua auto. Te la riporto domani.”
“Con la guida che ti ritrovi domani me la farai riconsegnare dal carro attrezzi!” sbuffai mettendo le mani dietro la testa.
“E con questo che cosa vorresti dire?”
“Che sei stata sempre una frana a guidare.”
“Ma sentitelo, il nuovo Schumacher!” scoppiammo entrambi a ridere.
“Buona notte, Ryan!” disse aprendo la porta.
“Aspetta!” la bloccai.

Lei si voltò. Mi fissò negli occhi e attese.

“Resta”
“Non mi sembra il caso” mormorò abbassando la testa. Io mi tirai su, e, ancora seduto sul letto, continuai:
“Resta, perché ne abbiamo bisogno.
Resta, perché voglio illudermi per un momento di non averti persa.
Resta, perché è tuo marito che te lo sta chiedendo.”

Vidi la porta chiudersi e dopo qualche minuto, un corpo, con addosso una  mia tuta, si sdraiò accanto a me, dandomi le spalle. Io mi voltai e, come tanto tempo fa, potei riabbracciarla, stringerla a me, immergere la mia testa nell’incavo del suo collo respirando fra i suoi capelli e lasciarmi cullare tra le braccia di morfeo.

***

La mattina dopo

Le luci di un nuovo sole che sorgeva illuminava la mia stanza. I raggi prepotentemente sbatterono contro i miei occhi, costringendomi ad aprirli. Notai subito l’assenza affianco a me nonostante sentissi il suo odore attorno a me, tra le lenzuola. Decisi di alzarmi, ma prima di poter anche solo poggiare i piedi per terra, una voce mi gelò:

“Dobbiamo parlare”


TBC
  
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